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    7 ottobre 2009 - 19 Tishri 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Adolfo Locci Adolfo
Locci,

rabbino capo
di Padova
“Ed avverrà che chiunque sarà rimasto fra tutti i popoli che si erano riuniti contro Yerushalaim, salirà ogni anno a prostrarsi al Re, Signore delle schiere e a festeggiare la festa di Sukkot” (Zecharyà 14:16). “Tutto Israele si radunò per la festa (Sukkot) presso il re Shelomò, nel mese di Etanim cioè il settimo mese (Tishrì)” (I Re 8: 2). “Shelomò celebrò in quel tempo la festa (Sukkot) e con lui tutto Israele ...
davanti al Signore D-o nostro, per sette giorni ed altri sette giorni...Nell’ottavo giorno (Sheminì ‘Azeret) congedò il popolo...”(I Re 8:65-66). Sukkot, sia secondo i riferimenti biblici sia secondo quelli post-biblici, è la festa che coincide con l’inizio della costruzione del Tabernacolo prima e l’inaugurazione del Bet ha-Mikdash poi. Nella haftarà letta il primo giorno di Sukkot, le parole del profeta Zecharyà annunciavano che il Bet ha-Mikdash ricostruito (il secondo) sarà onorato, con il pellegrinaggio a Yerushalaim nella festa di Sukkot, anche dai popoli che hanno contribuito alla sua distruzione.  In quella del secondo giorno (solo in diaspora) si è letto della fine dei lavori di costruzione del primo Bet ha-Mikdash e che il re Shelomò radunò tutto il popolo per la festa di Sukkot. In quella che leggeremo di Sheminì ‘Azeret (anch’essa solo in diaspora), è scritto che il re Shelomò iniziò i festeggiamenti una settimana prima di Sukkot e li concluse il giorno di Sheminì ‘Azeret. Un midrash racconta che quando il re Shelomò decise di costruire il Bet Hamikdash, le Tribù litigarono tra loro perché ognuna voleva averlo sul proprio territorio. Il Signore allora disse: “perché litigate, non siete forse tutti figli di Ya’akov/Israel? Tuttavia, siccome avete partecipato alla vendita di Yosef, e Binyamin fu l’unico a non parteciparvi, il Tempio sarà costruito sul suo territorio. Un’altra spiegazione suggerisce che il Tempio è stato costruito nel territorio di Binyamin perché egli fu l’unico dei figli di Ya’akov a nascere in Erez Israel. Infatti, tutti i figli di Ya’akov nacquero in Mesopotamia e anche Efraim e Menashè, che nel computo delle dodici tribù sostituirono Giuseppe e Levy, nacquero in diaspora in Egitto. Le spiegazioni che motivano la scelta del territorio di Binyamin ci offrono alcuni elementi su cui ulteriormente riflettere: 1. sulla nostra forza/volontà di distinguerci e di non associarci, anche se fossimo i soli, ad una maggioranza votata alla profanazione della Torà; 2. sulla nostra forza/volontà di cominciare a ragionare seriamente sul fatto che, se non i nostri figli magari i nostri nipoti, o almeno i nostri pronipoti, possano nascere in Erez Israel. Se ci miglioreremo in questo senso, forse un giorno si potrà rivivere quella gioia che la Mishnà, così malinconicamente, ricorda: “...chi non ha vissuto la gioia del Bet ha-Shoevà (cerimonia del prelievo dell’acqua dalla fonte di Shiloach che serviva per la libagione sull’altare), non vivrà mai una gioia simile in vita sua” (Sukkà 5:1). Shabbat Shalom e Moadim le-Simchà
A Washington c'è un nuovo gruppo ebraico che fa parlare di sè. "J Street" è nato nel 2007, è composto da ultraliberal sostenitori di Obama e persegue una strategia di "difesa degli interessi di Israele" opposta rispetto a quella delle maggiori organizzazioni ebraiche. A loro avviso deputati e senatori ostili a Israele vanno "ascoltati, sostenuti e anche finanziati". Scommettendo sulla possibilità di fargli cambiare idea.
Maurizio Molinari,
giornalista
maurizio molinari  
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   Il Parlamento italiano e la Knesset uniti da un'intesa

rivlinIl Presidente della Knesset, Reuven Rivlin, a Roma in questi giorni per una visita ufficiale e il Presidente della Camera Gianfranco Fini hanno firmato il primo Protocollo di cooperazione fra la Camera dei deputati e il Parlamento di Gerusalemme, “ultimo anello, di una serie di importanti iniziative condotte dallo Stato Italiano con e per Israele”, come osserva l'onorevole Fiamma Nirenstein, deputata alla Camera nelle fila del Pdl, che a questo accordo ha lavorato con costanza e determinazione per un anno e mezzo grazie anche alla collaborazione e all'opera compiuta da alcuni funzionari della Camera dei deputati e al'impegno di Sharon Nizza. “Quello che è importante rilevare – spiega la Nirenstein – è che questo protocollo di collaborazione è permanente e non decadrà con il concludersi della legislatura. E' la prima volta che un accordo di questo tipo viene concluso”.
“Il Protocollo nasce dall’idea che la cooperazione tra Italia e Israele derivi dalla comune fede nei valori di libertà, democrazia e tolleranza, e stabilisce una serie di obiettivi congiunti tra i due Parlamenti, in cui sono stati istituiti due gruppi di collaborazione che dovranno incontrarsi periodicamente per attuare un concreto lavoro. I due gruppi si dedicheranno a un lavoro comune di progettazione e di studio, in ambito economico, amministrativo e formativo e in generale tutte le sfere che competono alla vita parlamentare,” spiega ancora laparlamentare del Polo, che sottolinea come questo protocollo faccia riferimento alla politica parlamentare e non a quella dei governi.
Il gruppo italiano sarà composto oltre che dall'onorevole Nirenstein che lo presiederà, dai parlamentari Ferdinando Adornato, Massimo Polledri, Emanuele Fiano, Enrico Pianetta, Gianni Vernetti e Luca Barbareschi.
Nell'agenda di Rivlin, che nei giorni scorsi ha già incontrato il ministro degli Esteri Franco Frattini e il presidente del Senato Renato Schifani anche una visita all'Aquila per portare alla popolazione la solidarietà dello Stato d'Israele e ricordare le vittime del terremoto, tra cui uno studente israeliano.

l.e.
(immagine 
per gentile concessione di Enrico Para )




La sukkah degli studenti torna agli inizi dell’architettura

sukkàLa festa di Sukkot e la sukkah stanno attraversando un periodo di rinascita. Come l’immagine della tenda catturò l’immaginazione degli Ebrei che stavano costruendo le sinagoghe suburbane negli anni ’60, riflettendo così sul permanente esodo dai “vecchi quartieri”, la forma semplice, la natura temporanea, e  l’ambientazione domestica dell’umile sukkà toccano il tasto in un periodo, come il nostro, sensibile all’ambiente.
I modesti riti sociali e domestici di Sukkot sono particolarmente affascinanti dopo la solennità dei Yamim Noraim. La transizione è naturale: nel pomeriggio di Yom Kippur, nelle sinagoghe, si legge di Giona seduto nella sua sukkà che guarda su Niniveh, e la tradizione vuole che si costruisca una sukkà per iniziare il giorno che viene dopo Yom Kippur.
sukkà 2Un gruppo di studenti di Architettura della Wesleyan University (Middletown, Connecticut), hanno seguito questa tradizione quando hanno ricostruito la WesSukkah questa settimana. (La sukkà era stata montata la prima volta in Primavera, quando aveva vinto il prestigioso premio Sacred Landscape [Panorama Sacro] della rivista Faith and Form.  La sukkà era stata immaginata come qualcosa che poteva operare sia a livello interpretativo che fisico. Doveva soddisfare una serie di richieste halachiche ma doveva anche interessare ed entusiasmare un pubblico giovanile. Il risultato è stato una struttura ondulata composta di cinque archi d’acciaio sottile coperta con tappeti di bambù attraverso i quali la luce penetra per permettere la necessaria vista del cielo e delle stelle – soltanto una delle tante condizioni concernenti la costruzione della sukkà elencate nella Mishna e nel Talmud.
La sukkà contemporanea è una costruzione rara perché simbolica nella forma e nella funzione. Rappresenta le tende degli ebrei durante le loro perenigrazioni nel deserto del Sinai, ma la sua ri-costruzione annuale in ambiente domestico ricorda il pellegrinaggio a Gerusalemme durante il periodo del Tempio. Anche allora, le capanne costruite dai pellegrini erano strutture deboli; erano costruite in un momento di celebrazione e non di fatica.
sukkà 3Oggi, nell’era della sukkà fai-da-te, la sukkà è stata ancora di più addomesticata.
La WesSukkah rievoca un periodo più semplice, antecedente a quello dei materiali standardizzati e dei modelli prefabbricati. Gli studenti si sono ispirati alla ricerca, lunga secoli, dell’origine dell’architettura nella capanna primitiva, e hanno considerato come le antiche civiltà collegavano gli edifici e l’astronomia.
La forma della WesSukkah riflette il luogo collinoso e il moto del sole nel cielo, ma, come fa notare Gideon Fink, uno degli studenti coinvolti nella costruzione “la sukkà divide il sito con l’Osservatorio dell’Università, composto di due edifici a cupola. Una delle regole più famose nella progettazione di una sukkah è che l’occupante deve essere in grado di guardare le stelle attraverso la s’chach, così abbiamo pensato che fosse giusto che il progetto incorporasse questo collegamento tematico tra la sukkà e l’Osservatorio”.
La WesSukkah non è quello che i suoi committenti, i leader della locale Comunità Ebraica, avevano all’inizio immaginato: una sukkà di tipo tradizionale, riconoscibile, che potesse essere rimontata facilmente ogni anno.
sukkà4Gli studenti, invece, hanno sfidato il concetto di “cabina” e rifiutato completamente la rigidità architettonica della scatola. La struttura-tunnel arcata e ondulata è più organica; invece d’imporsi sul suolo, s’innalza con grazia.
La sua presenza scultorea, che richiama le opere di Robert Stackhouse e Martin Puryear, ricorda i progetti degli Indiani d’America – dalla ‘casa lunga’ alla eel-pot [costruzione a forma di trappola per le anguille].
Gli archi irregolari della sukkà collegano due delle forme architettoniche temporanee (e nomadiche) più antiche del Giudaismo: la tenda e il Tabernacolo. La tenda è la forma preferita nella Genesi, il periodo dei Patriarchi e dell’unità famigliare, mentre la sukkah è l’emblema del popolo Israelita che diventa nazione: è, nella Bibbia, l’architettura della comunità.
“Volevamo trovare un equilibrio tra un’apertura verso l’esterno e il bisogno d’intimità” dice Finck, “ e una semplice struttura a ‘tunnel’ sembrava indicare che la sukkà era soltanto questo – una maniera di andare da un punto all’altro”.
Negli anni ’70, quando ero all’Università, Sukkot era una festa politicizzata che segnava la speranza di un “risorgimento delle Nazioni” e di assemblea a Gerusalemme, ed era collegata alla condizione e alle aspirazioni degli Ebrei Sovietici.
Oggi gli Americani stanno trasformando la festa in modo da collegare la sukkà non solo con Gerusalemme ma con luoghi più vicini. Gli studenti credono di aver contribuito alla presenza ebraica e alla Comunità Ebraica della Wensleyan University creando uno spazio che è più universale perché collegato a diverse tradizioni.
Elija Huge, il professore di Architettura che ha supervisionato il lavoro degli studenti, ha anticipato che la sukkà sarà usata ogni anno. “È stata progettata per essere smontata e rimontata facilmente” dice, “sarebbe bello avere nuove decorazioni ogni anno, ma la struttura in sé durerà, si spera, a lungo”.

Samuel Gruber, Tablet Magazine - ottobre 2009
(versione italiana di Rocco Giansante)
 
 
 
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  vigevaniSegnalibro - Verso Gerusalemme

“ Pensava spesso che quando il Messia sarebbe venuto a condurre gli ebrei alla Terra d’Israele, lui , Abba, avrebbe preferito rimanere a Frampol, nella sua casa sulla collina. Soltanto il Sabato e nei Giorni santi saliva su una nube e si lasciava portare dal vento a Gerusalemme.“ Isaac B. Singer (Gimpel l'idiota)

Marco Vigevani, agente letterario

 
 
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I magistrati europei vanno a caccia 
dei "most wanted fugitives" d'Israele


Due settimane fa nel cuore di Londra, a Covent Garden, militanti filopalestinesi hanno costretto alla chiusura il negozio della linea di bellezza israeliana Ahava. Intanto i principali sindacati inglesi approvavano il boicottaggio delle merci d'Israele. Pochi giorni più tardi, il vice premier israeliano Moshe Yaalon veniva "consigliato" di non recarsi a Londra per il rischio di essere arrestato con l'accusa di "crimini di guerra". Yaalon era stato invitato a un evento di beneficenza che si terrà nella capitale britannica a novembre. Anche il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, è appena tornato dalla capitale inglese e anche su di lui pendeva la minaccia di arresto (si è parlato di un rientro precipitoso a Tel Aviv). Sono i primi frutti del rapporto Goldstone per il Consiglio dell'Onu sui diritti umani, che accusa Israele di "crimini di guerra" a Gaza. Da anni ormai la magistratura inglese si è arrogata il diritto di agire da tribunale internazionale contro i "crimini israeliani in Palestina", perseguendo i militari israeliani esattamente come la Corte dell'Aia ha fatto con quelli serbi e croati. Il 10 settembre 2005 il generale Doron Almog stava atterrando a Londra con un volo El Al, quando l'ambasciata israeliana lo avvertì che c'era un ordine di arresto emesso da un magistrato inglese per violazioni della convenzione di Ginevra. Almog tornò a casa, senza neppure scendere dall'aereo e Downing Street fu costretta a porgere le proprie scuse. Sul generale Almog pende un mandato d'arresto di un magistrato londinese per l'accusa di aver distrutto 59 case di palestinesi vuote durante un'operazione a Gaza. Procedura inaugurata in tutta la Palestina proprio dalle truppe inglesi tra il 1918 e il 1948. L'ex ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni a gennaio ha rischiato di non arrivare a Bruxelles per illustrare l'operazione israeliana a Gaza, a causa delle voci di un arresto pendente nei suoi confronti. Il giudice spagnolo Fernando Andreu ha appena aperto un'inchiesta sull'ex ministro della Difesa israeliano Benjamin Ben-Eliezer e su sei alti funzionari militari accusati di aver organizzato nel 2002 un bombardamento nella Striscia di Gaza contro l'esponente di Hamas Salah Shehadeh. Nel dicembre 2007 il ministro israeliano per la sicurezza interna Avi Dichter rinunciò a partecipare a una conferenza in Gran Bretagna sulle prospettive del processo di pace per non rischiare di essere arrestato. L'ex premier Ariel Sharon è stato per anni braccato dal Belgio e nel 2005, durante l'Assemblea generale dell'Onu a New York, non accettò l'invito di Tony Blair per una visita di stato in Gran Bretagna: temeva di essere arrestato dalla polizia inglese all'aeroporto per presunti reati commessi in Israele durante la sua azione di contrasto al terrorismo. Il generale israeliano Aviv Kokhavi nel 2006 progettava di andare in Gran Bretagna per alcuni corsi di un'accademia militare britannica, ma ha rinunciato al suo progetto per paura di essere arrestato per "crimini di guerra". Intanto i comandanti di brigata israeliani devono celare il volto in pubblico o quando sono in uniforme. Soltanto i vertici dell'esercito devono poter affrontare le conseguenze giuridiche. "Finita la guerra vera, inizia quella legale", dice Gerald Steinberg della Bar Ilan University e direttore di NGO Monitor, il quale spiega che la guerra legale fa parte "della strategia Durban": "Israele è come il Sud Africa dell'apartheid e i suoi criminali di guerra non devono poter essere parte della società globale". Quest'offensiva legale internazionale ha lo scopo di intimidire, isolare e strangolare la libertà di movimento israeliana, come si fece con quella sudafricana. Giorno dopo giorno, Israele diventerà sempre più debole, come accadde al sistema dell'apartheid. In Spagna un sito web pubblica le versioni in ebraico e inglese degli avvisi di garanzia per una dozzina di politici israeliani. Il sito lancia un appello a chiunque "abbia informazioni sulla presenza dei sospetti fuori dai confini di Israele e di notificarlo al Prosecutore dell'Aja" . Le schede hanno cenni biografici e descrizioni fisiche dei sospetti . In Spagna così si faceva anche durante l'Inquisizione.

Giulio Meotti, Il Foglio 7 ottobre 2009

 
 
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Israele, chi guida produce corrente                                                    
Tel Aviv, 7 ott -
Per la prima volta in Israele automobilisti in transito su un breve tratto di strada hanno prodotto, a loro insaputa, corrente elettrica. E anche in quantità non indifferenti. A darne la notizia enfatizzando l'avvenimento è la stampa israeliana. In futuro, se il sistema prendesse piede, sarebbe possibile illuminare interi rioni se nelle loro vicinanze ci fosse una strada di gran traffico. In Israele rientrano in questa categoria strade per complessivi 250 chilometri. Dietro a questo promettente sviluppo tecnologico c'é la società Innowattech che dice di essere riuscita a mettere a punto un sistema in grado di trasformare energia meccanica in energia elettrica. Il punto prescelto per il primo esperimento, questa settimana, è stato l'incrocio stradale di Emek Hefer, a nord di Tel Aviv. Speciali generatori, messi a punto dalla società, sono stati collocati ad una profondità di 5 centimetri sotto l'asfalto, per un tratto iniziale lungo 10 metri. Il passaggio delle automobili li ha attivati e ha prodotto energia che è stata conservata mediante batterie collocate ai margini della strada. In una fase iniziale, afferma la stampa, questo sistema potrebbe produrre energia sufficiente ad illuminare le strade e i cartelli segnaletici. In futuro potrebbe essere messa a beneficio di quartieri residenziali vicini. Il quotidiano Yediot Ahronot precisa che la iniziativa ha già destato interesse in Italia e in Grecia. Secondo i responsabili della società la nuova tecnologia potrebbe rivelarsi particolarmente vantaggiosa in Paesi di dimensioni vastissime, dove il trasporto di corrente elettrica è costoso e dove dunque la sua produzione locale, nel rispetto dell' ambiente, sarebbe certamente benvenuta.
 
 
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