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L'Unione informa
 
    13 luglio 2009 - 21 Tamuz 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Nel dibattito pubblico si torna spesso a parlare di "questione morale", nel senso se sia giusto che persone colpevoli o sospettate di atti immorali possano assumere responsabilità pubbliche. Fermo restando che si tratta di un principio essenziale da salvaguardare, i problemi sono quelli della definizione di atto immorale (in base a quale codice e livello di gravità) e l'uso che se ne fa in politica (come autocritica o strumento di opposizione, con quali coerenze e tolleranze ecc.). La questione investe da sempre anche la società ebraica, nelle sue forme organizzative e di rappresentanza. La legge ebraica, halakhà, disciplina questo argomento, stabilendo, ad esempio, chi sia interdetto a determinati onori e funzioni sinagogali (portare sefer, chiamate a sefer ecc.). Ma nella prospettiva della halakhà non c'è una netta distinzione tra regole da osservare e "morale", tra norme cosidddette cerimoniali e comportamenti interpersonali, c'è un'unica categoria di lecito e di illecito. Per questo la questione si complica quando si parla di funzioni pubbliche e incompatibilità. Cosa è consentito a un consigliere di comunità o a un presidente? Il nodo delle diverse identità ebraiche è difficile a sciogliere.
Nel quasi generale disinteresse della stampa italiana, si è concluso a Parigi il processo contro gli assassini di Ilan Halimi, con l'ergastolo al loro capo e pene decrescenti, fino a sei mesi, per gli altri 26 torturatori. Un verdetto, questo, verso i complici di Fofana, che il mondo ebraico francese contesta indignato come troppo mite. Il Presidente del Consiglio delle istituzioni ebraiche, Richard Prasquier, pone seri dubbi sulle motivazioni che hanno portato a tale indulgenza e soprattutto sul fatto che il processo si sia svolto a porte chiuse,  impedendo all'opinione pubblica di giudicare le intenzioni degli assassini. E' stato un omicidio antisemita? La povertà delle banlieues può essere un'attenuante a un omicidio così feroce? Si può considerare motivato da ragioni diverse dall'antisemitismo l'omicidio di una persona scelta solo perché ebreo? Credo che siano domande che riguardano tutti noi, ebrei e non ebrei, e non solo il mondo ebraico francese e la famiglia del ragazzo assassinato.  Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  Stupore, dissenso e preoccupazione dei giornalisti italiani
sull'esclusione di Israele dalla Federazione internazionale

“Esprimiamo forte stupore e dissenso sulla decisione assunta dalla Federazione internazionale dei giornalisti di espellere la branca israeliana affiliata all'Ifj”. Lo ha detto il Presidente dell'Associazione lombarda dei giornalisti, Giovanni Negri, intervenendo in merito all'esclusione del sindacato israeliano dei giornalisti dall'organizzazione internazionale.
Le dichiarazioni dell'esponente sindacale dei giornalisti italiani si aggiungono alle molte voci che nelle redazioni e nella Federazione Nazionale della Stampa Italiana (il sindacato dei giornalisti italiani) stanno protestando contro il coinvolgimento italiano in una decisione di cui i quotidiani Il Foglio e il Corriere della sera hanno già evidenziato gli effetti nefasti e inquietanti.
Assume alto significato simbolico – ha aggiunto Negri - il fatto che mentre si espellevano (o si autoespellevano) i colleghi israeliani dall’Ifj, il Segretario nazionale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, che rappresenta tutti i giornalisti italiani, si trovava a Dachau, dove ha reso omaggio alle vittime dell’Olocausto e ha annunciato la sua partecipazione in prima persona nei prossimi giorni alla sessione di studio e di lavoro organizzata della redazione nazionale del Portale dell'ebraismo italiano.
Siddi, che sta rientrando in queste ore a Roma, ha fra l'altro annunciato un proprio intervento sulla vicenda.
“La decisione – afferma Negri - sembra sia di natura amministrativa, legata al fatto che il sindacato israeliano ha rifiutato di pagare le quote associative. Anche se questa fosse davvero la motivazione ufficiale non è comunque sufficiente per giustificare un atto contro il pluralismo e la libertà di opinione sempre difesi da tutti i giornalisti italiani. La situazione politica in Medio Oriente è delicatissima: occorrerebbero equilibrio, forte diplomazia, determinazione per porre fine a conflitti devastanti che durano da troppo tempo. E su questo terreno il ruolo della stampa è determinante. La nostra posizione è euroatlantica, con Israele e per la libertà del popolo palestinese: due popoli, due Stati. Per il momento sembra aver vinto l'ala radicale dell'Ifj che ha ottenuto l’unanimità nel prendere la decisione di espulsione, quindi anche con il voto del rappresentante italiano”.
I giornalisti italiani sono attualmente rappresentati nella Federazione internazionale da Paolo Serventi Longhi, che negli anni scorsi ha ricoperto l'incarico di segretario Fnsi e attualmente dirige il settimanale della Cgil Rassegna sindacale.
“Siamo a conoscenza – ha concluso Negri - del disagio e del dissenso dei giornalisti israeliani sulla “linea politica” dell’Ifj e che il non pagare le quote possa essere stato l’escamotage per uscire da un’organizzazione della quale non condividono le idee. Ebbene il “governo” della Federazione Nazionale della Stampa si è sempre saputo distinguere per interventi tesi ad allentare ad ogni costo le tensioni, le incomprensioni. E’ questo il ruolo che abbiamo sempre svolto. Noi non confondiamo il ruolo dei giornalisti con i poteri degli Stati, perché siamo per una vera libertà di stampa”.
 
 
 
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  Donatella Di CesareIl cuore di tenebra del totalitarismo

Nella seconda parte del suo libro, ormai famosissimo, Le origini del totalitarismo, pubblicato nel 1951, Hannah Arendt analizza la “corsa alla conquista dell’Africa” da parte degli europei: belgi, olandesi, inglesi, tedeschi, francesi, italiani. Nell’incontro con l’Africa i popoli bianchi “civilizzati” – questa è la sua tesi – sono regrediti a livelli di inumanità, hanno saccheggiato depredato, bruciato e stuprato i “selvaggi”, hanno trasgredito quei limiti etici che controllavano l’esercizio del potere in patria. Le lezioni apprese in Africa – Arendt esamina fra l’altro il caso del dominio britannico in India e di quello francese in Egitto – hanno trovato poi applicazione nel cuore dell’Europa. Il totalitarismo del XX secolo porta le tracce di questo nucleo oscuro, del Cuore di tenebra.

Donatella Di Cesare, filosofa
 
 
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La notizia di oggi dovrebbe essere l'offerta, diretta ed esplicita, di Netanyahu all'Autorità Palestinese di incontrarsi subito e parlare di pace  (pezzo non firmato su Repubblica). E invece no, la notizia è l'immediato rifiuto del presidente palestinese Abu Mazen (Aldo Baquis sulla Stampa, Frattini sul Corriere della Sera). I palestinesi non hanno voluto incontrare Netanyahu nei sei mesi ormai trascorsi dalle elezioni, avanzano due pre-requisiti: che Netanyahu accetti il principio dei due Stati (ma l'ha fatto, ha finalmente pronunciato il "mantra": due Stati per due popoli) e che "fermi le colonie". Ma come documenta anche un bel servizio di Fiamma Nirenstein sul Giornale, "la crescita degli insediamenti è bloccata da anni". Niente è cambiato in questo rispetto ai governi precedenti israeliani, salvo il fatto che Obama e l'Europa hanno dato l'impressione ai palestinesi di voler "fare il lavoro al posto loro", come scrive Baquis. Un'impressione confermata dall'intervento di ieri di Xavier Solana, Commissario agli esteri della Comunità Europea, che propone di arrivare alla pace con una decisione dell'Onu di riconoscere i due Stati, come se non l'avesse fatto dal '47. La verità è che quelli che non vogliono una pace che chiuda per sempre la questione israelo-palestinese sono proprio gli arabi e in particolare i palestinesi, che su questo tema hanno sempre canalizzato le tensioni interne.
Un altro argomento importante è la condanna relativamente mite (almeno per quanto riguarda i complici) che il tribunale francese ha emesso contro i sequestratori, torturatori e assassini del ragazzo ebreo Ilan Halimi. Sul Figaro c'è una cronaca di Cecilia Gabizon e un'intervista al presidente del Crif, l'organizzazione ombrello degli ebrei francesi, Richard Prasquier. Che il processo sia stato condotto nel modo da minimizzarne l'impatto sull'opinione pubblica, come sostiene Pasquier è certamente vero, ed è chiaro che si tratta di una scelta politica.
Da leggere ancora il sacrosanto commento di Pierluigi Battista sul Corriere, indignato per la decisione di espellere Israele dal sindacato mondiale dei giornalisti: una decisione scandalosa, opera di un organismo burocratico da sempre antisraeliano, come ha raccontato ieri Meotti sul Foglio.
Da leggere infine il racconti di Marco Ansaldo sulla Repubblica della storia di Sabatino Finzi, "il bambino numero 100 del lager di Buchenwald", salvato dagli americani.

Ugo Volli  

 
 
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Israele-Siria: dagli Stati Uniti proposte sul Golan                            
Gerusalemme, 13 lug -
Alcuni media locali riferiscono che gli Stati Uniti stanno cercando di rilanciare il dialogo fra Israele e Siria. La radio militare ha riferito che il premier Benyamin Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak riceveranno oggi, separatamente, il diplomatico Frederic Hof che fa parte dello staff di George Mitchell, l'emissario per il Medio Oriente del presidente Barack Obama. Come ha precisato Yediot Ahronot, Hof ha maturato esperienza nella soluzione di conflitti regionali e ha messo a punto un progetto che secondo gli Stati Uniti potrebbe avvicinare le posizioni di Israele e Siria. A quanto pare, questi progetti sono dettagliati in una carta geografica che sarà illustrata oggi ai dirigenti israeliani e fra alcuni giorni a quelli siriani. Secondo Yediot Ahronot fra le proposte di Hof vi sarebbe anche la costituzione di parchi naturali sul Golan che sarebbero aperti sia alla popolazione israeliana sia a quella siriana per consentire di due popoli di iniziare a conoscersi. Hof prevede che anche dopo un ritiro israeliano dal Golan gli israeliani potrebbero ancora visitare indisturbati la sponda orientale del lago di Tiberiade. Particolare attenzione, scrive ancora il giornale, viene infine dedicata alla questione della preservazione delle risorse idriche.
 
 
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