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L'Unione informa
 
    22 febbraio 2009 - 28 Shevat 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  benedetto carucci Benedetto
Carucci Viterbi,

rabbino 
Faremo e ascolteremo è lo "slogan" che compare nella parashà letta ieri; è una delle affermazioni qualificanti, secondo la tradizione midrashica, del popolo ebraico. In apparenza il predominio della prassi sulla comprensione. Fatto strano, se si pensa che un famoso passo talmudico arriva
all' unanime conclusione che è più importante lo studio dell'azione perché il primo conduce alla seconda. E d'altra parte: come è possibile adempiere ad un precetto se prima non lo si è ascoltato? Come osservare lo Shabbat se prima non se ne conosce l'esistenza e la sostanza? Faremo ed ascolteremo, piuttosto che esaltazione della pura prassi - come spesso si intende con una lettura forzata che cancella l'ascolteremo - va forse inteso come saremo sempre pronti a fare ciò che da Te ascolteremo.
Intorno al decreto legge sulle "associazioni tra cittadini non armate" (più immediatamente definite "ronde") molti hanno espresso il loro sollievo, altri le loro perplessità. E’ sempre azzardato esprimere a priori un giudizio ed è vero che l’onere della prova rimane fondamentale. Non è forse vero che esiste una "guardia civica" (per di più anche armata) in realtà statuali europee, senza che per questo ciò abbia rappresentato la diffusione della violenza privata? Ma è così improprio domandarci: qual è in quelle realtà il senso e la misura della lealtà verso lo Stato? Nessuna forma di partecipazione alla vita pubblica significa una abbassamento del tasso di democrazia in una società. Ma appunto il problema non è il tasso di partecipazione, è l’educazione civica cui allude quella "voglia di partecipazione". E’ così fuori luogo domanderselo?
David Bidussa,
storico sociale delle idee
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  bar refaeliDonne d'Israele 5 – Bar Refaeli
Un'ambasciatrice in bikini

Non è la donna israeliana più celebre del mondo, perché il titolo spetta a Tzipi Livni. Ma Bar Refaeli, la modella assurta qualche tempo fa alla fama planetaria per la sua tormentata liaison con Leonardo Di Caprio, è senz'altro l'unica israeliana a campeggiare languida in bikini sulla fiancata di un Boeing (quello della Southern airwest che l'ha scelta come testimonial). Ed è anche l'unica ad aver conquistato, qualche giorno fa, la copertina di Sports illustrated swimsuit edition, vetrina di massimo prestigio per ogni top model, che la ritrae alle Grenadine mentre accenna a sfilarsi un due pezzi minimo a tinte pastello. Tale la fama mediatica della bionda israeliana che è già scattata la corsa sia al bikini griffato Missoni (per la modica cifra di 575 euro) sia alla collana d'oro a tre fili che sfoggia al collo.
Bar Refaeli – nata 23 anni fa a Hod ha Sharon da una famiglia proprietaria di un allevamento di cavalli – è divenuta ormai il volto d'Israele nel mondo. Un'identificazione che lei stessa non esita ad accreditare nelle interviste in cui sottolinea sempre le sue origini israeliane esprimendo anche valutazioni politiche (nelle recentissime elezioni si è schierata ad esempio a favore di Tzipi Livni). La copertina di Sports illustrated che l'ha proiettata definitivamente nell'olimpo delle top mondiali segnala infatti un'esposizione mediatica così forte che perfino il serioso quotidiano Haaretz le ha dedicato un lungo editoriale.
Tra il serio e il faceto il giornale s'interroga sul suo ruolo di ambasciatrice d'Israele. In che modo, si chiede, Bar può essere di sostegno alle pubbliche relazioni israeliane? E, più nel dettaglio, non è che i suoi scatti in bikini possono addolcire quelle ben più crude della guerra di Gaza? Al ministero degli Esteri, in particolare nell'ambito del Brand Israel project voluto dalla Livni - riferisce il gironale - si ritiene davvero che la modella sia di grande aiuto nel contrastare l'immagine di Israele come paese duro e poco attrattivo. “L'aspettativa – chiosa Haaretz – è che Bar Refaeli provi che Israele è come l'Occidente. Le giovani donne dell'Iran, di Hezbollah o Hamas non sono fotografate in costume da bagno. (…) Agli occhi israeliani, una foto di Refaeli su un aereo ci rende più americani e occidentali”.
Nemmeno le frasi infelici a proposito del servizio militare schivato, sfuggitele qualche anno fa durante un'intervista, sono riuscite a incrinare la sua immagine di portavoce dell'Israele più moderna e trendy. “Perché è bene morire per il proprio paese? Non è meglio vivere a New York?”, dichiarò Bar a Yediot Aharonot. E ancora “volevo davvero servire l'esercito, ma non mi pento di non essermi arruolata perché prendeva un mucchio di tempo”. La polemica sulla top che per non rovinarsi la carriera aveva evitato la ferma sposandosi con un conoscente (matrimonio di comodo subito sciolto) divampò immediata. Ma la querelle si chiuse con altrettanta rapidità tra le rituali minacce di querela al giornale, accusato di aver frainteso, e un'affettuosa visita della bella dagli occhi blu ai ragazzi delle forze armate. Riconquistato il suo ruolo d'icona d'Israele, Bar Rafaeli ha dunque incontrato le massime autorità, tra cui Shimon Peres, nel viaggio che nel 2007 la portò in Israele insieme a Leo Di Caprio, conosciuto due anni prima a un party a Las Vegas. E in tempi più recenti ha dialogato all'Eliseo con Sarkozy, immortalato mentre affonda lo sguardo nel decolleté della signorina che sfoggia un generoso 89-60-90.
Di Bar, che iniziò la sua carriera a soli otto mesi con uno spot di un prodotto per bambini e proseguì con innumerevoli spot e servizi fotografici fino al concorso che nel 2000 la consacrò Model of the year, le cronache non conservano traccia di particolare personalità o spessore. Cosa fa per far conoscere i problemi di Israele? Le chiedono qualche mese fa in un'intervista. E lei, serafica, “io non sono un personaggio politico, e non conosco abbastanza la situazione per parlarne, ma tutte le volte che me lo chiedono provo a far sapere quanto sia bella la mia terra”. “Nel mio Paese noi usciamo, ci divertiamo, abbiamo una vita normale. Ci sono posti pericolosi, nel Nord e a Gaza. Lì si combatte, la popolazione vive esperienze terribili. Ed è molto triste, ma questo non succede dappertutto”.
E ancora, “Ricordo continuamente a me stessa i privilegi in cui vivo. Ho una bella vita, viaggio, ho occasione di conoscere gente fantastica. In più, so che piaccio, che faccio colpo sulla gente, e questo è incoraggiante. Così, anche quando sono esausta, e a volte succede, mi dico, ok, va bene, sono molto fortunata”. Banalità? Forse. Ma basta guardarla mentre, statuaria e con i capelli al vento, indossa quel mitico bikini sullo sfondo del mare blu delle Grenadine, per rendersi conto che Bar Refaeli può essere davvero un'arma segreta nella guerra per immagini che da anni serpeggia in Medio Oriente.

Daniela Gross

 
 
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  pilpul neveSolo in Israele – Ecco dove gli svizzeri
vanno a comprarsi la neve 


Alla fine gli israeliani ci sono riusciti: hanno venduto a svizzeri e austriaci. Che se proprio non è come vendere ghiaccio agli eschimesi, poco ci manca. A metterla così sembra una storiella dell'assurdo, invece
è il frutto di anni di ricerca di una delle più innovative compagnie dell'hi-tech israeliano: IDE, fondata nel 1965 dal governo israeliano per risolvere i gravi problemi di siccità (poi è stata privatizzata), è una dei leader globali nella desalinizzazione dell'acqua. Sono quelli, per intenderci, che hanno seguito il processo di desalinizzazione dell'acqua marina a Eilat, dove altrimenti mancherebbe l'acqua potabile.
Adesso però hanno assemblato due innovativi cannoni da neve, in grado di sparare fiocchi di neve in qualsiasi condizione climatica e senza l'utilizzo di agenti chimici nocivi per l'ambiente: uno è stato venduto alla stazione sciistica di Pitztal (in Austria) e l'altro alla stazione sciistica di Zermatt (in Svizzera), per la bellezza di sette milioni di
shekel ciascuno. Dall'acqua salata di Eilat alla neve delle Alpi: da dove è nata questa
trasformazione? L'idea, raccontano i rappresentanti dell'azienda, è nata per caso in una miniera del Sud Africa. Negli ultimi 15 anni infatti IDE ha esteso il suo business, aggiungendo ai meccanismi di desalinizzazione anche agli impianti per il raffreddamento delle miniere che utilizzavano  la formazione sottovuoto del ghiaccio. “Alla fine del 2005 stavo lavorando a una miniera d'oro in Sud Africa e mi sono detto che la qualità del ghiaccio somigliava tanto alla neve che ci si poteva sciare”  ha raccontato uno degli ingegneri, che ha subito affittato un paio di sci per testare la qualità della neve: “Ottima”.
In un primo momento Moshe Tessel, il capo del dipartimento refrigerazione della ditta, era un po' scettico: ma quando un persino atleta professionista finlandese ha confermato che la qualità della neve era ottima, ha deciso di creare un nuovo business. Due anni più tardi, i primi due cannoni erano pronti. Per essere sicuri, gli ingegneri israeliani li hanno testati in Israele: se sono sono riusciti a fare “nevicare” a Netanya in piena estate, non ci dovrebbero essere problemi sulle Alpi. Ad oggi non risulta però che abbiano venduto alcun cannone alla stazione sciistica del monte Hermon, l'unica in Israele. Piuttosto adesso l'obiettivo è vendere agli statunitensi e ai canadesi, dicono i vertici dell'azienda. Anche se la cosa rischia di farsi più difficile del previsto. Tessel racconta di avere avuto dei seri problemi al momento di varcare la frontiera, in un recente viaggio di lavoro in Canada: “La guardia semplicemente non poteva credere che un israeliano venisse davvero per vendere neve ai canadesi”.

Anna Momigliano
 
 
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L'odio irrazionale nutre i fautori dell' antisemitismo
Nella  sala delle riunioni della Lancaster House, il ministero degli Esteri inglese, con noi 120 membri di 40 Parlamenti seduti tutto intorno al tavolone, si alza per parlare Abe Foxman, il presidente dell'Anti diffamation league, e chi lo conosce sa che farà un discorso pieno di dati, deciso e ironico, da mastino abituale della lotta all'antisemitismo. Siamo alla «London Conference on combating antisemitism», tenutasi dal 15 al 17 febbraio. Invece quando Abe si alza, parla lento e strano, In realtà piange: «Sono un sopravvissuto dell'Olocausto, e vi devo dire che dagli anni Trenta, quando si preparava la Shoah, mai, fino a oggi, è stata cosi brutta». Ha ragione: nei giorni in cui il deputato laburista John Mann preparava questo incontro, da cui è nata la "Carta di Londra", si è acceso un fuoco nella delegittimazione di Israele e degli ebrei, nei giornali, nelle istituzioni, nel discorso pubblico. Un odio irrazionale che non sente spiegazioni: in Europa il 35% delle persone attribuiscono agli ebrei la crisi economica. E' difficile oggi indossare una kippah nelle strade di Londra o di Stoccolma, o di Madrid, o di Parigi. Ed è normale vedere templi e scuole piantonati, normale anche vederli attaccati. Fra gli episodi cui potremmo aver assistito alzando le spalle: un «civil servant» inglese che sbraita contro gli ebrei mentre si esercita in palestra, un funzionario di governo norvegese che usa l'email del lavoro per accusare gli ebrei di essere nazisti; la città di Malmoe in Svezia chiude lo stadio al pubblico per una gara di tennis perché uno dei contendenti è israeliano; il Dubai chiude la porte alla tennista Sahar Pe'er. Al Consiglio d'Europa, ho visto uno a uno i membri, dall'Inghilterra alla Turchia, accusare Israele  chi di apartheid, chi di crimini di guerra, chi di aver usato pretesti falsi per far guerra, chi di strage degli innocenti. Un Paese assetato di sangue, indegno di vivere. Niente analisi, l'irrazionalità non sente e non vede. Sono cresciuta in un'Europa in cui l'antisemitismo, strisciante oggi fra i massi della storia dopo la sua orgia di sangue, non si sognava di alimentarsi ancora di un ricco antisemitismo islamista che rende la prospettiva di annichilire gli ebrei realistica, viva. Ed è tragico che questo accada in nome della cultura dei diritti umani nata dopo la Shoah, la stessa che ignora il Darfur, l'Iran, la Cina, i dittatori omicidi, e dà addosso a Israele. La prossima scadenza della guerra contro gli ebrei è quella della conferenza detta «Durban 2» contro il razzismo, che si prepara a Ginevra per aprile. Il ministro Franco Frattini l'ha detto a Londra: se invece di essere una conferenza contro il razzismo seguita a prospettarsi come una conferenza razzista contro Israele, l'Italia non ci andrà.

Fiamma Nirenstein, Il Giornale, 22 febbraio 2009

 
 
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notizieflash    
 
 
Israele: Olmert si scusa con il Vaticano per programma televisivo blasfemo
Gerusalemme, 22 feb -
Il  premier israeliano Ehud Olmert ha espresso il proprio rammarico per le espressioni che il comico televisivo di Canale 10, Lior Schlein, ha rivolto la settimana scorsa contro la religione cristiana. In apertura della seduta del Consiglio dei Ministri di oggi, Olmert ha formulato le proprie scuse alla Santa Sede . "Io non desidero - ha detto Olmert - che il governo israeliano intraprenda una critica dei diversi programmi televisivi. Ma penso che se in un altro Paese fossero state dette cose analoghe contro la religione ebraica, di certo la comunità ebraica avrebbe reagito con un grido di allarme". Olmert ha assicurato di non avere alcuna intenzione di limitare il diritto di espressione in Israele: "Eppure è certo giustificato pretendere ragionevolezza e responsabilità, anche un po' di autocontrollo, anche nei programmi satirici". Olmert ha quindi rivolto le proprie parole alla comunità cristiana in Israele, ha elogiato la sua "coesistenza con il nostro popolo" e ha precisato che "i rapporti di Israele con il Vaticano e con il mondo cristiano sono molto buoni e non c'é alcuna ragione per arrecare loro danno".


Gaza: Israele riapre il valico di Rafah per tre giorni
Gaza, 22 feb -
Fonti locali riferiscono che Israele ha riaperto oggi il valico di Rafah, fra Gaza ed Egitto, per tre giorni allo scopo di consentire il transito di malati e di studenti. La riapertura definitiva di quel valico è ancora oggetto di contatti diplomatici nel tentativo di mettere a punto una tregua a Gaza fra Hamas ed Israele. Ieri nella stessa zona le autorità egiziane avevano schierato centinaia di agenti nel timore che dimostranti palestinesi provenienti da Gaza potessero tentare di forzare il confine. Sempre ieri un palestinese è rimasto ucciso e altri sei sono stati feriti in una esplosione verificatasi in un tunnel di contrabbando nel rione a-Salam (Rafah). Fonti palestinesi affermano che la esplosione è stata provocata dalle unità egiziane impegnate nella lotta contro il traffico di armi dal Sinai verso Gaza. Le fonti aggiungono che due palestinesi che presumibilmente si trovavano nel tunnel risultano dispersi.


 
 
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