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    20 agosto 2009 - 30 Av 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Inizia il mese di Elul, l'ultimo dell'anno ebraico, dedicato alla preparazione, alla teshuvà e alla riconciliazione tra gli uomini e tra uomini e Creatore. E' ben nota un'elegante osservazione rabbinica che ha trovato le iniziali della parola Elul (alef-lamed-waw-lamed) nelle quattro parole del Cantico (6:3) dove è detto anì ledodì wedodì lì, "Io sono del mio amato e il mio amato è mio", immagine dell'amore tra Israele e Dio che in questo mese si ravviva. In realtà sono numerose (47 per la precisione) le espressioni bibliche le cui iniziali formano la parola Elul, molte ben augurali e alcune con qualche allusione al significato di questi giorni. Alcuni esempi: ettèn le zar'akhèm wenachalu le'olàm (Es. 32:13) "darò [la terra] alla vostra discendenza e la erediteranno per sempre"; et levavekhà weet levav [zar'ekha] (Deut. 30:6), "il tuo cuore e il cuore [della tua discendenza]"; lechem weittav libbekha (1 Re 21:7), "mangia pane e si rallegri il tuo cuore"; ish lenachalatò weish leartzò (Ger. 12:15), " [li farò tornare] ciascuno al suo possesso e ciascuno alla sua terra"; eslach le'awonam ulchatatam lo [ezkor] (Ger. 31:33), "perdonerò la loro colpa e non [ricorderò] i loro peccati"; [deror] ish leachiv weish lere'ehu (Ger. 34:17), [dare libertà] ciascuno al suo fratello e ciascuno al suo prossimo"; [manot] ish lere'ehu umatanot laevionim (Est. 9:22), [donare] pasti ciascuno al suo prossimo e doni ai poveri". 
Chi ha la fortuna di poter trascorrere alcuni giorni di vacanza nella bella zona della Tuscia, incontra costantemente le tracce di un'intensa presenza ebraica. Fra i molti toponimi segno di antiche residenze o attività economiche troviamo qui Viterbo, Orvieto, Campagnano, Nepi, Civita (Vecchia o Castellana), Anguillara, Castro, Pitigliano, Sorano, e altri ancora. Il vivace dibattito in corso sulla necessaria contestualizzazione della storia ebraica ci induce allora a due brevi riflessioni. La prima è come l'esperienza ebraica sia sensibile agli spostamenti dei centri di gravità e dei confini delle zone d'influenza della politica, dell'economia e della cultura in aree di riferimento che spaziano ben oltre le vicende locali. Di tutta questa ricca e creativa presenza ebraica nella storia della Tuscia sono infatti rimasti quasi solamente i toponimi dopo che evidentemente le ragioni del suo essere sono cessate o si sono spostate altrove, a volte liberamente, a volte in modo coatto. La seconda considerazione è quanto più fortunati siano stati gli ebrei della Tuscia nel periodo della loro residenza qui rispetto ai confratelli di comunità maggiori per dimensioni e forse anche per influenza culturale in altre terre europee. Accomunati ai secondi nel subire pregiudizi religiosi e secolari, oltre che limitazioni residenziali e professionali, i primi potevano per lo meno godere del clima temperato, del paesaggio pieno di reperti archeologici e artistici, e della ricchezza di ingredienti semplici e genuini che consentivano un'alimentazione gustosa, sana e variata, naturalmente nel pieno rispetto delle regole della tradizione ebraica.  Sergio
Della Pergola,

demografo,
Università Ebraica di Gerusalemme
Sergio Della Pergola  
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  Visitare i luoghi che ricordano la Shoah:
"Un gesto doveroso di  commemorazione"

Auschwitz








Un turista entra ad Auschwitz camminando sull'ombra del famigerato ingresso, con il suo slogan "Arbeit Macht Frei." C'è una disciplina piuttosto nuova che si chiama "Dark Tourism," "Turismo Oscuro." E' un etichetta coniata negli anni '90 da due professori alla Glasgow Caledonian University, in Scozia. Vuol dire l'atto di viaggiare e visitare siti di morte, di disastro e di altri fatti o esperienze che sono percepite come macabre. Molti viaggi che compio ai luoghi del patrimonio ebraico in Europa orientale, e dei quali scrivo, può trovarsi, forse, in quella categoria. Viaggio spesso verso cimiteri ebraici abbandonati, sinagoghe in rovina, e altre vestigia di una civiltà brutalmente distruttaŠ. Preferisco però pensare di visitare questi luoghi come un'affermazione e un riconoscimento di vita, di cultura, di ricchezza e pienezza durata per centinaia di anni. Visitare luoghi specifici che ricordano la Shoà, forse può essere considerato un esempio di "Dark Tourism," oltre che di un gesto doveroso di commemorazione, di ricordo, di onoreŠ. Per me, resta sempre interessante guardare la gente che si lascia fotografare davanti agli angoli iconici dei lager.Š In tanti lasciano anche segni della loro presenza. Posano fiori, candele o sassolini sui binari della morte. A volte addirittura scrivono il loro nomi sul muro del edificio dove si entra. A luglio, ho portato un amico ad Auschwitz per la prima volta. E' un musicista americano, non ebreo. Ma ha 60 anni, era nato solo quattro anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si ricorda bene dalla sua infanzia quanto fortemente si era sentito - anche negli Usa- il peso dell'eredità della guerra e della Shoà. E' cresciuto con le immagini e il simbolismo sempre a portata di mano: l'ingresso del lager che proclama "Arbeit Macht Frei," i crematori, la fine dei binari della ferrovia a Birkenau, dove gli ebrei, usciti stanchi, disorientati e impauriti dalle carrozze, venivano uccisi. Ho visitato Auschwitz tante volte, ma ogni volta che ci vado, mi sento di entrare in un luogo che rappresenta una sorta di dimensione diversa. Una volta dentro il perimetro, mi sembra che nulla esista nel mondo esterno. Questa volta, ho camminato con il mio amico, guardando un po' attraverso i suoi occhi come pure attraverso i miei: il suo primo incontro tangibile con la realtà di Auschwitz. Con una sorpresa: al nostro arrivo, nel parcheggio, abbiamo incontrato un mio amico, Michael Schudrich, il rabbino capo della Polonia, che conosco da quasi 20 anni. Prima di entrare nel lager che è il simbolo più devastante della morte, abbiamo chiacchierato un po' con un rappresentante della vita.

Ruth Ellen Gruber
(testo e immagine di Ruth Ellen Gruber, tutti i diritti riservati)





Grande impresa del Maccabi Haifa in terra austriaca

Maccabi HaifaImportantissima vittoria del Maccabi Haifa contro il Salisburgo nel match di andata dell’ultimo turno preliminare per accedere alla fase a gironi della Champions League, la massima competizione calcistica europea. Gli israeliani si sono imposti col punteggio di due a uno. Gli uomini di Elisha Levy hanno giocato un’ottima partita, aggredendo gli spazi e creando delle ripetute occasioni da goal, soprattutto nel primo tempo. Il goal del vantaggio è arrivato a metà della prima frazione grazie al potente colpo di testa di Mohammed Ghadir, assolutamente imparabile per lo sconsolato portiere austriaco. Il Maccabi ha continuato a produrre gioco e ha sfiorato il raddoppio, mancato più volte per lo scarso cinismo dei suoi attaccanti. Gli austriaci, palesemente in difficoltà, hanno iniziato a essere pericolosi solamente dopo l’intervallo. All’inizio della seconda frazione, complice un grave svarione difensivo, sono riusciti a pareggiare. La rete è stata messa a segno da Zickler, il giocatore più rappresentativo della squadra (ha giocato per tanti anni nel Bayern Monaco e nella nazionale tedesca). Da quel momento la situazione si è ribaltata. Salisburgo all’attacco e Maccabi sulla difensiva. Un pareggio in trasferta è pur sempre un buon risultato e mister Levy, convinto di poter vincere il match di ritorno in Israele, ha arretrato il baricentro della squadra. Nonostante mezz’ora di grande sofferenza, a pochi minuti dal termine è successo quello che pochi ritenevano ormai possibile: il Maccabi è tornato in vantaggio. Autore del goal Shlomi Arbeitman, che superava il portiere avversario in uscita con un preciso tiro in diagonale. Dopo il triplice fischio finale dell’arbitro si scatenava la gioia di calciatori e tifosi israeliani. Nella gara di ritorno, che si giocherà nello stadio di Ramat Gan davanti a quarantamila tifosi, il Maccabi potrà accontentarsi anche di un pareggio. Gli austriaci, invece, nel tentativo di ribaltare il risultato, lasceranno probabilmente molti spazi liberi per il contropiede del team israeliano, che potrebbe approfittarne grazie alla velocità dei suoi esterni offensivi. Se il Maccabi riuscirà a difendere la posizione di vantaggio acquisita a Salisburgo arriverà, per la seconda volta nella sua storia, alla fase a gironi della competizione, dopo la positiva esperienza della stagione 2002/2003, nella quale riuscì nell’impresa di battere i fortissimi inglesi del Manchester United per tre a zero. L’errore più grande che gli israeliani potrebbero fare sarebbe però quello di considerarsi già qualificati. Come dice il celebre allenatore Giovanni Trapattoni, che tra l’altro ha allenato il Salisburgo nel recente passato, “non dire gatto se non l’hai nel sacco”, alludendo al fatto che non bisogna cantare vittoria prima del dovuto.

Adam Smulevich
 
 
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  Tizio della seraFratellanza

Il ferragosto intride la spiaggia delle umanità del mondo. Il ragazzo tunisino gira tutto il giorno con la risma degli accappatoi in spalla e il suo sudore è identico a quello del bagnino che tira il pattino a riva. Una ragazza indiana ha un qualsiasi bikini. Gli uomini sono uguali tra loro come sabbia nella sabbia. Sotto l'ombrellone, un vecchio signore sospira e dice a un altro vecchio signore: "Basterebbe così poco per andare tutti d'accordo. Porco Giuda!".

Il Tizio della sera 
 
 
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E Barack prende tempo anche sul Medio Oriente

L'incontro di martedì pomeriggio fra l'ottuagenario presidente egiziano Mubarak e il presidente Barack Obama segna la fine della tensione che regnava da anni fra Washington e Il Cairo e che dal 2003 aveva impedito al Rais di mettere piede alla Casa Bianca. Dimenticate le richieste di Bush di democratizzazione dell'Egitto, il Rais ha dichiarato che Obama «aveva tolto ogni dubbio dei musulmani verso l'America» ridiventando per Washington «il Leader e l'amico» nel mondo arabo, il suo «consigliere» privilegiato nella ricerca della soluzione del conflitto medio orientale. 
A Gerusalemme si temeva che l'incontro si trasformasse per Obama nell'occasione di annunciare l'atteso piano per il Medio Oriente. Ci non è avvenuto e l'annuncio dell'atteso piano, su cui ieri i1 presidente israeliano Shimon Peres si è detto ottimista è stato rinviato a settembre. Perché questo rinvio? Anzitutto il fatto che l'epoca delle vacanze non è la più adatta per sviluppare la pubblicità che un atto così importante richiede. Ma dietro al rinvio c'è il difficile negoziato triangolare - americano, arabo, israeliano - per trovare la formula (e salvare le facce) per far coincidere il minimo delle disponibilità arabe con il minimo delle disponibilità israeliane onde promuovere il «clima di fiducia» fra le parti indispensabile per il rilancio dei negoziati. 
Per gli arabi il «sine qua non» confermato da Mubarak è l'arresto di fatto e dichiarato (anche se limitato a un determinato periodo di tempo) della costruzione negli insediamenti ebraici in Cisgiordania e in Gerusalemme orientale come prova di una buona fede a cui gli avversari di Israele non credono, Mubarak ha aggiunto la richiesta della liberazione di Marwan Barghuti, leader di Al Fatah, detenuto nelle carceri israeliane e un rilassamento del blocco di Gaza. In cambio Israele potrebbe essere autorizzato ad aprire «sezioni di interessi» in ambasciate occidentali nelle capitali arabi, ottenere per i suoi aerei civili l'attraversamento dei cieli arabi, e l'allentamento delle proibizione turistiche oggi esistenti. Per il governo di Gerusalemme, convinto che «non si debba dare niente senza ricevere», concessioni del genere appaiono miserie. Ma Natanyahu, nonostante le critiche mossegli dal movimento dei coloni, si rende conto che gli sforzi di Obama di far apprezzare agli arabi l'importanza dell'accettazione da parte della destra israeliana del principio dell'esistenza di due stati in Palestina e il contributo che l'eliminazione di posti di blocco ha dato all'economia palestinese non debbono essere sottovalutati. 
Del resto una rottura con Washington prima di conoscere le sue vere intenzioni verso l'Iran appare impensabile. Il periodo delle tanto vantate «brecce» sul cammino della pace e in passato regolarmente fallite è finito con Obama. Quello dei piccoli, prudenti passi sulla strada della diminuzione della paura e dell'odio reciproco, sembra incominciato.

R. A. Segre, il Giornale, 20 agosto 2009

 
 
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Peres in vista del nuovo piano di pace americano:                            
“Non escludo che possa coincidere con un vertice a tre”
Tel Aviv, 19 ago -
Conflitto israelo – palestinese. "Le parti sono pronte" per la ripresa di "un vero dialogo" , ha detto il presidente israeliano Shimon Peres dalla Russia, dove si trova in visita. Peres non esclude che la presentazione del nuovo piano di pace americano per il Medio Oriente, annunciato ieri per settembre, possa coincidere con un vertice a tre fra il leader della Casa Bianca, Barack Obama, il premier d'Israele, Benyamin Netanyahu, e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen (Mahmud Abbas). Egli ha aggiunto di aver avuto modo di incontrare vari esponenti arabi di recente e di essere "molto incoraggiato di quanto sentito" da loro. La prospettiva di un nuovo piano di pace è stata annunciata ieri a Washington a margine di un incontro fra Obama e il rais egiziano, Hosni Mubarak, durante il quale il presidente degli Usa ha evocato qualche passo in avanti da parte israeliana sulla spinosa questione del congelamento delle colonie ebraiche in territorio palestinese, sollecitato negli ultimi tempi dalla Casa Bianca come premessa di un rilancio del negoziato.

Leader dell'Autorità palestinese, Haaretz rivela:
“Sono protetti dal servizio di sicurezza israeliano”
Gerusalemme, 20 ago -
Il presidente dell'Autorità palestinese Abu Mazen e il premier Salam Fayyad sono protetti da guardie del servizio segreto israeliano per la sicurezza interna (Shin Bet).
La notizia è stata resa pubblica dal quotidiano Haaretz. Queste misure di protezione sono state concordate con l'Autorità palestinese e mirano a prevenire i tentativi di assassinare i due leader palestinesi da parte di estremisti palestinesi e israeliani.
La protezione a opera degli israeliani è d'obbligo e avviene quando i leader palestinesi devono attraversare in Cisgiordania le cosidette aree “C”, dove la responsabilità per la sicurezza è interamente di Israele. 
 
 
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