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L'Unione informa |
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23 giugno 2009 - 1 Tamuz 5769 |
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alef/tav |
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Roberto Della Rocca, rabbino |
La
Parashà di Shelàch che abbiamo letto Shabbàt tratta principalmente
della fallita missione esplorativa della Terra d'Israele che porterà
alla conseguenza di una permanenza del popolo nel deserto
per altri 38 anni (per un totale di 40 anni). La storia è nota. La
delegazione dei delegati che Moshè manda ad esplorare la Terra di
Kenaan invece di limitarsi a riportare un giudizio sulla fertilità
della Terra lamenta l’impossibilità dell'impresa della conquista data
la superiorità bellica delle popolazioni che la abitavano. Quale è la
vera colpa degli esploratori ? In fondo hanno riportato la verità dei
fatti e di ciò che hanno visto e valutato. Il problema sta nel
fatto che alla loro relazione oggettiva hanno aggiunto la parola
“efes”, “però”. La parola “efes” che nella lingua della Torà indica una
“pregiudiziale”, nell’ebraico moderno significa “zero”. A volte
aggiungere un “ma” e un “però” può significare azzerare anche
tutto ciò che vi è di buono in un progetto. Troppo spesso i nostri
giudizi politici, culturali, sociali su Eretz Israel sono accompagnati
da vari "ma" e "però" dimenticando che amare la Terra di
Israele è una mitzwà che la Torà ci indica e come per tutte le altre
mitzwòt andrebbe vissuta senza “ma” e senza “però”. |
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E' impossibile imparare senza passare dal noto all'ignoto. |
Vittorio Dan Segre, pensionato
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Qui Firenze – Le cento idee del nuovo sindaco Fare luce sulla sinagoga? “Yes, we can”
Le “100 idee per Firenze” sono le cento proposte per migliorare Firenze del nuovo sindaco Matteo Renzi,
l’Obama italiano, come lo definisce il “Time” per la giovane età e la
voglia di rinnovamento della classe politica che sembra interpretare
alla perfezione. E una delle cento riguarda l’illuminazione notturna
della Sinagoga di Firenze. Sono anni che a Firenze il problema
dell’illuminazione del luogo di culto è avvertito come uno dei più
importanti dalla comunità ebraica locale. La verde cupola della
Sinagoga è considerata dai fiorentini la seconda cupola di Firenze,
dopo quella del Duomo ovviamente, ed è uno degli edifici che
contraddistinguono la skyline fiorentina. Ben visibile da tutti i punti
di osservazione della città (Fiesole, piazzale Michelangelo) durante il
giorno, scompare tristemente alla vista al calare del sole. Renzi
sembra abbia colto l’importanza di questa problematica. L’illuminazione
della Sinagoga permetterebbe, secondo il sindaco appena eletto a larga
maggioranza, di aumentare la sicurezza della zona (la sicurezza delle
città attraverso il potenziamento dell’illuminazione è stato uno dei
leitmotiv della sua campagna elettorale) e, allo stesso tempo, di
valorizzare l’oggettiva bellezza della Sinagoga. Negli ultimi anni alcuni enti pubblici, insieme all’Opera del Tempio Ebraico di Firenze, all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane,
a privati e a fondazioni internazionali, hanno collaborato al restauro
della Sinagoga di Firenze. Sono stati realizzati molti interventi,
anche se la questione dell’illuminazione esterna è sempre rimasta in
sospeso. Nel 2005 era stato realizzato un progetto dalla Silfi, la
società alla quale è affidata la gestione dell'intera rete di
illuminazione pubblica del Comune di Firenze. Tale progetto, che
prevedeva di illuminare gli esterni dell’edificio secondo la tradizione
ebraica (la Sinagoga, essendo il luogo dell’ascesa spirituale, doveva
essere illuminata con intensità crescente partendo dal basso verso
l’alto), nonostante una prova di illuminazione andata a buon fine, non
fu purtroppo messo in atto. L’idea di Renzi, che ha più volte
evidenziato il valore culturale e storico della secolare presenza della
comunità ebraica nel territorio, è quella di illuminare l’edificio in
maniera “innovativa” (sempre nel rispetto della sacralità del luogo,
ovviamente). L’ex Presidente della Provincia (dal 2004 al 2009)
ha più volte manifestato una certa simpatia non solo nei confronti
della comunità ebraica fiorentina, ma anche nei confronti di Israele.
Nel maggio del 2008, mentre a Torino, in occasione della Fiera del
Libro che aveva Israele come ospite d’onore, si bruciavano bandiere
israeliane e si assisteva a tentativi di boicottaggio dell’evento,
Renzi fece issare una bandiera israeliana all’ultimo piano del
centralissimo Palazzo Medici Riccardi, sede della Provincia. Renzi
spiegò che non si trattava di una provocazione nei confronti dei
palestinesi, come qualcuno interpretò malignamente l’accaduto, ma di un
gesto di solidarietà nei confronti di un Paese costantemente e
“dogmaticamente” attaccato. Attacchi ridicoli, se si pensa che gli
scrittori israeliani sono tra i più liberi, e dunque vulnerabili, del
mondo. D’altronde era lecito aspettarsi una certa apertura mentale da
un uomo che ha scritto la sua tesi di laurea su Giorgio La Pira, il
sindaco “santo” degli anni Cinquanta, che mangiava e dormiva in una
cella del Convento di San Marco per donare il suo stipendio ai poveri
della città e che si impegnò a lungo nella ricerca del dialogo tra i
popoli. Renzi è stato molto criticato, soprattutto da alcune forze
politiche di sinistra, e alcuni temono per la sua vicinanza a Comunione
e Liberazione, che, di fatto, rischierebbe pregiudicare la laicità
della sua condotta politica e penalizzare le minoranze religiose
cittadine. Ma in città si respira un'aria di una certa fiducia nel
futuro. Non ci sarà da temere se il sindaco terrà a mente le parole di
La Pira: “Fra i nostri cittadini, quelli che sono musulmani li
aiuteremo ad esserlo meglio, quelli che sono ebrei ad essere ebrei
migliori”.
Adam Smulevich
Gilad Shalit, tre anni d'attesa non fiaccano la speranza
Tre anni d'attesa. Tre anni di speranza. All'alba del 25 giugno 2006 il
soldato delle Forze israeliane di difesa, oggi ventiduenne Gilad Shalit,
veniva rapito a Kerem Shalom, in territorio israeliano, da terroristi
di Hamas, che dopo aver attraversato il confine meridionale della
striscia di Gaza, uccisero due soldati israeliani e ne ferirono altri
quattro. Il commando composto da otto palestinesi si era spinto in un
tunnel sotterraneo entrando per un centinaio di metri in territorio
israeliano e suddividendosi poi in tre squadre. Sembra che lo stesso
Shalit abbia riportato nell'attacco ferite alla mano e alla spalla. Fra
due giorni saranno tre anni che Gilad è privato della libertà. Da
allora non sono pervenute notizie certe circa il suo stato di salute e
nemmeno la Croce Rossa Internazionale è mai stata autorizzata a
visitarlo, così come nel caso di Eldad Reghev e Ehud Goldwasser,
i due soldati rapiti sul fronte settentrionale da Hezbollah, 17 giorni
dopo Ghilad Shalit, i cui corpi sono stati restituiti il 16 luglio 2008
in cambio di terroristi detenuti nelle carceri israeliane. Ghilad
è nato a Naharia il 28 agosto 1986 , ed è cresciuto a Mitzpe Hila, dove
ha terminato con successo il liceo scientifico. Ama la matematica e lo
sport e ama il suo paese. Alla fine del luglio 2005 si è arruolato
nell'esercito, nell'unità corazzata, seguendo le orme del fratello Yoel. Il
26 giugno 2006, il giorno dopo della cattura, le Brigate Izz Ad-Din Al
Qassam (il braccio militare di Hamas) i "Comitati di Resistenza
Popolare" e “l'Armata palestinese dell'Islam” firmano un comunicato
fatto pervenire alla leadership israeliana, nel quale offrono di
fornire informazioni sul soldato prigioniero qualora Israele avesse
acconsentito a liberare tutti i prigionieri minori di diciotto anni e
quelli di sesso femminile. Una settimana dopo le richieste si
fanno più pressanti, i Palestinesi domandano la liberazione di mille
prigionieri in aggiunta ai precedenti e la fine degli attacchi condotti
contro la Striscia di Gaza, e due giorni dopo alle richieste si
aggiungono minacce nel caso Israele avesse respinto l'ultimatum. Israele
non ci sta. Qualche ora più tardi rigetta l'ultimatum, dichiarando che
«Non ci saranno negoziati per il rilascio di prigionieri». Nel
tentativo di ottenere il rilascio del soldato israeliano, l'arcivescovo
Antonio Franco, Nunzio apostolico presso lo Stato di Israele, si mette
in contatto con la parrocchia cattolica della Striscia di Gaza, ma
senza ottenere risultati. Nel tentativo di rintracciare e liberare
Gilad Shalit, Israele fa partire l'Operazione Piogge estive, una
massiccia incursione nella Striscia di Gaza. “Israele ha fatto
tutto quello che è in suo potere per valutare tutte le opzioni
diplomatiche e dare a Mahmoud Abbas l'opportunità di restituire
l'israeliano rapito... " dichiara in quei giorni il portavoce
dell'ambasciata israeliana a Washington, David Siegel “Quest'operazione può terminare immediatamente, a fronte del rilascio di Gilad Shalit”. Mentre il portavoce della Casa Bianca, Tony Snow
afferma che “ Israele ha il diritto di difendere sé stesso e la vita
dei suoi cittadini [...]. Qualunque azione il governo israeliano
intraprenda, gli Stati Uniti si raccomandano affinché nessun civile
innocente sia ferito e si eviti il danneggiamento non necessario della
proprietà e delle infrastrutture". Nonostante gli imponenti
mezzi utilizzati dall'esercito israeliano ogni tentativo di
rintracciare Gilad Shalit risulta vano. Le autorità israeliane sanno
che il soldato si trova nella Striscia di Gaza, il 1 luglio la BBC
riferisce che Gilad potrebbe aver ricevuto cure mediche per ferite al
ventre e alle spalle, mentre fonti palestinesi smentiscono e autorità
israeliane minacciano di "di far cadere il cielo" nel caso in cui
Shalit fosse ferito. Due mesi dopo, nel settembre 2006, mentre
l'Egitto tratta con Hamas per la liberazione del soldato israeliano,
una lettera nella quale Gilad afferma di essere vivo e di stare bene
viene fatta pervenire, per mezzo dei mediatori egiziani, alle autorità
israeliane. La lettera dall'esame calligrafico risulterà autentica. Nonostante
i contatti, gli appelli, le trattative e i tentativi di mediazione, un
anno dopo Gilad Shalit è ancora prigioniero chissà dove, tutto il mondo
ebraico è in apprensione per lui, si moltiplicano le iniziative di
sostegno. Viene diffuso un messaggio audio, probabilmente autentico,
nel quale il soldato israeliano dalla voce flebile e provata chiede che
le autorità israeliane si diano da fare per il suo rilascio e che
liberino alcuni prigionieri palestinesi. La diplomazia lavora,
ma ancora un anno trascorre, il 9 giugno 2008 in prossimità del secondo
anno di prigionia, la famiglia Shalit riceve una lettera dal figlio: "Cari
mamma e papà, cara famiglia, mi mancate moltissimo. Ho trascorso due
anni difficili e lunghi da quando mi sono separato da voi e sono stato
costretto a iniziare a vivere in condizioni di prigionia. [...]
Continuo ancora a pensare e a sognare il giorno in cui mi libererò e vi
incontrerò di nuovo, ancora mi è rimasta la speranza che questo giorno
sia vicino, ma so che questo non dipende né da me né da voi. Mi rivolgo
al Governo affinché non trascuri le trattative per la mia liberazione e
non concentri tutti gli sforzi solo sulla liberazione dei soldati in
Libano". Ancora niente. Fra il gennaio e il febbraio
2009 in occasione dell'Operazione Piombo Fuso, la diplomazia
israeliana, che ha sferrato un forte attacco nella Striscia di Gaza,
per far cessare il lancio di razzi su Israele, sottopone la tregua al
rilascio di Ghilad Shalit, nelle trattative è ancora coinvolto
l'Egitto e questa volta anche la Francia. Noam Shalit, il padre di
Gilad, ha incontrato due volte il presidente francese Nicolas Sarkozy,
il quale - grazie al doppio passaporto di Gilad (la nonna Jacqueline
era di Marsiglia) - si è mobilitato e ha fatto avere una lettera dei
genitori al giovane sequestrato attraverso i canali siriani e poi ha
sollecitato Damasco a fare pressioni su Hamas per arrivare alla
liberazione del soldato Shalit, mentre le richieste di Hamas sulla
liberazione di un enorme numero di pericolosi terroristi palestinesi
rinchiusi nelle carceri israeliane, sono sempre più pesanti. Il
tempo passa, Gilad vede compiersi il terzo anno relegato in prigionia.
Tutto il mondo ebraico e tutti gli esseri umani che amano la libertà e
la democrazia sanno che Israele resta fedele al principio in base al
quale non si lasciano mai in mani nemiche i propri cittadini, vivi o
morti, anche a costo di pagare prezzi altissimi, che Israele farà tutto
il possibile per riportare a casa Gilad.
Lucilla Efrati
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La Memoria può essere tutelata da una proposta parlamentare bipartisan
E’ stata stampata nei giorni scorsi una proposta di legge presentata
alla Camera a prima firma dell’onorevole Alessandro Ruben, che prevede
la concessione di un contributo di 300 mila euro annui, a decorrere dal
2009, a favore della Fondazione Centro di documentazione ebraica
contemporanea (CDEC), allo scopo di sostenerne l’azione di
perseguimento dei fini istituzionali. L’iniziativa è stata condivisa, in perfetto spirito bipartisan, da altri 15 deputati. L’auspicio
è che la proposta possa essere rapidamente approvata, dando
indispensabile ossigeno a una istituzione che svolge un ruolo
insostituibile soprattutto – ma non soltanto – nella conservazione
della memoria delle leggi razziali e della Shoah.
Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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Continuano
le proteste in Iran, ma da quel che si capisce la repressione molto
dura del regime sta riuscendo a limitarle progressivamente(cronache di Viviana Mazza e Davide Frattini sul Corriere), anche se il regime ha ammesso i brogli "ma irrilevanti" (Angeles Espinosa, giornalista del Pais, tradotto da Repubblica, Alberto Negri sul Sole). La documentazione dei brogli è riportata da Manuela Gallo sulla Stampa. Il premio Nobel Shirin Erbadi, in un'intervista a Repubblica,
sostiene però che le dimostrazioni sono destinate a continuare. Anche
buona parte del clero della citta santa di Qom, sostiene Geneveive Abdo
sul Sole 24 Ore sarebbe contro il regime. Estremamente interessante il reportage di Molinari da
New York, in cui si rivelano i flussi finanziari che derivano dal
"panico" del clero iraniano, certo non rimasto povero in trent'anni di
teocrazia. I preti iraniani spostano i loro soldi verso banche della
Turchia e del golfo persico, a quanto pare: just in case. Dunque
non è sicuro che la repressione prevalga; ma anche se accadesse, il
problema è cosa succederà dopo: senza dubbio la teocrazia degli
ayatollah ha ricevuto un colpo durissimo alla sua stessa
autodefinizione (Fareed Zakaria sul Corriere). Lo riconosce, anche se da posizioni più "neutre" rispetto al regime, anche Guolo su Repubblica. Fra le opinioni, da meditare l'analisi di Moses Naim sul Sole,
che mostra le somiglianze fra il regime di Ahamadinedjad e quello di
Chavez in Venezuela. Per capire lo stato d'animo degli iraniani, è
utile una lettera di "una giovane professionista iraniana",
naturalmente non firmata, pubblicata sul Sole. Resta
una certa viltà dell'Occidente su questo tema, con l'invito italiano
agli iraniani al G8, non lasciato cadere fino all'ultimo momento, e un
atteggiamento dell'amministrazione americana che Alix Van Buren su Repubblica così
sintetizza, non senza una certa simpatia : "Così, Washington si
preparerebbe all'eventualità di una Tiananmen iraniana: «Oggi a Teheran
come dieci anni fa a Pechino, probabilmente assisteremo a uno
spettacolo devastante. Allora il mondo rest impotente a guardare. E'
possibile che si ripeta lo stesso». Ma alla fine, dal ragionamento,
affiora l'altro interrogativo che impegna la Casa Bianca: «Come si va
al tavolo del negoziato con un interlocutore che ha schiacciato il suo
popolo?». Su questo punto la diplomazia è divisa. Il fronte dei
realisti non vede alternative: «Ci si va tappandosi il naso, come con
la Corea del Nord. Se si vuole scongiurare una guerra, né l'America né
l'Europa possono mettersi da sé nell'angolo». Insomma, si può
scommettere che ancora oggi nelle parole di Obama prevarrà la cautela."
E ancora su Repubblica,
tutta schierata su posizioni obamiane, Vanna Vannuccini sostiene che la
ragione dei brogli è stata di bloccare il dialogo con gli americani;
come se non bastasse la volontà del vertice attuale di non lasciarsi
sostituire, e come se la politica estera di Mussawi in partenza non
fosse stata riconosciuta dagli americani stessi come "ostile". C'è
un articolo oggi da leggere con indignazione; non la solita storia di
antisemitismo, ma un esempio lampante dell'ipocrisia e della disonestà
intellettuale della sinistra ebraica post-sionista. E' il caso di Roger Cohen,
editorialista del New York Times e grande sostenitore delle posizioni
anti-israeliane di una parte della comunità ebraica americana (come J
Street), in appoggio a Obama. Cohen era venuto all'onore delle cronache
nei mesi scorsi con una serie di articoli in cui, in polemica con
l'allarme israeliano, spiegava che gli ebrei iraniani stavano
benissimo, che gli ayatollah erano persone ragionevoli e civili, che
bisognava assolutamente mettersi d'accordo con loro, che l'Iran
meritava fiducia e appoggio eccetera eccetera. Ora, senza minimamente
ammettere l'errore della sua valutazione, con una faccia tosta
incredibile, vanta la giovinezza e l'entusiasmo degli studenti iraniani
in lotta, contro i suoi amici ayattolah "ragionevoli": spudorato.
L'articolo è sullo Herald Tribune. (Per capire l'aggressività antisraeliana di questo ambiente "progressista" americano, si legga sullo stesso Herald Tribune l'articolo di Tony Judt che invita Obama a non "farsi mettere in mezzo" dai "trucchi" di Netanyahu) Nel
frattempo si apre il G8 dei ministri degli esteri a Trieste, ma gli
iraniani non verranno (Il foglio): un'occasione persa per Frattini
(Novazio sulla Stampa), o forse una vergogna risparmiata. Oggi arriva in Italia Netanyahu, che vedrà Berlusconi, Fini, Frattini, Napoletano (Il Secolo d'Italia). C'è "tensione" con l'Italia soprattutto sul tema iraniano, dove Netanyahu sollecita un atteggiamento più deciso (Raccà sul Tempo). Ancora Il Tempo,
in una notizia anonima, sostiene che sarebbero quasi concluse le
trattative per lo scambio di prigionieri per la liberazione di Shalit.
Ricordiamo con profondo dolore che dopodomani ricorrono i tre anni dal
rapimento del soldato israeliano. Ugo Volli |
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notizieflash |
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Roma,
Frattini sugli insediamenti israeliani:
"Bisogna fare piena chiarezza" Roma, 23 giu - Il
ministro degli Esteri Franco Frattini a margine di un convegno che si è
svolto in Campidoglio, ha affermato: "Apprezzeremmo molto il gesto da
parte israeliana di una moratoria anche nell'espansione degli
insediamenti esistenti.[...]Condividiamo l'opinione degli Stati Uniti
d'America - ha spiegato il titolare della Farnesina - che é la stessa
dell'Europa, apprezziamo la disponibilità a fermare i nuovi
insediamenti, ma chiediamo anche una chiarezza sullo sviluppo degli
insediamenti esistenti". "Ci è stato detto - ha puntualizzato Frattini
- che si tratta di uno sviluppo secondo l'evoluzione demografica
naturale". Ma, secondo Frattini, è importante chiarire: "Se questo vuol
dire abitare nella propria casa e, se c'é un figlio in più, fare un
piano in più, questo non è un problema. Se invece significa espandere
questi insediamenti a macchia d'olio, questo è un problema, perché - ha
concluso - certamente non è quello che Europa e Stati Uniti insieme
chiedono".
Israele libera il dirigente di Hamas Abdel Aziz Dweik Gerusalemme, 23 giu - Radio
Gerusalemme ha dato notizia che Abdel Aziz Dweik, il presidente del
Consiglio legislativo palestinese di Ramallah che è anche uno dei
dirigenti politici di Hamas in Cisgiordania, tornerà oggi libero. Radio
Gerusalemme, ha precisato che nelle prossime ore Dweik lascerà il
carcere di Hadarim (a nord di Tel Aviv) per raggiungere la città
cisgiordana di Hebron, dove risiede. Dweik era stato arrestato
nell'agosto 2006, assieme a decine di parlamentari palestinesi, perché
sospettato di essere un "fiancheggiatore del terrorismo". Nelle
settimane precedenti il braccio armato di Hamas aveva infatti
rivendicato il rapimento del soldato israeliano Ghilad Shalit, tuttora
prigioniero a Gaza. In un commento Radio Gerusalemme ha aggiunto che la
liberazione di Dweik potrebbe essere stata concepita come un gesto
distensivo verso Hamas, nella speranza di favorire uno scambio di
prigionieri che garantisca la liberazione di Shalit.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
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