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L'Unione informa |
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1 marzo 2009 - 5 Adar 5769 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Il
primo ministro polacco lancia un appello per il restauro di Auschwitz,
che sta cadendo a pezzi. Bisogna, dice, salvare la memoria. Non si può
che essere d'accordo, nella speranza che i paesi europei contribuiscano
concretamente. A patto che la memoria non si risolva solamente in un
pellegrinaggio nei luoghi fisici dell'annientamento.. |
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Il
sociologo Gino Germani ha scritto in un suo libro di molti anni fa
(Autoritarismo, fascismo e classi sociali, il Mulino 1975, p. 20) che
uno dei lati più paradossali dell’autoritarismo moderno consiste nel
fatto “che si tenda non già a ridurre i cittadini a sudditi (oggetti
passivi), ma a cittadini che hanno una certa ‘convinzione’: li si
obbliga cioè a scegliere e si manipola l’oggetto della scelta”. C’è qualcosa in questa affermazione che riguarda il nostro presente? |
David Bidussa, storico sociale delle idee
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Idan Raichel, musica dal cuore d’Israele
Con
la sua cascata di dreadlock scuri, la chamsa appesa al collo e
quell’aria tra il tormentato e l’esotico a ogni concerto manda in
delirio signore e ragazzine. Ma il successo ormai internazionale di
Idan Raichel, 31 anni, non è una banale questione d’immagine. Il Peter
Gabriel d’Israele, com’è stato ribattezzato con una certa enfasi dai
media, è infatti riuscito a intercettare lo straordinario miscuglio di
lingue, culture e religioni che anima Israele restituendolo in un
suggestivo mix di musica etiope tradizionale, jazz, suoni elettronici,
poesia araba, canti yemeniti, cantillazione ebraica e ritmi caraibici.
Un successo quasi immediato in patria e soprattutto all’estero,
dove la world music di “The Idan Raichel project” ha registrato il
tutto esaurito nei teatri di Parigi, Bruxelles, Los Angeles, Singapore
e in Australia. In quest’esplosione internazionale l’Italia ha
avuto fin da principio un ruolo non trascurabile. I tour di Idan,
askenazita malgrado il look rasta (i nonni scamparono alla Shoah
rifugiandosi in Israele), e della sua band - esibitisi lo scorso anno a
Roma, a Città di Castello e, in occasione della Giornata della cultura
ebraica, a Trieste - hanno infatti conquistato il cuore del pubblico (e
non solo quello delle comunità ebraiche) con una serie di concerti
animatissimi e danzerecci. E non a caso proprio in Italia sarà
presentato a breve il nuovo album del gruppo “Within my walls” in
uscita a marzo. Il collettivo sarà il 6 maggio a Firenze, alla stazione
Leopolda, per il festival Fabbrica Europa; il 7 maggio al teatro
comunale di Modena e a luglio a Roma, all’auditorium del Parco della
musica. Idan, il nuovo album
parla del conflitto tra sogno e realtà, del desiderio di esplorare il
mondo e della voglia di restarsene al sicuro in casa, delle mura, che
danno il titolo al nuovo lavoro e a una delle canzoni, sinonimo al
tempo stesso di protezione e di limite. C’è un rimando a tematiche
politiche? Chiaro che ho una posizione politica circa la
situazione in Israele. Ma mi rifiuto di esprimere il mio pensiero
perché per il momento rappresento tutti i musicisti e i cantanti del
progetto, dentro e fuori Israele. Possiamo avere punti di vista
differenti. Abbiamo però un’intesa a livello artistico e non voglio che
le differenze di opinioni politiche si frappongano fra di noi. La
canzone Within my walls allude però con chiarezza alla difficile
solitudine che si rischia di vivere stretti fra le pareti di casa
propria. Non puoi rinchiudere le persone tra quattro mura,
perché vorranno immediatamente sfondarle. Anche quando cerchi di tenere
un bambino lontano da qualcosa non puoi costruire un muro intorno a lui
ma dovrai spiegargli il motivo per cui è importante evitare quella
cosa. Se gli dirai solamente di stare lontano, lui vorrà raggiungere
quella cosa a qualunque costo. The
Idan Raichel project non ha però mai fatto mistero del proprio impegno
a favore della pace. Testimoniato innanzi tutto dalla composizione
della band che fin dagli esordi riunisce nazionalità e origini molto
diverse. Musicisti arabi, vocalisti tradizionali yemeniti, un
percussionista del Suriname, cantanti africani e, in questo nuovo
disco, la cantante colombiana Marta Gómez e la voce di Shimon Buhkila,
marocchino israeliano, la stella di Capo Verde Mayra Andrade e
Somi, che rappresenta la tradizione del Rwanda e dell’Uganda.
Artisti capaci d’incontrarsi, dialogare e lavorare insieme al di là di
qualsiasi differenza. La nostra abilità di vivere in pace
l'uno con l'altro dipende dalla nostra abilità di imparare ad
apprezzare e rispettare le nostre differenze. La via del futuro è di
non cercare di cambiare il tuo vicino ma di accettarlo così com'è e
accettare che cerchiamo tutti le stesse cose nella vita: pane, acqua,
spirito, rispetto e amore. Idan, questo progetto musicale affonda le sue radici nelle contraddizioni del meltin’ pot israeliano. Come avete iniziato? Ho
cominciato un po’ per caso in una cantina di Kfar Saba, vicino a Tel
Aviv, dove sono nato. Avevo alle spalle un’esperienza di fisarmonicista
e percussionista e un periodo di lavoro come counselor in una scuola
per immigrati, tra cui tantissimi ragazzi etiopi grazie a cui iniziai
ad avvicinarmi a quella tradizione culturale e musicale. Iniziai così a
registrare canti e melodie dei vicini e degli amici. Ricavandone una
serie di testimonianze affascinanti che dall’Etiopia spaziavano fino
all’Iran, allo Yemen e al Sudamerica. Subito
dopo arriva il coinvolgimento di altri artisti, una settantina quelli
che si sono finora avvicendati nel progetto, con delle session in cui è
fortissimo l’influsso dell’improvvisazione che ti deriva del jazz e,
via via, la costruzione del nuovo sound. Quando eri consapevole,
all’inizio, della novità del vostro progetto? Siamo nati
come progetto musicale puro. Poi nel corso delle registrazioni ci siamo
resi conto dell’enorme potenziale sociale di questo nostro impegno. La
grande musica ci giungeva infatti dai quartieri più poveri d’Israele
esprimendo un importante patrimonio di tradizioni e culture. Solo
quando abbiamo iniziato le tournée all’estero ci siamo resi però conto
che la nostra musica e la stessa composizione del gruppo facevano sì
che il pubblico ci vedesse come il volto dell’Israele contemporanea. Un
ruolo impegnativo. Ma la pace si può fare solo lavorando dal basso, tra
la gente. Solo così è possibile sfatare gli stereotipi e favorire
davvero la conoscenza tra i popoli.
Daniela Gross
Artisti dalla Colombia al Marocco Per il nuovo album “Within the walls”
Il
nuovo album di The Idan Raichel project intitolato “Within my walls”,
esce in Italia a marzo e sarà accompagnato da una serie di concerti.
Confermate per ora le date del 6 maggio a Firenze, alla stazione
Leopolda, per il festival Fabbrica Europa; il 7 maggio al teatro
comunale di Modena e a luglio a Roma, all’auditorium del Parco della
musica. In questo secondo lavoro internazionale il collettivo di
Idan affronta i temi eterni del conflitto tra sogno e realtà, della
ricerca della soddisfazione personale e del significato dell’amore
attraverso atmosfere dense di emozione. Le canzoni, in ebraico,
spagnolo, arabo e swahili, non offrono risposte ma lasciano a chi
ascolta la possibilità di giungere alla propria conclusione. Molti
dei brani sono stati registrati nel corso dei tour di Idan, in stanze
di hotel, camerini dei backstage, case private e tante situazioni
spontanee. E i testi riflettono le atmosfere contemplative di questi
viaggi. Lungo il percorso Idan ha registrato e ha scritto canzoni in
collaborazione con la cantante colombiana Marta Gómez, con la stella di
Capo Verde Mayra Andrade e con Somi, voce vellutata che rappresenta la
tradizione del Ruanda e dell’Uganda. Al ritorno in Israele, con le
bozze delle tracce musicali raccolte durante le sue collaborazioni on
the road, Idan si è ritirato in un piccolo studio di registrazione a
Tel Aviv con il suo amico co producer Gilad Shmueli. Ispirato dalla
chitarra innovativa e inquieta del cantautore inglese Nick Drake, ha
messo insieme un’orchestra di 24 elementi e ha lavorato con
l’arrangiatore israeliano Assaf Dar per trasporre le sue melodie
accattivanti nella dimensione dell’orchestra. Per completare
l’operazione ha infine invitato alcuni dei suoi musicisti favoriti,
come il percussionista mediorientale Zohar Fresco, il maestro dei fiati
e flauto tradizionale Eyal Sela, Mark Eliyahu al kamancheh (il violino
tradizionale persiano) e il leggendario bassista Alon Nadel. Idan si è
avvalso della collaborazione di vocalist perfetti per le sue
composizioni, dalla vecchia amica Maya Avraham agli astri nascenti Amir
Dadon, Anat Ben Hamo e Ilan Damti. Chiamando a partecipare anche Shimon
Buskila, cantante marocchino-israeliano, che ha scritto le parole della
struggente From the Day You Left, ode per la sua defunta madre, con
l’asperità della lingua araba, che ha poi cantato. E per non deludere
le aspettative dei suoi fan, Idan stesso canta tre canzoni. Il
risultato è un lavoro profondo e commovente, che promette di ripetere
l’exploit del primo lavoro che ha venduto oltre 150 mila copie
diventando uno dei più grandi successi nella storia della musica
popolare israeliana.
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L'Iran, il Coni e la Conferenza sul razzismo
Quel
che non è pensabile fare nei confronti di alcun paese appare possibile
con Israele. L'"alto" rappresentante europeo Solana, abbandonando ogni
diplomazia, ammonisce che Netanyahu primo ministro sarebbe un guaio.
Tutti mettono bocca sulla composizione che dovrebbe avere il nuovo
governo israeliano. E i commentatori non sono da meno. Cristopher
Hitchens si scaglia sul Corriere della Sera con parole di fuoco contro
Avigdor Lieberman, sentina dell'universo: neanche un decimo di questa
violenza viene usata nei confronti dei propositi di distruzione di
Israele del fronte iraniano. A questo proposito appariva
sconcertante la decisione dell'amministrazione statunitense di
partecipare alla preparazione della Conferenza di Ginevra sul razzismo
(la cosiddetta Durban 2) per "raddrizzarla" e tentare anche per questa
via un dialogo col fronte estremista capeggiato dall'Iran. Raddrizzare
le gambe un cane al confronto è un'impresa realistica. La bozza
preparatoria della Conferenza è talmente allucinante da far impallidire
Durban. Per fortuna, le ultime notizie dicono che
l'amministrazione Obama ha deciso di ritirarsi dalla Conferenza, avendo
evidentemente constatato che non c'è nulla da fare. Frattanto, nella
stessa ottica con cui si sperava di raddrizzare le gambe della
Conferenza sul razzismo, il ministro Frattini si accinge ad aprire una
trattativa con Ahmadinejad, senza ottenere nessuna concessione
preliminare, neppure quella di smettere di parlare della distruzione di
Israele e di tenere propositi negazionisti. In questo contesto che cosa
deve fare il Presidente del Coni Pescante? Si adegua al comportamento
del governo italiano che si macchia della colpa di subire l'esclusione
di Israele dai Giochi del Mediterraneo. Quantomeno poteva stare zitto.
Giorgio Israel, storico della scienza
Israele al voto 5 – Avigdor Lieberman: “Una cittadinanza responsabile in Israele”
Ci
troviamo alla soglia di un nuovo governo in Israele, sono orgoglioso
dei nostri successi come partito politico. Israel Beitenu è riuscito a
crescere da partito di nicchia per gli olim russi fino a diventare il
terzo partito della Knesset. Come può essersi verificato tutto questo?
E ancor più importante, come possiamo far buon uso del nostro successo
elettorale? Nel corso dell'operazione “Piombo fuso” a Gaza, sono
rimasto sgomento dalle richieste di distruzione dello Stato di Israele
e di rinnovati attentati suicidi cui inneggiavano i leader arabi
israeliani nelle riunioni in favore di Hamas. Nonostante “la
cittadinanza responsabile” sia sempre stata una componente della nostra
linea di partito, mi sono reso conto che questo era un argomento da
porre in testa alle questioni da affrontare. Alle discussioni che
hanno preceduto il voto, il rappresentante del partito palestinese
Balad, Awad Abed Al Patah, ha dichiarato: “Le elezioni sono uno degli
strumenti che abbiamo a disposizione per combattere il sionismo entro
le proprie mura". Siamo stati gli unici politici ebrei a reagire,
attraverso la proposta di una rigorosa legislazione che espellesse quei
leader politici che desideravano distruggere lo Stato. Nella mia
adozione di una posizione che non ammette scuse sui doveri di
cittadinanza, ho avuto solidi modelli di comportamento da ogni parte
del mondo. Il ministero dell'interno britannico, ad esempio, ha di
recente stilato nuove leggi facendo della cittadinanza responsabile una
componente essenziale per quanti che desiderano diventare cittadini
inglesi. I candidati dovranno trascorrere un periodo di prova durante
il quale dovranno dimostrare di essere capaci di contribuire alla
comunità. Negli Stati Uniti, coloro che richiedono un permesso di
soggiorno e di lavoro devono prestare un giuramento con cui affermano
di adempiere ai diritti e ai doveri dei cittadini. Alcuni
giornalisti hanno sostenuto che io stia proponendo criteri di
acquisizione della cittadinanza che altri Paesi applicano solo per
concedere la cittadinanza agli immigrati e non ai nativi. A queste
critiche rispondo che questa è una distinzione irrilevante da fare
quando si dibatte di cittadinanza responsabile. Per gli immigrati gli
inglesi chiamano in causa gli attentati terroristici del 2005? Un
impegno al rispetto dei diritti e delle responsabilità che scaturiscono
dallo status di cittadino dovrebbe essere fatto rispettare a ciascuno
indipendentemente dal luogo in cui è nato. Nonostante la mia
posizione riguardo alla "cittadinanza responsabile" sia condivisa da
molti israeliani, le élite intellettuali non hanno potuto, ovviamente,
approvare tutto questo. "Razzista" e "fascista" son state le reazioni. Mi
trovo ora a capo del più eterogeneo partito della Knesset, quattro dei
nostri primi dieci membri eletti alla Knesset sono donne. Tre dei primi
dieci membri eletti alla Knesset hanno disabilità fisiche. Hamad Amer è
il pilastro della comunità drusa. Anastassia Micaeli è la prima ebrea
convertita a entrare alla Knesset. E David Rotem è un religioso
sionista che vede Israel Beitenu come supporto agli ebrei religiosi. In
ogni caso, Israel Beitenu non ha nulla da obbiettare alla non violenta
espressione di opinioni. Sono i discorsi violenti che creano un danno
evidente e che ci rifiutiamo di tollerare. Mi riferisco per esempio al
sindaco arabo della città israeliana di Sakhnin, che durante
l'operazione “Piombo fuso” ha detto: “Mi rivolgo alla gente di Gaza per
dire loro: non arrendetevi, fermateli con il vostro sangue per riuscire
a costruire lo Stato di Palestina, la cui capitale sarà Gerusalemme.
Lunga vita alla Palestina, la cui capitale sarà Gerusalemme e viva i
suoi martiri”. Un'altra definizione che mi è stata attribuita è di
essere di "estrema destra" o "ultranazionalista". Voglio che lo Stato
di Israele continui a essere sionista, ebraico e democratico. Non c'è
niente di "estremo" o di "ultra" in questi ideali. Anch’io sostengo la
creazione di uno stato palestinese indipendente. Vedo con favore il
contributo che proviene dal fiorire delle minoranze che vivono in
Israele. Noi non chiediamo agli arabi israeliani di prender parte
al sogno sionista. Chiediamo loro di accettare il fatto che Israele è
uno Stato ebraico. L'unico al mondo. E' anche l'unico Stato democratico
nel Medio Oriente. Il più avanzato in ambito tecnologico, sanitario e
sul fronte dell'istruzione. Se coloro che mettono in pericolo Israele
con la violenza e con il terrore focalizzassero invece la propria
attenzione nel rendere migliore la vita quotidiana, l'istruzione, le
infrastrutture, la salute, noi tutti potremmo avere una vita migliore. Se
sarò parte del nuovo Governo, auspico la collaborazione con il
Presidente statunitense Barak Obama, sono consapevole che le relazioni
fra Stati Uniti e Israele devono essere forti come sempre e che i
nostri valori condivisi renderanno il nostro rapporto di amicizia
indistruttibile.
Avigdor Lieberman presidente di Israel Beitenu Copyright “Jewish Week” - “Moked” (versione italiana a cura di Lucilla Efrati) |
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Il
no degli Stati Uniti a Durban 2 e il contributo della Germania per il
campo di Auschwitz, minacciato dal degrado. Sono queste le due
principali notizie della rassegna stampa di oggi. A riferire con buona
evidenza, sul Corriere della sera la
notizia della bocciatura della seconda conferenza sul razzismo in
programma a Ginevra è Francesco Battistini. “Il documento preparatorio
di quella conferenza – scrive - è inaccettabile ha avvertito la
Clinton, mandare una nostra delegazione sarebbe un pessimo inizio”. E,
ricordando la reazione di Bush che da Durban 1 se ne andò “sbattendo la
porta”) commenta, “Il primo presidente nero che boccia la seconda
conferenza sul razzismo”. Proprio su Durban 1, nel 2001, si sofferma il
commento sul Giornale di
Fiamma Nirenstein che seguì quell’incontro come inviato per conto della
Stampa. “Obama – scrive - ieri ha dovuto prendere atto che l'odio verso
Israele non è negoziabile, come non lo è la scelta di condannarlo
innanzitutto alla morte morale, metterlo fuori dalla comunità degli
Stati viventi, come fu per il Sud Africa, per collocarlo fra quelli in
via di estinzione (…) Ora tocca a noi: Frattini ha già dichiarato che
l'Italia non vuole fare parte dello sporco giuoco della
criminalizzazione. Il Parlamento ha già votato una mozione in cui si
condanna il tentativo razzista della conferenza antirazzista. Adesso,
il compito dei Paesi europei insieme agli Usa e al Canada è chiudere
questo capitolo, lasciare soli i pazzi. Chi vuole raccontarsi fantasie
razziste, non le venga a raccontare a noi”. Da leggere infine, per una
panoramica sulle posizione israeliane in merito, Anna Momigliano sul Riformista Rimbalza sui principali quotidiani, tra cui il Corriere, anche
il contributo di un milione di euro offerto ieri dalla Germania per il
mantenimento e la ristrutturazione di Auschwitz in risposta all’appello
lanciato lunedì all’Unione europea dal ministro degli Esteri polacco,
Radoslaw Sikorski. Per coprire la spesa sarebbe necessario un fondo di
circa 120 milioni di euro. Una cifra notevole rispetto al cui
raggiungimento Marek Edelman il comandante della rivolta del ghetto di
Varsavia intervistato da Repubblica si dice però fiducioso di poter raggiungere la somma. Si segnala infine, per la cultura, l’articolo di Emilio Gentile sul Sole 24 ore che
a partire dal libro La difesa della razza di Francesco Cassata, da poco
edito da Einaudi, ripercorre le diverse interpretazioni della politica
razzista in Italia. dg |
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notizieflash |
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La ricostruzione di Gaza al vertice di Sharm el Sheikh Il Cairo, 28 feb Per
ricostruire Gaza serviranno fra i 2,8 e i 3 miliardi di dollari. Questa
la cifra, stimata dagli esperti palestinesi e internazionali, che
dovrebbe venire stanziata lunedì da una settantina di paesi (tra cui
Stati Uniti, Russia, Italia e Francia) e organizzazioni internazionali
nel corso dell’incontro di Sharm el Sheikh. L’aspetto economico,
secondo osservatori al Cairo, è molto importante per i palestinesi
stremati dalla recente guerra. L’80 per cento delle famiglie di Gaza,
secondo il Fondo monetario internazionale si trova infatti sotto la
soglia di povertà mentre la d disoccupazione ha superato il 40 per
cento. Altrettanto centrali le implicazioni politiche del summit che
vedrà l’esordio di Hillary Clinton sullo scenario mediorientale e
coinvolgerà il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, il presidente
francese, Nicolas Sarkozy, e il presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi. Convocando la conferenza di pace il presidente egiziano
Mubarak spera infatti di aver fatto un ennesimo passo per riavviare il
processo di pace in Medio Oriente, bloccato ormai da lungo tempo.
Fellay, "Espulsione per Williamson se nega ancora la Shoah" Città del Vaticano 28 feb Se
Williamson negherà ancora la Shoah, sarà espulso dalla Fraternità
di San Pio X. Ad esprimere questi concetti, in un’intervista al
settimanale tedesco Der Spiegel, è il superiore della comunità
lefebvriana, monsignor Bernard Fellay. Sin dall'inizio del caso
Williamson, la Fraternità aveva preso le distanze dal negazionismo del
confratello, anche con un comunicato ufficiale. Nell'intervista al
settimanale tedesco, Fellay torna ad imporgli il silenzio. "Se tace, se
resta nell'angolo, sarebbe veramente meglio per tutti. Mi auguro che
sparisca dalla vita pubblica per un bel pezzo", dice, annunciando che
escluderà Williamson dalla Fraternità se "ricomincia a negare
l'Olocausto". Secondo Fellay la lettera diffusa dal presule due
giorni fa è "una prima domanda di perdono, come anche un passo
importante nella giusta direzione". "Ci si può sempre augurare -
osserva Fellay - una migliore formulazione. Sempre che la sua richiesta
di perdono sia sincera e che il ritiro delle sue affermazioni sia
reale". "Ci ha fatto del male ed ha sporcato la nostra reputazione –
conclude - Noi prendiamo le distanze da lui.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
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