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L'Unione informa |
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12 marzo 2009 - 16 Adar 5769 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
A
quasi un mese da Pesach iniziano i preparativi per questo grande evento
di memoria collettiva annuale, che celebra la nostra condizione. Sono
preparativi tecnici (pulizia della casa, acquisto di cibi e utensili
ecc.) e spirituali (studio delle regole ecc.). Il primo adempimento,
che si realizzerà questo sabato, è il più strano, la lettura del brano
biblico che parla della "vacca rossa". Per questo motivo chiamiamo
questo sabato Shabbat Parà, il "Sabato della vacca". Per consumare il
sacrifico di Pesach a Gerusalemme ed entrare come pellegrini nel
Santuario bisognava essere puri, e la purificazione, per chi era
diventato impuro a contatto con un cadavere, richiedeva l'aspersione
con dell'acqua in cui erano sciolte le ceneri di una vacca dal pelo
tutto rosso. E' una regola assolutamente incomprensibile in termini
razionali, forse la più incomprensibile della Torà e di questo i
Maestri ne erano perfettamente consapevoli. Oggi, mancando il Santuario
e tutti i riti ad esso collegati, non abbiamo la possibilità e la
necessità di queste procedure. Ma ne dobbiamo conservare il ricordo,
che serve anche a farci pensare alla componente sacra, rivelata, non
necessariamente razionale che è parte essenziale della nostra
tradizione. |
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Una
nuova indagine pubblicata in questi giorni in Israele sulla fiducia di
cui godono le maggiori istituzioni pubbliche preposte al rispetto della
legge rivela i sintomi di una preoccupante erosione che accomuna i
settori ebraici e arabi del paese. La Corte Suprema, che è stata sempre
l’ente di maggiore prestigio nella democrazia israeliana, è ancora
l’istituzione che gode del maggiore rispetto nella popolazione ebraica,
ma la percentuale di fiducia cala dall’80% nel 2000 al 53% nel 2009. Se
la flessione è notevole, la Corte Suprema si difende tuttavia meglio
rispetto al sistema giudiziario in generale che gode oggi di un indice
di fiducia del 37%, rispetto al 61% nel 2000. La fiducia nella polizia
scende poi al 19% nel 2009, contro il 32% nel 2000. Un risultato
sorprendente della stessa indagine riguarda la popolazione araba
israeliana, il cui atteggiamento rispetto alle istituzioni dello Stato
d’Israele era in passato più critico rispetto alla popolazione ebraica.
Anche in questo settore è in corso un’erosione della fiducia nei
confronti dei maggiori centri della legalità, ma oggi la fiducia è
relativamente maggiore rispetto agli ebrei. L’indice di approvazione
nel 2009 è del 57% per la Corte Suprema, del 36% nei confronti dei
tribunali in generale, e del 23% nei confronti della polizia. Una
spiegazione di questi dati, in generale non molto lusinghieri, va
cercata nelle lungaggini procedurali in tribunale e nell’alta
percentuale di reati che rimangono impuniti – mali comuni ad altre
democrazie. Ma per lo meno l’opinione pubblica dice con chiarezza che
in Israele questi problemi non sono inquinati da discriminazione su
base etnica o religiosa. |
Sergio Della Pergola, demografo, Università Ebraica di Gerusalemme |
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davar |
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Qui Roma - Il Beth Yehudà: un piccolo tempio per un maestro indimenticabile
Il rav Shear Yashuv Cohen,
rabbino capo di Haifa, a Roma in questi giorni per partecipare ai
lavori della Commissione bilaterale fra rabbinato centrale e Vaticano
(insieme al rav Ratzon Arussi rabbino
di Qiriat Ono), ha appena terminato di recitare la benedizione delle
cose nuove per accogliere il sefer donato dalla famiglia in memoria di Marcello Barda,
combattente della Guerra di Indipendenza d'Israele del 1948, che ha
fatto dell'amore per la terra di Israele lo scopo e il fulcro della sua
vita. Il cortile della scuola è gremito di studenti, ma anche di persone comuni e di rappresentanti della Comunità Ebraica di Roma fra cui il rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni, il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, il direttore del Dipartimento educazione e cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, rav Roberto Della Rocca, gli assessori Jaques Luzon e Ruth Dureghello oltre ad altri rabbanim provenienti da fuori Roma fra cui il rav Giuseppe Laras e il rav Alberto Sermoneta intervenuti per celebrare un giorno significativo nella storia della scuola ebraica di Roma, che inaugura il suo tempio, il Bet Yehudà, in memoria del Morè Nello Pavoncello, i cui lavori sono stati resi possibili grazie al contributo della moglie Rina Menasci e del Bet ha midrash, l'aula di studio donata dalla famiglia in memoria di Rossella Limentani, nota a tutti come Rossella di Boccione (una delle proprietarie della famosa pasticceria che sorge nel cuore del ghetto). "L'ingresso
di questo sefer nella scuola, segna un particolare
legame fra la terra d'Israele e il cuore di questa Comunità. Esso
infatti è stato iniziato a scrivere a Gerusalemme ed è stato terminato
di scrivere ad Ashdod nei giorni della guerra a Gaza" ha detto rav Benedetto Carucci Viterbi,
preside della scuola, nel sottolineare la storia singolare di questo
sefer che è stato letto per la prima volta ad Ashdod nel giorno in cui
l'ultimo soldato israeliano è uscito da Gaza. Pochi minuti prima
gli studenti della scuola avevano recitato la tefillà nel piccolo
tempio Bet Yehudà in una sala completamente restaurata in onore del
Morè Nello, rabbino e maestro, insegnante indimenticabile "che dalle
Scuole ebraiche e dalla Piazza ha diffuso la Torà nella nostra
Comunità" come recita la targa in suo onore apposta all'interno della
sala. Il progetto dei lavori di questo tempio, il cui aron interamente
restaurato risale ai primi del '900 e proviene dalla scola spagnola che
si trovava nella Vittorio Polacco (la scuola elementare che si è da
poco trasferita al palazzo della Cultura), è stato affidato dalla
moglie del morè Nello, la signora Rina Menasci, all'architetto Umberto
Menasci. "Dobbiamo capire bene quello che sta avvenendo, ha detto
il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici,
rivolgendosi ai ragazzi della scuola, "immaginate quanto è importante
per i nostri anziani vedere realizzato proprio nei giorni della festa
di Purim, questo nes, questo miracolo di rivedere una grande scuola
ebraica nello stesso luogo in cui c'è stata la deportazione del 1943". Il
Bet Yehudà, il quindicesimo tempio operativo nella Comunità Ebraica di
Roma, che fra poco si arricchirà anche dell'apertura di una nuova
sinagoga a Ostia, potrà ospitare oltre agli studenti della scuola
ebraica anche gli adulti che vorranno frequentarlo quotidianamente. La
tefillà del mattino (shachrit) si svolgerà poco prima dell'orario
scolastico per consentire a coloro che vorranno parteciparvi, di
entrare in classe regolarmente al suono della campana delle otto e
venti. "Il tempio rappresenta uno strumento di educazione alla
tefillà" dice Benedetto Carucci Viterbi, e a proposito della
partecipazione dei ragazzi alla tefillà del mattino, spiega " i
ragazzi si sono fidelizzati e c'è un buon numero di persone che vi
partecipa ogni mattina. In questo tempio gli studenti potranno sentirsi
parte attiva della tefillà poiché nonostante la presenza quotidiana del
rav Ariel Di Porto, potranno essi stessi recitare la tefillà di shachrit o leggere il sefer Torà". Ma
la cosa più importante è il fatto che è prevista l'apertura di questo
tempio in alcuni shabbatot e, come ulteriore elemento di coesione fra i
ragazzi, l'organizzazione di alcuni pranzi di shabbat. Sì,
è una giornata speciale per i ragazzi della scuola ebraica di
Roma che faranno di questo tempio una realtà viva e pulsante, luogo di
studio e di preghiera proprio come avrebbe desiderato il Morè Nello.
Lucilla Efrati
Articolo 3 contro le discriminazioni e una lettera che aiuta ad andare avanti
Il lavoro del nostro Osservatorio non è di facile definizione. Forse
perché ancora embrionale, forse perché impegna pensieri, relazioni,
persone riccamente diversi e diverse tra loro. Osservare dall'interno è
un privilegio: essere quotidianamente nel porto in cui attraccano più o
meno frequentemente, più o meno consapevolmente visi, associazioni e
istanze può stordire, ma senz'altro rende possibile l'avere coscienza
del lento delinearsi del quadro, del progetto che qui si vuol far
progredire. Giorni in cui i colori e i segni sono decisi, fermi,
capaci, si alternano a giorni in cui il tratto è tremolante, le tinte
sono solo pallide sfumature, i risultati lontani. Il cammino si fa con
l'andare, vero, ma è lecito sentirsi un poco persi. Poi ci si orienta
nuovamente. Tanto per esser chiari noi osserviamo i fenomeni di
discriminazione, di odio razziale, quelli evidenti, quelli subdoli,
quelli gridati ai quattro venti, quelli nascosti nel costume e nelle
tradizioni e tutte le pratiche diffuse anche attraverso gli organi di
informazione, col loro potere di orientare l'opinione pubblica.
Insomma, spesso di chiaro c'è poco. Sono per la maggioranza ombre, che
si insinuano in un decreto, in un regolamento, che insistono sul
nominare la provenienza di un (a volte solo presunto) criminale dando
potere a una generalizzazione pericolosa e ingiusta; ombre che
offuscano la luce dell'infanzia ghettizzata, quella del corpo di una
donna, quella che illumina una preghiera. Nei giorni scorsi, tra lo
studio di una sentenza e l'organizzazione di un convegno, il passo non
era deciso: uno di quei giorni in cui i contorni sembrano sfuggenti
(chi siamo? a chi serviamo? cosa riusciremo a cambiare?). Poi l'occhio
stanco cade su una lettera, una di quelle che si scrivono al direttore
su un quotidiano locale: 'Tanto per essere chiari se l'indiano restava
a casa sua non si sarebbe trovato, da sbandato, sulla panchina di
Nettuno e non gli sarebbe successo nulla. O gliel'ha ordinato il
dottore di venire da clandestino invasore in Italia!'. Tanto per essere
chiari.
Angelica Bertellini, Osservatorio Articolo 3, Mantova |
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pilpul |
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Rullare, o-oh
Un
uomo politico italiano conversava sull'esclusione di Israele dai
prossimi Giochi del Mediterraneo, che come si sa saranno a Pescara.
Alla domanda di come fosse possibile a questo riguardo un tale silenzio
mediatico e politico nel cuore dell'Europa, ha risposto con acume: "Ma
i Giochi del Mediterraneo non sono in Europa". Dal che si desume che
l'Italia è una nazione a rotelle: certi giorni è ferma in Europa, ma
all'occorrenza mette le rotelle e rotola anche fino in Libia.
Il Tizio della Sera
Vazer con Bashir, una testimonianza fatta di ritegno e non con sdegno
I
principali disturbi prodotti dal disturbo post traumatico da stress
sono, tra gli altri, incubi che fanno rivivere i momenti che hanno
generato il trauma stesso, oppure amnesie, cioè quando si dimenticano
quei momenti. Boaz Rein ha
incubi, sogni i cani che abbatteva quando nel Libano le truppe
israeliane cercavano i terroristi palestinesi. Boaz non era capace di
sparare alla gente, così il suo compito era sparare ai cani prima che
segnalassero il loro arrivo abbaiando. Ma l’interlocutore di Boaz è Ari Folman
che da vent’anni non ricorda nulla di quei giorni a Shabra e Shatila.
Attraverso una indagine che si profila a binari multipli: su se stesso
e sui compagni d’armi, sulla prima guerra del Libano, sui sentimenti,
Ari riesce a ricostruire nella sua mente un percorso mnemonico che lo
conduce a quel momento che causò lo stress. Il percorso non può
partire se non da chi ha le sapienza per spiegare cosa può essergli
successo: uno psicologo. La ricerca parte da un indizio ed è Ori
che gli suggerisce il primo passo, e così passo dopo passo, esperienza
dopo esperienza di chi ha combattuto in Libano, Ari rivive la guerra.
Non solo la sua, ma anche quella di altri soldati, che gli raccontano
la loro esperienza. Ecco che si forma il binario del racconto della
guerra del Libano. Vediamo i soldati nelle loro azioni più disparate da
lavarsi i denti a combattere.
Significativa
la scena a pagina 49 (nell'immagine a fianco) quando un ex-carrista,
mentre racconta, cammina sui luoghi degli stessi racconti. Con la
memoria si associano sempre parole che intendono il movimento, ecco
perché questa scena come tutto Valzer con Bashir è un atto mnemonico di
grande effetto. Gli autori camminano, i personaggi, i lettori,
camminano, tutti camminiamo verso una destinazione della nostra mente
dove sono stati nascosti i ricordi che ci hanno sconvolto. È
inevitabilmente anche una soluzione narrativa che permette agli autori
di raccontarci la guerra cercando di dare una testimonianza con
“ritegno” piuttosto che con “sdegno”, come Primo Levi spiegava in una
intervista rilasciata a Marco Vigevani diversi anni fa. “È più efficace
una testimonianza fatta con ritegno che una fatta con sdegno: lo sdegno
dev’essere del lettore, non dell’autore e non è detto che lo sdegno
dell’autore diventi sdegno del lettore. Io ho voluto fornire al lettore
la materia prima per il suo sdegno.” (Bollettino della Comunità
Israelitica di Milano, XL, 5 maggio 1984).
Anche
se il percorso principale del fumetto rimane la ricerca della memoria
perduta di Ari, dalla seconda parte della storia in poi, c’è una
impietosa descrizione degli orrori della guerra. Cambia anche il
montaggio del fumetto stesso. A un tratto gli ex-combattenti che
intervista Ari sono senza sfondo, senza definizione del luogo dove
avvengono. La narrazione si fa fitta, intensa. E non è più possibile
frenare l’orrore di quelle scene, tutto si fa nero, i testimoni parlano
come se fossero davanti a un giornalista. I fatti riaccadono ancora una
volta e non possono essere fermati, finché la violenza della shock si
concretizza nell’unica forma di rappresentazione che incornicia la
realtà in una forma immobile, precisa, immutabile. La fotografia. “È
stato” avrebbe detto Barthes, segnando una drammaticità a cui ci si può
opporre solo con l’oblio oppure con un processo di catarsi che permette
di far propria l’esperienza, di viverla dentro di noi. Il
fumetto in questo caso è una forma efficace per coinvolgere il lettore:
“l’intimità del fumetto conduce la vicenda in un luogo che il cinema
non può raggiungere. I fumetti coinvolgono il lettore, lo trasformano
in una parte del meccanismo.” (Intervista con David Polonsky in coda
all’edizione italiana) Questo processo non può avvenire se non
esiste una solida sceneggiatura, un disegno fortemente realistico
dettato dall’esperienza dell’animazione di Polonsky e dall’uso del
computer per lavorare le tavole e dare loro effetti di forti contrasti
tra i colori e le ombre. La linea di Polonksy lascia sempre perplessi:
sono nella realtà o in un ricordo. Proprio questa incertezza non può
che risolversi con le fotografie del massacro di Shabra e Shatila,
perché la fotografia rappresenta ciò che è stato realmente. L’edizione
italiana è accompagnata da una intervista al disegnatore David Polonsky
dove l’autore spiega i vari processi produttivi, i cambi di paradigma
dall’animazione al fumetto. Finita la lettura di Valzir con Bashir
non si avrà una maggiore consapevolezza di quali siano le
responsabilità, tranne quelle dirette dei cristiano-falangisti. Ari
Forman riporta sul personaggio stesso i sensi di colpa, il dolore, il
trauma di aver fatto parte involontariamente di un fatto così orribile.
Ognuno in base alle proprie idee, cultura, senso di appartenenza
troverà quello sdegno che non può che essere suscitato dalla morte di
un essere umano.
Andrea Grilli |
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E’
il giorno dello sfogo pubblico. Il Papa sbotta. Si scarica. Lo fa
attraverso una lettera inviata ai vescovi della Chiesa cattolica, che
tutti i giornali riportano. Il «movente», di nuovo, è il caso
Williamson, lefebvriano negazionista della Shoah a cui il Pontefice ha
revocato la scomunica. «Purtroppo - scrive Benedetto XVI - ancora oggi
nella Chiesa c’è il mordersi e il divorarsi a vicenda, come espressione
di una libertà male intesa». Sette pagine in cui in cui si dice
«rattristato» dei cattolici che «hanno pensato di dovermi colpire con
un’ostilità pronta all’attacco».«Sono stato trattato con odio». Un
attacco alle critiche interne senza precedenti. Dalla versione «soft»
di Avvenire alla lucidità del Corriere, la lettera è riportata da tutti i quotidiani: Repubblica, Sole 24 Ore, Stampa, Giornale, Libero, Tempo. E ancora: Il Foglio, Il Riformista, Europa, Liberazione e Liberal.
Il messaggio di Ratzinger è sì un mea culpa per non aver calcolato le
conseguenze della revoca della scomunica a Williamson, ma anche
l’accusa contro i cattolici di averlo colpito. «Proprio per questo -
scrive il Papa - ringrazio tanto più gli amici ebrei che hanno aiutato
a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire
l’atmosfera di amicizia e fiducia». Sarà almeno rallegrato, il capo della Chiesa, dai dati che pubblica Avvenire
sull’aumento dei cattolici in America: 57 milioni contro i 40 del 1990.
Sempre dagli Stati Uniti arrivano notizie liete, stavolta riguardanti
Israele. Il Riformista
annuncia che l’amministrazione di Barack Obama non taglierà i trenta
miliardi di aiuti militari agli israeliani, per i prossimi dieci anni,
nonostante la crisi economica. E restando in tema, è di Liberazione
l’ipotesi che la famiglia di Ghilad Shalit stia pregando affinché non
sia Bibi Netanyahu a prendere in mano la guida del Paese. Secondo il
giornale di Dino Greco avrebbero paura che un governo di destra possa
allontanare la possibilità di veder restituito il militare rapito
nell’estate del 2006. L’altra notizia che campeggia sui giornali è
la decisione della Germania di voler processare John Demjanjuk, un
polacco che servì Hitler nel campo di sterminio di Sobibor (Corriere, Messaggero, Unità, Riformista, Il Giorno). «La singolarità del caso - scrive Alberto Stabile su Repubblica
- sta nel fatto che Demjanjuk è già stato processato due volte in
Israele. L’Alta Corte israeliana, nel 1993, lo assolse per mancanza di
prove». Tornando in Italia, la Comunità ebraica di Milano vince
una sua battaglia. Negli ospedali lombardi i rabbini potranno stare in
corsia e a richiesta mangiare pasti kasher durante i ricoveri (Libero).
Dal Nord alle Isole, a Cagliari due ceramisti, Mark e Faten, uno
israeliano e uno palestinese, fondono l’arte in segno di pace (Liberazione).
Mentre a Roma, oggi, si attendono gli sviluppi della conferenza su
Durban 2. Intanto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ribadisce
sul Corriere
il suo «no» a una tolleranza silenziosa, dopo aver già annunciato che
l’Italia non parteciperà alla conferenza Onu a causa delle
discriminazioni nei confronti degli States e di Israele. Fabio Perugia |
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notizieflash |
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"Chiuso
il caso Williamson, grazie agli amici ebrei"
Città del Vaticano, 12 mar - Può
considerarsi chiuso il caso Williamson - ad affermarlo è stato il
portavoce vaticano padre Federico Lombardi, nel commentare la
lettera inviata dal Papa ai vescovi del mondo. In essa il
Papa spiegava i motivi della revoca della scomunica ai vescovi
lefebvriani. Lombardi ha voluto sottolineare che la vicenda si è
chiusa grazie anche alla disponibilità degli “amici ebrei” che hanno
saputo comprendere la situazione. Il
testo della lettera, già anticipato ieri dalla stampa nella sua
versione originale in tedesco, sarà pubblicata ufficialmente oggi in 6
lingue dal Vaticano.
Onu, Consiglio dei diritti umani: Israele sotto accusa Ginevra, 11 mar - Israele
è stato criticato nuovamente dal Consiglio dei diritti dell'uomo delle
Nazioni Unite per l'operazione Piombo fuso nella Striscia di Gaza. Portavoce
delle critiche mosse allo Stato ebraico sono stati il delegato dello
Yemen, che ha parlato a nome dei paesi arabi e ha sottolineato come i
bambini siano stati le principali vittime del conflitto, e il delegato
di Cuba, quest'ultimo a parlato a nome del gruppo dei non allineati e
ha denunciato "l'uso eccessivo e indiscriminato della forza". Nella
seduta di Ginevra, dal canto loro, alcune Ong hanno denunciato
“l'autentica barbarie” delle esecuzioni di minori praticate in alcuni
paesi e, in particolare, in Iran.
Il delegato dell'Italia, nel suo intervento, ha voluto ricordare che la
Convenzione vieta di mettere a morte i minori e tale legge deve essere
rispettata.
Facebook e le nuove versioni in arabo ed ebraico Washington, 12 mar - Facebook,
il social network più celebre del web, già disponibile in quaranta
lingue, si espande, realizzate due nuove versioni in arabo e in ebraico. "Nostro
obiettivo - ha affermato un responsabile del sito, Ghassan Haddad, in
un messaggio online - è di rendere Facebook accessibile in tutte le
lingue del pianeta", e il gruppo sta lavorando per aggiungerne altre 60. Nato nel 2004, creato dall'ex studente di Harvard Mark Zuckerberg, Facebook oggi rivendica 175 milioni di utenti. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
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