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L'Unione informa |
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13 ottobre 2009 - 25 Tishri 5770 |
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alef/tav |
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Roberto Della Rocca, rabbino |
Nella prima sezione della Torah che leggeremo sabato prossimo il rapporto di coppia è definito col termine conoscenza, “Adamo aveva conosciuto Eva sua moglie che rimase incinta…” (Gen. 4, 1). Il verbo iadà,
conoscere intimamente, è quello usato dalla Bibbia per l’atto sessuale.
Non ci sono aspetti mitici, figure animali che attenuino il senso della
cosa, come cicogne o aquile. Ci sono espressioni linguistiche dirette,
considerate però delicate, pudiche. Adamo Eva; la lingua è
riuscita a trovare una parola per l’atto sessuale che non è né
approssimativa, né oscena, né romantica, né prosaica, che è conoscere,
parola che verrà tra l’altro perfezionata - anche la Torah dentro
se stessa ha dei perfezionamenti -: per Isacco e Rebecca non
verrà più usato il termine iadà, aveva conosciuto, ma direttamente ahav, amò (Gen. 24, 67). La conoscenza è un inizio, l’amore è un coronamento, un perfezionamento.
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Non si può essere al tempo stesso terra promessa e frontiere. |
Vittorio Dan Segre,
pensionato |
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Il papa in sinagoga il 17 gennaio 2010
Attraverserà
la sponda del Tevere papa Benedetto XVI e ad attenderlo in sinagoga ci
sarà il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Dopo Giovanni Paolo II
che si recò al Tempio maggiore di Roma il 13 aprile 1986 quando ad
accoglierlo c'era il rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma Elio
Toaff, seconda storica visita di un papa alla comunità ebraica romana
in occasione della diciassettesima Giornata per l'approfondimento e lo
sviluppo del dialogo fra cattolici ed ebrei che coincide quest'anno con
il 2 di Shevat 5770 del calendario ebraico,
tradizionale ricorrenza a Roma del Mo'ed di Piombo (in memoria dello scampato pericolo per
un tentativo di incendio al Ghetto di Roma nell'anno 1793). La Giornata
per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed
ebrei è stata istituita da papa Giovanni Paolo II nel 1990 ma lo scorso
anno è stata celebrata senza la presenza della comunità ebraica
italiana, a causa del ripristino da parte di papa Ratzinger della
preghiera del Venerdì Santo e, più in generale, dalle tesi sul dialogo
da lui più volte espresse. Il 22 settembre scorso, dopo un incontro tra
il presidente della Cei, il card. Angelo Bagnasco, il presidente
dell'Assemblea rabbinica italiana, Giuseppe Laras, e il rabbino capo di
Roma, Riccardo Di Segni, in occasione del Capodanno ebraico, la
celebrazione congiunta della giornata è stata ripristinata.
Al Museo di Bologna una mostra per documentare il contributo della cultura ebraica alla società italiana
"Prima
di tutto desidero formulare gli auguri più calorosi per i primi dieci
anni di vita del Museo Ebraico di Bologna e per il felice proseguimento
delle sue attività". Così il Presidente dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Renzo Gattegna intervenendo all'inaugurazione di'Il
Network prima di internet: personaggi e documenti visioni e suoni della
modernità ebraica nel tempo', mostra evento che il Museo Ebraico di
Bologna ha voluto raccontare in occasione del decimo anniversario della
sua nascita e che rimarrà aperta fino al 6 gennaio 2010. Il progetto
della Mostra ideato dal Coinsiglio della Fondazione Museo Ebraico di
Bologna (MEB) e realizzato da Gabriella Castelli di Laboratorio delle
Idee di Bologna con la supervisione di un comitato scientifico di cui
fanno parte Annie Sacerdoti già consigliera dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane e attualmente chair-culture and heritage ECJC
(European Council of Jewish Communities), Giacomo Saban direttore de
'La Rassegna Mensile di Israel', il rav Giuseppe Laras presidente
dell'Assemblea dei Rabbini d'Italia e Franco Bonilauri, direttore del
Museo, prevede tre sezioni di sviluppo all'interno del Museo. Una prima
sezione nella quale è collocata un'opera multimediale che racconta
attraverso immagini e suoni alcune personalità ebraiche che, ciascuno
nella propria area tematica (medici, imprenditori, impegno a favore
della nazione, scienziati, scrittori)con la loro opera hanno lasciato
un segno nella comunità non solo ebraica. La seconda sezione è dedicata
alle Interviste impossibili, dialogo in chat fra un adolescente e i
cinque testimoni (uno per ciascuna area tematica)per comprenderne la
concreta modernità. Infine la terza sezione accompagna le
suggestioni multimediali con l'esposizione di volumi rari mai esposti
prima: un nucleo di 13 libri antichi a stampa del XV e XVI secolo e un
manoscritto, provenienti dalle più importanti biblioteche dell'Emilia
Romagna. "La mostra che oggi inauguriamo “Il network prima di
Internet”, è un’ulteriore prova della capacità dei responsabili del
Museo di Bologna, di organizzare attività che si distinguono per la
loro qualità e la loro modernità.- ha spiegato il Presidente Gattegna -
In questa mostra, infatti, è molto apprezzabile il modo in cui,
attraverso l’uso delle nuove tecnologie, si riesce a proporre al
visitatore contenuti di alto valore culturale e sociale con un
linguaggio moderno, semplice e immediato, prestando una particolare
attenzione al mondo giovanile e, quindi, studentesco".
(La mostra sarà aperta al pubblico da domenica a giovedi dalle 10 alle 18. Il venerdi dalle 10 alle 16, chiuso il sabato).
Qui Ferrara – Una birra con David Polonsky
Racconta la bellezza e il dolore della terra d'Israele. David Polonsky
è uno degli ospiti più attesi qui a Ferrara, al Festival della
rivista Internazionale. L'artista israeliano più conosciuto e
amato, art director dell'acclamatissimo film d'animazione Valzer con
Bashir, o, come preferisce dire lui, “quello che fa i disegni”, ha
raggiunto la notorietà mondiale proprio grazie al capolavoro del
cineasta Ari Folman. Nel
successo della formula del cartone gioca un ruolo essenziale la
profonda sensibilità poetica per i sentimenti dei personaggi, dote già
ampiamente dimostrata da Polonsky nel corso della sua attività. La resa
di importanti sfumature emozionali, della dimensione
oniricheggiante dei ricordi del protagonista, della poesia di certe
luci mediorentali, dall'alba sui colli libanesi ai bagliori della
guerra, bellissimi e tremendi, non sarebbe stata possibile senza
l'abilità di questo genio dell'animazione. L'impatto sullo spettatore
non sarebbe stato altrettanto intenso e indimenticabile senza la sua
arte. Le suggestioni visive che Polonsky propone in questo lavoro sono
l'unico mezzo espressivo cui si è potuta affidare la memoria del
regista. E tutto questo il pubblico lo comprende bene. La coda per
entrare nello splendido teatro comunale di Ferrara arriva fin
dall'altra parte della piazza: Internazionale ha invitato, con
Polonsky, Joe Sacco, fumettista, campione del comics journalism,
controverso autore di Palestina: una terra occupata, e Patrick
Chapatte, fumettista elvetico-libanese, collaboratore di “International
Herald Tribune”, “Neue Zürcher Zeitung” e “le Temps”, nonché autore di
Dans l'enclos de Gaza. Il giornalista Luca Sofri parla, con questi tre
grandi artisti, del fumetto come nuovo modo di raccontare il
Medioriente, e in generale le situazioni di crisi nel mondo. Infatti
anche Polonsky, che non nasce precipuamente come fumettista, si è
cimentato in questo genere: è da poco uscito il graphic novel tratto da
Valzer con Bashir.
S'interroga
Sofri, “qual'è il rapporto del disegnatore con la verità
giornalistica?”. La questione è di non poco conto. Come garantire
l'oggettività e la completezza di un reportage grafico?
L'agguerritissimo Joe Sacco è costretto a concordare con Polonsky
quando dice che “già la scelta di disegnare significa prendersi delle
libertà, e il punto di vista dell'artista è determinante. Si può
cercare di essere onesti, non oggettivi.” Sacco non può contraddire: “è
vero, ma io, anche da giornalista, preferisco mettermi nei panni della
vittima”, convinto com'è che ce ne sia una sola. A differenza di
Sacco e Chapatte, l'israeliano rifiuta il titolo di giornalista: “Io
sono un artista - dice – racconto le storie di altri, le loro e le mie
emozioni. Se questo lavoro ha valore giornalistico, il mio contributo
non riguarda questo aspetto”. Mantiene un profilo basso, David
Polonsky, sembra quasi intimidito. Nonostante le non poche
sollecitazioni del pubblico evita accuratamente di parlare di politica. È
solo dopo la fine della conferenza, davanti ad una birra fredda, che
decide di confidarsi. Ci parla di tutto, del suo mestiere, della sua
vita, del suo rapporto con Israele e con la religione ebraica, tocca
anche argomenti intimi, discorre coi giovani giornalisti e col collega
Chapatte come se fossero suoi amici, senza filtri, senza imbarazzi. Un
gigante buono, educato e sensibile. Il suo faccione amichevole e un po'
melanconico non nega un sorriso a nessuno. É un artista di fama
mondiale, tiene seminari nelle più importanti accademie d'arte degli
Stati Uniti e al contempo è così alla mano che ti fa dimenticare,
durante la conversazione, chi è veramente. “Sono stufo di sentirmi
parlare” - dice, e sembra quasi che abbia più voglia di ascoltare.
Vuole conoscere le storie dei suoi interlocutori, l'intervistato che fa
domande: “le persone, i loro gesti, le espressioni e i sentimenti: è
questa la materia prima del mio lavoro”. Anche in questo contesto
più ristretto non gli garba troppo l'argomento politico: non
esita a definire atroci le sofferenze causate dall'ultimo intervento
dell'esercito israeliano nella striscia di Gaza, ma ci tiene a ribadire
l'irrilevanza della sua opinione politica. Lui è un'artista, “e non
mischio mai arte e politica”. Sa che il film di Folman “è stato
duramente criticato dalla destra, ma io non voglio avere nulla a che
fare con le polemiche. In Israele ognuno ha esperienze diverse, storie
diverse, opinioni diverse. Io mi sono limitato a raccontarne una,
facendo solo il mio lavoro di disegnatore. Non sono un politico, né uno
storico, né un giornalista. Posso al massimo dire di essere soddisfatto
se il mio film ha costretto la gente a parlare di una questione di cui
prima si parlava poco e malvolentieri.” Ora il film, sull'onda del
successo mondiale, è diventato un libro. O meglio un graphic novel, un
romanzo illustrato. “Di solito non faccio fumetti, ho sperimentato
sempre tanti generi e tanti stili, il fumetto è la prima volta. Ho
scoperto che può celare un grande lavoro intellettuale, a differenza
del film che invece punta più sull'emotività, con la musica e gli
effetti. Devo dire che l'idea del graphic novel non è stata mia -
confessa - me l'ha proposta l'editore, ma sono molto contento di averci
lavorato. È stata un'esperienza artistica interessante.” È vero,
Polonsky si è cimentato in tanti generi artistici differenti,
dall'animazione a computer ai ritratti, dalla scultura ai disegni a
matita. Da questo punto di vista è paragonabile ad alcuni artisti a
tutto tondo dell'epoca rinascimentale. “Non penso, ora, di
fossilizzarmi su un genere unico. Per esempio il progetto cui sto
lavorando adesso è un libro per bambini.” Un ritorno alle origini:
infatti il giovane promettente israeliano, iscrittosi all'accademia
Bezalel di Gerusalemme dopo aver fallito il test di ammissione alla
facoltà di biologia, si mise presto in luce, all'inizio della carriera
e poi per diversi anni, con bellissime illustrazioni per i libri per
bambini. “Non sono mai stato chiuso alle sperimentazioni, anzi
m'incuriosiscono e m'intrigano”. Ma, nonostante le sue esperienze
all'estero e la moda dei giovani artisti di espatriare, sarà difficile
per Hollywood portarlo fuori dal suo paese. Non è un uomo di fede,
David Polonsky, lo dice a chiare lettere, ma il suo legame con la Terra
Promessa è indissolubile. “Sono stato alcuni mesi a New York, che per
me è un ambiente molto stimolante. Ma tornare a Tel Aviv è stata una
gioia. Israele, con tutti i suoi difetti, fa parte della mia storia,
umana e artistica. Mi piace lavorare lì, è per me anche fonte
d'ispirazione”. Ci confida che, per esempio, gl'indimenticabili
bagliori arancioni che si vedono nella scena madre del film
“riproducono quelli che vedevo io da Haifa, a otto anni”. L'infanzia
l'ha trascorsa nella città del nord, vicino al confine libanese, ed è
rimasto indelebile nella sua memoria “il ricordo di quei bagliori che
riempivano il cielo, che ti davano l'impressione che ci fosse qualcosa
di superiore, che dominava tutto.”
Manuel Disegni
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pilpul |
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Rotschild Boulevard - Le ragioni di un successo
Israele, a differenza dell'Italia, è un paese per giovani.
Abbondano le start-up di successo, c'è più meritocrazia, e via dicendo.
I giovani israeliani sono bravi e si rimboccano le mani, spesso
raggiungono risultati da fare invidia a tutto il mondo, specie in campi
come l'alta tecnologia e le scienze biomediche: va bene, tutto vero,
però questo lo sapevamo già da un pezzo. Questa volta vorrei
concentrarmi su un altro aspetto dell'economia e della ricerca
israeliana. Ovvero: se i giovani imprenditori e ricercatori israeliani
hanno così tanto successo è anche perché c'è qualcuno che crede in
loro. Prendiamo un esempio di questi giorni: Accept Software, una
piccola start-up informatica che ha appena annunciato di avere raccolto
17 milioni (di dollari, per la cronaca, manco di shekel) da un discreto
numero di investitori. E questo nonostante la crisi economica, che si
fa sentire come altrove anche in Israele. Ora, non dubito che i
ragazzi di Accept Software siano davvero molto bravi, altrimenti con
ogni probabilità non avrebbero ottenuto tutti questi investimenti. Ma
il punto è anche un altro. Ovvero: se Israele è anche la Terra Promessa
dell'innovazione, non è solamente perché ha ricercatori e ingegneri
molto bravi. Evidentemente esiste anche una cultura della ricerca, non
solo da parte dello Stato ma anche dei privati. Se si vuole innovare,
bisogna rischiare, investire nelle nuove idee e, di conseguenza, nei
giovani. Cari imprenditori italiani, prendete appunti. E magari fate un
salto a Tel Aviv.
Anna Momigliano
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rassegna stampa |
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Anche
oggi, poche notizie fresche. Prevalgono i commenti, in primo luogo sul
deterioramento delle relazioni fra Israele e la Turchia segnalato
dall'annullamento delle manovre aeree che dovevano cominciare oggi.
Suggerisco al nostro lettore di considerare le idee espresse da
un'editoriale non firmato del Jerusalem Post, da Angelo Pezzana su Libero e da Alberto Negri sul Sole.
Sono tre pezzi molto diversi, ma tutti preoccupati per lo spostamento
dell'equilibrio regionale che si prospetta con l'allineamento della
Turchia al blocco islamista e la rottura dell'alleanza strategica che
si prospetta. A questo tema si può accostare l'"offensiva di charme"
che la Turchia sta esercitando in Francia, gli accordi con l'Armenia di
cui si sono lette le notizie nei giorni scorsi e soprattutto
l'intervista pubblicata sabato da Libero al ministro degli esteri turco
Ahmet Davotoglu, un testo che è difficile non definire arrogante nei
confronti dell'Unione Europea, oltre che di Israele. Fra gli altri commenti e inchieste, segnalo il pezzo di Guido Olimpio sul Corriere,
come sempre molto informato sullo svolgimento dei conflitti aperti e
segreti sulla faglia fra Occidente e Islam, questa volta dedicato alle
informazioni che corrono sul web e permettono l'armamento di
attentatori solitari come quello della caserma Perrucchetti di Milano.
Vi sono molti siti islamisti che riportano istruzioni dettagliate su
come costruire bombe e come usarle. Del resto, questa non è il primo
attentato di un "lupo solitario" in Italia. E' interessante ricordare,
col pezzo su Libero
siglato A.M., che nel 2002 ci fu un attentato alla sinagoga di Modena,
senza che l'attentatore riuscisse a uccidere altri che se stesso
e poi un altro a Brescia. Altre notizie. Alla camera si apre una mostra sui "giusti dell'Islam" che aiutarono ebrei durante la Shoà (La discussione, Il Secolo d'Italia), se n'è andato Tommaso Berger, l'industriale ebreo che inventò il caffè Hag (il Sole),
qualche decina di liceali israeliani starebbe pensando di scrivere una
lettera di rifiuto della leva, cosa che Eric Salerno sul Messaggero
trova assai commendevole; un altro iraniano è stato condannato a morte
fra l'indifferenza generale (Il Sole: pensate se Israele si mettesse a
impiccare i palestinesi, cosa non accadrebbe nelle cancellerie e per
strada!). Francesco Palmas su Avvenire parla della grande quantità di armamenti che si trovano nel Mediterraneo, che alcuni pretendono di vedere come un mare di pace. Mentre perfino Francesca Marretta su Liberazione registra altri segni di conflitto fra Hamas e l'Autorità Palestinese, Romano Prodi sostiene in un articolo sul Messaggero
la possibilità e la necessità della riconciliazione fra i palestinesi,
dando stranamente per scontato che in questo caso sarebbe la posizione
ufficiale dell'Autorità Palestinese di lealtà ai trattati e di
accettazione dell'esistenza dello Stato di Israele a prevalere, il che
non è affatto scontata. L'articolo dell'ex presidente del consiglio si
legge dunque come un esercizio di fantasia o quanto meno come
un'immagine molto sfocata dello stato delle cose in Medio Oriente. Si
può pensare quel che si vuole della situazione politica attuale in
Italia, ma certamente che la politica estera del nostro paese non sia
più guidata da una visione del genere è un fatto importante. Ci sono inoltre tre articoli storici di particolare interesse: uno di Lorenzo Cremonesi sul Corriere a proposito dell'"ultimo ebreo di Kabul" ("una volta eravamo 40 mila"), uno sull'Avvenire a proposito degli schiavi di cui la fabbrica Porsche si avvalse durante la Shoà; uno di Antonio Carioti (Corriere della Sera) sugli ebrei francesi, sempre durante l'occupazione nazista.
Ugo Volli |
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notizieflash |
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Bruxelles, forse una nave israeliana aiuterà la Nato nell'operazione contro il terrorismo Bruxelles, 13 ott - Fonti
della Nato riferiscono che quest'ultima sta valutando l'offerta di
Israele di contribuire con una nave militare all'operazione
antiterrorismo Active Endeavour, nata nel 2001 dopo l'attacco alle
Torri Gemelle, il cui comando ha sede a Napoli. Active Endeavour è
l'unica operazione Nato 'articolo 5' (la clausola di difesa collettiva
che stabilisce che un attacco contro uno o più stati membri è
considerato un attacco contro tutti) aperta anche agli altri partner
dell'Alleanza. Dal 2004 la Nato ha offerto ai Paesi partner di
partecipare, ed oggi alle attività di pattuglia del Mar Mediterraneo
prendono parte anche Russia, Ucraina e il Marocco sta valutando di
partecipare assieme agli altri Paesi 7 Paesi arabi che già fanno parte
del Dialogo Mediterraneo. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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