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L'Unione informa
 
    7 giugno 2009 - 15 Sivan 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  benedetto carucci viterbi Benedetto Carucci Viterbi,
rabbino 
"Quando Mosè entrava nella tenda del convegno per parlare con Lui, sentiva la voce che gli parlava...". Interessante dialettica tra parlare con qualcuno e parlare a qualcuno. Nel rapporto Dio-Mosè sono presenti le due modalità: il dialogo condiviso e il semplice ascolto. E' in questa direzione che dobbiamo porci tutti: dialogare studiando edinterpretando la Torah ed ascoltare osservando i precetti? 
Mentre stiamo votando per l’Europa, un'idea che spesso colleghiamo all’affermazione dei diritti umani e civili e alla loro difesa, rivolgo un pensiero ai diritti di coloro che non abbiamo difeso.
Penso ai morti (centinaia forse migliaia) uccisi a Piazza Tienanmen tra il 4 e il 7 giugno 1989 su cui abbiamo brontolato un po’, ma senza perdere di vista il senso degli affari. E penso al silenzio imbarazzato di tutti coloro non hanno aperto bocca
dopo l’assassinio di Anna Politkovskaia, avvenuto a Mosca il 7 ottobre 2006. Del resto, nemmeno Anna Politkovskaia si sarebbe stupita di questo silenzio. Avrebbe detto che da tempo abbiamo smesso di pensare a noi; e avrebbe aggiunto che dagli amici dei tiranni con cui si fa affari non poteva aspettarsi solidarietà. La questione dei diritti non ci tocca, al più fa parte delle domande e delle inquietudini che ritornano nel tempo festivo.
Per questo ne scrivo durante il fine settimana, così domani, forti dell’affermazione di un’Europa dei liberi, possiamo riprendere a occuparci di affari, essendo già “usciti d’obbligo” con l’atto di oggi. 
David Bidussa, storico sociale delle idee david bidussa  
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Biennale di Venezia, la poetica di Lavie
protagonista del padiglione israeliano

Al via la 53a Esposizione Internazionale d’Arte presso la biennale di Venezia, diretta da Daniel Birnbaum e intitolata quest’anno “Fare mondi/Making Worlds”. In mostra fino al 22 novembre, ai giardini dell’Arsenale e in diversi spazi espositivi, le opere di artisti da tutto il mondo con ben 77 partecipazioni nazionali tra cui quella d’Israele che quest’anno propone una retrospettiva dedicata a Raffi Lavie. “Lavie – ha sottolineato l’ambasciatore Gidon Meir inaugurando la mostra - è la personificazione del concetto di Sabra, il nuovo nativo israeliano, il prototipo dell’eterno bambino, onesto, saggio, diretto e allo stesso tempo enigmatico”.
Educatore, critico d’arte, esperto musicale, curatore, carismatica figura della scena
dell’arte israeliana per quattro decenni, fino alla sua morte nel 2007, Lavie è stato
influenzato da artisti del calibro di Paul Klee, Jean Dubuffet, Robert Rauschenberg e da
autori locali come Aviva Uri e Arie Aroch. Per primo introdusse l'Avant garde del suo
tempo in Israele adattando gli elementi tipici ad una realtà locale.
Lavie fu il fondatore del gruppo “10+” che iniziò la sua attività nel 1965 in una serie di
esposizioni a tema. Fu inoltre la la figura chiave nello stile “Want of Matter” che si formò intorno a lui negli anni ’70 richiamandosi
all’uso di materiali poco costosi come il compensato e a metodi come il collage: uno stile connesso con la città di Tel Aviv, che trasmette valori locali, urbani e secolari, incontaminati dalla narrativa di qualsivoglia ideologia.
Osservando i lavori di Lavie, due qualità saltano subito all’occhio: la pittura simil-
infantile e l’ossessiva cancellazione delle immagini attraverso scarabocchi, incisioni e
generose pennellate di colore. Queste pratiche sono connesse alla sua duplice visione
della periferia, come luogo reale e dimensione spirituale, l’atto della cancellazione e
del “cominciare di nuovo” è invece direttamente collegato con l’eredità culturale di Lavie, come israeliano ed ebreo. Lavorando sulle basi di una tradizione che diffida delle
immagini, Lavie è riuscito negli anni a creare un linguaggio eccentrico capace di
adattarsi perfettamente alle sue esigenze e ai suoi desideri.

Michael Calimani

Domani sulla newsletter una recensione di Martina Corgnati, docente di storia dell'Arte contemporanea all’Accademia Albertina di Torino, dell’edizione in corso della Biennale di Venezia con un’analisi dell’opera di Lavie e della proposta degli artisti palestinesi.


I Giochi del Mediterraneo e l’esclusione d'Israele,
la condanna del Comitato degli italiani all’estero


Niente Israele, niente Giochi del Mediterraneo. Doveva essere questa la formula a sostegno della partecipazione d’Israele alla manifestazione sportiva che prenderà il via a Pescara il 26 giugno. Ma la classe dirigente dello sport italiano è mancata a un appuntamento storico. Il Comites – Comitato italiani all’estero d’Israele risponde così al rammarico espresso da Mario Pescante, presidente del Comitato organizzatore di Pescara 2009, per l’esclusione di Israele da questo prestigioso appuntamento internazionale che tanta amarezza ha suscitato nell’ebraismo italiano.
''Ai Giochi del Mediterraneo – aveva dichiarato Pescante - mancheranno due Paesi:
Palestina e Israele. Ci abbiamo provato a portarli, ma non siamo riusciti''. ''Due paesi –
aveva aggiunto il presidente del Comitato organizzatore presentando l’edizione 2009 dei Giochi - che non riescono ad incontrarsi, a parlarsi. E' noto a tutti l'impegno del
ministro degli Esteri, Franco Frattini. Mi chiedo dunque come poteva fare lo sport a
riuscirci? Se non ce l'abbiamo fatta, non è colpa né di Pescara 2009 né dello sport''.
Tanto rammarico, ribatte il Comites Israele, è “ingiustificato”. “Fin dall'inizio dei Giochi, oltre 50 anni fa – si legge in una nota - Israele è stata esclusa a causa del veto e del ricatto dei paesi arabi all'interno del Comitato Internazionale dei Giochi del Mediterraneo, che è l'organo ufficiale che invita i diversi paesi a partecipare. Sarebbe
stato sufficiente, e molto più onesto e morale da parte dei paesi favorevoli alla partecipazione di Israele (e poi anche della Palestina) contrapporre un veto incrociato:
niente Israele, niente Giochi”.
“Una manifestazione con i soli paesi arabi, ma senza le potenze dell'Europa occidentale (Italia, Francia, Spagna) e i forti paesi balcanici (Croazia, Serbia, Grecia) – prosegue il Comites - avrebbe perso ogni valore sportivo. Il problema, chiaramente, non sono 'Israele e Palestina che non riescono a parlarsi'. Questo è semplicemente falso: Israele e Palestina hanno intavolato numerose trattative, anche se non ancora coronate da successo. Il Presidente Abu Mazen parla con Israele, anche se Hamas lo contesta. Il vero problema è il ricatto dei paesi arabi e la vile acquiescenza della maggioranza degli altri paesi”.
Onore al merito invece per Frattini. “Riconosciamo all'amico ministro degli Esteri Franco Frattini una presa di posizione coraggiosa e trasparente - concludono infatti gli italiani d’Israele - Ma questo non è bastato. La classe dirigente dello sport italiano e
mediterraneo è mancata all'appuntamento, e questo è un fallimento imperdonabile”.

 
 
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pilpul    
 
  aroma_caffèRotschild Boulevard
Da Rehov Hillel alla terra di Borat

Da Rehov Hillel Street alla terra di Borat. Ebbene sì, Aroma Espresso Bar, la più grande catena di coffee bar israeliana, ha annunciato che presto aprirà un nuovo punto vendita in Kazakistan. Aroma Espresso Bar è il classico caso di successo dell'imprenditoria israeliana. Fondata nel 1994 con un primo negozio a Gerusalemme, oggi la catena - che distribuisce bevande, sandwich e pasticceria - conta ben 90 locali in tutto il Paese. Nel 2006 ha cominciato le operazioni di espansione all'estero, aprendo una prima succursale a New York, poi seguita da un altra a Toronto. Due anni più tardi il gruppo ha lanciato il suo secondo marchio “Marrone Rosso” (sembra italiano, ma non è...), con cui ha aperto due punti vendita a Cipro e in Romania. E ora ha annunciato che, sempre con il marchio “Marrone Rosso”, aprirà due nuove succursali in Ucraina e in Kazakistan – nazione dell'Asia centrale resa popolare, suo malgrado, dal personaggio tragicomico e antisemita di Sacha Baron Cohen.

Anna Momigliano


cartolineCartoline - Il dilemma di Obama
Per ora le sue parole restano un enigma


Reazioni contrastanti in Israele al discorso di Obama al Cairo. C'è chi lo giudica di una banalità assoluta: molto carisma ma poco arrosto, belle parole che lasciano il tempo che trovano, non risolvono il problema e non dicono nulla di nuovo.
C'è chi è totalmente negativo: sospettando che Obama stia prendendo e distanze  da
Israele, che il suo tono "politically correct" ed equidistante celi la volontà di cambiare
direzione e abbandonare l'alleato storico in Medio Oriente; ritengono esagerate e
strumentali le continue lodi alle conquiste della civiltà musulmana e criticano la mancata condanna del sostegno al terrorismo (che non è mai chiamato con il suo nome) da parte dei Paesi cosidetti moderati e della repressione nei confronti delle donne - anzi, Obama ripetutamente fa riferimento al velo come a uno strumento di libera determinazione, e mai come a un obbligo imposto alle donne, né cita il modo
vergognoso  in cui sono trattate nella maggior parte dei Paesi musulmani (chissà se
l'emancipata Michelle condivide le sue affermazioni…).
E infine ci sono quelli che trovano il discorso di Obama esaltante. Apprezzano il
tentativo di aprire una breccia emotiva e personale con il mondo arabo valorizzandone la cultura e il contributo allo sviluppo dell'Occidente, perché ritengono che questo possa costituire il primo passo verso una alleanza strategica con i musulmani  moderati, unica speranza per sbaragliare il terrorismo sopprimendo il suo terreno di coltura. Gli arabi, sostengono gli estimatori, e citano Bernard Lewis, sono frustrati dalla scarsa considerazione che il mondo occidentale nutre nei loro confronti, e questo li rende diffidenti e rivendicativi: valorizzarli è la strada giusta - l'unica possibile - per
aprire un dialogo costruttivo.
Su un solo punto tutti concordano: è un discorso che mette in gravi difficoltà Netanyahu, perché la reiterata affermazione della necessità di creare uno Stato palestinese in tempi brevi è contraria alla attuale politica del governo. Bibi si trova così con le spalle al muro: o rompe con l'alleato americano (ma non se lo può
permettere) o smentisce le sue linee guida e rischia di scontentare il suo elettorato.

Viviana Kasam 
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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Rassegna stampa scarna, quella di oggi, e tutta concentrata sul viaggio di Obama. La
maggior parte dei quotidiani dedica infatti un ampio spazio alla tappa francese del
presidente americano, ieri a Omaha beach per ricordare lo sbarco in Normandia. Maurizio Molinari, sulla Stampa si sofferma, più che sul tema della memoria, sul suo strettissimo aggancio con l’attualità e con la minaccia nucleare. “Nel giorno in cui ricorda la «lotta contro il Male del nazismo» sulle spiagge dello sbarco in Normandia – sottolinea infatti Molinari - Barack Obama inasprisce toni e termini nei confronti di Iran e Corea del Nord”. Lasciando anche intravedere l’eventualità di un inasprimento delle sanzioni contro l’Iran.
Sul Riformista Anna Mahjar Barducci analizza invece le reazioni, non tutte positive, del mondo arabo al discorso pronunciato da Obama al Cairo. Ricordando alcune incrinature già notate (ad esempio l’assenza di Mubarak all’arrivo del presidente americano) Barducci rimarca come in tanti si attendessero, più che parole di riconciliazione, “una posizione chiara nell'attuale Guerra fredda mediorientale, che vede schierati da un lato, Iran, Siria, Hezbollah, Fratelli Musuhnani e amas, e dall'altro il blocco moderato guidato da Egitto eArabia Saudita. Soprattutto, alla luce delle elezioni il prossimo 7 giugno in Libano, dove il Cairo e Riad temono che Beirut cada sotto il dominio di Hezbollah. E a quel punto, le parole positive di nconciliazione di Obama con l'islam rimarranno per gli arabi solo un discorso di buone intenzioni”.
Si segnalano infine, sul Sole 24 ore, la rubrica domenicale di Giulio Busi oggi dedicata al libro “Rubare le anime. Diario di Anna del Monte ebrea romana”, a cura di Marina Caffiero, Viella (Roma, 188 pagine, 22 euro) che ripropone la narrazione del rapimento di Anna a metà Settecento. Ancora un libro, sempre sul Sole 24 ore, ma di tutt’altro argomento, nell’articolo dello storico Benny Morris che recensisce “Palestinian Walks. Forays into a Vanishing Landscape” (Scribner, New York) dello
scrittore Raja Shehadeh, attivista dei diritti umani a Ramallah che, scrive Morris, "racconta le sue camminate sulle colline e lungo i fiumi della bassa Sarnaria, della Giudea e del deserto a sud-est di Gerusalemme descrivendo l’impatto dell’occupazione”. 

Daniela Gross

 
 
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notizieflash    
 
 

Mo, Nethanyahu annuncia un importante discorso di pace
Gerusalemme, 7 giu 09
Un discorso per presentare la sua “politica di pace e sicurezza”. Ad annunciarlo è il primo ministro israeliano Nethanyahu. “La prossima settimana – ha comunicato il premier alla stampa all’apertura del consiglio dei ministri - pronuncerò un discorso importante nel quale presenterò agli israeliani i principi della nostra politica per raggiungere pace e sicurezza”.
“L’obiettivo del governo – ha aggiunto Nethanyahu - é di arrivare alla più ampia intesa possibile con gli Stati Uniti e con i nostri amici del mondo" per realizzare "la nostra aspirazione di arrivare alla pace con i palestinesi e con gli stati del mondo arabo". Una pace, ha precisato, che "abbia solide fondamenta di sicurezza per Israele e la sua popolazione".
Le dichiarazioni del premier sono la risposta alle notizie, riportate dai media locali,
secondo cui il governo si starebbe preparando a un duro scontro con gli Stati Uniti sulla questione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania. 

Sorgente di vita, il 4 giugno ’44 nel ricordo degli ebrei romani
Roma, 7 giu 09
Il 4 giugno del ’44 nel ricordo di alcuni ebrei romani sarà al centro della puntata di
Sorgente di vita in onda oggi all’1.20 su Raidue. Tra gli altri argomenti, l' impegno di solidarietà di Walter Arbib, dall'Etiopia al Darfur,dal Medio Oriente al terremoto in Abruzzo, la fuga da Tripoli nel 1967, l'accoglienza  in Italia, il successo come
imprenditore in Canada, il debito di riconoscenza verso il nostro paese. Infine, un week end di primavera a Milano Marittima dove giovani e famiglie con bambini provenienti da tante  città italiane si sono incontrati per mettere a fuoco il tema dell'educazione ebraica.

 
 
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