se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai  click qui  
 
  logo  
L'Unione informa
 
    15 febbraio 2009 - 21 Shevat 5769  
alef/tav   davar   pilpul   rassegna stampa   notizieflash  
 
Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Benedetto Carucci Viterbi Benedetto Carucci Viterbi,
rabbino 
La parashà di questa settimana, Itrò, contiene tra l'altro i dieci comandamenti, all'apparenza una sorta di codice etico giuridico universale. La tradizione rabbinica, a partire da altri testi biblici, elabora anche quelli che sono definiti i sette precetti noachidi, le norme a cui tutti gli uomini si dovrebbero attenere. Ma la contemporaneità ci pone inevitabilmente di fronte alla domanda se esista realmente un sistema di valori condiviso.
Le parole pronunciate giovedì scorso da Benedetto XVI a proposito della Shoah possono essere accolte come un atto di chiarezza. In realtà testimoniano del vuoto. Quelle parole, infatti, per il modo in cui sono state pronunciate e soprattutto per il tempo che hanno richiesto per essere dette danno la sensazione di una condizione ondivaga, effetto, in cui un ennesimo « Mai più » non interviene profondamente sul senso comune mentre lascia intravedere una lunga « navigazione a vista ». La sensazione che comunicano è quella di un gesto obbligato, dove contano più le buone maniere che la convinzione. Un atto di politica estera, dovuto a qualcuno perché s’acquieti, senza per questo indicare un percorso. E senza fare i conti con le cause. In breve un atto di cortesia, che lascia sul campo molte macerie e non garantisce sull’eventualità del suo ripetersi. Una cosa che assomiglia molto alla retorica dell’autocritica cui ci aveva abituato il linguaggio del “socialismo reale”.  David Bidussa, storico sociale delle idee  David Bidussa  
  torna su
davar    
 
  Daniela SantusQuando la Mecca è a Gerusalemme
Intervista a Daniela Santus


La Mecca? Si trova a Gerusalemme. I chassidim sono antichi egizi o antichi palestinesi. Lo stato d’Israele è nato da un’invasione armato degli israeliani contro lo stato di Palestina mentre la qibla, la direzione di preghiera islamica, è una festa di pellegrinaggio. Sono solo alcuni degli svarioni che Daniela Santus, docente di Geografia culturale e dei paesi mediterranei all’università di Torino, si ritrova sotto gli occhi qualche giorno fa correggendo la prova scritta dei suoi studenti.
La frustrazione della professoressa Santus, 47 anni è immensa. E’ convinta che "gli studenti devono essere stimolati a riflettere, a raccogliere informazioni, ad ascoltare opinioni che magari si allontanano dagli stereotipi mentali che i media o i partiti politici hanno inculcato loro; devono essere sollecitati a leggere i quotidiani e a confrontarli". E proprio per questo da tempo è i
mpegnata nella didattica attiva, anche attraverso l'organizzazione di laboratori e incontri. Davanti a quella prova d’esame si lascia però prendere dallo sconforto e da molti interrogativi che trovano voce in una lettera aperta destinata ad amici e colleghi.
Professoressa Santus perché questa lettera?
Mi occupo da anni di geografia culturale, con particolare riferimento all'area mediorientale. Sono sempre stata convinta del fatto che, alla base di tutto l'antisemitismo (definirlo antisionismo mi sembra abbastanza stucchevole) che sta rimettendo radici nel mondo, ci sia una grande ignoranza. Anni fa, ad esempio, ai giovani dell'estrema sinistra che mi avevano violentemente attaccata per il fatto di aver invitato Elazar Cohen, dell’Ambasciata israeliana, a lezione, avevo chiesto se fossero mai stati nei territori palestinesi o se avessero mai parlato, in loco, con persone residenti a Gerusalemme Est per conoscere davvero come la pensavano. Non l'avevano mai fatto. E così, forte della mia convinzione, ho moltiplicato gli sforzi cercando di portare se non conoscenza, almeno curiosità. Purtroppo, mentre correggevo gli ultimi esami scritti, mi sono resa conto che è quasi del tutto inutile. La mia lettera, inviata soprattutto ad amici e colleghi, era uno sfogo. Quasi a chiedere loro se stavo sbagliando in qualcosa o se davvero è impossibile sconfiggere l'apatia che ci circonda.
Chi sono gli studenti che seguono i suoi corsi?
Provengono soprattutto da istituti professionali per il turismo e da licei linguistici o europei. In buona percentuale sono stranieri, soprattutto maghrebini, rumeni e albanesi. Vi sono poi alcuni cinesi e libanesi. Mi capita anche di avere “ospiti” dei spiti" dei collettivi autonomi, che vengono soltanto per monitorare la mia "imparzialità" o quella dei conferenzieri da me invitati.
Qual è stata la sua reazione davanti agli strafalcioni degli studenti?
Mi sono sentita depressa, sfiduciata, stanca. Del tutto impotente. Negli anni ho cercato di affinare le mie tecniche didattiche. In aula uso supporti multimediali, propongo film e documentari. La carta d'Israele viene sempre commentata, cerco di coinvolgerli nella lettura e nel commento dei quotidiani. Ma la loro ignoranza è disarmante. Il Tigri e l'Eufrate vengono sempre, da qualche studente, fatti scorrere in Israele. Ormai non sanno nemmeno più chi era Arafat. Men che meno hanno idea di chi sia Abu Mazen e Hamas è confuso con un generale israeliano. Tzipi Livni? Una sconosciuta! Inutile dire lo sgomento quando cito i Rotoli del mar Morto o Masada! Nulla di nulla. E il guaio è che nulla resta. Negli anni ho fatto intervenire molti esperti alle mie lezioni. Quest'anno hanno parlato ai miei studenti l'imam Sergio Pallavicini e il rabbino Somekh. Alla fine neppure una domanda. Un'occasione sprecata.
Da cosa dipende questa situazione? 
Temo da un disegno ben preciso cui purtroppo molti insegnanti non riescono - o forse non sanno - sottrarsi. Lo scorso anno, per fare un esempio, il mio figliolo più piccolo frequentava la prima media. Sul testo di storia (Paolucci, Signorini, Il corso della storia, Zanichelli) il capitolo dedicato agli ebrei era fortissimamente fazioso. La terra che Dio promise ad Abramo è definita sempre e soltanto Palestina, salvo poi identificare i filistei con gli "antichi palestinesi" che si stabilirono lungo la fascia costiera "del moderno Stato d'Israele". Non una parola su Canaan, non una parola sulla reale nascita del termine Palestina, non una parola sull'origine non araba e men che meno islamica dei filistei. In pochissime pagine il termine Palestina compare ben 11 volte eppure agli autori non vivente in mente di spiegare che si tratta di un nome dato dai romani proprio nell'intento di de-ebraicizzare Eretz Israel.
Che dire poi del testo curato dal gruppo Geoidea, Il mondo. Le regioni nella prospettiva globale, De Agostini, in cui si afferma: "La vittoria d'Israele impedì la formazione di uno stato palestinese" e "nel 1967 gli israeliani conquistarono la Cisgiordania (della Giordania) e la Striscia di Gaza (egiziana)". In altre parole gli autori suggeriscono che fu l'autodifesa israeliana e non l'aggressione araba a non permettere la nascita di uno Stato palestinese e mi sembra anche si possa evincere che la Cisgiordania e Gaza - territori destinati alla  Stato palestinese e, dopo la guerra d'indipendenza, occupati da Giordania ed Egitto - fossero in realtà territori di proprietà dei due rispettivi Stati. Sempre in riferimento alla Guerra dei Sei Giorni si fa riferimento alla conquista della città di Gerusalemme (non si dice la parte est!) da parte degli israeliani e si dice che, soltanto in seguito, divenne capitale d'Israele... lasciando intendere che, fino ad allora, fosse stata Tel Aviv. Del 1950 nessuna traccia.
Si tratta di casi isolati?
Niente affatto. Di tono analogo sono i testi Bompiani, parte di una collana per la scuola secondaria superiore diretta da Giuseppe Dematteis. Nel testo Geografia dei paesi extraeuropei, di Natale Garrè e Giovanna Merlo (1993) si attribuisce la mancata formazione di uno stato palestinese nel 1948 alla vittoria delle guerra d'indipendenza da parte d'Israele. Gli stessi autori, ne I sistemi economici mondiali (del 1998) sostengono che in Israele le attività economiche industriali sono gestite unicamente dagli ebrei. Niente di più falso: è una casualità? Allo stesso modo è una casualità che gli autori scrivano che gli arabi che vivono in Israele sono in situazioni estremamente problematiche poichè ricevono la cittadinanza, ma sono di fatto esclusi dalle cariche politiche? Cosa può ingenerare tutto ciò negli studenti? Anche questi autori, tra l'altro, indicato Gerusalemme come capitale solo dal 1967.
Ancora più estremo è il testo curato da Gianni Morelli e Alfredo Somoza, La nuova geografia dei continenti, Mondadori 1998: in esso si legge infatti che Tel Aviv è la sede del governo. A p. 246 gli autori sostengono che: "La vendita di armi all'estero costituisce la voce più importante dell'economia del piccolo Stato". Cosa vogliono suggerire? Dulcis in fundo... un testo universitario a cura di Dagradi e Farinelli intitolato Geografia del mondo arabo e islamico, Utet Libreria 1997. In esso, l'autrice del capitolo su Israele, M.L.Scarin, scrive che "nel 1947 nella regione della Palestina furono istituiti due Stati: uno ebraico...e uno arabo" (come fanno a capire, gli studenti, che in realtà furono soltanto proposti e non istituiti?). "Iniziarono le guerre arabo-israeliane: la prima fu quella del 1956" (e quella per la sopravvivenza del 1948?). "Gerusalemme venne proclamata capitale dello Stato nel 1980 (...perchè non l'altro ieri?). "Gli ebrei oltranzisti vorrebbero la distruzione di tutti gli edifici che ricordano la fede musulmana". Parlando di economia, l'autrice dimentica il terziario e il terziario avanzato e sostiene che l'agricoltura è uno dei settori più sviluppati. Parlando dei kibbutzim scrive che i bambini vengono educati in maniera ferrea e raramente si permette loro di compiere gli studi universitari.
Quali effetti possono avere testi del genere sugli alunni?
Se i ragazzi vengono sottoposti a bombardamenti continui di informazioni faziose (e i media fanno la parte del leone), come potrebbero poi capire che tutto ciò su cui si fondano le loro certezze sia un falso? Se sin dalla prima media si insegna loro che la patria ebraica si chiamava "Palestina" e che i filistei altri non erano che gli "antichi palestinesi" questi poveretti iniziano a pensare che l'Islam è sorto prima di Cristo in Palestina! E che gli ebrei hanno rubato la terra ai palestinesi: che è esattamente quanto i disinformatori vogliono.
Qualche anno fa lei fu protagonista, all’università di Torino, di un episodio che ebbe riscontro grande riscontro sui media.
Nel 2005 l'estrema sinistra antagonista insorse contro la mia decisione di invitare a< lezione il dottor Elazar Cohen, diplomatico dell'Ambasciata d'Israele. In quell'occasione il dottor Cohen poté svolgere la sua lezione soltanto grazie all’intervento della polizia. Io stessa potei continuare le lezioni solo grazie alla sua protezione. Devo ammettere che mi infastidisce il concetto per cui un israeliano può parlare soltanto con un palestinese accanto e non viceversa. L’anno dopo decisi di provare il mio assunto per cui a questi giovani contestatori non interessa nulla del dibattito, ma desiderano soltanto opporsi a  Israele. Così, con l'aiuto della collega Sarah Kaminski e del mio preside Paolo Bertinetti organizzai una mattina di studio con i due rettori di Gerusalemme: quello dell'Università ebraica e quello dell'Università palestinese di Al Quds. L'ateneo diede molto risalto all'evento, ospitato in Rettorato. Ma non si presentò nemmeno uno studente. Ma come? Se fino a pochi mesi prima si stracciavano le vesti e lanciavano fumogeni perché non era stato garantito il dibattito, adesso che avevano entrambi i rettori seduti accanto a parlare di cooperazione non interessava più niente? Allo stesso modo pochi erano i docenti e i giornalisti che, tra l'altro, non scrissero neppure una riga sull'evento. Un israeliano e un palestinese che parlano di progetti comuni non interessano proprio a nessuno …
Perché questo disinteresse?
C’è un disegno: si vuole mantenere il conflitto. E perpetuare l'ignoranza. Perché soltanto nell'ignoranza può proliferare l'antisemitismo. D'altra parte la storia ce lo insegna. Quando c'è un problema è meglio dare gli ebrei in pasto all'odio popolare, prima che il popolo ne scopra la vera causa. E' stato così ai tempi delle crociate e dell'inquisizione, al tempo degli zar e della rivoluzione bolscevica, al tempo di Hitler e a quello di Stalin. Trovo assai preoccupante, ad esempio, che con il crescere dell'ignoranza cresca anche la percentuale di quanti credono che la "vera" causa della crisi finanziaria globale sia da ricercarsi nelle manovre economiche degli ebrei. Un brutto segnale davvero.

Lucilla Efrati
 
 
  torna su
pilpul    
 
  Anna MomiglianoSolo in Israele - La fabbrica di caffè
che funziona con i fondi ... del caffé


“Solo in Israele” diceva sempre lo scrittore Efraim Kishon, l'unico che, con la sua penna divertita e malinconica, sia riuscito a portare nelle case di milioni di lettori in tutto il mondo un altro volto di Israele: un Paese dalle mille possibilità e dell'assurdo, dove tutto o quasi è possibile.
Quando ho sentito di Élite, ho pensato che Kishon aveva proprio ragione: davvero certe cose succedono “solo in Israele”. Chiunque sia stato anche solo per poche settimane in Israele, conosce di certo il marchio onnipresente di Elite, che ha quasi il monopolio sugli snack al cioccolato: le “barrette rosse con la mucca” che affollano tutti i chioschi e i distributori automatici sono loro, per intenderci.
L'azienda produce anche caffé liofilizzato altrettanto onnipresente, “una vera leggenda commerciale per i consumatori israeliani”, l'ha definita il giornale Haaretz.
L'impianto dove gran parte del caffé istantaneo viene prodotto e confezionato si trova a Tzfat, in Galilea. Una fonte di reddito importante per la città, che dà lavoro a circa cento persone. Ma anche un problema ambientale, visto che i forni sono alimentati con olio pesante.
Così dopo alcune proteste da parte dei cittadini, Elite ha deciso di cambiare politica: perché non utilizzare come carburante gli scarti del caffé? E' più ecologico e anche molto più economico, sebbene richieda un investimento iniziale per modificare filtri e macchinari: “La soluzione era sotto i nostri occhi” hanno detto alla stampa israeliana i rappresentanti dell'impresa, che per anni hanno visto entrare decine di camion carichi di olio pesante e uscire decine di camion carichi di scarti alimentari. Il progetto di trasformazione è appena iniziato.
Una fabbrica di caffé che va a caffé? Solo in Israele.

Anna Momigliano
 
 
  torna su
rassegna stampa    
 
 
leggi la rassegna
 
 

Le prospettive di pace all’indomani del voto in Israele e la prima donna ministro in Arabia Saudita. Queste le due notizie che dominano oggi i quotidiani. Sul “complicato gioco di potere di queste ore” israelo palestinese si sofferma, tra gli altri, Francesco Battistini sul Corriere della sera. “Tocca al politico israeliano più impotente del momento (Olmert ndr) - scrive - spiegare il complicato gioco di potere di queste ore: il premier uscente «ha preso un impegno sulla liberazione del soldato Gilad Shalit e intende agire di conseguenza». Ovvero: niente apertura dei valichi di Gaza, nessun annuncio a breve d'una tregua con Hamas. Il puzzle si fa complicato e non riguarda solo le trattative per il cessate il fuoco: se Hamas non libera Shalit, Israele non sblocca le frontiere; se non sblocca le. frontiere, Olmert non può firmare la tregua e il pallino passa al prossimo governo; se il prossimo governo sarà troppo a destra, Hamas forse rivedrà la trattativa”. Ampio spazio, sul Corriere come sul Sole 24 ore alla svolta liberal in Arabia Saudita dove per la prima volta una donna è entrata a far parte del governo. Si tratta di Noura al-Fayez, nominata da re Abdullah vice ministro dell'Istruzione. “Per i tempi e i modi sauditi, i primi misurati nel millenarismo islamico e i secondi plasmati nel silenzio dei deserti – scrive Ugo Tramballi sul Sole 24 ore - è come una rivoluzione. Sia pure da vice ministro, una donna entra nel Governo del più conservatore dei Paesi della regione: dove le donne non guidano, si vedono negare molte occupazioni, non possono viaggiare senza consenso del padre o del marito né partecipare alle assemblee politiche consultive nate in questi anni”.
Il Riformista dedica invece ampio spazio alla posizione ebraica su alcuni delicati temi di bioetica a seguito della vicenda di Eluana Englaro in un’intervista di Francesca Bolino al rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni.
“E’ difficile parlare di questo caso senza rimanere coinvolti in qualche cosa che ti costringa a schierarti per una fazione o l'altra – spiega rav Di Segni - Cosa che non si dovrebbe assolutamente fare quando si parla di etica o di bioetica, giacché in tali casi bisogna esprimere un giudizio di valori indipendentemente da una scelta politica. In linea di massima i grandi decisori rabbini - ci che si sono occupati dell'argomento ritengono che l'idratazione e l'alimentazione non rappresentino eventi o trattamenti di tipo eccezionale o straordinari e quindi come tali non debbano essere interrotti. Questa è la posizione fondamentale, fermo restando che poi ogni caso va discusso singolarmente. Comunque, posso dire che con tutto il dolore e la condivisione della sofferenza nei confronti del caso Englaro, trovo strano che ci sia stata la necessità di un ricorso alla legislazione eccezionale. Mentre esistono problemi che, interessano grandi collettività o malati a rischio di vita o di sicurezza e che, in questo Paese, non vengono riconosciuti in modo adeguato. Eppure avrebbero bisogno di provvedimenti legislativi”.
Si segnalano infine sulla Stampa un intervento di Elena Loewenthal sulla letteratura israeliana al femminile (“i libri arrabbiati delle cattive ragazze”) e, sul Sole 24 la consueta rubrica domenicale di Giulio Busi dedicata oggi al libro “L'ebreo e  l'ebraismo nell'opera di Rembrandt”, a cura di Vincenzo Plinto da poco edito da La Giuntina.

Daniela Gross 

 
 
  torna su
notizieflash    
 
 

Londra, al via la Coalizione interparlamentare contro l’antisemitismo
Londra, 15 feb
Prende il via stasera a Londra la conferenza inaugurale della Coalizione interparlamentare per combattere l'antisemitismo. L’iniziativa, organizzata sotto gli auspici del premier britannico Gordon Brown e del ministro degli Esteri David Miliband, coinvolgerà fino a martedì più di 90 parlamentari in rappresentanza di 30 assemblee legislative da tutto il mondo.
Domani sarà ospite d'onore sarà il ministro degli Esteri Franco Frattini. Alla conferenza partecipano anche Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Esteri della Camera e membro del comitato promotore della conferenza londinese, e Margherita Boniver, presidente del Comitato Schengen. "L'obiettivo della conferenza – spiega Fiamma Nirenstein - è di formulare nuove strategie per confrontare l'antisemitismo a livello globale, una lotta nella quale i parlamenti possono avere un grande ruolo perché sono l'anima della democrazia”.
“Oggi più che mai, anche a seguito dei ripetuti episodi antisemiti avvenuti in Europa nel corso dell'ultima guerra fra Israele e Hamas e sui quali ho presentato un'interrogazione parlamentare – conclude Nirenstein - è necessario unire le forze delle istituzioni che vogliono combattere l'antisemitismo, interrogandosi su come affrontare questo fenomeno".

Israele, Olmert consiglia a Livni il passaggio all’opposizione

Tel Aviv, 15 feb
Il premier uscente Olmert suggerisce a Tzipi Livni di rinunciare alla formazione del governo e di guidare piuttosto l’opposizione  a un esecutivo formato dal Likud e dagli altri partiti di destra. Secondo Maariv, che riferisce il consiglio, la Livni al momento sta valutando sia l’opzione di un passaggio all’opposizione sia quella di un governo d’unità con il Likud con un’alternanza alla carica di premier. Ipotesi, quest’ultima, respinta da Benyamin Netanyahu.
Proprio oggi la Livni, analizzerà per la prima volta in pubblico, in una seduta con la lista parlamentare di Kadima, l'esito delle elezioni politiche del 10 febbraio in cui ha ottenuto la maggioranza relativa conquistando 28 seggi, uno più del Likud.8

Israele, Dichter: “staffetta per la poltrona di premier”
Gerusalemme, 15 feb
Per andare al governo insieme Kadima e Likud devono accordarsi sulla staffetta per la poltrona di premier. Lo ha affermato oggi alla radio Aviv Dicheter, ministro della sicurezza interna. "La rotazione è il minimo che Kadima possa esigere perché sia formato un governo stabile... Se non assume il potere, Kadima andrà all'opposizione", ha detto Dichter, membro del partito centrista guidato da Tzipi Livni. Secondo Dicheter solo un governo stabile di coalizione può fare fronte alle sfide che attendono Israele.

 
 
    torna su
 
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili.
Gli utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste, in redazione Daniela Gross.
Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”.