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L'Unione informa
 
    14 settembre 2009 - 25 Elul 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Ultima settimana dell'anno, cominciamo a scambiarci gli auguri. Oggi abbiamo ricevuto quelli di Bin Laden, che in un "nuovo" messaggio minaccia gli USA per l'alleanza con Israele. Il problema, per loro, è sempre Israele. Otto anni fa l'attentato alle torri gemelle avvenne, in data ebraica, il 23 di Elul. Una settimana precisa prima di Rosh haShanà. Con buona pace delle leggende antisemite, ci furono allora, tra le altre, tante vittime ebree. La nostra tradizione ci rende molto sensibili alle date e alle "coincidenze". Il mondo, l'occidente in particolare, non smette più di pensare agli scenari di scontri e conflitti aperti in questi ultimi anni. A noi, da molto prima, non sono certo mancate le occasioni e le sollecitazioni a pensare su questi temi. In più abbiamo tempi fissi per pensarci, come i giorni di Tesciuvà imminenti. La sfida è quella di dare un senso ebraico sia alla domanda che alla risposta.
La storia, poco conosciuta ai più, è raccontata da Fabio Cavalera su Il Corriere della Sera di sabato. E' la storia di Alan Turing, un grande matematico, professore a Cambridge, colui che è stato definito “il profeta dell'intelligenza artificiale”. Turing è stato anche colui che ha decifrato per l'Intelligence inglese il sistema crittografico di comunicazione nazista, consentendo la vittoria su Hitler. Omosessuale, Turing fu nel 1952 processato, grazie alle drastiche leggi contro l'omosessualità vigenti ancora nel dopoguerra in Inghilterra. Posto dinanzi alla scelta fra il carcere e la castrazione chimica, Turing scelse quest'ultima. Due anni dopo, si suicidò mangiando una mela che aveva avvelenato con il cianuro. Adesso, dopo tanti anni, il premier inglese Brown gli ha chiesto pubblicamente scusa, dichiarando che “a nome del governo britannico e di coloro che vivono liberamente grazie al lavoro di Alan sono fiero di dire: perdonaci”. Chiedere scusa è giusto, essere fieri di chiedere scusa è bello. Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  MisulQui Firenze - Un anno per la coesione

Un augurio a tutti voi di un felicissimo Shanà Tovà nella speranza che possiate vivere un anno sereno, di pace e di amicizia per un futuro migliore per i nostri giovani e una maggiore coesione e solidità delle nostre comunità all’interno del mondo ebraico italiano.

Daniela Misul, Presidente della Comunità Ebraica di Firenze


LevisQui Venezia - Un anno per la collaborazione

"La richiesta della redazione di Moked.it di unirmi ai rappresentanti di tutte le Comunità nell’inviare un saluto ed un augurio in occasione delle prossime festività, costituisce una novità tecnologica ed organizzativa che merita di essere sottolineata. Può essere infatti un primo passo per aiutare a sviluppare, naturalmente assieme ad altre iniziative, semplici e regolari interscambi di informazioni e di opinioni tra le molte realtà nelle quali l’ebraismo italiano è frazionato, non solo dal punto di vista territoriale. Grazie quindi a questo nuovo strumento di comunicazione, che può consentire nuovi e più facili rapporti intercomunitari, sono lieto di poter inviare a tutti i più calorosi auguri per il 5770 ed esprimere la speranza che nel nuovo anno le nostre vite comunitarie si sviluppino in maniera proficua e serena."

Vittorio Levis, Presidente della Comunità Ebraica di Venezia


Romanin JacurQui Padova - Un anno per tornare all'ebraismo

Sempre più ci accorgiamo di vivere in un mondo che corre ad una velocità incontrollata, mietendo e condizionando vittime e successi. I nuovi paganesimi trascurano l'educazione e la cultura, vorrebbero insegnare che tutto si può comprare, ottenere, condizionare, trasgredire...  Credo che il miglior augurio sia quello di ritornare ai principi che l'ebraismo per primo ha dettato, insegnando di non confonderci con le masse circostanti. Ma, soprattutto, ad essere uniti e a trovare in noi stessi la volontà, la forza, gli obiettivi per una crescita dell'uomo e del suo pensiero.

Davide Romanin Jacur, Presidente della Comunità Ebraica di Padova


MomiglianoQui Genova - Un anno per i giovani

Per il nuovo anno 5770 desidero augurare a tutti Shanà Tovà Umvorekhet, che Ha Kadosh Barukh Hu aprà per noi tutte le porte delle benedizioni, "dalla Alef alla Tav - Shaarè Orah, Shaarè Teshuvà."  Dalle porte di luce alle porte del pentimento. Auguro in particolare ai nostri giovani che il futuro che essi intendono costruire sia da loro desiderato anche come futuro del popolo ebraico. Ketivà Vachatimah Tovà

Rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova


Eli Rossi Qui Merano - Un anno per la pace

Auguro di cuore un anno dolcissimo a tutti, pieno di salute, amore e prosperità. Ad Israele un 5770 che porti pace, stabilità e sicurezza subito e nel futuro.

Eli Rossi Innerhofer, Presidente della Comunità Ebraica di Merano




Negba – Vendola apre la Fiera del Levante
ricordando il successo del Festival di cultura ebraica


NegbaNegba, verso il Sud, il Festival di cultura ebraica nato dalla collaborazione fra l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Regione Puglia (nell'immagine il Presidente UCEI Renzo Gattegna e il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni a Trani durante l'apertura della Giornata della cultura ebraica che al festival ha fatto da preludio) è stato evocato dal governatore dell'ente regionale Nichi Vendola in occasione dell'apertura della Fiera del Levante, l’evento fieristico che coinvolge tutto il Mezzogiorno d’Italia con forti aperture sull’area balcanica e in tutto il Mediterraneo, che conta su oltre un milione di visitatori. Concludendo l'intervento che ha aperto la manifestazione fieristica meridionale, Vendola ha fra l'altro ricordato la necessità di “insistere sulla strada della qualità. Ma anche della solidarietà. Ho accompagnato – ha aggiunto il governatore - in Abruzzo un carico di 40 tonnellate di uva da tavola che è stata distribuita in tutte le tendopoli: un atto di patriottismo, visto che la nostra si chiama uva Italia. Anche questo è Sud. Al Sud comandavano i boss mafiosi. Ma del Sud erano Falcone e Borsellino. Il Sud è tante cose, e vorremmo con il nostro inchiostro contribuire a scrivere il patto di una nuova Italia, non fuggendo dalle nostre responsabilità, ma non accettando caricature. Negba, in ebraico, vuol dire verso Sud: e questo era il titolo del Festival della cultura ebraica che in questi giorni si è svolto in tante parti di Puglia. Perché gli ebrei furono cacciati secoli fa, e noi ci sentiamo orfani di quella nostra radice, e siamo sempre curiosi di imparare cosa c'è dietro il muro del pregiudizio. Verso Sud scorgiamo il mare, il viaggio disperato dei fuggitivi e dei migranti ci scuote e ci interroga, verso Sud scorgiamo le guerre spesso fomentate dai Nord, verso Sud vediamo Gerusalemme e la Palestina e le nostre speranze di pace troppe volte sepolte nel sangue. E lì è il nostro sguardo, la nostra storia, la nostra casa, la nostra educazione, il nostro amore per la politica e per la vita”.

Negba“Il Festival della cultura ebraica in Puglia "Negba - Verso il Mezzogiorno" – ha aggiunto dal canto suo l'assessore al Mediterraneo della Giunta pugliese Silvia Godelli (nell'immagine assieme all'assessore alla Cultura UCEI Victor Magiar) - ha registrato, nei suoi cinque giorni di realizzazione, uno straordinario successo di pubblico, attraversando ben sette città e coinvolgendo molte migliaia di persone.
“L’obiettivo che assieme all’Unione delle Comunità Ebraiche italiane ci si era riproposti di conseguire è stato dunque pienamente colto, e l’attenzione, la sensibilità, la cordialità con cui sono stati seguiti i dibattiti, le mostre, gli spettacoli,
hanno indotto il Presidente Vendola ad avanzare la proposta che il Festival si possa reiterare in Puglia anche nei prossimi anni, trasformandosi in un appuntamento istituzionalizzato all’insegna della piena sintonia tra la Puglia e i rappresentanti dell’ebraismo italiano.
“Il Festival ha costituito infatti un'azione condivisa di recupero e ha determinato una proiezione amplissima della secolare esperienza ebraica e dell'odierna realtà pugliese, materializzandosi in una presenza con un forte impatto territoriale e dai significativi echi internazionali.
Impegno civile e recupero di "esperienza", di memoria: arte, cultura e dialogo per irrobustire la coscienza democratica del Paese e per ricordare a noi stessi che, anche nell'era della globalizzazione, è possibile incontrare l'altro senza perdere sé stessi”.
Grande la soddisfazione espressa dall'UCEI, che ha ribadito il proprio apprezzamento per il ruolo svolto dalla Regione Puglia e dalle amministrazioni di Andria, Bari, Lecce, Oria, Otranto, San Nicandro e Trani senza il cui contributo questo progetto non si sarebbe potuto realizzare.
“Il comune impegno a continuare questo percorso, a disegnare assieme, Puglia e tradizioni culturali dell’ebraismo italiano, un itinerario di reciproca inseminazione, realizza oggi per noi tutti un orizzonte più largo e un nuovo fervido auspicio di civiltà”.



Mantova letteratura – Claude Lanzmann, Avraham Burg,
David Bidussa e Arrigo Levi per il gran finale


Pubblico MantovaSi è conclusa con una travolgente affermazione di presenze la tredicesima edizione del Festival della Letteratura di Mantova. Un grande successo di pubblico, oltre novantamila persone hanno partecipato agli eventi organizzati in alcune delle location più suggestive della deliziosa città lombarda, e una grande occasione per riflettere su alcune tematiche fondamentali (dalla bioetica alla libertà di stampa) con alcuni prestigiosi relatori, molti dei quali espressioni del mondo ebraico, italiano e non solo. Una dimostrazione ulteriore della grande influenza che questa piccola e testarda minoranza ha sul pensiero moderno occidentale.

Avraham BurgLa via oltre il sionismo di Avraham Burg
È Avraham Burg, ex speaker della Knesset, il Parlamento israeliano, ad aprire l’ultima giornata di incontri. Un personaggio sul quale si è molto discusso, in Israele e non solo, a causa della sua visione molto critica nei confronti dell’ideologia sionista. Durante l’incontro col pubblico mantovano, avvenuto in una sala del cinema Ariston e mediato dal giornalista Meron Rapoport, Burg ha espresso il desiderio che la società israeliana ed i valori che ne sono attualmente alla base vengano ripensati. “Dalla leadership etica dei pionieri del sionismo e dei ‘padri della  patria’ si è passati ad un governo oppressivo ed ingiusto”, il pensiero del parlamentare laburista, che approfitta delle domande che gli vengono poste dal pubblico per raccontare in poche parole la storia del popolo ebraico, sottolineando come non solo di comunità religiosa, ma soprattutto di etnia con una propria cultura si tratti. “Un popolo che desidererebbe vivere da solo in Terra Santa, ma che si deve rendere umilmente conto al più presto che dovrà convivere con gli arabi. Non c’è altra soluzione”, questo il concetto alla base delle riflessioni di Burg, che si scaglia contro il razzismo e l’indifferenza della società israeliana nei confronti della popolazione palestinese. Opinioni personali ma che verranno sicuramente strumentalizzate da chi cerca un qualsiasi pretesto per attaccare un paese dove libertà di stampa e di espressione sono i due cardini più solidi del suo funzionamento democratico

David BidussaDavid Bidussa: “Gli storici devono fare un bagno di umiltà”
L’onore di chiudere la rassegna “Annali di Storia”, un ciclo di eventi che ha dimostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, l’utilità della Storia per analizzare e interpretare il presente, spetta a David Bidussa, storico sociale delle idee che lavora alla Fondazione Feltrinelli di Milano. Nell’incontro di ieri si è parlato del ruolo dello storico e dalla sua presunta oggettività, soprattutto in relazione a questioni che hanno causato grandi dibattiti politici (e non solo) in Italia, come il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro e la stagione del terrorismo, sia rosso che nero, che ha attraversato il nostro paese fino a non molto tempo fa. La critica che Bidussa rivolge agli storici moderni è molto forte: “È un errore pensare che gli storici raccontino sempre i fatti così come sono in realtà”. La verità oggettiva non esiste e non è pensabile che qualcuno ce la possa raccontare, quantomeno gli storici, che nel descrivere gli eventi sono influenzati da troppe variabili. Idee, sensazioni, emozioni e ricordi, oltre all’impossibilità di accedere ad alcune informazioni, magari protette dalla privacy, sono la garanzia della non oggettività, questo il Bidussa-pensiero. “Gli storici dovrebbero occuparsi della ricostruzione del senso della storia, che è ben diverso dalla verità assoluta”, sottolinea , “ma dovrebbero prima di tutto fare un’analisi serena dei propri limiti e smetterla con questo delirio di onnipotenza”. La verità, secondo lo storico livornese, dovrebbe essere comunque qualcosa a cui tendere, ma non dovrebbe essere dettata dalla classe politica, come invece spesso succede. “Basta pensare all’impropria equiparazione dei morti della Resistenza e dei ‘repubblichini’ di Salò”, la sua amara conclusione.

Arrigo LeviArrigo Levi: tra vita e giornalismo
La Chiesa di San Maurizio ha fatto da palcoscenico ad uno degli eventi più interessanti del pomeriggio, quello con Arrigo Levi, uno dei più grandi giornalisti italiani del Novecento. Stimolato e punzecchiato durante tutto l’incontro da Riccardo Chiaberge, firma del Sole 24 Ore, Levi ha definito se stesso “un modenese che è andato in giro il mondo”, prima in Argentina per fuggire dal fascismo, poi in Israele come volontario nell’esercito ed infine a Londra e Mosca come corrispondente. Levi ha approfondito alcune delle fasi più significative della sua vita, soprattutto in relazione alla sua identità ebraica: “È incredibile come cinque secoli, da tanto tempo la mia famiglia si era stabilita nel modenese, non siano bastati ad essere considerati cittadini della nostra patria. Questo è quello che hanno dimostrato le leggi razziali”. L’amara riflessione è uno spunto per una considerazione sulla presunta “normalità” di alcune società civili: “Talvolta, quelle che sono considerate come tali, in realtà si trovano su un crinale invisibile verso la follia”. Inevitabile il riferimento anche alla degenerazione della Germania, prima patria di Goethe e poi terreno fertile per la nascita dell’ideologia nazista. La domanda successiva è su Israele. A Chiaberge che gli chiede perché si arruolò come volontario nell’esercito israeliano per combattere nella Guerra d’indipendenza del 1948, Levi risponde: “Essendo sopravvissuto alle persecuzioni ho sentito un dovere morale verso i cinquecentomila ebrei che si trovavano là, sui quali pendeva la minaccia araba, piuttosto realistica, di essere tutti sterminati”. La conversazione si sposta poi su un tema molto attuale, quello dell’immigrazione. Per riassumere il pensiero di Levi basta forse questa significativa affermazione: “Se volete bene ad un cane, perché avete difficoltà a volere bene ad un rumeno?”.

LanzmannClaude Lanzmann, regista di “Shoah”, chiude il Festival della Letteratura
L’ultimo incontro del Festival è dedicato a Claude Lanzmann, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico francese, e si svolge nel cortile del Palazzo di San Sebastiano. Lanzmann, uno dei personaggi più straordinari di questo secolo, partigiano, sostenitore di Israele e amico di Simone de Beauvoir e Sartre, racconta al pubblico mantovano come è nato il suo capolavoro, “Shoah”, pellicola prodotta nel 1985 dopo dodici anni di intenso lavoro e passione. Un’opera di assoluta importanza storica e di enorme impatto emotivo. Il ricordo avviene non senza polemizzare nei confronti di chi si occupò della doppiatura in italiano del suo film: “Per amore di questo film e dell'Italia ho accettato cose che non avrei mai accettato. Nella vostra traduzione vittime, camefici e contadini polacchi che vivevano accanto ai campi di sterminio sono stati doppiati tutti dalla stessa voce. Mi sembra una cosa assurda”. Il rammarico di Lanzmann aumenta quando, interpellando direttamente il pubblico, si rende conto che ben pochi dei presenti hanno visto il suo film. Fa allora notare che, all’ingresso della sala, è possibile acquistare “Shoah”, insieme a “Pourquoi Israel” e “Tsahal”, gli altri due capitoli della trilogia che lo hanno reso celebre nel mondo. Molte persone, finita la conferenza, colmeranno la loro lacuna.

Adam Smulevich



RabbanutStudio e cultura ebraica
dal sito dell'Ufficio rabbinico di Roma

Da oggi anche l'Ufficio rabbinico di Roma è raggiungibile sul web.
L'indirzzo è 
www.moked.it/rabbanutroma ma presto si potrà raggiungere anche attraverso l'url www.rabbanutroma.org.
Un sito informativo suddiviso in sette aree principali a partire dalla classica area Home, in cui l'ufficio rabbinico si presenta e illustra ai lettori le proprie funzioni generali, all'area kasherut, che spazia dalla lista degli additivi, agli elenchi delle macellerie e dei ristoranti kasher presenti nella Capitale, e ancora: Beth Din, letteralmente "Casa delle regole", è la sezione dedicata al Tribunale rabbinico, nel sito vengono esplicitate le sue funzioni principali, fra queste, conflitti in famiglia, la conversione religiosa e la riammissione alla Comunità da parte di chi vi si era allontanato o cancellato; Articoli, probabilmente l'area più dinamica, che sarà aggiornata con maggiore frequenza, destinata a raccogliere i pensieri, le lezioni e gli interventi del rabbino capo rav Riccardo Di Segni; Ciclo Vita raccoglie invece le informazioni essenziali relativa ad ognuna delle principali tappe della vita: 
la milà, il pidiòn ha-ben, lo zeved ha-bat, il bar-mitzwà, il bat-mitzwà, il matrimonio, mishmaroth, l’aveluth (lutto) e Anniversari. Le preghiere sezione dedicata alla liturgia ebraica. E per finire la pagina Miqwè contenente tutte le informazioni e i contatti necessari per effettuare il bagno rituale. 
 
 
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  Il cattolicesimo e la predominanza inaccettabile

Donatella Di Cesare“Nel nostro paese la religione cattolica non può essere paragonata alle altre religioni. Ha una valenza maggiore, è praticata dalla stragrande maggioranza della popolazione e ha un passato attualissimo. Non la si può mettere sullo stesso piano delle altre religioni” – così ha dichiarato lo scorso 10 settembre il ministro dell’Istruzione Gelmini a proposito della discussa ora di “insegnamento multiconfessionale”. Queste parole, nella loro prevaricante rigidità, impongono una riflessione.
È evidente che tutto ciò che rinvia al molteplice e al plurale sembra nell’Italia di oggi minaccioso e sospetto. L’intolleranza verso ogni forma di differenza è sotto gli occhi di tutti. Con ogni mezzo, lecito e illecito, si cerca di alimentare il mito di una identità italiana autentica e originaria, intatta e integrale (la cui quintessenza più pura sarebbe magari quella padana…). Che ironia per uno dei paesi più eterogenei d’Europa che attraverso le mescolanze e in forza delle diversità ha edificato produttivamente la propria storia! Ma il mito conservatore di una identità integrale, che non permette fratture e incrinature, è l’origine del fondamentalismo religioso e politico che, volendo eludere ogni interna dissonanza, ogni conflitto irrisolto nel sé, finisce per reprimere l’altro dal sé, quell’altro in cui vede rispecchiata la sua alterità.
Il “passato attualissimo” della religione cattolica è l’ebraismo. E se la provenienza è anche futuro, sono i cattolici a precludersi così la possibilità di un’apertura (di cui pure ci sono non poche testimonianze negli ultimi decenni) e di una riscoperta di sé attraverso l’altro e con l’altro. Sorvolando sulla mancanza di correttezza politica (che giustamente ha sottolineato ieri David Bidussahttp://moked.it/blog/liberta/), commette dunque un grave errore non solo il ministro dell’Istruzione. Perfino l’Inquisizione, che ha incarnato il mito della “purezza del sangue”, della passione dell’identità, dell’aberrante senso di missione volto a espellere o inglobare ogni differenza, ha finito per essere utilizzata per abusi e macchinazioni politiche. Farebbero bene i cattolici, quelli che non innalzano la bandiera dell’integralismo, che non vedono ovunque in agguato incrinature e relativismi, a vigilare più che mai. Ne va anche dei loro diritti, della loro libertà, della loro coscienza.

Donatella Di Cesare, filosofa  
 
 
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Rassegna molto magra oggi. La sola notizia è un lutto. E morto per un incidente sul suo aereo militare F16 Asaf Ramon, figlio dell'unico astronauta americano Ilan Ramon, morto anche lui nello schianto della sua navicella. La notizia ha molto colpito il pubblico israeliano che aveva partecipato con grande emozione alla scomparsa dell'astronauta (Van Buren su Repubblica). Per il resto, Peres, che sembra essersi rimesso dal suo malore dell'altro giorno, ha potuto incontrare l'inviato americano Mitchell (Il Giornale). Da leggere, come sempre con interesse, l'analisi di R.A. Segre sul recente viaggio "segreto" di Netanyahu in Russia e sullo stato delle trattative intorno al nucleare iraniano. Per capire le posizioni degli abitanti degli insediamenti ebraici nel West Bank è interessante l'intervista di Mara Vigevani a Dany Dayan sul Tempo.
 
Ugo Volli 

 
 
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notizieflash    
 
 
Netanyahu: no ad un congelamento totale delle colonie,            
sì a concessioni per la pace con i palestinesi
Tel Aviv, 14 set -
"Noi dobbiamo mantenere una posizione di equilibrio fra la necessità di compiere gesti utili a promuovere i negoziati e il processo di pace e quella di permettere una vita normale agli abitanti degli insediamenti", questa la posizione del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu sulle colonie e la sua risposta alle pressioni internazionali per un congelamento totale degli insediamenti. Tutto questo oggi Netanyahu ha voluto ribadirlo a gran voce dinanzi alla commissione Esteri e Difesa della Knesset (il parlamento israeliano). 
 
 
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