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    14 luglio 2009 - 22 Tamuz 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca,

rabbino
Moshè chiede al Signore Dio di tutti gli spiriti viventi, cioè a Colui che  conosce nell'intimo l'animo di ogni essere umano, di destinare un capo che guidi il popolo dopo la sua dipartita. Ci sarebbe Pinechas, paradigma dello zelo, che si è appena contraddistinto per intraprendenza e risolutezza. La scelta cade invece su Giosuè colui che non si è mai allontanato dalla Tenda dove Moshè insegnava. Un leader non deve essere troppo zelante come Pinechas ma, secondo l'insegnamento di Rashì,  deve piuttosto saper comprendere e sopportare ogni membro della sua comunità. Questo è uno degli insegnamenti più importanti che Giosuè ha appreso dal suo Maestro.
"Compiere un passo nuovo, pronunciare una parola nuova è ciò di cui la gente ha più paura". (Dostoevskij)   Vittorio Dan
Segre, pensionato
Vittorio Dan Segre  
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  Cercasi minoranza giornalistica
che non creda alla quota anti israeliana

Roma. Aidan White, segretario generale della Federazione internazionale dei giornalisti, ieri attaccava chi, come il Foglio di sabato e il Corriere della Sera con Pierluigi Battista, ha denunciato il boicottaggio d'Israele da parte della Federazione, che ha appena espulso dal sindacato la branca israeliana con i suoi seicento giornalisti: “Parlare di boicottaggio di Israele o di antisemitismo o di motivi politici dietro quest'azione è assurdo , ha detto White. Anche il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti, chiede alla Federazione di chiarire subito sull'espulsione. Haim Shibi, veterano dell'Unione dei giornalisti di Gerusalemme, spiega che la decisione di cacciare gli israeliani non ha nulla a che fare con le quote, risale invece alla guerra in Libano del 2006, quando la Federazione attaccò lo stato ebraico per aver colpito gli studi di al Manar, l'organo di propaganda di Hezbollah. “E' un'organizzazione che si batte per l'etica nel giornalismo” , dice Shibi, “ma adesso cacciano i giornalisti più liberi e combattenti nella regione”. Quanto alle quote, Shibi taglia corto: “No taxation without representation”. Il caso è politico, altro che ingiunzione di pagamento. Sul Corriere della Sera, Battista scrive che sarebbe bello se i giornalisti di tutto il mondo libero, nel nome e nel ricordo di Daniel Pearl, boicottassero i boicottatori e lasciassero al suo (ignobile) destino la Federazione internazionale dei giornalisti. L'ex vicedirettore del Corsera ha spiegato che la suddetta, dannosa organizzazione è dominata da un pensiero unico e ossessivo: discriminare Israele e non far mancare l'appoggio a chi, assieme alla distruzione di Israele, non nasconde il proprio compiacimento per la soppressione fisica degli ebrei . Di apartheid antisemita parla espressamente Fiamma Nirenstein, giornalista e vicepresidente della commissione Esteri della Camera. Il giornalismo israeliano è uno dei più aggressivi del mondo, accusa i soldati, i generali, i politici, è vero giornalismo d'indagine. Nulla giustifica la sua messa sotto accusa, il boicottaggio è una delle armi principali dell'ideologia estremista e antisemita che diventa sempre più forte di giorno in giorno . Vittorio Dan Segre, storico commentatore di vicende israeliane e fondatore dell'Istituto Studi Mediterranei di Lugano, pensa che simili boicottaggi antisraeliani decretino soltanto l'irrilevanza di organismi come la Federazione. Molte battaglie oggi si combattono sull'informazione, ma non credo che questa decisione antisraeliana cambi qualcosa presso le grandi fonti dell'informazione. Penso all'Economist o al New York Times. Questi del sindacato sono i nemici dell'informazione libera . Di sindacalismo fazioso parla anche Giorgio Israel, saggista e matematico all'Università La Sapienza di Roma. L'espulsione è una manifestazione della degenerazione antisemita e antisionista, non si è mai vista una cosa del genere dal Dopoguerra a oggi . Battista è stupito che presso la Federazione nazionale della stampa italiana nessuno abbia fatto sentire il proprio dissenso sull'espulsione. Spero che la minoranza almeno si faccia sentire e si dissoci da questa vergogna di doppio standard. C'è una cecità spaventosa verso ogni violazione della libertà di stampa in paesi come l'Iran e poi si attacca l'unico paese dove vige il pluralismo dell'informazione . L'ex direttore dell'Unità, Furio Colombo, si dice umiliato. Dopo aver letto il Foglio ho accertato il fatto e ho scoperto che era vero. C'è stata una miserabile scusa di quote non pagate da parte di Israele. Una sorta di autodenuncia. E' la desolante conclusione che l'antisemitismo è sempre più rampante, cade persino la vergogna di mostrarsi tali, dietro la quale si camuffavano gruppi e persone che lo sono. E' un episodio grandissimo, un autentico scandalo.

Giulio Meotti, Il Foglio, 14 luglio 2009




Siddi (Fnsi) e Giulietti: «Risolvere il problema»

«La Federazione nazionale della stampa italiana, che fa parte da tempo della Federazione internazionale, è impegnata a creare le condizioni per la revoca di questo provvedimento». Così Franco Siddi, segretario della Fnsi, a proposito dell'esclusione di Israele dalla Federazione internazionale dei giornalisti, di cui hanno scritto, nei giorni scorsi, Giulio Meotti sul Foglio e Pierluigi Battista sul Corriere della Sera. «Siamo addolorati per la misura polemica assunta dalla presa d'atto della mancata adesione della Federazione israeliana da parte della Federazione internazionale» afferma il segretario, che ribadisce l'impegno affinché la situazione venga risolta: «Faremo davvero il possibile perché vengano meno le incomprensioni. Tra di noi non ci sono ragioni anti-israeliane». Chiede chiarimenti anche Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo2l: «Siamo certi che la Federazione internazionale non vorrà lasciare senza risposta le questioni sollevate da Battista e relative all'espulsione del Sindacato israeliano». Sulla vicenda, nella pagina delle Lettere di oggi del Corriere, l'intervento di Paolo Serventi Longhi, componente del Comitato Esecutivo Ifj, Federazione internazionale dei giornalisti.

Corriere della Sera, 14 luglio 2009




Fnsi e Itj l'espulsione di Israele

Il collega Pierluigi Battista, nella rubrica «Particelle elementari» dal titolo «Boicottare i boicottatori nel nome di Daniel Pearl», pubblicata sul Corriere della Sera di ieri, ha gratificato la Federazione Internazionale dei Giornalisti (www.ifj.org) e il sottoscritto di un velenoso e ingiustificato attacco al quale hanno risposto oggi la stessa Ifj e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi), della quale come è noto sono stato in passato, per quasi dodici anni, segretario generale. Battista, che cita un articolo de Il Foglio, sostiene che la Ifj ha espulso il Sindacato israeliano prendendo a pretesto «una banale questione di quote» per «dare sfogo ad una forma di antisemitismo che dovrebbe far inorridire i giornalisti italiani». Sono membro da oltre sei anni del Comitato Esecutivo della Ifj e ne conosco regole e statuti. Nella riunione che si è svolta ad Oslo dal 5 al 7 giugno scorsi, il segretario generale Aidan White ha posto la questione del mancato versamento da oltre 3 anni delle quote da parte della National lsraeli Federation of Journalists. Come avviene in tutte le organizzazioni federative (sindacali e non) il mancato versamento dei contributi rappresenta un sostanziale ritiro dell'adesione e, d'altra parte, la Federazione israeliana aveva rifiutato qualunque soluzione proposta più volte, anche in ripetuti viaggi a Tel Aviv, dal segretario generale White e dal presidente, Jim Boumelha. Con molto rincrescimento si è dovuto quindi prendere atto del ritiro dell'adesione e, con voto unanime, è stata decisa l'espulsione, come è state fatto negli ultimi anni in moltissimi casi analoghi di sindacati morosi dei quattro continenti. Non vi è quindi alcuna motivazione politica né tanto meno una persecuzione «antisemita» come dice Pierluigi Battista. La Ifj si batte per promuovere una informazione libera e pluralista in tutto il mondo e contro la repressione ovunque si manifesti. Non c'è nessuna discriminazione da parte della Ifj, dunque, anche perché in caso contrario il sottoscritto e, credo di poter dire, la stessa Federazione Nazionale della Stampa Italiana non avrebbero ragioni per farne parte.
Paolo Serventi Longhi componente del Comitato Esecutivo Ifj, Federazione Internazionale dei Giornalisti

Sulla banale questione delle «quote» non pagate, basta rispondere come i 600 giornalisti israeliani cacciati via: «no taxation without representation». Sulla sostanza della questione: il rappresentante italiano ha contribuito a espellere i giornalisti dell'unica democrazia del Medio Oriente, facendo fronte comune con i Paesi che ogni giorno fanno scempio della libertà di stampa e ogni giorno attaccano non solo Israele, ma «gli ebrei» tout court. Senza la protesta della Federazione Internazionale dei Giornalisti.
Pierluigi Battista

Corriere della Sera, 14 luglio 2009
 
 
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pilpul    
 
  Il rastrellamento degli ebrei parigini
 
Sarebbe quasi scontato oggi ricordare la presa della Bastiglia. Salto invece due-tre giorni e, soprattutto, 153 anni per soffermarmi sul rastrellamento di 13.152 ebrei parigini, tra i quali 4.115 bambini, compiuto dalla polizia francese tra il 16 ed il 17 luglio 1942. La maggior parte degli arrestati morirono ad Auschwitz.
Il rastrellamento del luglio 1942 – noto come la “retata del velodromo di inverno” non fu né il primo né l’ultimo: le prime retate ebbero luogo il 14 maggio 1941; le ultime nella primavera del 1944. In tutto, furono deportati 76.000 ebrei francesi; ben pochi tornarono.
Quello del luglio 1942 fu tuttavia il rastrellamento più massiccio, che vide impiegati circa 4.500 poliziotti francesi, senza partecipazione (ma su richiesta) degli occupanti tedeschi.
Il monumento commemorativo, voluto da Francois Mitterand, fu inaugurato 15 anni fa, il 17 luglio 1994, dal suo successore alla Presidenza della Repubblica, Jacques Chirac, che pronunciò in quella occasione un discorso dai toni intensi ed inediti, riconoscendo la responsabilità dello Stato francese nella “soluzione finale” del problema ebraico.so come la casa comune di tutte le realta' ebraiche e come la proposta di un modo nuovo di fare cultura e informazione in campo ebraico.

Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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Sulla stampa di oggi troviamo ancora le tracce dei due casi di antisemitismo di cui si è molto parlato nei giorni scorsi. Il primo è l'efferato assassinio di Ilan Halimi, sanzionato da una corte di Parigi con l'ergastolo per il capo della banda dei sequestratori e con pene minori per i suoi complici, giudicate insufficienti dalla famiglia e dalla comunità ebraica. Come scrivono Giulio Meotti (siglato gm) sul Foglio e il Wall Street Journal, il problema è nella società francese, che non ha saputo o voluto vedere il carattere antisemita del delitto (proprio perché apparentemente venale: "tutti gli ebrei sono ricchi", dicevano i criminali) e la rete di complicità islamica che ha appoggiato e protetto gli assassini. Ora la procura ha appellato la sentenza e entro un anno ci sarà un altro processo per coloro che hanno ricevuto pene giudicate scarse. Ma resta l'amarezza per una vicenda che non è stata compresa abbastanza dall'opinione pubblica per impedire che si ripeta.
Il secondo caso, per fortuna non sanguinoso, è quello dell'espulsione di Israele dal sindacato mondiale dei giornalisti IFJ. L'organizzazione si è difesa dall'accusa di antisemitismo, parlando di un semplice "provvedimento amministrativo" che sarebbe dovuto al rifiuto israeliano di pagare le quote (L'Avvenire). Ma questo rifiuto ha a sua volta una ragione che risale alla seconda guerra del Libano e allo schieramento esplicitamente antisraeliano dell'IFJ. Per capire come stanno le cose e sentire delle voci che chiedono ragione al sindacato italiano della sua posizione favorevole all'espulsione, bisogna leggere un articolo ancora di Giulio Meotti sul Foglio.
Un'altro argomento che appare largamente nella rassegna è la decisione di una corte tedesca di processare Daminjuk, il "boia di Soribor" per la complicità in 28 mila omicidi compiuti in quel lager in Polonia. (notizie sul Sole, su Giorno/Nazione/Carlino, sul Pais).
Da segnalare infine la tournée della Scala a Tel Aviv per festeggiare i cent'anni della città, con un'esecuzione di "Aida" diretta da Barenboim (Il Sole)

Ugo Volli  

 
 
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notizieflash    
 
 
AvigailBenvenuta Avigail                                                      
Una figura biblica splendente e coraggiosa, capace di portare luce e unità fra il popolo ebraico. Intervenendo nel corso della Giunta dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il Rav Luciano Caro ha festeggiato con le parole della benedizione del Re David ("Benedetta la tua saggezza e benedetto il tuo nome") rivolte ad Avigail la nascita a Torino della piccola Avigail, che si accinge a compiere la prima settimana di vita. La Giunta si è stretta attorno alla vicepresidente Ucei Claudia De Benedetti per condividere la gioia della nascita della prima nipotina, figlia di Aaron Bokobza e di Serena Tedeschi. La gioia del suo arrivo è un segnale di speranza e di fiducia nella vita della più antica realtà della Diaspora.    


Israele e la nuova proposta di legge sull'immigrazione
Tel Aviv, 14 lug -
La proposta di legge sull'immigrazione clandestina, presentata in questi giorni al parlamento israeliano, prevede pene severe per "trafficanti", clandestini e chi li aiuta in Israele. Il quotidiano israeliano Haaretz avverte “se la legge venisse approvata fra coloro che rischierebbero il carcere ci sarebbero anche medici e infermieri, che nel rispetto della loro deontologia professionale, danno assistenza sanitaria ai rifugiati. Uno dei più noti rabbini israeliani, Yuval Sherlo, si è lanciato con foga contro la bozza di legge e ha definito “inconcepibile” anche il solo fatto che il parlamento israeliano ne possa discutere. “L'assistenza al profugo”, ricorda il rabbino Sherlo, “è un obbligo enunciato a chiare lettere dalla Bibbia e non può essere ignorato”. Facendo riferimento alle molte migliaia di profughi africani che cercano di entrare in Israele attraverso il deserto del Sinai, il rabbino ammette che lo stato ebraico non potrà farsi carico di tutti indiscriminatamente e per un tempo illimitato. Fra di essi, inoltre, potrebbero esserci "elementi ostili". Ma la legge discussa alla Knesset, afferma, "è draconiana in una maniera che fa venire i brividi": occorrerà dunque elaborare una versione molto più addolcita, compatibile con i dettami della Bibbia.
 
 
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