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L'Unione informa |
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25 agosto 2009 - 5 Elul 5769 |
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alef/tav |
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Roberto Della Rocca, rabbino |
Alcuni passaggi della Parashà di Shofetim che abbiamo letto shabbat scorso ci ripropongono i complessi rapporti tra amore e giustizia. Nella Tradizione ebraica la giustizia non deve soltanto correggere i conflitti ma anche gli eventuali errori procurati dall'amore. Se l'amore è sbilanciato la giustizia deve sempre avere in mano una bilancia. Amore e giustizia sono entrambi ciechi ma per motivi assolutamente opposti: l'amore perché arbitrario, estremista e singolare, la giustizia perché mediatrice, temperata e diffusiva. |
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Non
preoccupiamoci di quanto Dio sia grande compassionevole e
misericordioso. Preoccupiamoci di quanto lo possa essere per
noi. |
Vittorio Dan Segre,
pensionato |
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davar |
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Una vacanza diversa da tante altre
L’estate
significa per molti, anche se non per tutti, vacanze. I giornali e le
riviste sono piene di proposte di vacanze intelligenti. Le istituzioni
ebraiche, specie quelle giovanili, non fanno eccezione e, tra queste,
merita una menzione particolare quella organizzata dal DEC -
Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione delle Comunità ebraiche
italiane - una vacanza in montagna che in realtà è molto più di una
vacanza. Mancavo dal cosiddetto Campeggio per famiglie da oltre dieci
anni (da quando dirigevo il DAC, Dipartimento Assistenza Culturale) e
ho trovato un’atmosfera ebraica rilassante.
Famiglie con bambini piccoli e grandi (e anche nonni), lezioni, gite di gruppo e attività per tutti a cura del rabbino Roberto Della Rocca e della giovane coppia Daniel e Merav Piperno,
una cucina perfettamente funzionante e disponibile a “sopportare” tutte
le stranezze della cucina ebraica: il tutto in un albergo a tre stelle
(il nome Campeggio si riferisce all’atmosfera gioiosa e non alle tende)
gestito e riempito da Ruth Steindler,
responsabile da molti anni dei Campeggi per famiglie sia per la ricerca
dell’albergo che per gli approvvigionamenti e le iscrizioni.
Insomma,
un ritorno a quella atmosfera che aveva caratterizzato i “campeggi
storici” del DAC. Al numero limitato di famiglie di piccole
comunità, hanno risposto all’appello anche famiglie delle due comunità
maggiori e di una famiglia italoisraeliana, desiderose di compiere un
percorso di conoscenza e di avvicinamento all’ebraismo. Il “Campeggio DEC” è una proposta di vacanza ebraica intelligente per molti motivi. In
tempi in cui prevale il soddisfacimento del proprio “particolare”,
della vacanza tutta singola alla ricerca di avventure e senza
responsabilità verso la collettività e perfino verso la famiglia,
l’aspetto più interessante è stato l’atmosfera che si respirava
nell’Albergo – Campeggio, con una particolare attenzione verso chi
poteva avere dei problemi di spostamento: gite per tutti, con
l’attenzione a non perdere nessuno per strada etc.
Molto
importante la ricaduta ebraica di questa iniziativa: in piena estate,
quando molte comunità chiudono i battenti e non si sa dove “sbattere la
testa” per dire un kaddish, fare un limmud (un’attività di studio) o
per passare lo shabbath, il DEC si è trasformato in una comunità: i
partecipanti hanno avuto la possibilità di una full immersion
nell’ebraismo, dove ognuno poteva prendere ciò che più gli era
congeniale - senza nessuna forzatura - avendo a disposizione tutti i
servizi che una comunità deve fornire: studio, divertimento, preghiera,
attività sociali, incontro con famiglie italiane residenti in Israele.
Una comunità ebraica nel pieno senso del termine, un’esperienza che
andrebbe rafforzata e moltiplicata, collegandola con le altre attività
sociali e culturali che il DEC programma nel corso dell’anno, dedicate
in modo particolare alle famiglie, un modello da seguire anche per
altre comunità ebraiche e non. I convegni Moked e i Campeggi invernale
ed estivo per famiglie, lungi dall’essere mere vacanze e incontri
culturali, possono rappresentare per molte famiglie desiderose di fare
un’esperienza ebraica a 360 gradi, l’occasione per vivere un ebraismo
vivo da riportare almeno in parte nella propria comunità. I
dirigenti comunitari (presidenti, consiglieri e rabbini) dovrebbero
contribuire a far crescere il Campeggio DEC, che, in un certo senso,
dovrebbe far parte integrante della proposta culturale e sociale per le
famiglie e i singoli delle Comunità.
Rav Scialom Bahbout
Al Moked di Spiazzo ha partecipato anche, con la sua famiglia, Joseph Sassoon,
ebreo di origine siriana residente a Milano dal 1948, di professione
sociologo. A Joseph abbiamo posto qualche domanda. Come potresti descrivere in sintesi l’esperienza di questo Moked? È
stata una bella vacanza di montagna, trascorsa con amici e con persone
di altre comunità o anche di Milano che non conoscevamo ma con cui si è
creata una familiarità immediata, quasi sorprendente. Al tempo stesso,
è stata molto più che una vacanza. Cioè? Al
senso di trascorrere una vacanza famigliare piacevole si è aggiunta la
consapevolezza di trovarci in un ambiente profondamente educativo in
senso ebraico e in un’atmosfera molto calorosa e coinvolgente, capace
di far sentire tutti benvenuti, parte del gruppo. Questo ha incentivato
la conoscenza reciproca, gli scambi di idee, le riflessioni, lo studio,
che si sono intrecciati ai molti momenti comuni di divertimento e
allegria. Quali aspetti ti hanno particolarmente colpito? Dovrei
farne una lista. La possibilità di far vivere ai nostri figli una
vacanza basata sulla condivisione di aspetti identitari, educativi,
etici. La loro felicità nel viverla, riuscendo ad intendersi subito coi
loro coetanei anche appena conosciuti. La presenza di persone di tutte
le età, dai bimbi molto piccoli agli anziani, che ha reso possibili
momenti preziosi di scambio intergenerazionale. Il modo ad un tempo
profondo e gioioso di assumere la dimensione religiosa, praticata con
grande concentrazione e con calore: fantastica ad esempio è stata
l’adesione entusiasta dei bambini nel cantare la Birkat Hamazon. Le
lezioni di Talmud Torah di rav Roberto Della Rocca, un appuntamento di
studio quotidiano proposto ad un livello molto alto ed assai stimolante
per l’ampio spazio dedicato a domande e discussioni. La rassicurazione
di una cucina d’ottima qualità, garantita kasher dal controllo rigoroso
operato da Ettore Segre col valido aiuto del giovane Yehuda. La
bellezza della natura delle montagne del gruppo Adamello-Brenta, meta
delle nostre escursioni e dove non ero mai stato. Nonché lo spirito da
‘halutzim’ con cui tutti si preoccupavano degli inevitabili dolori di
molti legati alle escursioni stesse (caviglie gonfie, ginocchia
doloranti, piccole ferite, ecc.). Davvero le cose che mi hanno colpito
sono state molte. Cosa differenzia questa esperienza da altre iniziative simili offerte nell’ambito del mondo ebraico? Mi
sembra che la formula dei Moked sia in effetti diversa da ogni altra.
Il fatto di raccogliere ebrei delle diverse comunità italiane, anche
quelle piccole come Padova o Livorno, la distingue da ogni iniziativa
presa in seno ad una singola comunità. Ed il fatto di prevedere persone
di tutte le età la distingue dalle iniziative intercomunitarie offerte
dai movimenti giovanili, quindi ovviamente non accessibili agli
anziani. In questo modo diventa possibile creare occasioni uniche di
contatto per tutti coloro che hanno a cuore tanto il valore della
famiglia quanto l’educazione ebraica delle nuove generazioni. Hai rilevato limiti o cose che si potrebbero migliorare? La
partecipazione a questo Moked, come agli altri organizzati dal Dec, si
basa soprattutto sulla presenza di numerosi membri della Comunità
romana – il che è un aspetto in sé assai positivo perché si tratta di
persone particolarmente portate alla relazione e molto disponibili. Ma
la scarsa presenza di ebrei della seconda comunità italiana, quella di
Milano, come pure l’assenza di partecipanti da altre comunità minori, è
sicuramente un limite che si dovrà cercare di superare. Raccomanderesti questa esperienza ai tuoi amici? A chi soprattutto? La
sto già raccomandando. So di molti amici che tornano dalle loro vacanze
scontenti di quello che hanno trovato: ressa, confusione, solitudine in
mezzo alla massa. Per non parlare del vuoto di valori ideali e morali.
Naturalmente è diverso se si va in Israele. Ma per tutti coloro che in
vacanza finiscono per andare in un posto qualunque, per i genitori che
vogliono mantenere i bambini in un ambiente ebraico, per le persone
anziane che non sanno con chi passare l’estate, per i giovani che si
annoiano per l’assenza di un vero dialogo, Moked come quello di Spiazzo
rappresentano una scelta da prendere decisamente in
considerazione. |
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Ritorno a Berlino, i grandi ideali dell'atletica e l'omaggio al mito di Jesse Owen
Dei
campionati mondiali di atletica di Berlino, conclusisi domenica,
ricorderemo a lungo due cose, apparentemente scollegate: le prodezze di
Usain Bolt, l’atleta giamaicano che ha vinto i 100 ed i 200 metri,
stracciando i record del mondo, nonché la staffetta 4x100; la
premiazione del salto in lungo, effettuata insieme dalla nipote di
Jesse Owens e dal figlio di Luz Long. Jesse Owens, nelle olimpiadi di Berlino del 1936, diede un duro colpo alla pretesa supremazia della “razza bianca” (nell'immagine a fianco il momento della premiazione),
trionfando in 4 specialità: i 100 ed i 200 metri, la staffetta 4x100
(in queste stesse specialità ha vinto ora Usain Bolt) e il salto in
lungo. Proprio durante la gara di salto in lungo Jesse Owens
strinse un inaspettato legame di amicizia con il campione della “razza
ariana”, il biondo atleta tedesco Luz Long, che durante le
qualificazioni gli dette il consiglio giusto per superare un momento di
difficoltà ed al termine della gara, vinta da Owens col nuovo record
del mondo, gli dette calorosamente la mano.
Jesse Owens così descrive lo sbocciare dell’amicizia tra i due atleti: “Mi
ricordo che, nell’istante in cui toccai terra dopo il mio salto finale,
il salto che stabilì il primato olimpico di m 8,0594, Luz mi fu a
fianco per congratularsi con me. Nonostante Hitler ci fulminasse con
gli occhi dalla tribuna a non più di un centinaio di metri, Luz mi
strinse fortemente la mano: e la sua non era certo la stretta di mano
di uno che vi sorride con la morte nel cuore. Si potrebbero fondere
tutte le medaglie e le coppe d’oro che ho e non servirebbero a placcare
in oro a 24 carati l’amicizia che sentii per Luz Long in quel momento”.
Per questo il valore simbolico della premiazione effettuata
congiuntamente dai discendenti più diretti dei due atleti e le ovazioni
riservate all’altro prodigio nero, Usain Bolt, sono le cose che
ricorderemo più a lungo dei mondiali di Berlino.
Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane |
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rassegna stampa |
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Due
notizie oggi che riguardano Israele. La prima è che la sua banca
centrale ha alzato il tasso di sconto dello 0,25 per cento. E' la prima
al mondo a cercare una "exit strategy" dalle terapie per la depressione
dell'ultimo anno, mettendosi invece a caccia dei primi sintomi di una
possibile prossima inflazione (notizie succinte ma significative su MF, Il Messaggero, Corriere). La
seconda è il viaggio del premier Netanyahu in Gran Bretagna e Germania:
non "per difendere le colonie", come disinforma al solito il Manifesto; ma per "fermare il nucleare iraniano" (L'Avvenire). Purtroppo è possibile che incontri degli interlocutori che ragionino come Andrea Fontana del Giorno Nazione Carlino
tutti desiderosi di prendere sul serio i minimi segnali accuratamente
fatti trapelare da Iran (e perfino Corea del Nord) per dichiarare
estinto il pericolo del Nucleare iraniano e "engaged" un Ahamadinedjad
che sarebbe indebolito. Chi è davvero indebolito è l'Occidente, America
di Obama in testa, che non ha avuto neppure il coraggio di spendere un
commento alla scelta del regime iraniano di nominare ministro della
Difesa (e dunque responsabile dell'armamento nucleare) un terrorista
stragista. E' la stessa mentalità che ha portato la Svezia a
scontrarsi con Israele per non voler neanche prendere le distanze
dall'articolo vergognoso sui soldati israeliani che rapiscono, uccidono
e depredano dei loro organi interni i poveri palestinesi (a proposito,
sapete di chi è la proprietà dell'"Aftonbladet" che ha pubblicato la
storia? Dei sindacati e del partito socialista, grandi finanziatori di
Ong antisraeliane in Terrasanta, tanto per dimostrare ancora una volta
la contiguità della sinistra, anche di quella riformista, con i nemici
di Israele. Se volete un bilancio completo della storia, leggete il
bell'articolo di Fiamma Nirenstein sul Giornale e confrontatelo con l'ennesima gelida presa di distanza dalla polemica sulla calunnia antisemita, pubblicata oggi dal Sole. Confrontatela soprattutto con la meravigliata indignazione che mostrano giornali come Riformista e Repubblica
nel riportare che uno scrittore inglese Sebastian Faulk, aveva definito
noioso, povero di storie, letterariamente deprimente il Corano; ma poi,
annuncia Cristina Nadotti su Repubblica
"si è scusato". Meno male: discutere il valore letterario del testo
sacro musulmano è una sconsacrazione che merita scuse immediate; dare
degli assassini prezzolati e ladri d'organi ai soldati israeliani e in
genere agli ebrei è "libertà di stampa" (così anche Europa). Fra le altre notizie, molti giornali (Secolo XIX, anche con un commento del rabbino Momigliano sempre sul Secolo; Il Giornale, La Stampa)
riportano con evidenza l'intenzione di Lapo Elkann, figlio di un padre
ebreo e attivo nell'ebraismo come Alan Elkann e di una madre cattolica
appartenente alla famiglia Agnelli, di convertirsi all'ebraismo. C'è
ancora qualche eco della discussione sul paragone dei vescovi italiani
fra le tragedie dell'immigrazioni e la Shoà; vale la pena di leggere un
equilibrato editoriale sul Riformista
sperando che almeno per un po' metta a silenzio una campagna
propagandistica che certamente ha sbagliato i suoi argomenti; così come
la lettera di Lorenzo Stick Livers sul Foglio potrebbe mettere il punto al dibattito sull'ora di religione. Ma vale la pena di prendere nota di un'altra lettera al Foglio,
che non riesco a definire meglio se non bizzarra al limite
dell'insensatezza, firmata da Ruggero Guarini, che in polemica con una
posizione peraltro cauta e riflessiva di Giorgio Israel apparsa
sullo stesso Foglio,
difende i ghetti e le umiliazioni della Chiesa con l'argomento che
erano molto meglio di Auschwitz. Come se avesse senso fare classifiche
su cose del genere. Ugo Volli |
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notizieflash |
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La
sinagoga più antica di Beirut torna alla luce
Gerusalemme, 24 ago - Al
via i lavori di restauro della sinagoga di Beirut. "E' una bella cosa
che vogliano riaprire la sinagoga ma sarebbe stato ancora meglio se
avessero creato in Libano un clima tale da permettere agli ebrei di
restare a Beirut e pure di pregare nella sinagoga", è stato il commento
del portavoce del ministero degli Esteri israeliano Yigal Palmor,
rilasciato all'Ansa, sulla notizia. La città una volta contava una
fiorente comunità di 20 mila ebrei, poi fuggiti o emigrati all'estero a
causa dei sanguinosi conflitti intestini, dell'invasione israeliana nel
1982 e del conseguente clima ostile. Di quella comunità restano ora in
Libano appena duecento ebrei, tutti sopra i cinquant'anni. Isaac Arazi,
da quattro anni presidente della comunità ebraica locale, ha affermato,
dal canto suo, che "il restauro della sinagoga è solo uno degli
obiettivi di un progetto che prevede il recupero dei cimiteri ebraici
di Beirut e Sidone e l'apertura, a breve, di un ufficio di
comunicazione e per i registri civili". |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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