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L'Unione informa |
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9 febbraio 2009 - 14 Shevat 5769 |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Che
la vita sia bella in sé è idea difficile da sostenere. In proposito, e
come spesso accade in una prospettiva per certi versi paradossale, il
Talmud riporta una discussione. La domanda da cui prende avvio è se sia
stato un bene, per l'uomo, essere creato. La conclusione è che era
meglio non esserlo. Poiché siamo, però, dobbiamo valutare con
attenzione il nostro agire. |
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Il
giuramento di Ippocrate è l’espressione più alta degli obblighi
etico-professionali delle donne e degli uomini che esercitano l’arte
medica. In quel testo al penultimo capoverso è scritto: “Tutto
ciò che io vedrò e ascolterò nell'esercizio della mia professione, o
anche al di fuori della professione, della vita degli uomini e che non
deve essere riferito ad altri, lo tacerò considerandolo segreto”. Un’affermazione
che si trova anche nella versione del giuramento adottata dalla
Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri (leggibile
su www.fnomceo.it). Da giovedì scorso, con il voto del Senato della Repubblica quel testo è divenuto una diceria. Quel
voto marca un punto di non ritorno. Non è un fatto tecnico, né un
emendamento solo formale. L’introduzione o l’abolizione della
pena di morte non segnano un passaggio tecnico di un sistema
giurisprudenziale, ma ne individuano un tratto essenziale della sua
filosofia. Lo stesso si deve dire in merito al senso e al significato
del voto di giovedì scorso. Crederlo un fatto tecnico, prima ancora che
un falso, è un abuso all’intelligenza di chiunque. |
David Bidussa, storico sociale delle idee |
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Memoria 12 - Helen Epstein Il trauma delle generazioni successive
“Sono figlia di due sopravvissuti ai campi di concentramento. I miei nonni paterni, i miei zii,
mia zia e mio cugino sono morti ad Auschwitz. I miei nonni materni
furono fucilati e gettati in un fosso a Riga. Spesso i dottori mi
chiedono se nella mia famiglia c’è una predisposizione ereditaria al
cancro o al diabete. Non lo so, come non so se il mio modo di fare
allegro e la passione per il cioccolato dipendano da una
predisposizione familiare. Sono fortunata a sapere che aspetto avessero
i miei parenti… Molti discendenti dei sopravvissuti all’Olocausto non
hanno nemmeno una fotografia della loro famiglia”. La giornalista e scrittrice Helen Epstein ha attraversato l'Italia in occasione dell’uscita del suo ultimo libro Di madre in figlia.
Con Anna Foa ha tenuto una lezione all'Università La Sapienza di Roma.
Nata a Praga nel 1947 e cresciuta a New York, è già molto conosciuta
dal pubblico italiano per la sua precedente opera Figli dell’olocausto
(La Giuntina). Ha studiato musicologia e giornalismo negli Stati Uniti
e in Israele e insegnato in varie università americane. Ora scrive e
vive a Boston. Il suo recente Di madre in figlia (Forum Editrice, 22
euro www.forumeditrice.it) ripropone non solo il suo complicato
rapporto con la madre – deportata in un campo di concentramento - ma
anche fotografie, riferimenti letterari e bibliografici. Nel testo che
segue racconta Il trauma nelle generazioni successive.
“Ho
portato con me questa foto di mia nonna Pepi perché è stata fonte
d’ispirazione per scrivere il mio libro Di madre in figlia. Fin da
quando ero piccola, è stata appesa nell’atelier di mia madre e ha
rappresentato la mia famiglia perduta. I miei genitori erano ebrei
cechi assimilati, come gli ebrei italiani. Durante la guerra mio padre
e mia madre furono deportati da Praga a Theresienstadt, poi ad
Auschwitz e infine in campi dove lavorarono come manodopera servile. "Quando
tornarono a Praga nel 1945, erano gli unici membri della loro famiglia
sopravvissuti alla Shoah. Si sposarono nel 1946. Io sono nata nel 1947.
Mia madre era una stilista e gestiva una sartoria in Piazza Venceslao.
Mio padre era un giocatore di pallanuoto, aveva partecipato alle Olimpiadi di Berlino nel 1936 e faceva parte del Comitato
olimpico nazionale cecoslovacco quando i comunisti presero il potere
nel 1948. Anche se dopo la guerra erano stanchi e non avrebbero
certamente voluto lasciare Praga, mio padre era però certo che non
sarebbe sopravvissuto ad un altro regime totalitario: quella stessa
estate emigrammo a New York. L’America è una terra di immigrati: irlandesi e italiani in fuga da carestie e miseria; asiatici, europei e sud americani in fuga da sconvolgimenti politici, discendenti degli schiavi africani catturati e trasportati via mare in nord America. Ogni gruppo aveva la sua lingua, i suoi cibi e quartieri. A New York ci sono molte comunità religiose: protestanti, cattolici, greco-ortodossi, armeni, buddisti, mussulmani ed ebrei. Così, a differenza degli ebrei europei, a New York non mi sentivo una straniera. Quello che percepivo erano le conseguenze del genocidio. I miei parenti erano stati assassinati, i miei genitori erano stati imprigionati dai nazisti perché colpevoli di essere ebrei. Molti loro amici - sia ebrei che non ebrei - erano stati nei campi di concentramento. Erano tormentati da incubi, flashback, malattie del corpo e della mente, solitudine. Vivevano sparsi per il mondo e avevano perso lingua, famiglia, lavoro, casa, posizione sociale e salute". “La maggior parte di loro parlava diverse lingue: ceco, tedesco, russo, ungherese, polacco, yiddish - che riflettevano la varietà del loro passato politico, sociale e religioso.
Alcuni mantennero la propria identità ebraica, altri nel nuovo mondo
cambiarono nome e religione. Alcuni sopravvissuti parlavano
incessantemente dell’olocausto. Altri rimanevano in silenzio per
proteggere i figli.
Il testo integrale dell'intervento di Helen Epstein su www.moked.it
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pilpul |
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Montature e doppia morale nel dopo Gaza
A
poco a poco la storia delle terribili stragi compiute dagli israeliani
a Gaza si sta sgonfiando come una vescica bucata, come è accaduto in
casi analoghi nel passato. Intanto, tutte le stime sul numero dei morti
e, in particolare della sua composizione (bambini, donne, ecc.) ballano
come una tombola impazzita. Poi lo scandalo più deprecato,
l'attacco deliberato all'agenzia dell'ONU, si è rivelato una montatura:
non c'è stato nessun bombardamento ma tre colpi sparati in una strada
vicina nel corso di uno scontro con i "miliziani" di Hamas. D'altra
parte, sappiamo che roba inqualificabile sia l'Unrwa: l'unica agenzia
di profughi al mondo che ne fa crescere continuamente il numero e in
modo esponenziale, in realtà un'agenzia di propaganda e agitazione, per
non dir altro. Poi, si moltiplicano le testimonianze di gazani che
denunciano di essere stati abusati come scudi umani. Fino a che
riescono a parlare, visto che sono iniziati gli assassini dei
"traditori". Infine è sotto gli occhi di tutti la moralità dei
"combattenti" che rubano come volgari pirati i beni di prima necessità
destinati alla popolazione civile e si fanno beccare con valigette
piene di denaro. Sarebbe opportuno leggere queste notizie con lo
stesso rilievo con cui sono state urlate le condanne dell'intervento
israeliano. Ma figurarsi... Piacerebbe anche vedere certi signori -
inclusi certi ebrei "democratici" - che si sono accodati alle
manifestazioni contro il "genocidio" di Gaza, lasciare che il loro
volto si copra di vergogna. Ma chi usa il sistema della doppia morale
non ha neanche l'idea di che cosa significhi la parola "vergogna".
Giorgio Israel, storico della scienza |
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“Ritratterò
il mio punto di vista sull’Olocausto solo se troverò nuove prove”. a
dominare i giornali di oggi è quest’affermazione del vescovo Williamson
che in un’intervista a Der Spiegel riapre così un caso che, nelle
intenzioni della Santa sede, sembrava destinato a concludersi con una
certa sollecitudine. Ma, sottolinea Andrea Tornelli sul Giornale “a
due settimane dall’inizio della crisi la bufera non è ancora passata” e
anzi porta con sé un significativo calo di gradimento nei confronti del
Papa da parte dei tedeschi (dal 63 per cento del 2005 all’attuale 42
per cento). La stessa Santa sede, come riporta Lorenzo Cremonesi sul Corriere della sera non
si fa troppe illusioni sul riscontro che potrebbe avere la visita del
Pontefice in Israele, prevista ai primi di marzo. Papa Ratzinger,
sottolinea Cremonesi, ben difficilmente otterrà il successo di Wojytila
che nel Duemila conquistò il cuore degli israeliani per lo spirito di
apertura che incarnava. E’ dedicata invece al recente ddl sulla sicurezza l’intervista, sempre sul Corriere a
Tobia Zevi (Pd). Paragonarlo alle leggi razziali, dice Zevi, sarebbe
“una stupidaggine”. E’ però “analogo il meccanismo per cui vengono
presi di mira gruppi etnici o nazionali. Le misure approvate
autorizzano e legittimano il razzismo, la discriminazione e
l’intolleranza”. Venendo in Europa Avvenire riporta
la dura presa di posizione della Comunità ebraica di Anversa che accusa
di antisemitismo il ministro della Cultura delle Fiandre per il
paragone, espresso in un popolare programma televisivo, tra un efferato
delitto ai danni di bambini e l’attacco israeliano a Gaza. Ancora in
tema d’antisemitismo e più in generale di razzismi, il commento di
Bernard Henri Levy sul Corriere della sera. E ancora sul Corriere Alessandra Farkas dà notizia del convegno della Comunità ebraica di Venezia dedicato oggi a Elie Wiesel.
Daniela Gross
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Da
Gaza un razzo su Israele
Gerusalemme, 8 feb Un
razzo lanciato dalla Striscia di Gaza è esploso questa mattina nei
pressi di Sderot, nel kibbutz Niram. L’annuncio è stato dato da un
portavoce dell’esercito israeliano. L’ordigno ha provocato danni a
diverse automobili, due delle quali hanno preso fuoco.
Haaretz, possibile una tregua con Gaza e lo scambio di Shalit Tel Aviv, 8 feb Una
tregua di un anno e mezzo. Lo scambio di centinaia di prigionieri
palestinesi detenuti in Israele con il soldato Shalit e l’apertura, a
particolari condizioni, dei valichi di confine. Queste le direttrici
principali di un possibile accordo indiretto fra Israele e Hamas
anticipate oggi dal quotidiano Haaretz. La tregua, precisa il giornale,
sarebbe rinnovabile e riguarderebbe solo la striscia di Gaza e non la
Cisgiordania. Quanto ai valichi di Gaza, sarebbero aperti al
transito di merci, con un transito quotidiano di almeno 600 camion (tre
volte quello attuale). Il valico di Rafah, fra Gaza ed Egitto, sarebbe
invece riaperto e sorvegliato da osservatori stranieri e da
rappresentanti dell'Autorità nazionale palestinese. Non trova intanto conferme in Israele la notizia, pubblicata da un quotidiano arabo, secondo
cui nello scambio di prigionieri sarebbe incluso anche il leader di
al-Fatah in Cisgiordania Marwan Barghuti, che sconta l'ergastolo in
Israele per aver ispirato attentati terroristici. Ieri il premier
Ehud Olmert ha convocato una consultazione straordinaria con i ministri
Tzipi Livni (esteri) ed Ehud Barak (difesa) per esaminare le ultime
proposte sulla tregua e sullo scambio di prigionieri inoltrate dai
mediatori egiziani. La sensazione della stampa è che si siano compiuti
passi avanti anche se rimane ancora determinante atteggiamento dei
dirigenti di Hamas a Damasco, che in passato hanno mostrato una
rigidità superiore a quella dei leader di Gaza.
Israele, una cena non kasher di Netanyahu scatena l’ira degli ortodossi Tel Aviv, 8 feb Alla
vigilia delle elezioni una cena non kasher di Netanyahu scatena le ire
della stampa ortodossa. Venerdì sera, in pieno Shabbat, il leader del
Likud si è infatti recato con la moglie e alcuni attivisti del partito
in un ristorante di Gerusalemme che propone frutti di mare, ostriche,
calamari e altri cibi vietati. Netanyahu ha cercato di evitare,
all’uscita, i fotoreporter arrivati per riprendere l’evento. Ma la
notizia ha comunque fatto il giro dei giornali. Un portavoce del leader
ha precisato che in quel ristorante Netanyahu ha ordinato solo cibi
kasher. L'episodio non aiuta certo il Likud che secondo i
sondaggi precede solo di misura i centristi di Kadima e potrebbe avere
bisogno dell'aiuto dei partiti confessionali per formare un nuovo
governo. Una mano imprevista al Likud è giunta comunque dal leader
religioso del partito sefardita Shas, rav Ovadia Yossef che non ha
esitato ad attaccare il partito Israel Beitenu (che fa concorrenza al
Likud per guadagnarsi le simpatie dei laici di destra) affermando che
votare per il suo leader Avigdor Lieberman "significa rafforzare Satana
e il Male".
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
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che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
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offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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