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L'Unione informa
 
    3 febbraio 2009 - 9 Shevat 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca,

rabbino 
Per essere educativa una memoria deve svolgersi al presente e non come una parentesi o un’emozione istantanea dissociata dalla vita quotidiana. Per noi ebrei ricordare ed agire devono sempre andare di pari passo. Costituisce infatti un dovere ricordare e narrare l'uscita dall'Egitto la notte di Pesach e noi mettiamo in pratica questo dettame biblico attraverso la lettura della Haggadà e il precetto quotidiano dei Tefillìn (i filatteri). “E sarà per te come segno sul tuo braccio e come ricordo tra i tuoi occhi… giacché con mano forte ti ha fatto uscire il Signore dall'Egitto”  (Esodo,13; 9). Questo passo della Torà che  abbiamo letto lo scorso Shabbat collega in maniera fortissima l'uscita dall'Egitto con il precetto dei Tefillìn. L'uscita dall'Egitto in questo modo non è solo un ricordo del passato, ma è un segno di speranza per il futuro. I Tefillìn della testa e del braccio rappresentano poi lo studio (testa) e l'azione (braccio).  La sfida di ogni ebreo è proprio quella di ricomporre questi due elementi, di legare assieme il ricordo del passato con la speranza del futuro, le emozioni e l’intelletto. Dunque l'esperienza dell'uscita dall'Egitto si traduce nel quotidiano precetto dei Tefillin. Il racconto dell’Esodo ai figli non possono bastare una volta l’anno: e’ necessario un ricordo perpetuo. E’ come nel caso di un genitore che una volta l’anno racconta una storia al figlio e poi la mantiene viva nel corso dell’anno attraverso accenni. Solo al compimento di un anno la racconterà di nuovo. Allo stesso modo facciamo con il Seder di Pesach e i Tefillin. Il Seder viene una volta l’anno ed i Tefillìn si mettono tutti i giorni. Per noi ebrei ogni giorno è un Giorno della Memoria.
Ma la cosa più assurda, in questa tragedia dell'assurdo... che pare l'orrendo avverarsi del presagio sibilato a Primo Levi da un SS, "se anche sopravviverai e tornerai, racconterai e nessuno ti crederà", la cosa più assurda e bieca e forse persino coerente nella sua assurdità, è che il prete Abramvattelapesca, con il nome che porta ci sarebbe finito pure lui, sotto il gas per la disinfestazione. Battute nefaste a parte, è proprio una vergogna.  Elena Loewenthal,
scrittrice
Elena Loewenthal  
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  pubblico Il grande incontro dei giovani ebrei italiani
Riparte da Milano un progetto per il futuro


Giovani ebrei italiani di molte organizzazioni e città diverse. Giovani ebrei italiani di diverse formazioni e visioni. Per la prima volta si sono incontrati a Milano in occasione del Noar09, gli stati generali della gioventù ebraica in cui si è evidenziata l'importanza di mettere a confronto (o meglio, di affiancare) problematiche e strategie, che spesso sono comuni, così come il vero e unico obiettivo di tutti. Quello di rafforzare e consolidare l'identità ebraica nelle fasce d'età più critiche e fondamentali nella crescita e nella formazione di un individuo.
Impensabile, francamente impensabile, quello che si è visto nei locali della scuola ebraica di Milano. Impensabile perché fino a qualche tempo fa riunire solamente due o tre delle tante piccole grandi organizzazioni di eventi per giovani in Italia, sarebbe stata un’impresa difficile. Figurarsi tutte le realtà d’Italia e invece l’Ucei (promotrice ufficiale del raduno) insieme alla Comunità Ebraica di Milano ci è riuscita alla grande.
Noar, ovvero gioventù in ebraico, questo il nome scelto per il primo raduno di tutte le organizzazioni giovanili ebraiche in Italia e c’erano davvero tutte: da Roma a Milano, da Firenze a Genova passando per Torino e Livorno e anche Trieste e Napoli, la cartina geografica era ben rappresentata dai diversi movimenti presenti.
Il forum delle realtà giovanili si è svolto nella scuola della Comunità di Milano. Sono intervenuti un centinaio di "addetti ai lavori" di piccole e grandi Comunità ebraiche, attivi in tutte le associazioni giovanili, da quelle locali a quelle a copertura nazionale. La fascia d'età dei partecipanti si è rivelata decisamente ampia, e ha visto presenti sia chi muove i primi passi all'interno delle organizzazioni giovanili ebraiche, grazie a movimenti come Benè Akiva e Hashomer Hatzair, sia chi da adulto li supporta, forti della loro esperienza e della loro determinazione.
La giornata è stata aperta dal vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti, che ricopre anche il ruolo di assessore ai giovani dell'Ucei, e dal rabbino capo di Milano Rav Alfonso Arbib. Sempre nella prima parte degli incontri sono intervenuti anche David Piazza, assessore ai giovani della Comunità Ebraica di Milano, e Alan Naccache, direttore Ufficio Giovani Nazionale. Importante il messaggio lanciato da tutti gli intervenuti: i giovani devono assumere la responsabilità del loro destino e vanno considerati come persone formate e in grado di gestirsi da sole. Hanno il futuro davanti, e questo dà loro il privilegio e il compito di stabilire obbiettivi a lungo termine, e non di vivere giorno per giorno.
La parola viene poi lasciata ai ragazzi, che si dividono in commissioni a seconda dell'età, del bacino d'utenza dei diversi gruppi (maggiori e minori di 18) per discutere riguardo alle dinamiche vincenti nello svolgimento delle rispettive attività.
Il pomeriggio prosegue all'insegna dell'informazione, grazie agli interventi del professor Enzo Campelli, che ha presentato il Corso di laurea triennale in Studi ebraici attivato dall'Ucei, di Guido Vitale, coordinatore dei dipartimenti Cultura e Informazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha presentato il Portale dell'ebraismo italiano moked.it, Giuseppe Giannotti (giornalista a Il Secolo XIX di Genova) e Emanuele Ottolenghi, direttore del Transatlantic Institute Bruxelles, che presentano i loro recenti libri, rispettivamente "Israele-verità e pregiudizi", e "La bomba iraniana".

La giornata era iniziata di buon mattino nella biblioteca Hasbani già completamente affollata, con il saluto degli organizzatori .
I due workshop di lavoro suddivisi per fasce di età: uno dedicato ai ragazzi fino ai 18 anni alla presenza dei movimenti giovanili Benè Akiva e Hashomer Hatzair (con animatori venuti anche da Roma) nonché di altre organizzazioni con lo stesso target proveniente da altre città; il secondo riguardante i ragazzi con piu’ di 18 anni che escono dalla scuola e dai movimenti giovanili e che spesso vivono momenti di disorientamento.
L’obiettivo dei workshop era molto chiaro e non dava spazio alle chiacchiere: cercare delle soluzioni comuni e propositive ai problemi che caratterizzano questo tipo di attività, il tutto in maniera costruttiva. In particolare per i ragazzi più grandi, il tema più sentito e dibattuto è stato quello su come si possa riuscire ad attirare maggiormente i ragazzi che non frequentano assiduamente la vita comunitaria.
Finiti i workshop, i numerosi presenti, si sono trovati a pranzo per confrontare e dibattere le idee appena espresse, prima di tornare ai lavori del pomeriggio.
Dopo i feedback di entrambi i workshop ed il riassunto delle idee e delle soluzioni proposte, che hanno successivamente lasciato spazio alla parte didattica della giornata.
Prima Guido Vitale ha parlato dell’esperienza del Portale dell’Ebraismo Italiano presentando il sito www.moked.it, le attività svolte, la struttura organizzativa, le persone che collaborano, le iniziative, ma soprattutto parlando della passione che tutti i collaboratori mettono e che hanno portato a questi risultati.
Infine, il conflitto mediorientale: i giornalisti Giuseppe Giannotti ed Emanuele Ottolenghi  hanno presentato ed illustrato una delle tematiche più importanti a questo riguardo, ovvero la comunicazione: fotografie artefatte, immagini spesso contraddittorie, titoli fuorvianti sono solo alcuni dei filtri che vengono messi in atto nel nostro paese per sbilanciare l’opinione pubblica molto spesso solo a favore della parte debole ed il problema di Israele che spesso non riesce a controbattere con un’informazione adeguatamente efficace e penetrante.
Chiusi i lavori, era evidente la soddisfazione su tutti i volti degli organizzatori e non solo: la giornata è stata un grande punto di partenza per quella parola magica che finalmente ha iniziato a funzionare, ossia "condivisione".
Condivisione e collaborazione che si spera portino in futuro ad i risultati sperati: dalle piccole problematiche di tutti i giorni all’augurio piu’ grande che ieri si è sentito nominare varie volte, ovvero che le prossime candidature alla presidenza delle varie comunità tra 15-20 anni, siano partite proprio da ieri: il futuro è dei giovani e grazie a Noar, forse ora non è più così impensabile.
“Noar09 – ha commentato al termine dei lavori Claudia De Benedetti - si è concluso con una fitta nevicata e un piano di lavoro di 13 punti(saranno forse anche 13 articoli di fede?). Forse mai prima d’ora madrichim con le hulzot ancora nuove e assessori con qualche capello bianco, Chabad e Maccabi, Lesson Party e Pitigliani avevano lavorato fianco a fianco con umiltà e determinazione. Grazie a uno straordinario e contagioso entusiasmo dei partecipanti ho identificato le priorità irrinunciabili che tra quattro mesi al Moked di Milano Marittima saranno oggetto di una prima verifica. Enzo Sereni nel 1922 diceva 'ogni giorno sento e mi vado convincendo che la mia ebraicità è un fatto naturale, elementare ed insieme basilare della mia vita: non mi sento affatto ebreo solo se insultano o assaltano gli ebrei, non mi sento più ebreo solo a casa e al Tempio, ma sempre, dovunque, in ogni atto della mia vita'. I partecipanti al Noar09 hanno affermato con vigore una ebraicità consapevole, attiva, propositiva e concreta”.
“Noar09 – ha detto l'assessore ai giovani della Comunità Ebraica di Milano David Piazza - si conclude con una grande sconfitta e una doppia speranza. È una grande sconfitta che subisce il lavoro comunitario che strappa magari qualche successo, ma che si svolge solitario, isolato e spesso autoreferenziale. Ne sono piene le piccole e le grandi Comunità, così come le piccole e le grandi istituzioni ebraiche. A Milano invece, la scommessa per niente scontata dell'Assessorato ai Giovani Ucei, ha vinto sin dal primo momento, vedendo al saluto di apertura, in una nevosa domenica milanese, la biblioteca della Scuola Ebraica straripante non solo di numeri, ma di rappresentatività. C'erano praticamente tutte le organizzazioni ebraiche che si occupano di ragazzi e di giovani in Italia. Tutte. Il merito è certamente di una "visione" coraggiosa, ma anche di una organizzazione capillare dove tutto ha funzionato bene (bravo Alan), sostenuta e condivisa dalla Comunità Ebraica di Milano e dallo staff dei giovani di Efes2”.
“La doppia speranza – ha aggiunto Piazza - è che i legami stretti tra gruppi tanto diversi e tanto distanti possano, con l'aiuto degli strumenti che l'Ugn saprà mettere in campo, rafforzarsi e portare a nuove iniziative e che, oltre a ciò, la formula di Noar09 possa convincere altri "pezzi" di Ucei a rischiare, decentrando e condividendo le proprie attività non con vetrine (come talvolta accade), ma con la sostanza. Ne abbiamo tremendamente bisogno”.
“Vorrei sottolineare – ha commentato il Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Riccardo Hofmann – dopo aver partecipato agli intensi  lavori della giornata, due aspetti principali che ho notato. Il primo che ne testimonia il successo è  quello di aver coinvolto in un convegno-dibattito tutte le sigle dell’ebraismo giovanile italiano e questo è merito di Claudia De Benedetti, degli organizzatori e ovviamente dei giovani presenti.
Il secondo aspetto è che aver organizzato la manifestazione a Milano ha reso forse più agevole coinvolgere i giovani delle molteplici comunità del Nord e del Centro Nord, oltre alla consueta ed importante presenza dei giovani di Roma. Da Trieste a Napoli si può dire che era rappresentata quasi tutta l’Italia ebraica. In poche parole è difficile analizzare  i molteplici contenuti, ma al di là di questo, si è trattato, a mio avviso, comunque di un inizio, di una prima fase di un percorso il cui obiettivo dovrebbe essere chiaro a tutti: cioè investire sui giovani, vicini e lontani, sulle loro idee, capacità e competenze, che in ultima analisi significa investire sul futuro dell’ebraismo italiano”.


Tana Abeni - Benji Oskar


pubblicoA Gerusalemme il Congresso Ebraico
Lauder e Benatoff riconfermati al vertice


Ronald Lauder
è stato riconfermato Presidente del Congresso Mondiale ebraico per acclamazione. L'italiano Cobi Benatoff è stato eletto alla carica di tesoriere dell'organizzazione internazionale. La presenza di un gran numero di delegati e delegate giovani alla tredicesima assemblea plenaria del Wjc di Gerusalemme è stata accolta da tutti come un segno di rinnovamento e di entusiasmo, molto positivo per il futuro dell'organizzazione.
Al termine della sessione plenaria i capi delegazione europei si sono ritrovati per una riunione informale nella quale si è analizzata la situazione relativa alle manifestazioni antisemite più serie, prendendo in considerazione diverse opzioni per controbatterle. Di tutto ciò si occuperà fra breve la Task Force europea, che provvederà a fornire consigli ed istruzioni. Fra tutte le situazioni la particolare gravità di quanto è avvenuto in Turchia ha predominato e richiederà una attenta, energica ed efficace reazione concordata.
Erano cinque i delegati italiani (nell'immagine)  che hanno preso parte alla riunione plenaria del Congresso che si è conclusa negli scorsi giorni a Gerusalemme. Il gruppo era composto dal  capo delegazione Federico Steinhaus da Gadi Polacco (Consiglieri dell'Unione delle Comunità ebraiche Italiane), da Cobi Benatoff, Alan Naccache e Tobia Zevi come osservatore accreditato dall'Ucei. (...)

Leggi il testo integrale del resoconto dell'assemblea del Congresso Mondiale Ebraico sul Portale dell'ebraismo italiano moked.it
 
 
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  Ventinovemila leggi e decreti rischiano di sparire
I rischi e le ricadute della grande semplificazione


La soppressione dell'abrogazione della reintegrazione: può sembrare un innocuo gioco di parole e invece è quanto effettivamente accaduto, per singolare circostanza, proprio nel Giorno della Memoria.
L'antefatto: il 22 dicembre 2008 il Governo emana il decreto-legge n. 200, in allegato al quale sono indicati 28.889 atti normativi, emanati nel periodo compreso tra l'Unità d'Italia e il 31 dicembre 1947 (vigilia dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana), i cui effetti sono ormai considerati esauriti e che vengono abrogati (o riabrogati) a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto.
E' un elenco mostruoso, redatto in ordine cronologico, che occupa 1.000 pagine di “Gazzetta Ufficiale”, attraverso le quali si può ricostruire buona parte della storia patria: nella rete delle abrogazioni finiscono infatti, tanto per dare qualche esempio: i trasferimenti della capitale prima a Firenze e poi a Roma, la legge delle guarentigie (superata dai Patti Lateranensi del 1929), l'autorizzazione alla ratifica del Trattato di pace del 1947, l'adesione dell'Italia all'Unesco e tanti altri provvedimenti della cui “inutilità” è lecito dubitare.
Nella rete finiscono anche diversi dei provvedimenti razzisti (molti dei quali già espressamente abrogati e comunque tutti, ovviamente, venuti meno a partire dal 1944 nei territori via via liberati) e, cosa problematica, i provvedimenti volti alla reintegrazione nei diritti politici, civili e patrimoniali degli ebrei.
Tra gli altri, sarebbero stati abrogati il regio decreto-legge 20 gennaio 1944, n. 25, recante disposizioni per la reintegrazione nei diritti civili e politici dei cittadini italiani e stranieri già dichiarati “di razza ebraica o considerati di razza ebraica” e il decreto legislativo luogotenenziale 5 ottobre 1944, n. 252, recante pubblicazione ed entrata in vigore del regio decreto-legge 20 gennaio 1944, n. 26, contenente disposizioni per la reintegrazione nei diritti patrimoniali dei cittadini italiani e stranieri già dichiarati “di razza ebraica o considerati di razza ebraica”. Tali provvedimenti – che probabilmente non hanno esaurito i loro effetti – sono stati esclusi (grazie a un emendamento del Governo) dall'elenco delle abrogazioni, la cui decorrenza è stata nel contempo posticipata al 16  dicembre 2009.
Fino a quella data resterà aperta la stagione della caccia ai provvedimenti da  “salvare”, che si preannuncia ricca di partecipanti e in grado di elargire ancora sorprese.

Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane 
 
 
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Sarà l’effetto boomerang del negazionismo del vescovo Williamson (su cui Repubblica pubblica un dossier con un buon articolo di sintesi storica sul negazionismo di Bernardo Valli; un articolo di Adriano Prosperi e una sintesi di David Bidussa; da ritagliare e conservare una breve citazione di Primo Levi sul negazionismo preventivo degli aguzzini tedeschi) ma si trovano ancora sui giornali gli echi del Giorno della Memoria, per esempio col bell’articolo di Andrea Riccardi sull’Avvenire sulle colpe degli italiani nella persecuzione (non tutti brava gente, alcuni Giusti, altri avidi e inumani) o col diario di viaggio ad Auschwitz dello scrittore Paolo Nori sul Manifesto.
Intanto la bestia antisemita rialza la testa in tutto il mondo. Va letto come un inquadramento generale l’articolo di Romano Bracalini sull’Opinione. Un punto caldo è la Turchia, già amica di Israele: come racconta Paolo Della Sala sul Secolo XIX, a Istanbul sono comparsi cartelli nei negozi con la scritta: proibito l’ingresso agli ebrei, benvenuti invece i cani. Della situazione degli ebrei in Turchia si occupa un reportage di Guillaume Perrier su Le Monde. Il quadro autoritario e ottusamente antidemocratico del regime di Chavez in cui è maturata la violazione della più antica sinagoga di Caracas, su cui abbiamo riferito ieri, si può leggere in un bell’articolo sul Foglio. Interessante la ricostruzione di Ian Buruma nel Corriere sull’”antisemitismo senza ebrei” di certi paesi asiatici, come Giappone e Malesia che avrebbero “ripreso i pregiudizi dei loro colonizzatori”. Un caso più significativo è quello raccontato da Dimitri Buffa sull’Opinione: il rettore dell’Università Al Azar del Cairo, massimo centro di studi sunnita al mondo, epurato per non essere abbastanza antisemita, avendo stretto la mano a Peres.
Sempre su Williamson, Il Giornale pubblica un pezzo di Andrea Tornielli, in cui si dà fiato a una teoria del complotto anti-ratzingeriano circolante in Vaticano con un “piccolo dossier” di cui non si specifica la fonte, per cui “ambienti” naturalmente “massoni” e “omosessuali” avrebbero “manipolato” la vicenda “per mettere in imbarazzo” il papa. E’ una spiegazione di stile demo-pluto-giudeo-massonica, francamente peggiore del “danno”.  E naturalmente c’entriamo anche noi ebrei. Rodari sul Riformista riferisce dello stesso misterioso dossier, aggiungendo che “il giornale tedesco Der Spiegel si è spinto sino a ipotizzare che i responsabili delle comunità ebraiche pi importanti del mondo, tra queste «il Consiglio Centrale degli ebrei in Germania», fossero «stati informati» in precedenza delle dichiarazioni negazioniste del vescovo ma non abbiano voluto manifestare la propria contrarietà per intervenire contro il Papa soltanto successivamente, a cose fatte.” Insomma se parliamo di cose della Chiesa interferiamo in cose che non ci riguardano, se non lo facciamo, stiamo tendendo delle trappole al Vaticano. A parte lo stile complottista e francamente goebbelsiano di queste ricostruzioni, da cui non prendono le distanze due giornali che in teoria sarebbero contrari all’antisemitismo,  quel che non è accettabile è il pensiero che il problema stia non nelle tesi deliranti dei lefebvriani, ma nella loro pubblica discussione. Bastava che la cosa non uscisse perché la Chiesa fosse a posto? Ma la voglia di pensare a complotti, invece che ai problemi reali, fa proseliti importanti. Senza citarlo, il dossier è accreditato per esempio da Rocco Buttiglione, vicepresidente della Camera ed ex “filosofo del papa” sul Tempo.
Per fortuna il cardinale Kaspar è meno contorto e ammette come riferisce Galeazzi sulla Stampa, “errori di gestione della Curia” sulla faccenda. Ma, ripetiamolo, il punto non è questo. La verità è che come sostiene Jean-Pierre Denis su Le Monde, la vicenda dei lefebvriani sta agendo come un “reagente chimico brutale” sulla condizione della Chiesa. E i risultati, bisogna dire, sono assai disomogenei. Tarquini su Repubblica, per esempio, racconta le inquietudini della Chiesa tedesca sull’attuale pontificato.
L’Avvenire
nel frattempo riporta che Bernard Fellay, capo della Fraternità tradizionalista, ha  dichiarato al settimanale francese “Famille Chretienne” che la sua organizzazione condivide il rifiuto dell’antisemitismo come contrario alla religione cristiana e che le posizioni di Williamson sono isolate: meglio tardi che mai. Ma forse ci sarà un altro scisma dell’ala più intransigente dei lefebvriani: lo sostiene un vaticanologo di solito bene informato come Accattoli su Liberal.

Com’era previsto, l’azione antisraeliana su Gaza si sposta dalle piazze alle aule giudiziarie. Dopo un giudice spagnolo, adesso è un procuratore della corte internazionale dell’Aia a indagare sui crimini di guerra: non indagare sul campo, naturalmente, ma raccogliere articoli di stampa variamente propagandistici. E naturalmente non indagare su Hamas e sugli spari sui civili e sugli scudi umani e sulle 200 esecuzioni di dissidenti politici denunciate dall’OLP (oggi una breve sull’Avvenire, siglata R.E.) , ma solo su Tzahal. E’ la stessa corte che condannò Israele per la barriera di separazione che ha salvato tante vite. Il fatto è che Israele non ha mai aderito alla convenzione che istituisce il tribunale e non ne riconosce la giurisdizione, giudicando iniqua l’incriminazione, come spiega Eyal Benvenisti in un’intervista a Lorenzo Cremonesi sul Corriere. Non  importa, dichiara il procuratore Moreno Ocampo a Battistini dello stesso Corriere, “una soluzione si troverà”.  Per esempio con un intervento dell’Onu, come ipotizza ancora sul Corriere il giudice italiano Tarfusser dello stesso tribunale Alla faccia del diritto.

Medio Oriente. Lo sviluppo più importante dei prossimi giorni saranno le elezioni in Israele: Haaretz in un editoriale non firmato chiede che i tre candidati principali si differenzino maggiormente e “diano risposte chiare”. Qualcosa del genere nota anche una corrispondenza di Rolla Scolari sul Giornale: “cartelloni identici”, più attenzione alla sicurezza che alla pace.
Alberto Stabile su Repubblica riferisce dei nuovi razzi palestinesi e della rappresaglia israeliana. Da leggere a questo proposito l’editoriale di Moshe Arens su Haaretz, che lamenta “un’occasione perduta” nella guerra di Gaza: la situazione non è diversa da prima, perché a Tzahal avrebbe dovuto essere dato il compito di eliminare la capacità missilistica di Hamas, come poteva fare; ma così non è stato. Secondo Arens, colpa di Livni e di Barak.
La situazione in campo palestinese è confusa: Abu Mazen sarebbe depresso, come riferisce Aldo Baquis sulla Stampa, e intanto tutte le forse terroriste cercano di organizzare attentati di ogni tipo, per fortuna prevenuti fino a oggi dalle forze di sicurezza israeliane. Ma l’effetto Obama? Incominciano a venir fuori le prime perplessità sulla politica di appeasement col mondo arabo, che appare velleitaria e confusa al politologo Olivier Roy, intervistato su Liberal, che presenta un dossier mediorientale contenente fra l’altro un pezzo di Sergio Cantone che riprende le posizioni molto critiche di Georges Corn, ex ministro delle finanze libanese (“L’America non cambia mai”), un aggiornamento della situazione diplomatica di Antonio Picasso.

Ugo Volli

 
 
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Comunità ebraica di Roma, solidarietà all'indiano bruciato        
Roma, 2 feb -
Il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e il rabbino capo Riccardo Di Segni hanno fatto visita all'indiano bruciato a Nettuno.
"Quando siamo oggetto di atti ostili, riceviamo solidarietà da tutti e non volevamo sottrarci ora dal portarla noi" - ha dichiarato il presidente Pacifici.
"Questo potrebbe essere inteso come un episodio razzista, sicuramente violento. Ci sentiamo parte vitale dell'Italia e ci uniamo alla protesta di tutti contro questo tipo di azioni" - ha commentato Riccardo Di Segni.
Pacifici ha poi definito importante il fatto che "le istituzioni abbiano unanimemente stigmatizzato quanto è accaduto" e ancora che la Comunità ebraica è pronta a fare la sua parte ed è disposta a organizzare qualsiasi tipo di iniziativa volta a riportare serenità al Paese e avviare un lavoro che sia di prevenzione prima che di repressione.


Iran, conferita cittadinanza onoraria al Presidente turco
Teheran, 2 feb -
Iran, Teheran – Il sindaco Mohammad-Bager ha conferito la Cittadinanza onoraria della capitale al premier turco Tayiip Erdogan per la sua decisione di abbandonare un dibattito con il presidente israeliano Shimon Peres giovedì scorso al Forum di Davos.
In una lettera al premier turco, il sindaco di Teheran ha espresso il suo "profondo apprezzamento" per il gesto di Erdogan, descrivendolo come "una mossa coraggiosa e razionale". I dirigenti della Repubblica islamica dell'Iran, che non riconosce il diritto all'esistenza di Israele, hanno elogiato più volte la reazione di Erdogan negli ultimi giorni. 
 
 
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