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L'Unione informa
 
    18 agosto 2009 - 28 Av 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca,

rabbino 
Di fronte all'albergo che sta ospitando la vacanza organizzata dal Dec c'è una Chiesa le cui campane suonano fragorosamente a ogni ora. L'inizio delle nostre Tefillot quotidiane coincide quasi sempre con lo scampanio che si è trasformato ormai in una sorta di appello per costituire il Minian. Questa strana coincidenza ha richiamato alla mia mente quando a metà del Diciannovesimo secolo, il rabbino di Roma, Moshe Hazan, shaliach di Eretz Israel, si rese conto che gli ebrei accorrevano alle 5 Scole richiamati dal suono delle campane - che a quel tempo fungevano anche da orologio - e propose ai dirigenti della Comunità di erigere un orologio nel Ghetto affinché il ritmo del tempo ebraico venisse scandito diversamente.
Gli incapaci di sognare non sono in grado di apprezzare i sogni altrui. Vittorio Dan
Segre,

pensionato
Vittorio Dan Segre  
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  Dibattito - "Dall'Unità d'Italia in poi è mancata
una riflessione chiara sull'identità del Paese"


Le analisi di Ernesto Galli Della Loggia mi hanno fatto molto riflettere sul rapporto tra storia e identità. Forse per una deformazione “professionale”, in quanto ebreo e italiano, sono portato a dare grande rilievo alla necessità di interrogarsi continuamente sull’identità di un popolo. E questo per scongiurare i pericoli che possano scaturire dalla mancanza di discussione e chiarezza.

Almeno dall’Unità d’Italia in poi, è mancata una riflessione onesta sulla identità di un Paese che, almeno in parte, l’unità ha subito rimanendone lacerato. Del resto, i testi di storia hanno bollato la resistenza del Sud, coprendola con l’epiteto di brigantaggio, senza darsi pena di comprendere quali fossero le istanze sottese. E tale questione, quella “meridionale”, non è mai stata affrontata né compresa né tantomeno risolta. La conseguenza di questo è percepibile quotidianamente, non ultimi i casi delle ventilate gabbie salariali o della bandiera tricolore piuttosto che della “lingua” parlata nelle fiction televisive. Per non parlare della penalizzazione subita dagli studenti del Sud, dimostratisi più preparati ma sicuramente per il fatto di aver copiato.

Bene ha fatto Galli Della Loggia a dissotterrare il problema in occasione delle previste celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, ma ritengo che l’identità storica debba essere tenacemente affrontata e confrontata con continuità, a cominciare quantomeno dai testi scolastici, visto che è da questi che si trae l’embrione per una consapevolezza di popolo.

L’idea dell’Italia unita si può costruire soprattutto a partire dalle piccole cose di ogni giorno e la lingua italiana è una di queste: qualcuno dovrebbe spiegarci come mai i Padri costituenti non abbiano pensato di inserire nella Costituzione un articolo che stabilisse l’italiano come lingua nazionale. Come ciò non fosse scontato è dimostrato dalle polemiche di oggi sulla necessità di insegnare le lingue locali nelle scuole, senza curarsi dei molti aspetti pratici che scaturiscono da simili affermazioni (per fare solo un esempio, non so se esistono delle grammatiche del veneto o del siciliano ecc.).

Quanto sia importante la lingua e che effetti a lunga scadenza possa avere la consapevolezza di averne una comune è, per esempio, dimostrato dalla lingua ebraica che storicamente è quella che ha unito il popolo ebraico nei millenni, anche se poi gli ebrei hanno continuato anche a scrivere, a produrre letteratura e a parlare nelle proprie lingue locali: l’aramaico, il greco, l’arabo, l’inglese, il tedesco, l’italiano, le lingue miste quali il giudeo-spagnolo, il giudeo-arabo, l’yiddish ecc.

Portare la vita di oggi nelle reliquie di ieri: questa la sfida quotidiana, lanciata da Galli Della Loggia, che ognuno dovrebbe affrontare. In primo luogo, i politici e i maestri del pensiero in tutti campi della creatività umana: l’arte, l’architettura, la letteratura, il teatro, il cinema, le scienze.

Scialom Bahbout, rabbino, docente di Fisica all’Università La Sapienza
 
 
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  CevoliGiorgio Cevoli, il finanziere coraggioso
che combatteva con il cuore


Ricorre oggi il novantesimo anniversario della nascita di Giorgio Cevoli, nato a Napoli il 18 agosto 1919. Il nome è senz’altro sconosciuto ai più, ma gli è stata conferita la medaglia di “giusto tra le nazioni” per le vite che riuscì a salvare dopo l’8 settembre 1943.

Tenente della guardia di finanza, gli fu affidata la tenenza del paese di Gironico, in provincia di Como, dove ebbe modo di sottrarre diversi ebrei alle mani naziste e quindi a sicura deportazione. Formalmente ufficiale della Repubblica di Salò, in realtà agì in suo contrasto, d’accordo con il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia, che gli suggerì di rimanere al suo posto proprio con questa finalità.

Il 16 aprile 1946 sottoscrisse una relazione sulla sua attività durante la guerra dove dà conto della sua attività. Cito queste poche righe, dove si condensano lo spessore umano e il coraggio di Giorgio Cevoli:

“Riesco a far liberare un ebreo: Bruno Ditz (che ha uno studio pubblicitario in Milano, Portici del Duomo n. 1) da me conosciuto a Madesimo, affermando al comandante tedesco di Chiavenna che la segnalazione pervenuta da Sondrio era falsa in quanto il Ditz, da me conosciuto, non era di razza ebraica. Fornisco dei documenti falsi a tre ebrei, i coniugi Mario e Bice Finzi (attualmente a Monza, Viale XXV Aprile n. 4) e la di loro figlia Claretta, nonché aiuto il loro genero ingegnere Umberto Isman, ebreo (della "S.A. Cromo Cementi" di Milano) in varie occasioni. I primi tre furono da me tenuti nascosti per oltre un anno (a cominciare dall'aprile 1944) a Gironico ove li feci figurare come miei parenti profughi da Roma, assistendoli in tutti i modi dato che le innumerevoli peripezie da essi attraversate, li avevano molto scossi”.

Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane 
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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Nel vuoto ferragostano, nella rassegna troviamo quasi solo echi di notizie già date. Si parla ancora, per esempio, dello scontro fra Hamas ed elementi di un gruppo ancora più islamista avvenuto qualche giorno fa nel sud di Gaza. Sul Sole possiamo leggere un'intervista a un esponente del gruppo, ottenuta da Roberto Bongiorni e sul Foglio un'analisi non firmata del conflitto.
Liberazione va ancora più indietro e cerca di dare attualità a un'apertura di Hamas a Obama, che è stata avanzata ormai un mese e mezzo fa e – ancora per fortuna – non raccolta dall'amministrazione americana. Il Manifesto invece si butta sulla notizia dell'altro ieri che un cittadino israeliano di origine ebraica è stato eletto nel comitato centrale di Fatah e lo intervista. Uri Davis tira fuori i soliti temi della propaganda anti-israeliana, fra cui l'apartheid, che però non gli impedisce di vivere tranquillamente a Gerusalemme est sposato a una palestinese e di fare l'insegnante a un'università palestinese senza speciali fastidi; e il fatto che gli israeliani sarebbero manipolati da una stampa che impedirebbe loro di rendersi conto delle ragioni dei palestinesi, il che evidentemente dimostra solo che non legge "Haaretz". Terra invece racconta in termini apocalittici di un piccolo scontro a fuoco fra una pattuglia israeliana e una egiziana sul confine vicino a Eilat, che è stato un equivoco subito chiarito e viene gestito assieme dai due.
Ancora senza notizie nuove, ma interessante da leggere è la discussione sull'espansione demografica in Europa. C'è un pezzo tranquillizzante sul Tempo, per cui si tratterebbe di imparare a comprendere le diverse culture, mentre Luigi Santambrogio su Libero è molto più allarmato e Francesco De Remigis sul Giornale racconta come la diffusione islamica impatti nella vita quotidiana degli inglesi, per esempio obbligandoli a indossare grotteschi costumi islamicamente corretti (il "burkini") in piscina, ma anche su aspetti più seri della vita, come le dispute giudiziarie.
Fra le analisi vale la pena di leggere due articoli dei giornali israeliani: uno di un ufficiale che ha un ruolo importante nella pianificazione strategica israeliana, Gabriel Siboni su Haaretz, che spiega come molte delle garanzie di sicurezza offerte dagli Stati Uniti (il famoso "ombrello nucleare") siano inutili di fronte alla guerra asimmetrica condotta dal mondo islamico contro Israele e anche la demilitarizzazione del futuro stato palestinese non serve (e forse dunque la continuazione dello status quo è la soluzione meno peggiore per la sicurezza di Israele, nonostante le pressioni internazionali); l'altro sul Jerusalem Post di Annetta Kahane prende in considerazione alcune pericolose "tendenze antidemocratiche" e razziste che stanno emergendo in Germania.
 
Ugo Volli 

 
 
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Peres festeggia i suoi 86 anni con gli amici italiani                        
Gerusalemme, 17 ago -
Il capo di Stato Shimon Peres ha festeggiato i suoi 86 anni con una delegazione di ebrei italiani. Fra gli ospiti – ha precisato una portavoce della presidenza israeliana – vi erano dirigenti e donatori dell'organizzazione Keren Kayemeth Leisrael, guidata dal suo presidente Efi Stenzler. La delegazione degli ebrei italiani ha esteso a Peres i migliori auguri e gli ha donato un raro libro su Roma.


Russia - Israele: Peres incontra Medvedev,
in agenda pace in Medio Oriente e Iran
Mosca, 18 ago -
Avrà luogo a Soci, sul Mar Nero, la prima visita in Russia del presidente israeliano, Shimon Peres, dopo la sua elezione avvenuta nel giugno del 2007. Peres incontrerà il leader del Cremlino Dimitri Medvedev. In agenda, la cooperazione bilaterale e varie questioni internazionali, dal processo di pace in Medio Oriente all'Iran. L'ultima visita di un presidente israeliano in Russia risale al 2001.
 
 
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