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L'Unione informa
 
    16 luglio 2009 - 24 Tamuz 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Leggeremo questo Shabbat, al capitolo 31 del libro dei Numeri, che nel corso dell'offensiva degli Israeliti contro Midian "uccisero a fil di spada Bilam figlio di Beor" (v. 8). Si tratta di quel Bilam, profeta e mago, che era stato assoldato per maledire Israele e non era riuscito nel suo intento. Nel mondo di oggi il ruolo di Bilam corrisponde un pò a quello dei grandi intellettuali e maestri di pensiero, apparentemente libero, che orientano e guidano  l'ideologia e il comportamento collettivo. Non è raro, anche oggi che l'antisemitismo non è politically correct, che un'ostilità radicale contro gli ebrei sia radicata, prosperi e sia trasmessa proprio da grandi guide intellettuali. Che per campare si mettono discretamente al servizio del potere. E che non fanno meno danni con i loro scritti e discorsi di quanti se ne possano fare le armi e la violenza fisica. Leggendo quel brano della Torà la reazione scandalizzata di oggi è: ma come, vanno ad ammazzare un intellettuale? Ma la domanda e la perplessità sono già registrate nella tradizione antica. Rashì risponde che si tratta di una sorta di compenso per una "invasione di campo". Il re Balak, il cui potere era basato sulla spada, si rivolse a Bilam per attaccare Israele, tentando di usare il sistema di forza proprio di Israele, che non era quello della spada ma quello della parola. Fu ripagato con la spada. 
Siamo soliti reagire a eventi e fatti che sollevano dolore, indignazione, stupore o speranza. L’ordine del giorno delle nostre sensazioni immediate, delle nostre analisi più approfondite, e dei nostri piani di azione e reazione è dettato in gran parte da circostanze che non avevamo previsto o perfino immaginato. Sarebbe invece utile cercare di cogliere i significati più profondi delle tendenze in corso, anche quando nulla di particolare accade a farci intervenire. Un esempio sono le comunità ebraiche dell’America Latina, abbastanza poco conosciute in Europa. Se ne parla soprattutto in occasione delle periodiche crisi economiche e politiche dei paesi di quel continente. La posizione economica di molte famiglie ebraiche è avvantaggiata di fronte all’estrema sperequazione delle risorse e alla diffusa povertà. Ma nei paesi più avanzati, lo sviluppo economico ha generato in questi anni ancora maggiore ineguaglianza sociale, che a sua volta fomenta l’instabilità politica. Nei momenti di crisi, come negli ultimi anni in Venezuela e recentemente in Argentina e in molti altri paesi, molte famiglie sono partite. La povertà ha raggiunto le comunità ebraiche che sono state costrette a chiedere l’aiuto delle istituzioni ebraiche internazionali. La capacità di generare una ricca vita sociale e culturale ebraica collettiva, tipica di queste comunità, dipende anche dal senso di sicurezza e benessere generale delle persone. E qui paradossalmente sicurezza e benessere sembrano trovarsi in relazione antitetica. Il dilemma è noto. Le soluzioni richiedono lungimiranza.  Sergio
Della Pergola,

demografo
Università Ebraica di Gerusalemme
della pergola  
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  Gilad Al Senato della Repubblica una mozione 
per la liberazione del caporale Gilad Shalit
 

Nella seduta del 14 luglio il Senato della Repubblica italiana ha approvato all'unanimità la mozione 150 per la liberazione del militare israeliano Gilad Shalit presentata dal presidente della Commissione per i diritti umani, senatore Pietro Marcenaro . L'approvazione della mozione 150 rappresenta la fase conclusiva di un impegno preso dalla Commissione per i diritti umani del Senato all'inizio del mese.
Il primo di luglio, infatti, il padre di Gilad Shalit è stato ricevuto dal Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, per il conferimento della cittadinanza onoraria a suo figlio, Gilad, prigioniero di Hamas da tre lunghi anni e di cui non si hanno notizie certe. Nella stessa giornata, Noam Shalit si è recato in visita presso il Presidente del Senato, Renato Schifani, insieme al presidente della Commissione per i diritti umani, senatore Pietro Marcenaro. Subito dopo è stato ascoltato in audizione dalla Commissione per i diritti umani. Nelle due sedi è stato preso l'impegno di coinvolgere l'Assemblea del Senato in una dichiarazione solenne a favore della soluzione di questa drammatica vicenda.
La mozione, presentata in aula dalla Commissione per i diritti umani nella seduta 262 del 2 luglio sostiene che “il rapimento del caporale Shalit rappresenta un atto efferato, ingiustificabile sotto ogni punto di vista. [...] tale atto è particolarmente odioso e inaccettabile e contrasta con qualsiasi convenzione internazionale in materia di diritti umani e trattamento di prigionieri [...]” e quindi “[...] impegna il Governo a promuovere, in linea di continuità con la politica estera italiana, ogni possibile azione perché Gilad venga liberato e perché il processo di pace possa riprendere dall'assunto "due popoli, due Stati" e dal riconoscimento reciproco delle sofferenze patite da ambo le parti in tanti anni di conflitto e dagli elevatissimi costi umani”.
 
 
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  Tizio della SeraLo spasmo

Ariel Sharon è un uomo politico divenuto uomo biologico. La sua agonia in quell'ospedale illustra la povertà apocalittica del nostro guscio e un apocalittico mondo di burattini. Coraggio, Ariel.

Il Tizio della sera




Cronisti israeliani espulsi vergogna a mezzo stampa


Dante Alighieri lo chiamava il colore «che fa l'uom di perdon tal volta degno». Ecco, noi giornalisti occidentali, noi cronisti italiani, noi sentinelle della libertà di stampa come amiamo pomposamente, retoricamente e un po' ipocritamente definirci, dovremmo andare in giro rossi di vergogna chiedendo scusa ai nostri colleghi israeliani per la pavidità e la timidezza delle nostre reazioni alla loro espulsione dalla Federazione internazionale dei giornalisti. E sperare che ci perdonino.
Non se ne abbia il segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana, Franco Siddi, che sul Foglio (il primo quotidiano a sollevare la questione) parla di «incomprensioni» fra le due federazioni, quella israeliana e quella internazionale. Non c'è niente di incomprensibile. La motivazione addotta per il provvedimento è risibile: il mancato pagamento delle quote. Un'evidente scusa. Ma se fosse vera, sarebbe ancora più grave, perché ridurrebbe la difesa della libertà di espressione a un adempimento burocratico-associativo: ha diritto di essere tutelato solo chi ha il bollino.
Dietro questa espulsione c'è invece una forma grave e diffusa di pregiudizio nei confronti di un popolo. E non ci si venga a dire anche stavolta che la critica è alla politica del governo di Gerusalemme; i giornalisti espulsi non sono rappresentanti dell'esecutivo Netanyahu, sono cittadini israeliani. E' troppo usare la parola antisemitismo? Dipende da quanto tempo ci vorrà prima che il provvedimento rientri. Ogni giorno che passa sarà una ragione in più per convincerci che, invece, è la parola giusta.

Il Riformista, 16 luglio 2009




Che gaglioffi quei giornalisti anti-israeliani

Caro amico Granzotto, non credo proprio che le sia sfuggita la notizia dell'espulsione di Israele dalla Nuj, la Federazione internazionale dei giornalisti. A firmare l'espulsione è stato anche quel Paolo Serventi Longhi oggi membro del Comitato esecutivo della Federazione e ieri, per lunga pezza - 12 anni - segretario nazionale del sindacato unico dei giornalisti italiani. Le chiedo: lei giornalista si riconosce in chi lo rappresenta in Italia e ora lo rappresenta in campo internazionale? Si riconosce in Paolo Serventi Longhi?
Manfredo Costanza - e-mail

Domanda retorica, caro Costanza. Che lei pone a bella posta per sfruculiarmi. Ma cosa le salta in mente? Riconoscermi in Serventi Longhi! Oltre tutto quello non sa nemmeno dove stia di casa, il giornalismo. Mai fatto un titolo, mai scritto un pezzo in vita sua. E dovrei. riconoscermi in uno che quand'era all'Ansa faceva il sindacalista (“Io ho fatto il sindacalista all'Ansa per tanti anni”, parole sue), poi ha fatto solo il sindacalista e ora, che ha pi tempo libero, fa il direttore di “Rassegna sindacale” , il settimanale della Cgil, che sta al giornalismo come i cavoli stanno alla merenda? In una sola cosa era imbattibile: nel proclamare scioperi, specie quelli per solidarietà» (e intanto, sciopero oggi, sciopero domani, la paga base di un giornalista è la metà di quella di una badante. Ma per il nobile Serventi Longhi quel che conta, nelle trattative sindacali, è la «normativa». Con la quale farci poi la birra), Sì, ho letto della gaglioffata della «National Union of Journalists» e anche la piccata precisazione del Serventi Longhi il quale riciccia la balla delle quote associative: Israele non le ha pagate, quindi fuori. «Non c'è nessuna discriminazione da parte della Ifi, dunque, - conclude il Serventi Longhi - anche perché in caso contrario il sottoscritto e, credo di poter dire, la stessa Fnsi non avrebbero ragioni per farne parte». Bum! E discriminazione, invece. Bella e buona, sordida e vigliacca. «La suddetta, dannosa organizzazione - ha scritto Pierluigi Battista riferendosi alla Ifj - è dominata da un pensiero unico e ossessivo: discriminare Israele e non far mancare l'appoggio a chi, assieme alla distruzione di Israele, non nasconde il proprio compiacimento per la soppressione fisica degli ebrei». L'allontanamento dei giornalisti israeliani dalla Federazione mondiale è dunque l'ennesimo omaggio che una volta genuflessi e scodinzolanti i Serventi Longhi hanno deposto ai piedi del Totem Islamico. Che poi, il ricorrere a cavillosi pretesti per far fuori gli indesiderati è una specialità dei Serventi Longhi. L'Ordine - e che ordine! - dei giornalisti seguita infatti a sbarrare la strada a Giuseppe Ciarrapico il quale, chissà poi perché, desidera essere iscritto all'Albo dei pubblicisti. Titoli, il simpatico Ciarra, editore di Otto quotidiani locali, mica uno, sui quali si compiace di scrivere ogni tanto, dovrebbe averne a iosa. E invece no. La prima volta l'Ordine gli ha negato l'accesso perché mancava il numero minimo di pezzi richiesti. La seconda volta perché gli articoli erano firmati con uno pseudonimo. La quarta perché mancava una ricevuta. La quarta, infine, perché una giornalista ha accusato il Ciarra di tirannia, impedendo ai redattori di prendersi la “corta” , il giorno di riposo, di sabato e di lunedì. Vedremo cosa inventeranno al quinto tentativo (e intanto, la giornalista perché non si cerca un lavoro alle Poste? Lì i «ponti» sono un diritto umano).

Paolo Granzotto, il Giornale, 16 luglio 2009
 
 
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rassegna stampa    
 
 
leggi la rassegna
 
 

La guerra mediatica dell’operazione Piombo Fuso non è finita. Ancora una volta la nostra rassegna si deve confrontare con i dossier sull’incursione israeliana a Gaza di dicembre-gennaio. La Ong Braking The Silence, scrive Repubblica, ha raccolto le testimonianze di 54 soldati israeliani. I militari parlano di “attacchi al nemico con scudi umani”, di “distruzioni gratuite”. I racconti si possono leggere anche sull’Unità, La Stampa, Messaggero e sul Corriere che in un piccolo articolo narra la chiusura della redazione palestinese di Al Jazeera, per mano di Abu Mazen accusato da un ospite in studio di aver collaborato con Israele per uccidere Arafat. Proprio sul quotidiano diretto da Ferruccio De Bortoli, a pagina 39 Marco Ventura riporta l’opinione della professoressa di Harvard, Noah Feldman, la quale è convinta che lo stato di diritto degli islamici si possa costruire solo attraverso l’applicazione della sharia.
Tutto da leggere invece è l’articolo del Giornale a pagina sedici. Massimo M. Veronese svela l’ultima arma di Israele per combattere l’estremismo islamico palestinese: una gomma da masticare al Viagra. O almeno questa è l’accusa di Hamas, in una Gaza in cui i giovani non sentono più il boato dei cannoni ma si divertono a masticare caramelle e gomme varie. A quanto pare l’esercito starebbe sferrando un attacco con “misteriose sostanze eccitanti presente nei confetti”.
Infine, con l’accusa di vilipendio alla religione ebraica, una maestra elementare della scuola D’Azelio di Livorno dovrà difendersi dalle accuse di offesa pubblica, in classe, nei confronti dell’ebraismo (Libero).

Fabio Perugia

 
 
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notizieflash    
 
 
Hillary Clinton ai Paesi arabi: "Subito passi verso Israele"          
Washington, 15 lug -
"I paesi arabi hanno la responsabilità di adottare misure per migliorare i rapporti con Israele e di preparare la loro gente ad accettare la pace e la presenza di Israele nella regione, di sostenere l'Autorità Palestinese a parole e coi fatti” con queste parole il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha sollecitato oggi i Paesi arabi ad assumere misure “significative” e “immediate” per giungere ad una normalizzazione dei rapporti con Israele.

Danny Ayalon: "Sì ai negoziati con la Siria ma con dei limiti"
Gerusalemme, 15 lug -
Israele è pronto a riprendere i negoziati di pace con la Siria. A ribadirlo il vice ministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon ma ad una condizione, che Damasco si allontani dalle forze radicali nella regione. Ayalon ha ribadito questa posizione nel corso di un colloquio oggi a Gerusalemme col diplomatico Usa Fredd Hoff, Consigliere per la Siria e il Libano nell'equipe dell'inviato degli Stati Uniti in Medio Oriente, George Mitchell. Nei giorni scorsi la stampa israeliana aveva ipotizzato che la visita di Hoff fosse parte di un tentativo degli Stati Uniti di rilanciare i negoziati di pace. Stando a un comunicato diffuso dal ministero degli Esteri Ayalon ha detto a Hoff che Israele è pronto "a entrare in negoziati diretti con la Siria senza condizioni preliminari". Al tempo stesso ha accusato la Siria di sobillare uno scontro tramite Hezbollah, Hamas e la Jihad Islamica. "Queste cose devono finire" ha detto il vice ministro alla radio pubblica israeliana. Nei giorni scorsi egli aveva pure affermato che "non sono maturate" le condizioni per progressi sul tracciato diplomatico con la Siria. Quest'ultima dal canto suo subordina la ripresa dei negoziati a un chiaro impegno di Israele a ritirarsi dalla totalità delle alture del Golan occupate nel conflitto del 1967. Hoff, che nei quattro giorni di permanenza in Israele si è incontrato con diversi esponenti governativi, è autore di uno studio accademico in cui ha proposto una soluzione della disputa sul Golan, trasformando gran parte di questo territorio di importanza strategica in una riserva naturale liberamente accessibile a israeliani e palestinesi.

 
 
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