se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui |
|
|
 |
|
L'Unione informa |
|
|
|
24 febbraio 2009 - 30 Shevat 5769 |
|
 |
|
| |
|
alef/tav |
|
|
 |
|
 |
Roberto Della Rocca, rabbino |
Si
è conclusa domenica la consueta settimana bianca per famiglie
organizzata dal Dipartimento Educazione e Cultura dell’Ucei a Pinzolo
(Trento). Erano presenti circa 100 partecipanti da varie
comunità che hanno potuto usufruire di un ricco programma
socio-culturale organizzato specificamente per questa vacanza.
L’incontro di molte famiglie ha consentito, senza preclusioni, un
confronto fra diversi modelli di vita e di cultura ebraica e
anche questa è stata una occasione di crescita e apprendimento.
Il tema dell’educazione ebraica è stato toccato molte volte, non solo
nelle frequenti occasioni informali, ma anche in chiacchierate più
strutturate che si sono tenute in piacevoli serate e nelle lezioni di
Torà che si sono svolte ogni pomeriggio dopo divertenti sciate e
passeggiate. Quel che differenzia questa attività da qualunque altra
vacanza è sicuramente l’atmosfera ebraica che si manifesta dal cantare
tutti insieme la Birkhàt Ha Mazòn dopo mangiato, dallo svolgersi
delle Tefillòt quotidiane con il Miniàn ma, soprattutto nel festeggiare
assieme lo Shabbat con canti nei quali tutti e soprattutto i bambini
sono coinvolti. Tutto questo è avvenuto in un’atmosfera rilassata e
piacevole, nel rispetto della sensibilità culturale dei diversi
partecipanti, e con l’opportunità di fare nuove amicizie e
approfondirne di vecchie tra famiglie di diverse
comunità. Un’esperienza piacevole e utile, che dovrebbe essere
provata da più famiglie, soprattutto quelle che vivono nelle
comunità più piccole, dove l’opportunità di questi incontri è più rara
e difficile. |
 |
Tel Aviv sta per compiere cent'anni. L'11 aprile del 1909, fra due dune di sabbia
a nord di Giaffa, avvenne il sorteggio dei 60 lotti di terra (anzi di
sabbia...) fra le altrettante famiglie di fondatori. Il canalone fra le
due dune fu riempito e divenne viale Rothschild. E' una storia
affascinante: cent'anni per una città non sono nulla, invece Tel Aviv
ha già tanto da raccontare. |
Elena Loewenthal,
scrittrice |
 |
|
|
 |
|
|
torna su |
davar |
|
|
|
|
Le leggi razziste del 1938 e l'onore tradito degli avvocati italiani
“Le
leggi razziali e gli avvocati italiani. Uno sguardo in provincia”: è
questo il titolo dell’intenso e partecipato convegno svoltosi a Pisa
venerdì scorso, nel quale sono state rievocate, nella cornice nazionale
e comparata, le vicende locali. Il convegno è stato organizzato
dall’ordine degli avvocati di Pisa, grazie all’impulso del past
president David Cerri e dell’attuale presidente, Rosa Capria, che hanno
raccolto, tra i primissimi in Italia, l’invito rivolto agli ordini
locali degli avvocati dal presidente del Consiglio nazionale forense,
Guido Alpa (presente al convegno pisano), affinché dedichino ogni anno,
in occasione della giornata della memoria, un ricordo ai colleghi
perseguitati per motivi razziali. L’invito ha fatto seguito all’uscita,
nel 2006, del denso volume di Antonella Meniconi, “La maschia
avvocatura”, che ha aperto un primo, inquietante squarcio
sull’atteggiamento del Sindacato fascista avvocati e procuratori di
fronte alle leggi razziali. Anche gli avvocati, infatti, furono
tra coloro che, all’immediato indomani della promulgazione dei primi
provvedimenti razzisti, ne invocarono l’applicazione alla propria
categoria: il 13 ottobre 1938, nella riunione del direttorio nazionale
del Sindacato fascista avvocati e procuratori, emerse con nettezza la
proposta che i professionisti ebrei non fossero più ammessi negli albi.
Il sindacato vide esaudita la sua richiesta con la legge 29 giugno
1939, n. 1054, “Disciplina dell'esercizio delle professioni da parte
dei cittadini di razza ebraica”. Fino alla ricerca di Antonella
Meniconi, per lungo tempo la vicenda non è stata oggetto di particolari
approfondimenti (salvo qualcuno soprattutto su base locale), per
molteplici difficoltà, in primo luogo nel reperimento degli archivi (in
molti casi andati ‘opportunamente’ smarriti). Gioca inoltre,
sicuramente, in questo come in altri campi, la volontà di rimuovere la
memoria collettiva ed individuale di atteggiamenti spesso
impietosamente persecutori nei confronti dei colleghi ebrei, sottoposti
ad umiliazioni e vessazioni. L’auspicio è che anche altri ordini locali
facciano proprio l’invito di Guido Alpa, cominciando ad indagare nella
propria storia con la stessa capacità dimostrata dagli avvocati pisani
che, tra le altre, hanno riportato alla luce la drammatica vicenda
familiare dell’avvocato Guido De Cori – per molti anni presidente della
Comunità ebraica pisana – le cui cugine (Gabriella e Vera De Cori)
furono deportate ad Auschwitz anche con il concorso dell’avvocato
pisano che era al tempo (gennaio 1944) questore repubblichino di
Pistoia.
Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane |
|
|
|
|
torna su |
pilpul |
|
|
|
|
Quelle parole che tornano in vita
C’era una volta una città polacca di nome Bialystok,
in cui vivevano centomila persone, di cui sessantamila ebrei. La vita
ebraica fioriva ed essi erano orgogliosi di appartenervi. Il 27
giugno 1941 i nazisti conquistarono la città, ed essa divenne teatro di
indicibili orrori. Già nei primissimi giorni dell’occupazione tedesca
furono uccisi migliaia di ebrei. Duemila persone, tra cui donne e
bambini, furono rinchiuse dentro la sinagoga, interamente di legno, a
cui venne appiccato fuoco. Morirono arsi vivi. Di sessantamila
persone, di quella comunità così fiorente e dinamica, alla fine della
guerra, i superstiti furono meno di mille. Ciascuno di coloro che
vennero annientati aveva un nome e una storia. Dei sogni e degli
affetti. Tutto fu cancellato dalla furia nazista. Uno dei duecento ebrei di Blalystok che tornarono dai campi di sterminio si chiamava Rafael Rajzner. Rajzner
aveva assistito alla brutale e sistematica liquidazione del ghetto. Si
era nascosto con la moglie e i due figli. Scoperto, era stato rinchiuso
in una prigione della Gestapo, dove fu torturato e si vide portare via
il figlio senza potergli dire addio. Poi fu deportato nei campi di
Stutthof, Auschwitz, Sachsenhausen, in cui venne arruolato dalle SS per
falsificare sterline nell’operazione Bernhard, e infine Mauthausen. Per
evitare che la storia della città di Bialystok cadesse nell’oblio e
perché quegli ebrei uccisi non rimanessero soltanto dei numeri, Rafael
Rajzner, spogliato di tutto tranne che dei ricordi, comprese che era
necessario lasciare al mondo la propria testimonianza. Giunto
nel sud Italia, poi a Roma con la nuova moglie e i due figli del primo
marito di lei, anche loro reduci dai campi nazisti, Rajzner cominciò a
scrivere, freneticamente, tutto ciò che aveva visto, gli orrori a cui
aveva assistito. Ciò che più gli stava a cuore, era ricordare i nomi di
chi non era tornato, i mestieri, gli indirizzi, la loro vita insomma. Quando
i figliastri Danuta e David decisero di emigrare in Australia, l’unico
Paese considerato sufficientemente lontano dall’Europa per cominciare
una nuova vita, la moglie Gusta lo convinse a seguirli. Fu
proprio a Melbourne che il suo libro “L’annientamento degli ebrei di
Blalystok” (“Der Umkum Fun Byalistoker Yidntum”) fu pubblicato, in
yiddish, nel 1948. Oggi Danuta ha settantanove anni e ricorda
Rafael Rajzner come un uomo alto e di bell’aspetto, eppure oppresso dal
terribile fardello che si portava dentro: “Rammento che a Roma rimaneva
per interi pomeriggi da solo, a scrivere in una stanza assolata,
nonostante lo esortassimo a uscire con noi, completamente immerso nei
suoi appunti e nei suoi ricordi.” Forse Rajzner sentiva di non
avere il tempo dalla propria parte. Morì infatti nel 1953 stroncato da
un attacco di cuore, e la sua opera, in anni in cui il mondo non
dimostrava ancora interesse per la Shoah e le sue aberrazioni, venne
dimenticata. Ma una copia de “L’annientamento degli ebrei di Blalystok” rimase nella biblioteca di Lonek Lew,
ebreo originario di quella città giunto a Melbourne nel 1947, dopo aver
trascorso la Guerra a Mosca, dove casualmente si trovava insieme alla
moglie Genia al momento dell’invasione nazista.
Sei anni fa Lonek, ormai novantacinquenne, decise di mostrare quel libro a suo figlio Harry
(nell'immagine a fianco) e di raccontargli la storia dell’uomo grazie
al quale aveva scoperto il destino dei suoi familiari rimasti a
Blalystok, la città dal “cuore d’oro”, che lui continuava a considerare
“più sofisticata di Melbourne o Sidney, spiacente dirlo”. E
Harry, oculista, comprese che quella storia, quella gente, meritasse di
essere conosciuta da un pubblico ben più vasto di quello che aveva
potuto raggiungere un libro in yiddish pubblicato nel lontano 1948. Per prima cosa era necessario tradurre “L’annientamento degli ebrei di Blalystok” in inglese. “Il
mio yiddish non era abbastanza buono, e chiedere ad un traduttore
professionista di occuparsi di un intero libro, così drammatico,
sarebbe stato troppo oneroso.” racconta Lew “Alla fine mi venne l’idea
di dividerlo in sezioni da dieci pagine ciascuna, e mi rivolsi a una
cinquantina tra i più famosi traduttori di yiddish in tutto il mondo,
chiedendo a ognuno di tradurne una parte, gratuitamente.” Dei
trentatre necessari per completarlo, ventidue accettarono
immediatamente, e molti si offrirono di occuparsi di sezioni anche più
lunghe, l’opera fu in breve completata. Il libro, intitolato
“The stories our parents found too painful to tell” (Le storie che i
nostri genitori ritennero troppo dolorose da raccontare), è stato
stampato a spese di Lew, e sarà disponibile ad aprile di quest’anno. Dopo
sessant’anni le parole di Rafael Rajzner prenderanno nuovamente vita, e
potranno raccontare a tutti coloro che vorranno ascoltare, le storie di
Bishka Zabludowsky, venditore di giornali, Note Jacobson, contabile,
del Dottor Krakowski, di Chaim-Zvi, noto giocatore di scacchi, di
Poliak, che possedeva la farmacia nella strada del rabbi, di tutti
coloro che Rajzner, grazie alla sua volontà, ha saputo salvare
dall’oblio.
Rossella Tercatin |
|
|
|
|
torna su |
rassegna stampa |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Poche
notizie oggi nella rassegna. Dopo Livni, anche Barak ha rifiutato
l’offerta di Netanyahu di entrare nel nuovo governo (fra l’altro la
notizia è sul Tempo e sul Giorno). Contro Netanyahu si schiera l’Unione Europea e in primo luogo il premier svedese Bildt (Emanuele Novazio sulla Stampa). Gli Stati Uniti hanno promesso 900 milioni per la ricostruzione di Gaza, affidandoli all’Onu e non a Hamas (Il Sole, Il Corriere). Olmert ha tolto l’incarico al negoziatore con l’Egitto, che lo aveva pubblicamente criticato (ancora Il Sole, Il Giorno). Amnesty International chiede un embargo sulle armi a Israele e a Hamas per i “crimini di guerra” a Gaza (Il Manifesto). In seguito all’attentato al Cairo il governo ha fatto parecchi arrsti (Elena Dusi su Repubblica). Sullo stesso tema è interessante l’analisi di Alberto Negri sul Sole,
che vede nella bomba del Cairo e nel contemporaneo attentato di Algeri
uno scontro di generazioni, oltre che di orientamenti politici
(islamisti contro vecchi nazionalisti che si appoggiano ai servizi
segreti), mentre Igor Man sulla Stampa lo descrive come uno sgarro al negoziatore egiziano (e capo dei servizi segreti) Suleiman. Non
ci sono reazioni al salto di qualità, rivelato nei giorni scorsi del
nucleare iraniano. Anzi sembra che il ministro degli Esteri italiano
Frattini, in quanto presidente di torno del G8 intenda invitare l’Iran
a un vertice sull’Afghanistan che si terrà a Trieste a giugno.  Curiosa, ma a suo modo anche scoraggiante, la storia raccontata da Battistini sul Corriere:
i fan arabi di Di Caprio lo avrebbero abbandonato perché si è fidanzato
con una modella israeliana, Bar Refaeli (la stessa che essendo in
bikini sulla copertina di “Sports Illustrated” ha provocato il sequestro della rivista negli Emirati Arabi: se non è razzismo questo…)
Per quanto riguarda la cultura, da leggere i brani di due autori israeliani, Amos Oz su Repubblica e Aharon Appelfeld sul Corriere.
Ugo Volli |
|
|
|
|
torna su |
notizieflash |
|
|
|
|
M.O. - Sarkozy: “necessario creare uno Stato palestinese” Roma, 24 feb - Il
presidente francese Nicolas Sarkozy, intervistato dalla Stampa,
rivendica il ruolo europeo in Medio Oriente. L'azione svolta
dall'Europa è stata “decisiva” per il cessate il fuoco ma - ha
sottolineato Sarkozy - “ora l'unico modo per dare una soluzione
duratura alla crisi è la creazione di uno Stato palestinese moderno,
democratico e sostenibile. E' necessario che i negoziati
riprendano al più presto possibile, con l'obiettivo di creare
rapidamente lo Stato palestinese".
Il Consiglio europero e l'aumento del razzismo in Ungheria Strasburgo, 24 feb - Ungheria
– Dal 2004 è stato registrato un forte aumento di discorsi pubblici
razzisti, dalla regolare pubblicazione di articoli antisemiti sulla
stampa e sui siti internet ai discorsi sui Rom sempre più virulenti. A
segnalarlo un rapporto dell'Ecri, organismo del Consiglio d'Europa
incaricato di monitorare la lotta al razzismo e all'intolleranza
all'interno degli Stati membri. Particolarmente allarmante secondo
tale rapporto sarebbe non solo la nascita nel 2007 di un gruppo
radicale di destra, la Guardia Ungherese, portatore di una linea anti
Rom e antisemita, i cui membri per distinguersi indossano uniformi
in stile paramilitare e mostrano insegne che richiamano al partito di
destra che governò in Ungheria durante la Seconda Guerra Mondiale, ben
più grave sarebbe la reazione inesistente, nulla, degli altri partiti
ungheresi che hanno fatto veramente poco per distanziarsi da tali
estremiste posizioni. Il motivo del non procedere subito a prese
di posizione contrarie a quelle innegianti al razzismo risiederebbe,
secondo l'Ecri, nell'altissima soglia di protezione garantita dalla
Costituzione ungherese alla libertà di espressione, che ha reso
impossibile sinora l'emanazione di una legge che vieti e punisca
effettivamente discorsi razzisti. In Ungheria è punibile solo quel
discorso che porti a un immediato atto di violenza. |
|
|
|
|
|
torna su |
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
|
|