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L'Unione informa
 
    8 settembre 2009 - 19 Elul 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca, rabbino
Nel capitolo ventisette del Deuteronomio è descritta una cerimonia che il popolo ebraico  dovrà realizzare al suo ingresso nella Terra di Israele. Tra le varie cose da fare si dovrà scrivere su dodici pietre intonacate, con la calce, tutta la Torà nelle settanta lingue conosciute nella società di allora. La Tradizione rabbinica ci insegna che questa ardua sfida, di trasmettere il messaggio dell'ebraismo all'umanità, presuppone che il popolo diviso tra due montagne, una di fronte all'altra, si guardi tutto nella sua particolarità e nella sua intimità delle dodici tribù. In una società mediatica e planetaria come la nostra ognuno ha l'illusione di essere contemporaneamente in rapporto con l'umanità tutta intera. Ma questa illusione significa spesso anonimato, essere soli e persi. Ecco l'importanza della ricerca di una dimensione più intima, che consenta ai membri di una comunità di conoscersi gli uni con gli altri e che apporti alle persone la coscienza di una vita comunitaria qualificata e stimolante, nel riconoscimento degli uni da parte degli altri. Questo è in sintesi il messaggio profondo che ci ha consegnato l'intenso Shabbat appena trascorso a Trani con i pochi ebrei di Puglia e il formidabile gruppo di aspiranti ebrei di San Nicandro Garganico. Non a caso è stato lo Shabbat nel quale si è letto questo brano della Torà e che ha costituito la premessa alla Giornata della Cultura e al Festival, le nostre attuali sfide di trasmettere l'ebraismo nelle settanta lingue della società odierna.
E' nell'oscurità della coscienza che si formano le grandi idee.  Vittorio Dan
Segre,

pensionato
Vittorio Dan Segre  
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  Negba - Vittorio Sgarbi: “Solo il dialogo tra religioni
può fermare lo scontro di civiltà in atto”


Sgarbi-Ortona“Ho sempre vissuto la cultura ebraica come un accrescimento, un accrescimento delle mie sensazioni, qualcosa che ha contribuito ad allargare la mia percezione del reale e mi apparteneva nel profondo pur nella mia identità cristiana”. Vittorio Sgarbi ha delineato così il suo complesso rapporto con la cultura e le tradizioni ebraiche in un affollato incontro a Trani moderato da Yoram Ortona, consigliere Ucei delegato alla Giornata della cultura ebraica.
Nella suggestiva sala del Castello svevo affacciato sul mare, dov'è in corso una bella mostra di Tobia Ravà, Sgarbi si è soffermato sull'apporto culturale del mondo ebraico affrontando il delicato tema del ruolo delle religioni. A partire da quell'11 settembre che rischia di rivelarsi la “colonna sonora” dei nostri anni. “Ogni secolo – ha spiegato – vede delinearsi la sua impronta nei dieci, vent'anni. Nel Trecento questo compito spetta a Giotto, nel Seicento a Caravaggio, nel Novecento a Picasso e al futurismo”. “L'immagine più forte del nostro secolo – continua – sono le Torri che esplodono a New York. Non sono dunque l'arte o l'estetica a segnare il nostro tempo. Ma il deflagrare di uno scontro di civiltà e di religioni”.
La via per fermare questo conflitto che si va radicalizzando in tante aree del mondo passa attraverso il ritrovamento di sé, il confronto e la conoscenza. Più volte nel corso della serata Vittorio Sgarbi ricorda Salemi, la cittadina in provincia di Trapani di cui è sindaco da un anno. “Il nome di Salemi – racconta – ci rimanda al termine Shalom, pace. Un concetto che si rispecchia nella stessa organizzazione dei quartieri. Come in tante altre realtà del Sud a Salemi non  vi è infatti un ghetto. I quartieri arabo, cristiano ed ebraico confluiscono invece uno nell'altro senza barriere”.
Proprio a partire da questa viva testimonianza di convivenza, spiega Vittorio Sgarbi, da Salemi prende il via un appello al dialogo tra le religioni del mondo che trova una prima espressione nel festival cinematografico Visioni che ai primi di ottobre proporrà una carrellata sui diversi modi di vivere la religiosità.

Daniela Gross



Negba - A Otranto le immagini di Monika Bulaj
e cinque itinerari a confronto


pubblicoIl suggestivo Castello Aragonese nella città di Otranto, conosciuto come Forte a mare, realizzato  nel 1491 da Ferdinando I d'Aragona, ha ospitato due eventi di una delle tappe di Negba, il Festival della Cultura Ebraica: l'inaugurazione della mostra fotografica Aure di MoniKa Bulaj e la conferenza - dibattito Storie e geografie cui hanno partecipato Anna Foa, storica dell'Università La Sapienza di Roma, Franco Farinelli, geografo dell'Università di Bologna, Franco Cassano dell'Università di Bari, Paolo Rumiz giornalista e viaggiatore e Giacomo Saban studioso di Storia ebraica già vice presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane dal 1998 al 2002 e attualmente direttore della Rassegna Mensile di Israel, coordinati dall'assessore al Mediterraneo della regione Puglia Silvia Godelli.
"Aure", la mostra che espone 120 immagini fotografiche che la fotogiornalista, scrittrice e sceneggiatrice polacca MoniKa Bulaj, ha raccolto negli ultimi dieci anni, è il singolare particolarissimo reportage di un viaggio che la Bulaj ha compiuto e continua a compiere nella vasta area geografica che va dalle Colonne d'Ercole al Monte Ararat, ma quello compiuto dalla Bulaj è soprattutto un viaggio fra le fedi delle genti che la storia ha spesso contrapposto, ma che rivela radici comuni ed elementi di unione che non possono essere ignorati. Le immagini proposte investono l'osservatore attento con un impatto visivo che penetra nell'anima.

MagiarAl termine dell'inaugurazione della mostra l'assessore alla cultura e responsabile del Festival dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Victor Magiar (nell'immagine a fianco assieme a Monika Bulaj), ha sottolineato che la cultura è luogo di incontro per condividere i propri patrimoni "questa - ha spiegato Magiar - è una grande esperienza della cultura ebraica, abbiamo dato molto e abbiamo ricevuto molto dalle società in cui siamo stati accolti e questo contributo è stato molto importante. Nelle società tolleranti, noi minoranze possiamo vivere in sicurezza e in libertà. Le immagini che avete visto - ha detto Magiar riferendosi alla mostra appena inaugurata -, sono bellissime ma sono anche ciò che vogliamo raccontare".
Obiettivo puntato sulla distinzione fra i concetti di identità e appartenenza, fra luogo e spazio nella conferenza-dibattito che è seguita, temi di difficile approfondimento in un’unica serata, come ha avuto modo di rilevare l'assessore Godelli che ha tenuto le fila della serata osservando: "Ritengo il tema dell'appartenenza molto diverso da quello dell'identità, parola di moda negli ultimi tempi, ma che rischia di irrigidire il concetto di appartenenza".

Lucilla Efrati 



Negba – Emozioni in musica e parole
per un concerto a Bari dallo Sthetl a Gerusalemme


pubblico lotoroUna platea coinvolta e commossa ha lungamente applaudito il concerto Jews for ever svoltosi nel suggestivo scenario del Fortino Sant'Antonio di Bari ed eseguito dall'Orchestra di Musica Judaica diretta dal pianista Francesco Lotoro.
"La musica ebraica è forse l’elemento artistico più longevo dell’umanità, ha rilevato il musicista - sin dalla biblica migrazione di Abramo da Ur dei Caldei, accompagna il popolo ebraico attraverso la sua storia, i suoi miti, gli immaginari, le dottrine e il senso di identità che fa del popolo d’Israele cardine imprescindibile degli eventi mondiali, del pensiero e dello spirito umano".
"In Jews for ever, ha spiegato Lotoro, l’orchestra e il cantore spaziano dalle suggestioni spagnoleggianti e malinconiche del canto ladino tipico della musica sefardita alle struggenti melodie del niggun e l’atmosfera klezmer della musica askenazita".
Durante la serata, la musica eseguita dall'orchestra composta da 25 elementi, è stata intervallata dalla voce narrante del rav Shalom Bahbout che ha spiegato il significato del canto e dei testi arricchendo il racconto con piccoli e curiosi aneddoti. Fra le musiche eseguite: Evenu shalom aleichem (ebraico), Oyfn Pripechick (yiddish), Yome (yiddish), Los bilbilikos kantan (sefaradi) Unter dayne vaise shtern (yiddish), Freylach zain (strumentale), Dire gelt (yiddish). Grande emozione durante l'esecuzione di Evenu Shalom Alechem, Hava Nagila e Freylach Zain.

l.e.



Negba - Il valore della vita fra etica e bioetica, dibattito ad Andria

D'avackLa vita è un valore assoluto? Questo l'interrogativo cui hanno cercato di rispondere gli studiosi intervenuti alla conferenza che si è svolta alla Società per l'Arte, uno spazio espositivo abitualmente dedicato all'arte contemporanea, che si trova nel cuore del borgo antico della città di Andria.
Fra i relatori intervenuti, Lorenzo D’Avack (nell'immagine), giurista e vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, Gianfranco Di Segni, rabbino, insegnante del Collegio Rabbinico Italiano e biologo, e Piergiorgio Donatelli, filosofo, professore di Bioetica presso l’Università La Sapienza di Roma. A moderare il dibattito il giornalista Guido Vitale, coordinatore dei dipartimenti Cultura e informazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Lorenzo D’Avack ha cercato di far luce sul significato della bioetica: la bioetica sorge come garanzia e rivendicazione dei diritti dell’uomo laddove la Scienza incarna una forma di potere. Secondo D'Avack infatti, le biotecnologie e l’avanzamento scientifico degli ultimi decenni hanno allargato e offerto nuove e numerose possibilità che necessitano però una regolamentazione etica e giuridica. Sulla stessa linea si pone Piergiorgio Donatelli, che da laico fa notare quanto, ad esempio, il prolungamento della vita in stati profondamente deficitari, ha posto l’uomo di fronte al problema della responsabilità di nuove scelte, che segnano quei momenti fondamentali della vita umana come la nascita e la morte.

Di segni"L’intreccio tra scienza ed etica - spiega rav Gianfranco Di Segni (nell'immagine) leggendo una pagina di Shabbetai Donnolo, nato proprio in Puglia, a Oria, mille anni fa - è sempre stato uno dei fili rossi che ha caratterizzato la tradizione ebraica, la quale ha cercato di non sottrarsi mai alla domanda del 'cosa fare?' alla luce delle scoperte scientifiche in corso".
Secondo Di Segni il fatto che in Israele siano proprio gli ultraortodossi ad aver promosso la fecondazione medicalmente assistita in questi anni, permettendo così di adempiere al precetto biblico della procreazione, è un esempio. Ma non solo: la precedente definizione di morte biologica come arresto cardiaco ha lasciato il posto, per molti rabbini, a quella, più moderna, di arresto cerebrale, dando così la possibilità di salvare altre vite attraverso la donazione di organi che andrebbero prelevati a cuore battente.
In questo senso l’ebraismo, sembra avere un portato culturale tale da costituire un valido interlocutore per le problematiche che pone l’etica contemporanea, sia religiosa che laica, come suggerisce il folosofo Donatelli: l’ebraismo apre la possibilità di parlare di questi temi come fossero dei processi piuttosto che dati assoluti, permettendo così la costruzione di un’etica pluralista. In questo senso, infatti, il concetto di sacralità acquista un valore situazionale piuttosto che aprioristico e il Potere, pur sempre necessario, viene addolcito dalle ragioni. "La vita allora è veramente un valore che, come dice il rav Di Segni, non è assoluto".
Nel trarre le conclusioni della serata Lorenzo D'Avack, sostiene che un’etica pluralista deve essere il fine di una giurisdizione contemporanea: promulgare leggi a riguardo significa mediare tra etiche differenti, renderle possibili senza che esse si impongano l’una sull’altra, perché l’esistenza di una legge identifica non solo dei valori, ma soprattutto dà la possibilità di rendere più serene e possibili le scelte degli individui. Questo, nella realtà italiana è molto difficile. L'Italia, nell'opinione del giurista D'Avack, rimane un paese arretrato: a testimoniarlo è la lentezza con cui vengono promulgate leggi, come la legge 40 sulla fecondazione assistita,  il mutismo diffuso che vige nel nostro paese ci allontana da questo processo civile.

Ilana Bahbout




Una Giornata travolgente

Ancora articoli, notizie e cronache degli eventi della decima edizione della Giornata della Cultura Ebraica sul Portale dell'ebraismo italiano - www.moked.it

Fra le decine di articoli segnaliamo:

MantovaGiornata della Cultura Ebraica - Qui Mantova
Norsa: “Tutti eguali perché tutti diversi”





TorinoGiornata della Cultura Ebraica - Qui Torino
Un’escursione per il ghetto, una sinagoga d’eccezione




VeneziaGiornata delle Cultura Ebraica - Qui Venezia
Fumo e Profumo, poesia e prosa in ghetto




SpagnaGiornata della Cultura Ebraica - Qui Plasencia, Spagna
Una tavola rotonda per la salvaguardia del patrimonio
 





sinagogaGiornata della Cultura Ebraica - Qui Soragna
“Un’occasione per farci conoscere"





CoreisGiornata della Cultura Ebraica - In tutta Italia
gli incontro con i musulmani del dialogo







Venezia cinema - Paradiso perduto 

LostE’ giunto ormai alla sua decima edizione Circuito off, il Venice International Short Film Festival, in programma sull’Isola di San Servolo, manifestazione che si svolge a latere della sessantaseiesima mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Un iniziativa per promuovere i talenti emergenti grazie a una serie di concorsi, con i corti internazionali, il Made in Italy, il Short in Web e Veneto in Short, quest’anno.  Fondamentale l’attenzione che la rassegna offre al mercato dei corti, che nel 2009 con Venice Off Trade – International Short Film Market, un evento nato dalla collaborazione tra il quarto mercato del cortometraggio di Circuito Off e terzo Digital Expo, prevede meeting con i buyer e distributori italiani ed europei e numerose conferenze.
Quest’anno in preselezione sono arrivati 2860 cortometraggi provenienti da 101 nazioni, di questi 66 israeliani, un grande successo per il festival e per il cinema indipendente Israeliano.
Tra i 37 cortometraggi selezionati per concorrere al Gran Premio Volvo assegnato dalla giuria internazionale, abbiamo Lost Paradise di Mihal Brezis e Oded Binun, due giovani registi diplomatisi entrambi al Sam Spiegel Film Institute di Gerusalemme.
Nel cortometraggio un uomo e una donna fanno teneramente l’amore in una stanza d’albergo a una stella. Pochi attimi dopo, l’idillio che pareva autentico è sparito. L’uomo indossa nuovamente il Tallit katan, la kippà e i suoi abiti da ebreo ortodosso, mentre la donna copre le sue nudità con il chador, il velo tradizionale islamico.
È giunto il momento di tornare alla vita di tutti i giorni, di riprendere separatamente la propria strada e abbandonare quel piccolo paradiso perduto, luogo etereo di passione impossibile, luogo dove poter abbandonare totalmente le proprie inibizioni, i propri ruoli sociali e religiosi per essere semplicemente due novelli Adamo ed Eva. Un uomo, una donna e il loro sogno d’amore.

Michael Calimani

 
 
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  Il Williamson italiano: il lefebvriano Giulio Tam, 
celebra una messa in ricordo dei caduti nazifascisti

giulio TamA Pisa, la Giornata Europea della Cultura Ebraica ha coinciso con la tradizionale celebrazione, attraverso brevi cerimonie in vari punti della città, del ricordo delle vittime del nazifascismo.
In contemporanea con tali cerimonie, poco lontano dalla città della Torre, a Coltano, è stata celebrata una messa in ricordo dei caduti e degli internati nazifascisti del campo di prigionia istituito dagli americani in quell’amena località. Vi hanno partecipato una cinquantina di persone, controbilanciate da un numero quasi pari di “antifascisti pisani”. I due gruppi si sono affrontati soltanto verbalmente, sotto la vigilanza delle forze dell’ordine.
Le istituzioni cittadine non hanno mancato di reagire. Il sindaco Marco Filippeschi ha diramato una nota ufficiale che rammenta come la dittatura fascista “condivise con le leggi razziali la cultura aberrante che preparò l’Olocausto”; si è quindi unito, nel pomeriggio, ai numerosi visitatori che per tutta la giornata sono affluiti nel cimitero ebraico, dando così la migliore risposta possibile.
La messa di Coltano è stata celebrata da don Giulio Tam, il prete lefebvriano definito “il Williamson italiano”, già noto alle cronache per le sue posizioni violentemente contrarie all’immigrazione, soprattutto islamica, e per essere stato immortalato a più riprese nell’atto di rivolgere il saluto romano ai partecipanti a manifestazioni indette da Forza Nuova. In particolare, sono molto numerose – in diversi siti internet – le foto della sua partecipazione alla manifestazione di Bergamo del 28 febbraio
Il vescovo Williamson è stato al centro di una contorta vicenda: prima gli è stata ritirata la scomunica comminatagli da papa Giovanni Paolo II e poi è stato nuovamente scomunicato per le sue posizioni negazioniste. Non mi risulta che il Vaticano si sia mai occupato – almeno ufficialmente – di don Giulio Tam.

Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane 
 
 
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rassegna stampa    
 
 
leggi la rassegna
 
 

Sotto la casa del presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici è stata trovata una grande svastica (Rossi sul Messaggero, Caccia sul Corriere. L'episodio risale a gennaio scorso, ma è uscito sulla stampa solo ora, suscitando la solidarietà di tutte le forze politiche. E naturalmente di tutti gli ebrei italiani e di questa rassegna.

Due casi di personaggi onorati dal mondo, che suscitano perplessità e ribrezzo per il loro antisemitismo. Il ministro della cultura Hosni sembra vicino alla direzione dell'agenzia delle nazioni unite per la cultura, Unesco, a quanto pare anche con l'appoggio dell'Italia (Fregonara sul Corriere, Frattini sul Corriere, commento di Marta Franco sull'Avanti, Bastiani sull'Opinione). Nonostante gli appelli per il boicottaggio e il dittatore venezuelano Chavez,  persecutore della Comunità ebraica e amico di Ahamadinedjad è stato ricevuto come una star al festival del cinema di Venezia (Alberti sul Corriere, Cerruti sulla Stampa). Per una volta siamo d'accordo con Marcello Veneziani nel deplorare il "cadavere" tardo sessantottino e terzomondista in cui si è trasformato il festival (Parole simili di Borgonovo su Libero). Del resto non è un caso isolato. Jane Fonda, accompagnata dalla solita ebrea piena di odio di sé Naomi Klein (l'autrice di "No logo") guida la contestazione al festival di Toronto che ha deciso di festeggiare il secolo di  Tel Aviv (Battistini sul Corriere)
 
In Israele è stato cancellato il premio letterario attribuito a un autore antisionista, Alon Hilu, non per le sue idee, ma perché fra i membri della giuria vi era un parente della sua editor (Battistini sul Corriere)
 
Avvenire dà spazio, con due articoli di Geninazzi al congresso interreligioso organizzato dalla comunità di Sant'Egidio a Cracovia, da cui è uscita la proposta di un registro europeo del razzismo, contro cui polemizza camillo Langone sul Foglio.
 
Fausto Carioti su Libero critica duramente il Corriere per un durissimo e alquanto stupido attacco personale comparso ieri contro il deputato Geert Wilders.
 
Continua la polemica sull'armamento atomico iraniano. El Baradei, direttore in scadenza dell'Agenzia atomica, si difende in maniera poco convincente dalle accuse di non tirar fuori tutti i dati in suo possesso (p.d.r. su Repubblica). Nel frattempo Ahmadinedjad sfida l'occidente e il mondo, chiedendo un pubblico dibattito con Obama e rifiutando qualunque concessione sul nucleare (Alberto Negri sul Sole).
 
Ugo Volli

 
 
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notizieflash    
 
 
Che fine ha fatto Netanyahu? Il premier introvabile per 14 ore  
Tel Aviv, 8 sett -
Il premier israeliano è risultato irreperibile per 14 ore. Non era impegnato in consultazioni in una istallazione del Mossad (i servizi segreti israeliani), come aveva affermato un portavoce governativo, era in visita segreta in un Paese arabo. A rendere pubblica la notizia un giornale palestinese, al-Manar.
 
 
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