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L'Unione informa
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30 luglio 2009 - 9 Av 5769 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma |
Tra le poche cose che è consentito studiare oggi, 9 di Av, visto che
per gli ebrei lo studio della Torà è gioia e la gioia è interdetta in
questo giorno, sono le regole della giornata stessa e le regole di
lutto, ad esse strettamente collegate. Come è noto in caso di lutto vi
sono regole da osservare divise per periodi: i primi sette giorni, poi
fino a un mese, quindi fino a un anno. Anche le tre settimane dal 17 di
Tamuz al 9 di Av sono divise in periodi. In linea di massima il 9 di Av
si applicano gli stessi rigori dei primi sette giorni di lutto, con
l'aggiunta del digiuno; la settimana in cui cade il 9 (per gli
ashkenazim già dal primo di Av) si applicano i rigori dei 30 giorni, e
nel periodo precedente i divieti dell'anno. Ciò che è interessante in
questo confronto è una differenza significativa: nelle regole di lutto
la scansione temporale passa da forti divieti a divieti minori, il che
serve tra l'altro allo scopo psicologico di accompagnare la persona in
lutto a uscire "dal tunnel". Per il 9 di Av e i giorni che lo precedono
il procedimento è inverso, si procede con un progressivo rigore che
culmina con il digiuno. C'è da chiedersi perché questa differenza. Tra
le risposte possibili, il diverso impatto sulla persona del trauma del
singolo e quello della collettività, e quello di un evento recente
rispetto a un evento remoto da ricordare. |
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La
ricorrenza del 9 di Av, vista da Israele, richiama i profondi paradossi
forse non risolvibili dell’esistenza ebraica. Piangiamo la distruzione
del Tempio e il nostro esilio, ma oltre il 40% di tutti qualli che di
noi vivono al mondo sono ritornati e vivono qui. Il ritorno dall’esilio
non è dunque solo del fisico ma anche dell’anima. Ma se rimpiangiamo un
nostro passato migliore, sappiamo bene che abbiamo peccato nel deserto
fabbricando il vitello d’oro e inseguendo le ragazze moabite, e poi
nella Terra Promessa, con l’idolatria e con l’odio gratuito. Se fossimo
davvero capaci di emendarci, un progetto di ricostruzione del Santuario
sul Monte del Tempio, che è anche la Spianata delle Moschee, sarebbe
una ricetta sicura per scatenare un apocalittico conflitto planetario.
Resta la riflessione di questo giorno che accompagna a modo suo ognuno di noi, compagni di viaggio di un percorso eterno. |
Sergio Della Pergola,
demografo, Università Ebraica di Gerusalemme |
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L'Unione
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