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L'Unione informa |
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10 giugno 2009 - 18 Sivan 5769 |
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alef/tav |
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Alfonso Aribib, rabbino capo di Milano |
Nella parashà di Nassò vengono elencate le offerte portate dai capi-tribù in occasione dell'inaugurazione del Mishkàn.
Queste offerte sono perfettamente identiche eppure vengono ripetute
dodici volte. Che senso ha questa apparentemente inutile ripetizione?
Una delle possibili risposte è che la Torà voglia darci un insegnamento
sull'unicità di ogni essere umano. Noi viviamo in un'epoca in cui viene
spesso sottolineata l'importanza della novità. Molto spesso però le
novità con cui ci imbattiamo sono solo apparenti. In molti casi sono
rivestimenti superficiali di vecchie idee. I capi-tribù portano le
medesime offerte. Ciò però non significa che le offerte siano uguali.
Secondo la tradizione ebraica portare un'offerta al Santuario significa
in realtà offrire se stessi, i propri sentimenti, le proprie emozioni,
la propria personalità. E questa personalità si può esprimere anche se
si fanno le stesse cose. |
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Fra
gli ebrei cacciati dalla Spagna nel 1492 vi fu anche chi fece rotta
verso il Nuovo Mondo e, rimasto senza patria, affidò la propria
sopravvivenza alle fortune di vascelli che portavano nomi
come "Profeta Samuele", "Regina Esther" e "Scudo di Abramo".
Diventarono pirati, dando la caccia alle navi dello stesso Impero che
li aveva espulsi, gettandoli letteralmente in mare. Storia e avventure
dei pirati ebrei dei Caraibi durarono fino al XVII secolo quando si
offrì loro la possibilità di vivere liberamente nelle nuove colonie. Fu
solo allora che decisero di tornare sulla terra ferma. |
Maurizio Molinari,
giornalista |
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Renzo Foa: uomo libero, giornalista a testa alta
C'è
un'emozione particolare, c'è un dolore più acuto, nella piccola
redazione del Portale dell'ebraismo italiano, al momento di rivolgere
un ultimo saluto a Renzo Foa. Uomo libero, giornalista a testa alta,
Renzo ha offerto l'esempio concreto di come si possa conciliare, anche
in questo Paese difficile che è il nostro, la professionalità e gli
ideali, l'identità e l'universalità, le grandi sfide e il rispetto
delle regole, l'eredità dei nostri padri e i nuovi orizzonti. Primo
direttore dell'Unità a non provenire dall'apparato del Partito,
editorialista di punta mai legato alla catena delle etichette, dei
pregiudizi e degli schieramenti, giornalista indipendente anche a costo
di pagare di persona. Renzo è stato tutto questo, ma anche molto di
più. Ha riformulato senza tradirla l'eredità ricevuta da una famiglia
italiana fuori dal comune. Ci ha lasciato fino all'ultimo giorno parole
indimenticabili, che vanno ben al di là della precarietà della carta di
giornale. Chi frequenta la rassegna stampa del Portale dell'ebraismo
italiano può ora tornare ad ascoltare la sua voce ferma contro i
razzismi, contro la cialtroneria di un certo progressismo parolaio di
maniera, contro i pericoli di un conservativismo rabbioso e
provinciale. E sempre, sempre per il diritto di Israele a vivere in
pace e libertà.
Quando la malattia lo aveva colpito più
forte, Renzo si era lasciato distogliere per un attimo dalla passione
per le idee e le ideologie, lasciandoci un messaggio straordinario,
quasi un addio ai sapori della vita, raccontandoci come per lui gusti,
ricordi ed emozioni si fossero fusi in un inevitabile omaggio al
mistero della nostra esistenza. Gli Agnolotti di Einstein e quella
indimenticabile mela di Dalmazia che solo lui aveva assaporato, fanno
ora parte delle emozioni di tanti lettori.
Ai familiari e
alla redazione di Liberal, di cui Renzo è stato fino all'ultimo la
guida, la nostra partecipazione al dolore. Per Anna Foa, senza la quale
l'idea di dare con questo notiziario una voce nuova alla realtà ebraica
italiana non avrebbe forse mai messo le ali, l'affetto e l'amicizia di
tutta la redazione.
gv
La
Camera ardente per salutare Renzo Foa sarà allestita a Roma domattina,
giovedì 11 giugno, alle 10 nella Sala del Cenacolo di vicolo Valdina.
Alle 12.30 si terrà l'orazione funebre.
Archiviamo l'Onu, è un ente inutile
Perché stasera saremo in piazza con Israele
Da Rabin a Olmert, la maledizione del premier
Guai a tacere sulla guerra mondiale contro i cristiani
Tre citazioni per consolare il "razzista" Maroni
Gli agnolotti di Einstein (ovvero come resistere a un digiuno forzato)
Problemi dell'informazione, valori della minoranza ebraica e accesso dei giovani alla professione giornalistica nell'incontro fra i presidenti Ucei e Ordine dei giornalisti
Un'ampia
ricognizione dedicata allo stato dell'informazione in Italia, alle
problematiche della professione giornalistica, alle prospettive e alle
istanze della minoranza ebraica italiana e ai progetti sul fronte
dell'informazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha
avuto luogo nel corso di un incontro fra il presidente dell'Ordine
Nazionale dei Giornalisti Lorenzo Del Boca e il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, che era accompagnato dal coordinatore Informazione e Cultura Guido Vitale.
Del
Boca, che è inviato del quotidiano La Stampa, autore di numerosi saggi
di storia contemporanea ed è il primo giornalista italiano a ricoprire
per il terzo mandato consecutivo la massima carica della categoria
giornalistica nel nostro Paese dopo essere stato anche a capo della
Federazione Nazionale della Stampa Italiana, ha accolto Gattegna nella
sede dell'Ordine nazionale, confermando un'estrema attenzione per i
valori etici e culturali che sono testimoniati dagli ebrei italiani. Il
Presidente dei giornalisti italiani ha anche fra l'altro confermato un
interesse dell'Ordine a intensificare i contatti fra culture ed
esperienze professionali diverse nel bacino del Mediterraneo. “Solo una
conoscenza diretta delle identità e un'accettazione reciproca – ha
affermato – può favorire la costruzione di società aperte e progredite
nella regione in cui l'Italia è destinata a vivere, operare ed essere
protagonista”. Gattegna dal canto suo ha presentato la
pubblicazione “pagine ebraiche”, il Portale dell'ebraismo italiano
www.moked.it, il notiziario quotidiano “l'Unione informa” e le altre
iniziative assunte dall'Ucei sul fronte dell'informazione. “Si tratta
di occasioni – ha detto – per rivolgersi all'insieme dell'opinione
pubblica, dialogare e aprirsi al confronto”. Nel corso del
colloquio Del Boca ha valutato anche il progetto Ucei che mira a
formare giovani praticanti giornalisti e ha preso visione del lavoro
volontario svolto da alcuni giovani ebrei italiani sui nuovi mezzi di
comunicazione creati dall'Unione. “Tentare di favorire l'ingresso di
alcuni giovani delle realtà ebraiche italiane in un contesto
giornalistico – ha commentato – significa offrire una prospettiva di
lavoro, ampliare il panorama informativo e incidere positivamente nel
tessuto sociale. L'iniziativa – ha aggiunto – è molto interessante. Non
posso che apprezzarla per la serietà e per gli sviluppi che potrebbe
avere in futuro”. Al termine del colloquio, Del Boca ha anche
annunciato che sarà presente e terrà propri interventi nella seconda
metà di luglio all'incontro di lavoro che si svolgerà a Trieste e sarà
dedicato a tutti i giovani selezionati per partecipare a questa
esperienza. |
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Una laurea per il colonnello
Pare
che il Senato accademico dell’Università di Sassari voglia conferire al
colonnello Gheddafi una laurea Honoris causa in giurisprudenza. I
Radicali giustamente hanno protestato e raccolto firme contro questa
beffa, ricordando che “non solo si tratta di un capo di Stato non
eletto dal suo popolo e al governo da 40 anni, ma il suo regime si
caratterizza per la sistematica violazione di tutti i diritti umani
fondamentali e la negazione della nozione di stato di diritto.
Conferirgli un titolo onorifico da parte di un ateneo italiano sarebbe
un’onta per la patria storica del diritto nonché per la reputazione
dell’università italiana”. Ineccepibile: la realpolitk, o se si vuole la speranza di sponsorizzazioni, questa volta si tinge di tragicomico.
Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane |
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Riflettori
dei media puntati oggi sull’inizio della visita in Italia del
colonnello Gheddafi. Il ministro degli Esteri Frattini ha già definito
l’evento “di portata storica”. Tutti i giornali dedicano ampio spazio
alla delineazione di un programma di incontri che si snoderà fittissimo
per quatto giorni e si soffermano in valutazioni analitiche che certo
continueranno nel corso della settimana (Repubblica, Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Messaggero, Avvenire, Unità, Manifesto, Tempo).
E il clamore continua se sfogliamo le pagine locali romane, perché
l’installarsi del Presidente libico a Villa Doria Pamphili suscita
proteste da sinistra come da destra (E polis-Roma, Repubblica Roma,
altre pagine di cronaca). Ma qual è il motivo del rilievo tutto
particolare riservato a questo confronto a più voci con un personaggio
tanto controverso? Qual è il senso di un’accoglienza improntata alla
scenografia teatrale (la tenda nel bel mezzo dello storico parco
romano) e all’avvenimento da celebrare? Le risposte sono molteplici e
di varia natura, come ci ricorda con lucidità ma in toni un po’
ufficiali Nino Cirillo sul Messaggero.
Prevalente è l’aspetto politico, a cui sono legati gli incontri col
presidente Napoletano, col presidente del Consiglio Berlusconi vero
regista di tutta l’operazione, coi presidenti di Senato e Camera: è
urgente bloccare o almeno rallentare il flusso migratorio, e l’apporto
della Libia può in questo senso risultare decisivo. Il governo riprende
insomma il filo degli accordi già siglati in Libia l’anno scorso. Le
grandi accoglienze al personaggio fanno parte allora di un preciso
calcolo, sono il fio da pagare per la sua accondiscendenza. Così si
spiega il clima di eccezionalità, così si spiega il discorso di
Gheddafi previsto in Senato per domani (eccesso contro cui giustamente
protesta la vicepresidente di Palazzo Madama Emma Bonino, come nota
Maurizio Caprara sul Corriere della Sera).
Dietro la politica d’oggi c’è la storia, il tardivo mea culpa sulle
pesanti responsabilità dell’Italia coloniale e fascista in Libia, alla
luce delle quali la visita del leader libico assume il senso di un
definitivo voltare pagina nei rapporti tra i due Paesi. E accanto alle
esigenze politiche italiane d’oggi condite dalla storia c’è la politica
internazionale, nell’ambito della quale vuole essere proprio l’Italia
del centrodestra a portare la Libia a pieno titolo entro il quadro
degli accordi mondiali, a traghettarla in occasione del prossimo G8
dell’Aquila verso l’America di Obama. A completare l’operazione gli
interessi economici, ai quali sono riservati spazi notevoli nell’ambito
della quattro giorni romana di Gheddafi: incontri con la Confindustria
e il mondo imprenditoriale in genere, certo fruttuosi in vista di
futuri accordi commerciali. Tutto molto ben costruito e certo
utile all’immagine del governo Berlusconi. Restano però forti
perplessità. Pur con tutte le esigenze politico-economiche del caso,
non si poteva essere un po’ più discreti ed evitare i toni celebrativi
e inneggianti nei confronti di un personaggio ambiguo e assai
controverso, un satrapo in passato complice del terrorismo
internazionale e oggi artefice di repressione in casa sua? Sensate
dunque le proteste dei collettivi di studenti e degli intellettuali di
sinistra che coinvolgono Gheddafi nella pesante repressione nei
confronti dei migranti (esemplare lo striscione a Villa Pamphili con la
scritta: “No camping. Gheddafi, la tenda piantala a Villa Certosa”
riportato dall’Unità).
Sensate anche le richieste di risarcimento da parte degli italiani
cacciati dalla Libia negli anni Settanta, istanze che verranno
presentate dalla loro associazione durante un incontro col leader
arabo. Sensate anche le argomentazioni ebraiche, non tanto contro
l’espulsione della comunità libica voluta ancora da re Idriss nel 1967
(ma la questione dei risarcimenti non è mai stata risolta) quanto
rispetto al coinvolgimento del colonnello nell’attentato alla Sinagoga
di Roma nel 1982. Peccato che l’invito alla Comunità di Roma nella
tenda del satrapo sia previsto per sabato, ciò che è equivalente a
negarlo o a voler umiliare gli ebrei romani, come ha giustamente notato
Riccardo Pacifici. La pagina mediorientale non offre oggi eventi
o svolte particolari, ma ci presenta un intreccio complesso di percorsi
possibili. Obama pare intenzionato a continuare con decisione nei suoi
sforzi di pace. Sta tessendo una trama articolata, tesa a pressare da
vicino i protagonisti della scena per non lasciare spazio a pause
negative e portarli invece ad alimentare una convergenza verso
l’incontro e la trattativa. Oggetto di particolari attenzioni è
naturalmente Israele, la cui chiusura rispetto alla questione degli
insediamenti rischia di divenire un fattore bloccante dell’intero
processo. Nicole Neveh su Avvenire e Fausto Della Porta sul Manifesto
analizzano la missione di George Mitchell in Medio Oriente (Israele,
Ramallah, Libano, Siria) cogliendo le forti istanze esercitate su
Netanyahu. Aldo Baquis su La Stampa
riferisce di una telefonata notturna tra Obama e il premier israeliano.
Gli Usa insistono usando la carota e facendo intravedere il bastone.
Blandiscono l’alleato assicurando indeflettibile amicizia e
appoggio, ma gli fanno intravedere lo scenario di un’America più
lontana, più equidistante, che certo inquieta Gerusalemme. Soprattutto
Obama sa di avere poco tempo. E così si pone scadenze: errore grave,
ingenuità politica in cui cadde clamorosamente il suo predecessore.
Adesso l’appuntamento con lo Stato palestinese è fissato per il 2011
(lo riferisce il giornale egiziano al Shaqr al Awsat, ripreso tra gli
altri dal Riformista e dal Sole 24 Ore):
ma la storia – ahimé – in genere non rispetta le scadenze prefissate.
Forse anche il ministro della Difesa israeliano Barak fa parte della
rete che il Presidente americano continua a tessere con tenacia nei
confronti di Israele. Il Foglio
riferisce della sua missione negli Usa immediatamente precedente il
viaggio mediorientale di Mitchell e ipotizza che l’ex generale,
soprattutto in quanto leader laburista, possa essere usato come una
sorta di testa di ponte o di “cavallo di Troia” per portare un’opinione
diversa all’interno dell’esecutivo di Gerusalemme. Altra piccola
tessera nel mosaico della pace vorrebbe essere la visita che la
sottosegretaria agli Esteri Stefania Craxi compirà a Gaza in compagnia
di 25 imprenditori italiani, in vista di progetti e accordi economici
tesi a dare un futuro alla regione. E’ lei stessa a parlarcene in un
articolo sul Secolo d’Italia:
lodevole iniziativa tesa ad attivare le forze costruttive locali o
ennesimo protagonismo internazionale del nostro governo? O, più
probabilmente, entrambe le cose? Sul Medio Oriente, vanno ancora
segnalate alcune attente riflessioni sulla situazione del Libano dopo
le elezioni e la sconfitta di Hezbollah. Appaiono tra loro contrapposte
due interviste: quella al futuro leader Saad Hariri vincitore delle
elezioni (Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera) e quella al “ministro degli esteri” di Hezbollah Ali Doghmush (Michele Giorgio sul Manifesto).
Il potere legittimo e rafforzato dello Stato (Hariri) contro lo Stato
nello Stato che vuole ancora armi proprie e diritto di veto (Doghmush).
Entrambi però, come di consueto, contro Israele, il nemico comune che
mette sempre d’accordo i politici arabi. Ancora da segnalare tre importanti articoli di Liberal (tra i quali un’intervista ad Anna Foa e un lungo saggio di Andrea Riccardi)
sulla controversa figura di Pio XII, ora rivalutato dalla raccolta di
saggi in uscita a cura di Giovanni Maria Vian per l’introduzione di
Paolo Mieli. Quella su Papa Pacelli è una “leggenda nera” o comunque
un’ambigua, difficile, scomoda verità? Il discorso, si sostiene oggi, è
giusto che ormai passi definitivamente agli storici sulla base
dell’analisi dei documenti d’archivio. David Sorani |
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Problemi e interrogativi sull'incontro con Gheddafi Pacifici: “Ma il leader libico fa sul serio”? Roma, 9 giu - "Ma
il colonnello Gheddafi vuole veramente incontrare gli ebrei romani di
origine libica, oppure no"? Il Presidente della Comunità ebraica di
Roma Riccardo Pacifici ha manifestato i suoi dubbi sulla reale volontà
dell'incontro da parte del leader libico che aveva invitato una
delegazione indicando che questo avvenimento avrebbe potuto aver luogo
durante la giornata del sabato. Già Shalom Tesciuba, vicepresidente
della Comunità romana e esponente di spicco della folta Comunità degli
ebrei romani di origine libica che avrebbe dovuto guidare la
delegazione, aveva detto nei giorni scorsi che non sarebbe stato
possibile un incontro di sabato. "Guardiamo - ha spiegato Pacifici -
con grande attenzione e rispetto a questo incontro, ma non vorrei, come
sostengono alcuni, che sia una scelta deliberata tesa ad umiliare gli
interlocutori. Tra l'altro voglio ricordare che Tesciuba è responsabile
di una sinagoga romana". Pacifici ha anche ricordato che c'è un
contenzioso con la Libia di Gheddafi, ovvero le implicazioni
dell'attentato del 1982 alla Sinagoga di Roma nel quale perse la vita
il bambino Stefano Gay Taché e furono ferite molte persone (tra cui lo
stesso padre del Presidente della Comunità). "Per questo - ha detto
ancora - pongo una domanda che mi auguro vorranno avanzare anche le
autorità italiane: che fine ha fatto il terrorista Al Zomar, implicato
in quell'attentato, e che, arrestato in Grecia, fu consegnato libero ai
libici invece che all'Italia dove era ricercato per un condanna in
contumacia all'ergastolo nel 1988? Chi erano gli altri del commando e
chi i complici in Italia di quell'attentato? Ha intenzione di
riconsegnarlo all'Italia e di condividere la battaglia contro il
terrorismo?".
In
ricordo di Giacomo Matteotti,
il deputato socialista ucciso dal fascismo Roma, 10 giu - Il
presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici ha
partecipato questa mattina alla cerimonia in omaggio di Giacomo
Matteotti durante la quale sono state deposte corone di fiori ed è
stata scoperta una targa ai piedi del monumento sul lungotevere Arnaldo
da Brescia a Roma che ricorda il deputato socialista ucciso 55 anni fa
dal fascismo nel 1924. In rappresentanza del Comune è intervenuto il
consigliere Federico Rocca, per la Provincia di Roma l'assessore alla
sicurezza Ezio Paluzzi e per la Regione Lazio l'assessore al lavoro
Alessandra Tibaldi. Oltre a Pacifici erano presenti anche il
parlamentare Pd Piero Fassino e il presidente emerito della Repubblica
Oscar Luigi Scalfaro. "Avevo sei anni ai tempi dell'omicidio Matteotti
- ha ricordato il senatore a vita - e ricordo i discorsi di mio padre.
Più volte parlando ai giovani della Costituzione ho ricordato Matteotti
che ha dato la vita per la nostra libertà. Chi non è cieco oggi deve
stare con gli occhi aperti - ha proseguito Scalfaro - è necessario
difendere la Costituzione che è l'unico baluardo per la nostra
democrazia". Fassino ha invece sottolineato come "in un momento in cui
nascono nuovi revisionismi sugli avvenimenti del Novecento, sia
importante celebrare Matteotti e gli altri personaggi che hanno pagato
duramente il loro coraggio".
Israele:
“due Stati, due popoli”
Le reazioni contrapposte dei ministri israeliani Tel Aviv,10 giu - Opinioni
e messaggi opposti sono stati lanciati dai leader politici israeliani
sulla prospettiva di un futuro Stato palestinese e sugli sforzi
dell'amministrazione Usa di Barack Obama in questa direzione. "Se non
accettiamo la soluzione dei due Stati (rispetto alla quale Netanyahu è
rimasto finora freddo) ci ritroveremo confinati in un'apartheid
politico sulla scena internazionale", ha detto Ehud Barak, leader della
minoranza laburista nel governo, in una intervista pubblicata oggi da
Haaretz. Dal canto suo Moshe Yaalon, esponente del Likud (destra, del
partito di Netanyahu) è tornato a liquidare tale soluzione come
irrealistica. Ma Barak resta fiducioso - all'indomani degli incontri
avuti in Israele dall'inviato di Obama per il Medio Oriente, George
Mitchell – ritiene che si convincerà anche il premier: "Questo governo
- ha detto - riserverà sorprese". Yaalon - che come Barak è un
generale ed ex capo di Stato Maggiore – ritiene che il piano di pace
attribuito dai media a Obama per giungere alla creazione di uno Stato
palestinese in due anni è al contrario come minimo precipitoso. "La
pace istantanea è destinata a fallire", ha detto intervenendo a un
forum a Washington, sostenendo che provare a imporla in tempi brevi
significherebbe creare le condizioni per "la nascita di un Hamas-stan
in Cisgiordania", oltre che a Gaza.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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