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    19 febbraio 2009 - 25 Shevat 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
I dibattiti molto accesi su questioni di bioetica spaccano l'opinione pubblica, ma partono da presupposti che si ritengono scontati e condivisi. Si dà per scontato, a esempio, che il medico abbia in ogni caso il diritto-dovere di esercitare la sua attività. A questa idea, in realtà, nella storia del pensiero ci si è arrivati abbastanza tardi; perché se si pensa all'ordine naturale, o alla creazione (per chi crede in un Creatore) o al corso delle vicende umane come segnato da una volontà superiore, non è affatto automatico il diritto delle persone ad intervenire per cambiare gli eventi; se qualcuno è ammalato o ferito, si potrebbe pensare che così è stato decretato dal destino o dall'Alto, e nessuno potrebbe agire contro questa volontà. Anche la tradizione ebraica, che crede in un Creatore e nel suo intervento nella storia, ha ragionato su questi punti, e ha trovato la risposta proprio in una frase della parashà (la lettura biblica) di questa settimana; quando si prescrive il compenso dei danni per procurate lesioni personali, sono comprese le spese mediche. L'espressione ebraica è, letteralmente, "werappò yerappè", da cui i Maestri deducono la regola: "è stato dato al medico il permesso di curare (lerappòt), ed è anche un obbligo". Sempre da questa regola deriva un principio che non è affatto scontato ed è quanto mai attuale nei dibattiti di questi giorni: perché il permesso si riferisce alle cure, e non al prolungamento artificiale della vita.
A Washington ferve l'attività dei centri studi che tentano di indirizzare o indovinare le scelte dell'amministrazione Obama. C'è consenso sulla necessita' di rilanciare il rapporto con il mondo dell'Islam. L'interrogativo è chi saranno gli interlocutori. La telefonata più lunga Obama l'ha fatta al turco Gul. Il primo leader arabo atteso alla Casa Bianca è Hosni Mubarak. L'Indonesia lo ha già invitato a tornare in pellegrinaggio nei luoghi dell'infanzia e Ahmadinejad gli ha scritto una lunga lettera. Ma il primo vero passo di Obama è verso Damasco, dove è in arrivo John Kerry, uno degli uomini di cui il presidente si fida di più.  Maurizio Molinari,
giornalista
Maurizio Molinari  
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  Benji OscarLegge di mercato - La crisi e i piccoli capitali
Delisting or not delisting? This is the question


Israele è da sempre sinonimo di vitalità imprenditoriale e i dati forniti riguardo al numero di società israeliane quotate all’Aim (Alternative Investment Market – mercato creato nel 1995 per le piccole e medie imprese ad alto potenziale di crescita) di Londra sono particolarmente significativi: nel 2007 ben 55 aziende di Tel Aviv e dintorni ne facevano parte.

Oggi però la crisi vuole anche dire muoversi in direzione opposta, ovvero il delisting, la fuga dal mercato e il ritorno al privato, a causa dei costi troppo alti di gestione: solo negli ultimi mesi undici società israeliane hanno deciso di uscire dal mercato azionario aspettando tempi migliori e molte altre ci stanno facendo più che un pensierino.

Eppure, nonostante il momento difficile, nel Finacial District di Tel Aviv c’è chi scommette prontamente riguardo a un loro dirompente ritorno: Guy Ravid – amministratore delegato di Cukierman Investment House e Simon Jaffa – partner dello studio legale Barnea & Co. dichiarano che si tratta solo di una questione di tempo e appena il mercato tornerà a girare, a bussare alla porta di Londra ci sarà la coda (questo grazie anche a regole flessibili che ne permettono di entrare e uscire con più facilità rispetto ai mercati tradizionali).

Gli israeliani ci insegnano ancora una volta come il rischio faccia parte del loro instancabile spirito imprenditoriale: ci si può quotare, si può sbagliare, si ammette l’errore, si ritorna indietro, ma non è assolutamente detto che non ci si possa riprovare una seconda volta, avendo fatto tesoro dell’esperienza precedente.

Un atteggiamento sempre propositivo che non trova molti eguali nel mondo; basti pensare che l’equivalente italiano dell’Aim, il Mac (Mercato alternativo del capitale), partito nel Novembre 2007, vede quotate per ora solamente pochissime Pmi di casa nostra (per contarle bastano le dita di una mano). I numeri non sono tutto, ma a volte spiegano molto.

Benji Oskar  
 
 
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  Tizio della Sera Novità

Il nuovo Dipartimento di Stato americano ha preso una nuova decisione sulla nuova via dei nuovi rapporti con il nuovo negazionismo. La nuovissima novità è che il nuovo dipartimento parteciperà alla nuova conferenza Onu di Durban, che sarà nuovamente antisemita. E in questo, c’è qualcosa di nuovamente vecchio.

Il Tizio della Sera  



Rutu ModanRutu Modan – Mano da illustratrice,
testa da grande scrittrice


Koby Franco divide il taxi con i propri zii, ha perso le tracce del padre dopo la morte della madre, mentre la sorella vive a New York. Numi ha una relazione con un uomo più grande di lei, sta concludendo il servizio di leva. Koby vive e lavora a Tel-Aviv. Koby ha un pessimo rapporto con il padre, negli ultimi cinque anni lo avrà visto un paio di volte e sempre fuori casa. Numi non ha un buon rapporto con gli impegni lussuosi e di alto profilo della madre. Si sente bruttina di fronte alla sorella che piega la volontà degli uomini con il suo fascino.

Rutu ModanSono i due personaggi principali di “Exit Wounds”, in Italia “Unknown/sconosciuto”, graphic novel di Rutu Modan (nell'immagine a fianco), illustratrice e fumettista israeliana che con quest’opera si è aggiudicata il prestigioso premio Eisner nel 2008. Joe Sacco, autore del fumetto “Palestine” ha definito il libro “uno sguardo profondo, pienamente strutturato, umanitario e non sentimentale del malessere sociale e delle relazioni umane e di quel posto difficile in cui a volte si intersecano” (Joe Sacco dall’introduzione all’edizione statunitense della Drawn&Quaterly). La definizione di Sacco è sintetica e opportuna nello stesso tempo. Koby e Numi potrebbero essere due giovani che si incontrano per un caso fortuito e vivono una storia d’amore difficile. Li unisce la figura del padre del ragazzo. Ma siamo a Tel-Aviv. Si incontrano perché Numi pensa che il padre di Koby sia morto in un attentato, ne nasce così un percorso o viaggio di ritorno del figlio verso il padre. Un processo di riavvicinamento e conoscenza che non necessariamente si deve concludere con il loro incontro.

Quando Koby scopre la verità sul padre, correrà dalla donna che grazie a lui ha conosciuto per cercare di cogliere quanto di più bello gli ha proposto quel percorso iniziatico. Non è infatti il figliol prodigo che torna nella casa del padre, ma il momento di emancipazione dalla figura paterna, il volo che prende l’uomo adulto.

Numi da questo punto di vista è la bussola del percorso di Koby, come una moglie ha il compito di far studiare il proprio uomo. È la ragazza che lo riavvicina al padre, che lo costringe ad assumersi la responsabilità del percorso. E in questo percorso che vediamo Israele di oggi, con la sua familiarità con la morte (gli attentati), con la possibilità di morire mentre si prende un autobus, si fa la spesa, si amoreggia. Sul tema delle morti brutali Rutu Modan in una intervista al Comics Journal del febbraio 2008, ha detto “le morti brutali sono intorno a noi, dovunque, in ogni momento, non solo in Israele. (Ogni morte suona triste e brutale, perfino quando è chiamata “naturale”) Ho cercato di descrivere questo sentimento in Exit Wounds, e non solo il lato drammatico, ma anche la prosaicità della morte e il suo aspetto quotidiano.”

Questa graphic novel è stata ispirata dal documentario “N.17” di David Ofek che tratta propria di una vittima di un attentato di cui non si conosce l’identità.

Ma Modan ha pescato anche dai propri ricordi. Così Numi e la sua famiglia in qualche modo esistono, visto che l’autrice aveva una compagna di scuola nella stessa situazione: madre sposata con un uomo ricco. Le emozioni che prova Koby quando torna nella casa del padre e scopre che è stata svuotata per arricchire un mercato delle pulci, sono le stesse di Rutu Modan quando fece svuotare la casa dei genitori. E la stessa autrice pensò che un ragazzo che mancò a un appuntamento, fosse morto in un attentato.

Questa partecipazione alle stesse storie attraverso le proprie esperienze di vita segnano una particolarità dell’autrice che la distingue da altri autori di fumetti. Non racconta avventure fantastiche, esoteriche o eroiche, Rutu Modan racconta la vita e invece di scriverla, la disegna. È il tratto che distingueva autori come Will Eisner. Il fumetto non è un prodotto semplice e infantile, ma un linguaggio complesso che impone una sintassi severa e puntuale. La linea di Rutu Modan è semplice, quasi francese, ma caricaturale. Spesso sembra di vedere volti da maialino, nasoni alla Hergé. La composizione della tavola sembra formalmente corretta, ma osservando con attenzione ci accorgiamo che una automobile non potrebbe stare in quella posizione, che il corpo di un uomo è sproporzionato e che gli stati d’animo dei personaggi o l’emotività della situazione è dettata dai colori del fondo della tavola che svolgono due funzioni: obbligano il lettore a uno zoom sui personaggi e ci assorbono nell’atmosfera del momento. Mano da illustratrice, testa da scrittrice.

“Unknown/sconosciuto”, Coconino Press, 2006
Andrea Grilli  
 
 
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Ombre nazional-socialiste. Seppur Israele, fra tregue rinviate e valzer post elettorali, resta al centro dell’attenzione dei quotidiani italiani, a fare rumore oggi è la Germania. Il governo tedesco ha appena approvato una legge sulla nazionalizzazione del settore finanziario. Praticamente – come ben spiegano Il Sole 24 ore, La Repubblica e il Corriere della Sera – si potranno espropriare le banche in crisi. Una parola, questa, “che riporta alla mente di molti periodi bui”, ammette Beda Romano sul quotidiano di Confindustria. Enteignung era il vocabolo utilizzato dai tedeschi, durante la Seconda Guerra Mondiale, per descrivere le espropriazioni del regime nazista contro le proprietà degli ebrei. E la nuova norma, che dovrà essere approvata dal Parlamento, ha così scatenato le polemiche nella Germania di Angela Merkel.
In Israele intanto si cerca la possibile pace, dopo l’operazione Piombo Fuso. L’accordo con Hamas, mediato dall’Egitto, ieri è saltato quando il governo israeliano si è imposto sulla liberazione del soldato Gilad Shalit, nelle mani delle milizie islamiche dall’estate del 2006. “Gli aiuti umanitari – scrive Il Riformista – continueranno ad arrivare. Ma per quanto riguarda una tregua a lungo termine e la riapertura dei confini, ora la scelta è nelle mani di Hamas”. Ampi resoconti si possono trovare sul Foglio, il Corriere, La Stampa, Europa e sul Manifesto e l’Unità che pongono l’accento sulla scelta in extremis di Israele di non firmare la pace: “Dietrofront di Israele”, titolano. Ma a nostro avviso lo Stato “ebraico” ha posto ufficialmente la liberazione di Shalit come uno dei motivi del conflitto e come una delle prerogative per una possibile tregua.
E a proposito di Striscia di Gaza, ieri Shimon Peres ha ammesso (Corriere) che il ritiro del 2005 fu un errore: “Qualunque cosa accada in futuro non ripeteremo gli errori commessi nell’abbandonare Gaza”. Il presidente dello Stato di Israele è al centro dell’attenzione di tutto il mondo, in quanto da ieri ha dato il via alle consultazioni che lo porteranno a decidere a chi affidare l’incarico di formare il nuovo governo (Il Corriere della sera
, Il Giornale, Il Riformista). A riguardo Libero titola: “L’aut aut di Peres: senza accordo nuove elezioni”. Bisognerà attendere  domani per sapere chi prenderà in mano il timone del Paese. L’attesa si può eludere leggendo il reportage di Famiglia Cristiana ad Ashkelon, paesino a pochi chilometri dalla Striscia dove la destra di Lieberman alimenta le speranze di chi fino ad oggi ha vissuto sotto il lancio dei missili qassam. Oppure aprendo il Corriere a pagina 14, dove Davide Frattini fa il punto sul numero di morti nel conflitto a Gaza.
Intanto lo sport preferito degli anti-israeliani sembra sempre più essere il tennis. Dopo il caso della tennista Shahar Peer, esclusa dal torneo di Dubai, ieri le autorità svedesi hanno deciso che il primo turno di Coppa Davis, tra Israele e Svezia, si dovrà giocare a porte chiuse per motivi di sicurezza (Il Sole 24 Ore, La Stampa).
In Italia, ampio spazio è dedicato agli ottant’anni dei Patti lateranensi (Avvenire). Repubblica, oltre a riportare i retroscena del party all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede con Berlusconi, Fini, Casini, e tutti i big della politica e la diplomazia Oltretevere, pubblica anche una lettera del presidente della Camera dei deputati. Gianfranco Fini nel ricordare l’importanza del Concordato e delle radici giudaico-cristiane, ha sottolineato come l’incremento di nuovi movimenti religiosi metta in evidenza l’assenza di una legge di carattere generale, che garantisca del tutto la libertà religiosa.
Interessante, infine, capire meglio la class action sulla strage di Marzabotto (Corriere della sera) che stanno portando avanti i parenti delle vittime del 1944, e leggere sul Foglio un articolo dal titolo “Sceneggiate antisemite su Gaza”, che mette sotto accusa uno spettacolo teatrale a Londra.

Fabio Perugia 

 
 
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Israele, nuovo governo: Lieberman, appoggia Netanyahu
Gerusalemme, 19 feb -
Lieberman a Peres: “Noi raccomandiamo Netanyahu ma solo nel quadro di un ampio governo".
Col sostegno del paritito Israel Beitenu e quello pressoché certo dei partiti di estrema destra e confessionali Netanyahu avrebbe sulla carta il sostegno di 65 deputati alla Knesset, raggiungerebbe così il quorum minimo per la maggioranza.


Il leader di Israel Beitenu sotto inchiesta
Gerusalemme, 19 feb -
Avigdor Lieberman, leader del partito Israel Beitenu è sospettato di eveasione fiscale, riciclaggio di denaro e altri reati.
La polizia ha chiesto al procuratore generale dello stato Menachem Mazuz l'autorizzazione a interrogarlo.
La polizia avrebbe voluto interrogare Lieberman già due settimane prima delle elezioni politiche del 10 febbraio scorso, ma aveva poi deciso di attendere, per non essere accusata di voler influenzare gli elettori.
Secondo la radio delle forze armate Lieberman avrebbe ricevuto "considerevoli somme di denaro dall'estero", tramite società ombra e diversi conti bancari, per finanziare la campagna elettorale del suo partito.
Sono sette le persone già interrogate sul caso, fra le quali la figlia di Lieberman, Michal.
E' stato il quotidiano Haaretz a dichiarare che la polizia vorrebbe interrogare Avigdor non nella veste di testimone bensì nella veste di persona indagata per reati.
 
 
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