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20 aprile 2009 - 26 Nisan 5769 |
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![Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma](http://www.moked.it/unione_informa/090420/foto01.jpg) |
Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Questa sera sarà presentato un nuovo libro (Un paese non basta,
il Mulino) di Arrigo Levi, il famoso giornalista ebreo modenese che
racconta la storia della sua vita fino alla fine degli anni '50. Ciò
che interessa tra l'altro in questa storia è la complessa vicenda
identitaria ebraica di una famiglia deliberatamente "laica" che si
scontra con la persecuzione razzista e riscopre a suo modo il legame
con l'ebraismo. Levi fu volontario in Israele nella guerra del '48.
Nella sua unità combattente, racconta nel libro, c'era solo un soldato
che per la preghiera quotidiana si metteva i tefillin: "gli altri lo
guardano con indifferenza... lui, in mezzo agli altri, sembra diverso"
(pag. 203). Sono righe che fanno ricordare come ai margini della
recente guerra su Gaza ci siano state anche polemiche avvelenate sul
ruolo degli ebrei osservanti nell'esercito, che se trovano le scuse per
non andarci vengono criticati e se partecipano vengono criticati lo
stesso. Infinito tormento della condizione ebraica, in perenne ricerca
di coerenza con le sue radici.
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Centoquaranta esseri
umani, in pericolo di vita su una nave respinta da un porto all'altro,
saranno sbarcati in Italia per ragioni di emergenza umanitaria.
Curati, rifocillati, salvati dalla morte. E' una decisione molto
giusta, e come cittadina italiana sono sollevata che il mio Paese
l'abbia infine presa, che abbia posto la salvezza delle vite umane al
di sopra di ogni altra considerazione. Di fronte alle stesse scelte,
Malta ha deciso invece di anteporre ragioni politiche e di opportunità
a quelle umanitarie. Di navi cariche di profughi disperati, sballottate
da un porto all'altro senza accoglienza da parte di nessuno, è piena la
storia recente degli ebrei: l'Exodus, per esempio, ma anche, meno
conosciuta ma più tragica, la St. Louis, la nave respinta prima da Cuba
e poi dagli Stati Uniti nel 1939, con il suo carico di novecento ebrei,
restituiti alla morte nazista in Europa. Quando guardo le immagini
del Pinar, è questo che mi torna alla mente. |
Anna Foa,
storica |
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Rita, cento anni a testa alta
Rita Levi Montalcini compie 100 anni. I primi festeggiamenti in
suo onore si sono svolti il 16 aprile scorso presso l'Istituto
Superiore di Sanità. Il suo compleanno sarà il 22 aprile. In serbo per
lei una settimana di eventi, scientifici e non. Pensare che i suoi
ultimi compleanni li aveva sempre trascorsi in laboratorio, ma
quest'anno tutto sarà diverso, e lei, oramai arresa all'idea, afferma
ironicamente: “mi difenderò”. "Sono
profondamente commossa di essere arrivata a 100 anni dopo una vita
vissuta con una gioia che, penso, ben pochi hanno avuto", questo il
primo pensiero del premio Nobel sul suo secolo di vita trascorso.
"Arrivare a 100 anni è un premio per me. Il segreto? Non pensare a se
stessi, ma agli altri e lavorare con passione" – questa una delle frasi
del suo discorso tenuto presso l'Istituto di Sanità che l'ha
festeggiata. Un'esistenza guidata dal "pensare non convenzionale", ha
sottolineato Ferruccio Fazio, sottosegretario alla Salute intervenuto
alla cerimonia. L'essenza della ricerca e del progresso, come ha
aggiunto il sottosegretario, è quella 'serendipity' che spesso assiste
gli scienziati che, mentre cercano qualcosa, fanno scoperte
fondamentali, come fu per la penicillina. 'Serendipity' non vuol dire
solo fortuna, vuol dire, soprattutto, acume, curiosità e saper capire
che dietro l''insolito', ci può essere un mondo da indagare. "E così è
stato anche per Rita Levi Montalcini" ha sottolineato Fazio . Laureatasi
nel 1936 ha conquistato il premio Nobel per la Medicina per la
scoperta del fattore di crescita NGF (Nerve Growth Factor), una
molecola, ha spiegato la Montalcini, scoperta "perché ho capito che
quello che stavo osservando non rientrava nella norma". L'NGF ha aperto
la strada agli studi della biologia molecolare, a un nuovo approccio
diagnostico che misura l'equilibrio delle vie metaboliche, quelle che
portano le informazioni tra cellula e cellula e ha, infine,
rivoluzionato, come ha sottolineato Fazio, anche la progettazione dei
farmaci, non solo centrati sull'efficacia generale del principio
attivo, ma disegnati per riparare pezzi di circuiti metabolici
alterati. E' difficile pensare che Rita non era nata per fare lo
scienziato, è lei stessa a sottolinearlo osservando "Non ero nata
per fare lo scienziato, ma per andare in Africa ad aiutare chi ne ha
bisogno". "Da adolescente - ha spiegato - volevo andare andare
in Africa come Albert Schweitzer e curare i lebbrosi. Adesso,
nell'ultima tappa della mia vita, esaudisco il desiderio di aiutare
popolazioni sfruttate. Posso dire che l'unico motivo per cui ho
lavorato è stato aiutare gli altri". Tuttavia, ha ammesso, "la ricerca
mi ha dato molto più di quanto potessi sperare" . Parla di se
stessa con grande autoironia, alla cerimonia, per esempio, accortasi di
parlare un po' troppo ha detto che fortunatamente non soffre di
Alzheimer e che il suo cervello, arricchito dall'esperienza scientifica
ed umana, funziona meglio ora che quando aveva 20 anni "se non
m'illudo"- ha aggiunto. E ancora a proposito dei suoi inizi come
ricercatrice, ha ricordato che in fondo le leggi razziste l'hanno
aiutata "perché segregata nella mia stanza ho potuto lavorare". Durante
la cerimonia del 16 aprile è stata omaggiata dai ricordi dei suoi
amici, dei suoi collaboratori e dei suoi allievi che hanno voluto
lasciare testimonianza della loro stima e del loro affetto per Rita,
come confidenzialmente la chiamano, in un volume che raccoglie i loro
pensieri, molti dei quali sono stati letti dall'attore Paolo Triestino.
Ne emerge il ritratto di una donna coraggiosa, coerente, piena di
passione per il suo lavoro, gentile, elegante e che ha sempre saputo
ascoltare i giovani. Proprio a quest'ultimi lancia un messaggio
importante: "Credete nei valori" e "siate felici di essere italiani”,
“La vita merita di essere vissuta se crediamo nei valori, perché questi
rimangono dopo la nostra morte". Alla luce della sua lunghissima
esperienza ha aggiunto: "ai giovani posso dire: siate felici di essere
nati in Italia per la bellezza del capitale umano, sia maschile sia
femminile, di questo Paese". "Il rientro in Italia dopo 15 anni
di lavoro negli Stati Uniti, ha sottolineato il Nobel
Montalcini, mi ha fatto scoprire il mio Paese. In nessun Paese del
mondo c'è tanto capitale umano come in Italia, non solo per la ricerca
ma per l'attività sociale". La cerimonia si è conclusa con i
ringraziamenti della Montalcini all'ISS per averla non solo festeggiata
ma per l'onore concessole dedicandole una targa nell'aula conferenze
dei premi Nobel. Fra le cerimonie già trascorse ricordiamo
che la centenaria è stata già ospite (domenica 19 aprile) della
Fondazione Rita Levi Montalcini onlus, da sempre impegnata in Africa,
che le ha dedicato un concerto nel quale gli allievi del conservatorio
di Santa Cecilia hanno suonato la Quinta sinfonia di Beethoven, uno dei
brani preferiti dal Nobel, insieme alle musiche di Bach e Schubert. Oggi
sarà festeggiata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al
Quirinale e domani è invece previsto un incontro scientifico nella sede
dell'Istituto Europeo per le Ricerche sul Cervello (Ebri) organizzato
da Luigi Aloe, braccio destro del Nobel in laboratorio per moltissimi
anni. Il giorno del compleanno, mercoledì 22, a farle gli auguri sarà
il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno e il resto della giornata sarà
dedicato a un convegno internazionale sulle neuroscienze, organizzato
sempre in Campidoglio dall'Ebri, al quale è attesa la partecipazione di
Stanley Cohen, il ricercatore che nel 1986 ha diviso il Nobel con Rita
Levi Montalcini. Giovedì 23, infine, è in programma una cerimonia in
Senato.
V. M. |
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Emil Fackenheim e l'identità ebraica dopo Auschwitz
Nel 1967, immediatamente dopo la guerra dei sei giorni, che aveva fatto
pensare a un “secondo olocausto” in Israele, il filosofo Emil L.
Fackenheim, che nel 1939 era riuscito a fuggire dalla Germania e aveva
trovato riparo in Canada, cominciò a scrivere sulla Shoah. Ne nacque il
libro: La presenza di Dio nella storia. Saggio di teologia ebraica, pubblicato nel 1970. A questo seguì nel 1982 il volume: Per redimere il mondo. Fondamenti di un futuro pensiero ebraico. In
America la riflessione di Fackenheim ha contribuito a fare di Auschwitz
un momento costitutivo dell’identità ebraica. La memoria delle vittime
– questa è la sua tesi – rappresenta un dovere sacro intorno a cui può
costituirsi una nuova unità. “La voce di Auschwitz comanda all’ebreo
religioso di continuare a lottare insieme al suo Dio […]; proibisce
all’ebreo secolare di usare Auschwitz come uno strumento ulteriore per
negare Dio. La voce di Auschwitz comanda l’unità ebraica”.
Donatella Di Cesare
La svolta di Obama
L'interessante
analisi di David Bidussa sulla svolta della politica estera di Obama mi
ha suscitato alcune riflessioni: 1) La svolta del Presidente Usa, i cui
elementi erano già evidenti in campagna elettorale, è per ora legata,
ad esempio nei confronti dell'Iran e del Venezuela, agli annunci e alle
importanti parole, a cui fino ad oggi, non per causa di Obama non sono
ancora seguiti fatti significativi. 2) La svolta energetica
dell'aministrazione statunitense, già presente però in California, era
un trend già in atto, al quale gli Usa sono arrivati dopo
l'Europa (per una volta) e molti altri Stati del mondo, questo però non
determina immediatamente il supposto "abbandono del paradigma
petrolifero". L'interesse per le fonti energetiche fossili del Medio
Oriente, è ancora alto per la Cina e per l'India per esempio e
considerando che le fonti alternative potranno coprire il 30% del
fabbisogno, penso che l'interesse degli Usa per quell'area si potrà
attenuare forse, ma non scomparirà presto. Per quanto riguarda il
"conflitto di civiltà" supposto che si voglia chiamarlo così, se è vero
che è stato delegittimato da una parte (giustamente) non lo è certo da
tutti (purtroppo) e mi sembra siano presenti alcune minacce oggettive
alla pace mondiale. A questo proposito ricordo che la politica
dell"appeasement" ha portato alla Seconda Guerra Mondiale. In questo
quadro la difesa del diritto dello Stato di Israele, auspicabilmente in
pace con tutti i suoi vicini, non perde alcun significato, anzi e
parlare di antisemitismo o meglio adottare misure democratiche per
attenuarlo, con gli strumenti della cultura e dell' educazione, mi
sembra un dovere. Detto ciò è forse superfluo sottolineare che
l'identità ebraica non può essere solo lotta all'antisemitismo e difesa
di Israele, ma come sempre avvenuto in passato, produzione culturale,
religiosa, tradizionale e laica.
Riccardo Hofmann, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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rassegna stampa |
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Inizia
oggi la conferenza di Ginevra sul razzismo, la discriminazione e
l’intolleranza, usualmente chiamata Durban 2 perché è la prosecuzione
di quella che si tenne alcuni anni fa nella città sudafricana,
risolvendosi in una grande manifestazione antisraeliana, con tratti da
pogrom. Tutto da leggere in merito il dossier preparato dal Corriere della Sera,
dal fondo di Angelo Panebianco, che spiega perché questa volta “chi c’è
ha torto”, con un’analisi politologica al cui centro c’è la
contrapposizione fra la “divisione dell’Occidente” e “chi vuole unire
l’Onu in senso antioccidentale”. La cronaca, con la citazione di alcune
frasi della star del congresso, il presidente iraniano Ahmadinejad, che
sembrano tratte pari pari dai Protocolli dei savi di Sion è di Davide
Frattini (sempre sul Corriere, su Repubblica si può leggere Vincenzo Nigro). Una notizia anonima (ancora sul Corriere)
ci informa del fatto che il grande giurista americano Alan Derhowitz,
che voleva “sfidare” Ahmadinejad sul tema dei diritti umani “è stato
allontanato dalla sicurezza” (in nome del diritto di parola, possiamo
immaginare). Interessante l’intervista di Ennio Caretto (Corriere)
allo storico Paul Kennedy sulla storia dello stravolgimento dei diritti
umani. Lascia costernati la posizione del Vaticano, espressa anche da
un’intervista dell’Arcivescovo Tomasi a Gian Guido Vecchi, che spreca
continuamente parole come etica per coprire un sostanziale cinismo e la
finzione del tutto formale che Durban 2 sia quella che dice di essere
(un incontro contro il razzismo) e non quella che è (la più grande
manifestazione antisionista e dunque antisemita) da anni a questa
parte. Da leggere il commento a questa scelta del Papa e la valutazioni
sul comportamento delle altre potenze nell’intervista all’ex dissidente
sovietico Natan Sharansky pubblicata da Marco Ansaldo su Repubblica. Giacomo Galeazzi, sulla Stampa espone
il punto di vista vaticano e ipotizza una nuova crisi nei rapporti fra
cattolici e ebrei, pubblicando anche un’intervista a Rav Di Segni sul
tema (sempre sulla Stampa).
Certamente da leggere l’opinione di Tomas Sandell che paragona Ginevra
2009 con Evian 1938: nella cittadina francese poco distante da
Ginevra si celebrò la conferenza internazionale che “diede semaforo
verde alla Shoà”, con un contributo non indifferente di Benito
Mussolini. Interessante le interviste di Franco Frattini al Giornale
e al Mattino, che prende atto della crisi della comunità Europea:
Italia, Olanda e Germania che boicottano la conferenza, Gran
Bretagna, Spagna e Francia che ci vanno, gli altri incerti. Eric
Salerno riporta sul Messaggero l’indignazione
del ministro degli esteri israeliano Lieberman per l’invito ginevrino
ad Ahmadinejad: “l’epoca del razzismo mascherato è finita, dice
Lieberman, “ora si apre di nuovo un periodo di razzismo aperto”.
Interessante l’analisi di Vittorio Zucconi su Repubblica a
proposito dell’”equilibrismo” o piuttosto su una certa confusione della
politica americana: Obama questa volta “con dispiacere” non va a
Ginevra, ma ha pagato più di un tributo all’islamismo nella recente
visita in Turchia, ha appena stretto la mano a Chavez ma continua
il boicottaggio di Cuba appena alleggerendolo un po’ eccetera. Su
quest’ultimo tema si può vedere la cronaca di Alberto Flores D’Arcais
sempre su Repubblica.
Altri argomenti. Interessante e commovente, fra i temi culturali, la recensione di Raffaello Uboldi sul Messaggero al libro di Roberto Ricciardi pubblicato da Giuntina sulla vicenda di Alberto Sed, reduce da Auschwitz (“Non sono un numero/Alberto Sed racconta”). Affascinante il brano dell’autobiografia di Arrigo Levi pubblicato dal Tempo. Da leggere una notizia da Gerusalemme su Repubblica siglata
m.ans. che illustra una ricerca di Sergio Della Pergola: se non ci
fosse stata la Shoà, gli ebrei oggi sarebbe 36 milioni invece dei 13
attuali. Lucia Annunziata, sulla Stampa,
paragona la vicenda della nave carica di migranti bloccata fra Malta e
la Sicilia (ma ormai accolta dall’Italia) alla vicenda dell’Exodus, la
nave diretta in Eretz Israel coi reduci della Shoà e bloccata dagli
inglesi, da cui fu tratto un film famoso. Lo Herald Tribune,
traendolo dal New York Times, pubblica l’ultima puntata della campagna
antisraeliana e foiloiraniana di Roger Cohen: la sua morale è che gli
israeliani hanno troppe pretese, nessuno li minaccia, che se ne stiano
tranquilli. Forse a Cohen farebbe bene un viaggetto a Ginevra. Sul Jerusalem Post,
Barry Rubin peraltro sostiene con solidi argomenti che non ci sarà lo
scontro fra Israele e amministrazione Usa, previsto e desiderato da
quelli come Cohen.
Ugo Volli |
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Ginevra, apre fra molte polemiche la Conferenza dell'Onu contro il razzismo Durban 2 Ginevra, 20 apr - Anche
la Polonia, (oltre a Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Germania,
Italia, Olanda, e Israele), non parteciperà alla Conferenza dell'Onu
sul razzismo che si apre oggi a Ginevra (Durban II) per timore di
dichiarazioni razziste ed antisemite. Un comunicato del ministero degli
Esteri polacco spiega che la Polonia non partecipa perché ha "motivo di
credere che la Conferenza sarà sfruttata, ancora una volta come avvenne
nel 2001 a Durban, come un forum di dichiarazioni inaccettabili,
contrarie allo spirito di rispetto delle altre razze e religioni". Il
ministro degli Esteri francese, Kouchner, ha dichiarato a Radio France
Info "Bisogna essere molto chiari. Non tollereremo nessuna deviazione.
Se il presidente Ahmadinejad vuole riaprire un testo accettato con
difficoltà o se pronuncerà accuse razziste o antisemite lasceremo la
sala immediatamente". Ieri il Presidente iraniano ha dichiarato
che "l'ideologia e il regime sionista sono i portabandiera del
razzismo", rafforzando i timori di possibili incidenti nel corso del
dibattito al quale parteciperà. "Se è intelligente non ripeterà questo
in sala. Se lo ripeterà in sala tutti gli ambasciatori europei presenti
si alzeranno e se ne andranno", ha detto Kouchner. Nel frattempo
Israele ha ritirato l'ambasciatore dalla Svizzera.Il provvedimento
rappresenta un gesto di protesta per l'incontro di ieri fra il
presidente elvetico Hans Rudolf Merz e il presidente iraniano Mahmud
Ahmadinejad. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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