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L'Unione informa |
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1 giugno 2009 - 9 Sivan 5769 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Domani
a Monaco di Baviera verranno date, con una cerimonia solenne, le due
prime ordinazioni rabbiniche ortodosse in Germania dalla fine della
Seconda Guerra Mondiale. In questo c'è un messaggio molto suggestivo:
il nazismo non è riuscito a spegnere la luce della Torà. Ma subito dopo
la domanda: perché così tardi? Facciamo un confronto con l'Italia,
patria del fascismo e sede di una persecuzione pesante, al termine
della quale l'ebraismo ha perso 20 mila persone tra vittime, emigrati e
convertiti. Alla fine della guerra le istituzioni ebraiche italiane
hanno fatto il possibile per continuare. Con tutte le difficoltà le
scuole rabbiniche italiane sono riuscite a ordinare, dal 1945 ad oggi,
circa 37 rabbini. Perché l'Italia sì e la Germania no? Probabilmente
perché in Italia e altrove il Male è stato considerato, benché
terribile, un accidente transitorio, mentre in Germania è stato
considerato essenziale e inscindibile da quella terra e quel popolo.
Era giusto che fosse così? E se lo era, perché ora non lo è più?. |
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Un
altro pezzo della nostra storia se ne è andato, alcuni giorni fa, nella
sua casa vicino a Pistoia dove ha vissuto gli ultimi anni: Amos
Elon, giornalista e storico, autore di libri bellissimi sulla storia
degli ebrei e su quella del sionismo, alcuni dei quali tradotti anche
in italiano. I suoi libri li ho amati, per quella straordinaria
capacità di scrittura che Elon aveva, per quel saper porgere ai suoi
lettori delle immagini al tempo stesso comprensibili e profonde della
storia. Lui l'ho conosciuto appena, in occasione della presentazione a
Roma del suo ultimo libro, Requiem tedesco,
uno splendido affresco della storia ebraica fra Otto e Novecento, e
sono stata colpita dal suo rigore e dalla sua umanità. La sua storia ci
suona familiare: nato a Vienna nel 1926, sionista impegnato, importante
giornalista di Haaretz, intellettuale prestigioso e critico, sceglie
infine di vivere in Toscana, appartato, continuando, in sobrietà e
dignità, a pensare, a scrivere, a guardare al mondo. Un percorso
difficile, sempre meno frequentato. |
Anna Foa,
storica |
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A Bologna un convegno di filosofia "Between Shem e Yafet"
E’ possibile parlare di filosofia ebraica? E che cos’è la filosofia ebraica? Si deve distinguere dal pensiero ebraico e dalla tradizione filosofica greca? Queste alcune delle domande cui si cercherà di rispondere al convegno di filosofia Between Shem e Yafet a Bologna dall'1 al 4 giugno: un convegno sul rapporto “Tra” pensiero ebraico,“Shem”, e pensiero occidentale di matrice greca, “Yafet”. Il grande incontro prende infatti le mosse dal verso "…Che Yafet risieda nelle tende di Sem"
(Genesi 9:27), che prelude alla relazione possibile tra queste due
grandi culture, spesso in contrapposizione tra loro e portatrici di due
diverse visioni del mondo a volte dissonanti. Ma nonostante i linguaggi
diversi a cui hanno dato seguito, il pensiero greco-occidentale e il
pensiero ebraico hanno sempre dovuto tradursi e talvolta ospitarsi.
Presupponendo questa ospitalità originaria, come allude bene il
versetto, il punto è allora quello di stabilire se, e in accordo con
quali modalità, sia possibile parlare di filosofia ebraica
e, inoltre, se l’ebraismo possa essere un “altro luogo” dove
accogliere, in qualche modo, la tradizione filosofica occidentale. Partendo
da una prospettiva prevalentemente teoretica sul bionomio
“grecità-ebraismo”, l’incontro, dunque, sarà un’occasione per capire la
possibile ospitalità di una tradizione di pensiero nei confronti
dell’altra e la relazione complessa che unisce e separa questi due
grandi orizzonti, cercando di sottolinearne i confini e percorrerne le
strade. In breve, per attraversare quei percorsi che portano da Atene a
Gerusalemme e viceversa. Il grande incontro ospiterà le voci di filosofi e studiosi di fama internazionale.
Ilana Bahbout |
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pilpul |
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L’intollerabile provocazione al Terzo Reich: l'indipendenza intellettuale e la critica “Quando
sento la parola cultura, tolgo la sicura al mio revolver” – così diceva
il portavoce del ministero della Cultura nel Terzo Reich. Chi è incolto
non è indifferente alla cultura. Piuttosto è animato da livore; di
fronte alla cultura perde il lume degli occhi, perché si sente escluso.
Prova risentimento verso chi è colto, verso chi ha la possibilità di
articolare ed esprimere il negativo che lui, invece, deve semplicemente
reprimere. Perciò il fascismo si è gettato con furia bestiale contro
chi, in modi e forme diversi, rappresentava la cultura. Il gesto
sovrano di indipendenza dell’intellettuale e del critico, la sua
libertà spirituale, erano infatti una intollerabile provocazione. La
cultura, per perpetuarsi, ha bisogno della critica. Dove la critica
viene messa a tacere, la cultura decade e genera esclusione, livore,
risentimento, aggressività, violenza. E questo è l’esito di una
operazione politica tutt’altro che priva di intenzioni.
Donatella di Cesare, filosofa |
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rassegna stampa |
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C'è
stato uno scontro a fuoco fra poliziotti dell'autorità palestinese e un
paio di terroristi di Hamas, nascosti in una casa a Kalkylia nella West
Bank. Sono morti tre poliziotti, i due terroristi e il padrone della
casa. L'episodio è stato enfatizzato dai nostri giornali: per Ferrari
sul Corriere è "il benvenuto di Abu Mazen a Obama", per il Messaggero, guerra fra Al Fatah e Hamas". Il
governo israeliano ha bocciato la proposta di legge di Yisrael Beitenu
sul "giuramento di lealtà" richiesto a tutti i cittadini (Corriere).
Nel voto sono stati determinanti i partiti religiosi, probabilmente
perché la legge chiedeva un periodo di servizio collettivo, se non
proprio di servizio militare a tutti i giovani cittadini, mentre gli
studenti di yeshivah hanno il privilegio molto criticato nella società
israeliana di esserne esentati, e del resto il mondo haredi non ha mai
accettato de jure l'esistenza dello Stato laico di Israele come
qualcosa di importante e significativo cui si dovesse lealtà, ma vi si
è solo accomodato. In Israele inizia la grande esercitazione
difensiva con simulazione di un attacco missilistico, che coinvolge
tutta la popolazione (Battistini sul Corriere). Per Jonathan Feldstein (Jerusalem Post),
la data a ridosso delle elezioni libanesi e iraniane non è affatto
casuale. A questo proposito, è interessante leggere il servizio di
Lorenzo Cremonesi da Beirut (Corriere)
sulla posizione dei cristiani alleati con Hezbollah, e in particolare
del generale Ayun, enfaticamente definito "il Napoleone del Libano". In
Israele si discute molto di conversioni dopo la sentenza della Corte
suprema che impone allo Stato di non discriminare quelle non ortodosse.
Per capire le vaste implicazioni del problema per la democrazia
israeliana e lo spirito ebraico, è molto utile leggere gli articoli di
Jeff Barak sul Jerusalem Post e quello di Reuven Hammer, sempre sul Jerusalem Post. Continua la divergenza fra Israele e Usa sugli insediamenti nel West Bank (Battistini sul Corriere). Un interessante editoriale non firmato del Jerusalem Post
cita positivamente e riassume un articolo di Jackson Diehl sul
Washinghton Post, in cui si parla del "gioco di attesa" del presidente
palestinese Abbas, che non è disposto a concedere nulla sulla
sistemazione territoriale, sul rientro dei "rifugiati", sul
riconoscimento del carattere ebraico di Israele ecc., aspettando che
Obama costringa Israele a cedere senza contropartita, cosa che il
presidente sta iniziando a cercare di fare, almeno sugli insediamenti.
Commenta Benny Morris in un'intervista al Corriere
che Netanyahu dovrà scegliere fra cedere alle pressioni dell'alleato
americano bloccando interamente la crescita degli insediamenti, col
rischio di dissensi tali nel governo da provocare il crollo della
coalizione, o il rifiuto, col rischio di una crisi nel rapporto con gli
Usa. Akiva Aldar su Haaretz
è maggiormente (forse eccessivamente) ottimista e crede che una
sistemazione nei rapporti fra gli alleati sarà possibile se Israele si
renderà conto che Obama sta lavorando per costruire una coalizione
anti-iraniana con i paesi arabi. Il problema è che Obama non ha mia
indicato alcuna altra politica contro l'Iran che non siano le
trattative, possibilmente condotte all'infinito. Mentre Helene Cooper
sullo Herald Tribune
segnala che la volontà americana di chiudere gli insediamenti potrebbe
concretizzarsi in "misure" concrete, ancora non ben definite, ma
certamente minacciose. Nel frattempo Obama va in Medio Oriente, Arabia
Saudita ed Egitto, dove è atteso il suo discorso molto annunciato (Anna
Guaita sul Messaggero; un'analisi di Livio Caputo sul Tempo) Elena Loewenthal recensisce molto positivamente sulla Stampa
un romanzo di Yehoshuah Bar Yosef, scrittore israeliano morto nel 1992.
"Il mio amato" è una storia certamente molto problematica, dato che vi
si parla di un pio sofer di Mea Shearim, che dopo essere diventato
nonno, si scopre innamorato di un ragazzino.
Ugo Volli |
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notizieflash |
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Benè Berith il nuovo libro di Elia Valori "Antisemitismo, Olocausto e negazione" Livorno, 31 mag - Giancarlo Elia Valori ha presentato nella sede del Benè Berith di Livorno il suo più recente libro Antisemitismo, Olocausto e negazione,
edito per i tipi di Mondadori. La cerimonia è stata preceduta dalla
presentazione in video del presidente israeliano Shimon Peres e
introdotta dal saluto del presidente del Benè Berith Piero Cassuto. Il
volume e' stato introdotto dal professor Fabio Bertini, docente
universitario, preceduto da una riflessione del rabbino capo di Livorno
Yair Didi. Folto il pubblico, la sala era esaurita, hanno partecipato
alla presentazione autorità cittadine (fra le quali: il sindaco della
città Alessandro Cosimi, il presidente della Provincia Giorgio Kutufà,
il senatore Marco Filippi, il presidente della Federazione dei Liberali
Raffaello Morelli, l'ammiraglio Francesco Caruso e il presidente della
Comunità Ebraica di Livorno Samuel Zarrugh) e cittadinanza.
Haggai Hadas, il nuovo negoziatore per la liberazione del soldato Shalit Gerusalemme, 31 mag - Haggai
Hadas, questo il nome del nuovo coordinatore degli sforzi israeliani
per ottenere la liberazione del soldato Gilad Shalit, prigioniero di
Hamas a Gaza dal giugno 2006. L’annuncio della nomina è stato divulgato
dall’ufficio del premier Benjamin Netanyahu, lo stesso ha aggiunto che
l’incaricato lavorerà a stretto contatto con un comitato ministeriale
ad hoc. Hadas è un ex alto ufficiale del Mossad, tre anni fa ha
lasciato il servizio segreto israeliano per dedicarsi al mondo degli
affari e ha creato una società nel campo della tecnologia informatica.
Sarà lui a sostituire l'ex negoziatore Ofer Dekel che aveva rassegnato
le dimissioni il mese scorso.
Il portavoce del presidente egiziano e la questione Iran “L’Egitto non sta con Israele” Il Cairo, 31 mag - “La
questione palestinese, resterà sempre al primo posto, qualunque sia il
pericolo che potrà minacciare il Medio Oriente" – questo quanto
chiarito dal presidente egiziano Hosni Mubarak durante l’incontro con
il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Sulla scia di questa
affermazione il portavoce del presidente egiziano, Soliman Awad ha
aggiunto che “sulla crisi nucleare iraniana i paesi arabi non stanno
dalla stessa parte di Israele perché le loro divergenze con l'Iran
hanno basi totalmente diverse e si augurano che l'Iran contribuisca a
creare la pace in Medio Oriente allontanandolo dall'abisso”. “Sul
dossier nucleare iraniano - ha rilevato ancora Awad - l'Egitto appoggia
il diritto dei paesi all'utilizzo pacifico dell'energia nucleare, fino
a quando non sarà dimostrato l'impiego a fini militari. L'Egitto non
imbroglia le carte - ha poi sottolineato il portavoce - e, come ha
ribadito il presidente Mubarak, si oppone alle politiche dell'Iran
quando mirino ad allargare la propria influenza nella regione ed
estendere la propria egemonia sul Golfo e sul Medio Oriente attraverso
milizie e specifiche fazioni". Awad ha espresso la speranza che il
dialogo tra Iran e il gruppo dei 5+1 chiarisca la situazione e
allontani dal Medio Oriente il rischio della proliferazione di armi
nucleari "sia da parte dell'Iran, sia da parte di Israele, sia di
chiunque altro". |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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