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L'Unione informa |
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2 agosto 2009 - 12 Av 5769 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Per
tutti i massimalisti e gli amanti del conflitto a ogni costo: "e farai
il retto ed il buono agli occhi del Signore" (Devarim 6, 18) è un
invito, secondo i Maestri, al compromesso. Che si deve preferire al
contenzioso.
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Nell’opinione
pubblica israeliana si è aperta una discussione a proposito del destino
dei figli degli immigrati clandestini. Alcuni sostengono che vanno
espulsi, altri che devono rimanere. Si possono avere molte opinioni, ma
al fondo la questione ruota intorno al confronto tra due criteri: il
primo stabilisce che la cittadinanza discende da “ius sanguinis” ovvero
la decide la famiglia di provenienza; la seconda opta per il criterio
del “ius solis” ovvero ritiene determinate per la cittadinanza
stabilire dove si nasce. E’ uno scontro che attraversa tutte le società
investite da fenomeni migratori rilevanti. Non riguarda un dato di
umanità: riguarda che cosa e come si pensa il futuro del proprio Paese
nel processo di globalizzazione; quanto siano ancora validi e operativi
i criteri e i fondamenti che hanno definito l’identità nazionale
nell’epoca degli Stati-nazione. La domanda a cui bisogna rispondere,
direttamente e indirettamente, è da che cosa è data l’identità di
un Paese: se dai discendenti dei fondatori o da un progetto che
prevede, che siano i soggetti presenti gli attori sociali, politici, e
culturali a dire chi si è. Ovvero, se l’identità è una fedeltà al patto
originario o la conseguenza di un confronto (che include sia lo
scontro, sia l’assorbimento) con ciò che “sta fuori”. Un confronto che
non è mai tra due enti astratti e sempre eguali a se stessi, e in cui
l’identità che si vuol difendere e conservare, nel tempo si modifica e
soprattutto “tradisce” un pò se stessa. |
David Bidussa, storico sociale delle idee |
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davar |
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La decima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica e la lotta all'usura questa sera a Sorgente di vita
La puntata di Sorgente di vita di domenica 2 agosto si apre con la
presentazione presso il Ministero dei Beni Culturali dei due
importanti appuntamenti di settembre sulla cultura ebraica: il 6
settembre la decima edizione della Giornata Europea della Cultura
Ebraica, sul tema feste e tradizioni. Come ogni anno i visitatori
troveranno porte aperte in sinagoghe, musei, luoghi ebraici in 59
località italiane in contemporanea ad altri 28 paesi europei. Città
capofila è quest’anno Trani, in Puglia, da dove prende il via
“Negba”, il primo festival di cultura ebraica in Puglia: fino al 10
settembre, eventi, musica, proposte culturali per un cammino di
conoscenza che l’ebraismo italiano promuove verso il mezzogiorno d’
Italia. Il
secondo servizio ripropone un tema di forte attualità, un viaggio nel
mondo della lotta all’usura. Tra i cinque sportelli attivi a Roma
l’ultimo nato è gestito dall’associazione Dror. Così la Comunità
ebraica romana e la Deputazione di assistenza hanno risposto
all’appello del Comune. Due storie raccontate dalle vittime e le voci
dei volontari, degli operatori e di Tano Grasso, da anni impegnato
nella lotta all’usura. Infine un ritratto di Daniel Barenboim:
l’infanzia a Buenos Aires, l’arrivo in Israele, l’esordio musicale da
bambino prodigio, la brillante carriera di pianista e direttore
d’orchestra: il maestro Barenboim si racconta, dal podio di
“Tristano e Isotta” di Wagner all’orchestra “West Eastern Divan” che
riunisce giovani musicisti di tutto il medioriente.
p.d.s.
Sorgente
di vita va in onda domenica 2 agosto alle ore 1,20 su
raidue e, in replica, lunedì 3 agosto alle ore 1,25 sempre su
raidue. Un'altra replica sarà lunedì 10 agosto alle ore 7 del mattino. I servizi di Sorgente di vita sono anche su www.rai.tv
Omri Casspi, il primo israeliano a giocare nella NBA
Finalmente.
Dopo tanti anni in cui il basket israeliano ha raggiunto eccellenti
risultati, un cestista israeliano giocherà nella NBA, la principale
lega professionistica di pallacanestro degli Stati Uniti e del Canada.
Si tratta di Omri Casspi, ex stella del Maccabi Tel Aviv, che è stato
acquistato dalla squadra californiana dei Sacramento Kings il mese
scorso e che giocherà nella posizione di ala piccola, il ruolo più
versatile del quintetto di base delle squadre di basket. Per Casspi,
uno dei maggiori talenti del panorama cestistico internazionale, si
tratta della prima esperienza professionale fuori da Israele. Cresciuto
nell’Hapoel Holon, viene acquistato dal Maccabi Tel Aviv, uno dei più
importanti e titolati club europei (Israele è iscritto alla federazione
europea), nel 2005-2006. Dopo aver giocato una stagione in prestito
all’Hapoel Galil Elyon, l’anno successivo ritorna al Maccabi Tel Aviv,
dove ha militato nelle ultime due stagioni. Nel febbraio del 2009 la
classifica stilata dalla FIBA, la Federazione Internazionale
Pallacanestro, lo piazza al quarto posto tra i giovani cestisti
europei. Geoff Petrie, dirigente sportivo dei Sacramento Kings, uno dei
talent scout più famosi d’America, sintetizza efficacemente le
caratteristiche tecniche del cestista israeliano: “È un giocatore
talentuoso, che ci ha colpito soprattutto per il carisma, l’impegno
agonistico e la forza fisica. È la soluzione migliore per rimediare ad
alcune lacune della squadra”. Le aspettative riposte in Casspi sono
state per il momento ampiamente ripagate. Il giocatore israeliano sta
infatti fornendo delle eccellenti prestazioni nei match della Summer
League, il torneo estivo organizzato dalla NBA. Le motivazioni non gli
mancano di certo. “Ho sempre desiderato giocare in America. All’inizio
dell’estate il mio procuratore mi aveva avvertito che mi stavano
cercando alcuni importanti club europei e che mi avrebbero offerto dei
contratti stratosferici. Ho ringraziato i presidenti di quelle squadre
per la loro proposta ma non ho avuto dubbi e sono venuto qua”, ha
recentemente dichiarato in una intervista apparsa su un giornale
statunitense. In ogni caso non avrà di che lamentarsi per la sua
situazione economica. Il contratto triennale (con opzione per altri due
anni) che ha appena firmato gli garantirà più di tre milioni di dollari
di stipendio all’anno. Non gli mancheranno i soldi e non gli mancherà
neanche il supporto della gente per vincere la nostalgia di casa. La
Comunità ebraica di Sacramento lo ha di fatto “adottato” e molti
supporter dei Sacramento Kings indossano la maglia del giocatore con il
nome scritto in ebraico. “Credo che a questo punto mi mancherà solo lo
hummus. Chiederò a mia madre, la prossima volta che verrà in
California, di portarmene una tonnellata”, la simpatica constatazione
di Omri nella pagina del suo profilo su Facebook. La notizia
dell’ingaggio di Casspi ha riempito di entusiasmo non solo i tifosi dei
Kings ma anche gli amanti del basket dello Stato ebraico. Il talento
israeliano non ha raggiunto solamente un obiettivo personale ma ha
realizzato il sogno di un Paese dove il basket è il secondo sport
nazionale dopo il calcio e dove gli sportivi hanno una popolarità
superiore a quella delle rockstar. Festeggiano anche i genitori, che
hanno sempre premuto affinché i dirigenti del Maccabi Tel Aviv
lasciassero loro figlio libero di tentare un’esperienza all’estero. “È
il giusto premio per il suo talento e per l’impegno che ha dimostrato
in questi anni”, il commento del padre. L’entusiasmo che circonda
Casspi, sembra non turbarlo troppo, almeno apparentemente: ”So di avere
tutti gli occhi degli israeliani puntati su di me ma cerco di non
pensarci. Voglio solamente giocare, divertirmi e fare divertire”. Un
solo rimpianto: dovendosi preparare al meglio per l‘esordio nella NBA,
non potrà probabilmente partecipare ai campionati europei di basket che
si terranno in Polonia il prossimo mese. Zvika Sherf, allenatore della
nazionale israeliana di basket, non l’ha presa molto bene.
Adam Smulevich
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pilpul |
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Rotschild Boulevard - In Israele accogliere i rifugiati significa aiutarli a trovare lavoro
Il governo ha finalmente cancellato la norma "Hadera Gedera", una delle
più controverse (e forse anche una delle più inutili) leggi israeliane.
Come molti ormai sanno, Israele accoglie un discreto numero di
rifugiati del Darfur: persone che sfuggono al genocidio raggiungendo
con mezzi di fortuna l'Egitto. In Egitto però la polizia li maltratta,
in alcuni casi ha persino aperto il fuoco contro di loro. Di
conseguenza i poveretti non hanno altre alternative se non attraversare
a piedi il confine del Sinai per raggiungere Israele: "E' l'unica
democrazia che conosciamo" aveva raccontato uno di loro, nel
documentario israeliano Asylum City. Qui, si sa, nessuno spara contro i
rifugiati. I
rifugiati politici, alcuni dei quali sono sotto la protezione dell'Onu,
altri del ministero dell'Interno, hanno diritto a rimanere e a lavorare
in Israele. Problema: una legge obbligava loro di risiedere a Sud di
Gedera o a Nord di Hedera. In altre parole, di stare lontani da Tel
Aviv, dove ci sono più posti di lavoro. Organizzazioni israeliane per i
diritti civili avevano ripetutamente denunciato come ingiusta questa
legge: va bene accogliere le persone in pericolo di vita, ma poi
bisogna anche permettergli di trovarsi un lavoro. Infatti molti
rifugiati del Darfur ignoravano questa legge, e lavoravano illegalmente
a Tel Aviv: spesso le autorità chiudevano un occhio, ma alcune decine
di loro sono stati arrestati e incarcerati. Molti israeliani hanno
protestato: sono scese in piazza le organizzazioni per i diritti
civili, movimenti giovanili ebraici come Hanoar Haoved, insieme a gente
comune. L'esecutivo di conseguenza ha deciso di revocare questa legge.
Una vittoria per la società civile israeliana.
Anna Momigliano
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Obama fa il duro con Israele non con i palestinesi Va
bene, adesso è quasi sicuro, Bibi Netanyahu ha intenzione di dichiarare
un «congelamento» temporaneo degli insediamenti, proprio come gli hanno
chiesto tutti gli inviati, dal segretario della Difesa Robert Gates,
all'incaricato per il Medio Oriente George Mitchell, al Consigliere per
la Sicurezza James Jones, giunti in processione dagli Stati Uniti. Ma
questo aiuterà a fare la pace? Sembra quasi che la linea Obama, di cui
le concessioni israeliane sono il perno, stia creando una specie di
scivolamento inerziale verso una strana, pericolosa neghittosità
palestinese, e un altrettanto automatico riflesso antisraeliano da
parte dell'Europa. Insomma: come se Israele dovesse far tutto e i
palestinesi e il mondo arabo solo quel che gli pare. Obama, al
contrario di quello che si sapeva, non ha più voglia di presentare un
piano di pace per il Medio Oriente. Gli Usa ora tenderebbero
semplicemente a puntare su ciò che sembra a portata di mano, ovvero un
accordo con Israele per lo sgombero di alcuni "out post" illegali e per
il "congelamento" temporaneo degli insediamenti, in attesa che Abu
Mazen batta un colpo. Per spingere il mondo arabo a un gesto di buona
volontà, Mitchell ha visitato gli Emirati, la Siria, l'Egitto: cerca
una pace onniconprensiva, ma per ora Obama dovrà approfittare della
sola buona volontà israeliana. E così, tutti spingono su Bibi che vuole
buoni rapporti con Obama a causa della minacciosità dell'Iran. La
repressione e i toni degli Hayatollah lasciano pochi dubbi: Israele e
gli Usa tornano a discutere su come fermare la bomba; ma gli Usa
giocano la loro parte agli occhi del mondo arabo premendo israele, e
tutti li seguono. Molte cose, però , non si spiegano. Come può essere
che la scorsa settimana l'Autonomia Palestinese (non Hamas) abbia
annunciato l'intenzione di dare alle sue strade i nomi di terroristi
assassini, ora ospiti delle celle israeliane, senza che nessuno vi
rilevi un incitamento al terrore? E poi, perché le cancellerie non
chiedono spiegazioni di fronte alle dichiarazioni di Rafik Natshe e
altri membri del Comitato Centrale di Fatah che ha affermato che «Fatah
non riconosce il diritto ad esistere di Israele, nè abbiamo mai chiesto
ad altri di farlo, tantomeno a Hamas». Davvero? Abu Mazen ha più volte
fatto sapere che la richiesta era sul tavolo. Quanto alla lotta armata,
Natshe e altri dicono che «essa non finirà mai», Per allargare lo
sguardo: stiamo aspettando una reazione alla scelta giordana di
revocare ai cittadini palestinesi la cittadinanza per "non creare
l'illusione che la questiomi palestinese si possa risolvere in una
confederazione giordano-palestinese". Che si direbbe a Israele se
strappasse la cittadinanza ai suoi cittadini arabi! E che dire
dell'incontro fra Fatah (non Hamas) con il ministro degli Esteri
iraniano? Come mai nessuno ne chiede conto e dice che se gli israeliani
devono smetterla con le loro costruzioni di mattoni, essi devono
piantarla con quelle mentali che suggeriscono odio?
Fiamma Nirenstein, Il Giornale, 2 agosto 2009 |
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notizieflash |
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MO: Secondo Hatem Abdel Qater, dirigente di Fatah, è necessario allinearsi con l'Iran Gerusalemme, 2 ago - Hatem Abdel Qader, ex ministro dell'Anp e attuale dirigente di al-Fatah, a Gerusalemme est ha dichiarato a Maan, l'agenzia
di stampa palestinese, che alla luce dei nuovi rapporti di forza che si
stanno creando in Medio Oriente, e considerato "il disinteresse di
Israele verso un accordo negoziato" con i palestinesi, al-Fatah deve
adesso puntare a stringere una alleanza strategica con l'Iran. In
dichiarazioni rilasciate due giorni prima della riunione del Sesto
Congresso di al-Fatah (a Betlemme) - un evento politico cruciale,
atteso da vent'anni - Abdel Qader ha precisato di parlare come
esponente di al-Fatah a Gerusalemme est e non a nome
dell'Anp. Qader ha ricordato che lo stesso Presidente Yasser
Arafat ricercò il sostegno dell'Iran nel 2000 dopo il fallimento del
vertice di Camp David. "Il Presidente iraniano Mohammad Khatami fu uno
dei pochi leader regionali a sostenerci" ha precisato. Un sostegno che
in apparenza non fu solo politico. Nel gennaio 2002 la marina militare
israeliana intercettò in alto mare la nave 'Karine A' dove erano
stivate - secondo la versione israeliana - tonnellate di armi iraniane
destinate all'Autorità palestinese. Da parte sua la agenzia Maan
ricorda che il mese scorso lo stesso negoziatore dell'Olp, Saeb Erekat,
ha incontrato in Egitto, per la prima volta, il ministro degli esteri
dell'Iran Manuchehr Mottaki. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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