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L'Unione informa |
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22 ottobre 2009 - 4 Cheshvan 5770 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Noè,
Noach in ebraico (il nome si scrive con due sole consonanti, la nun e
la chet), è il protagonista del racconto del diluvio che leggeremo
questo Shabbat. Un gioco didattico classico di ortografia ebraica si
basa sul fatto che è possibile scrivere questo nome cortissimo facendo
ben sette errori. La tradizione masoretica divide le parashot facendo
cominciare quella di Noach con il verso 9 del capitolo 6, ma Noach è
già nominato al verso precedente, ultimo della parashà di
Bereshit, che dice “e Noè trovò grazia agli occhi del Signore”
rispetto all'umanità circostante. Circostanza interessante per chi
legge in ebraico: “grazia” è chen, che si scrive con le consonanti chet e nun. E' un Noach alla rovescia. Magari bastasse leggere il proprio nome alla rovescia per trovare grazia.
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Undici
domande in occasione del convegno mondiale del Presidente Shimon Peres
a Gerusalemme. Se è vero che l'appoggio allo Stato ebraico e la memoria
della Shoah sono ormai i due pilastri su cui si costruiscono l'identità
degli ebrei contemporanei, la percezione che il mondo ha di loro, e i
rapporti stessi fra i diversi mondi ebraici in Israele, negli Stati
Uniti e in Europa, di chi è la colpa? Se qualcuno ha cercato di imporre
questi parametri al collettivo ebraico globale, chi è oggi in grado di
produrre alternative culturali ebraiche diverse, originali nei
contenuti, e attraenti al di là dei pochi addetti ai lavori? E per il
mondo non ebraico, se eliminiamo dal discorso la diade Israele-Shoah,
qual è lo spazio diverso concesso agli ebrei? È l'esegesi e la pratica
religiosa il terreno sul quale la società civile ebraica e non ebraica
pensa di costruire questa alternativa? E quale religione? È la buona
cittadinanza e l'aderenza all'identità politica del paese, o a quella
in fieri dell'Unione Europea? E sulla base di quale contributo
originale di opinione ebraica? Se le idee in circolazione sono stantie,
rigide, caduche, dove sono le nuove idee? Esistono reali impedimenti
alla libertà creativa, e se sì, chi detiene le chiavi per ridare
libertà a queste ali tarpate? Cosa c'è oggi dentro il "noi" degli ebrei
che non viene fuori? E se non viene fuori, perché? |
Sergio Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme
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Champions League – Il Maccabi spaventa la Juventus
Maccabi
contro Juventus, ovvero Davide contro Golia. Le armi a disposizione
degli israeliani, ottimo gioco corale e buone individualità, non sono
però risultate sufficienti per abbattere il gigante bianconero, squadra
esperta e tecnicamente superiore. Sospinti dal caloroso tifo dei propri
supporter e simpatizzanti, giunti in quantità considerevole (oltre un
migliaio) da Israele e da molte comunità ebraiche italiane, i “verdi”
di Haifa hanno comunque per lungo tempo accarezzato il sogno di uscire
indenni dallo stadio Comunale di Torino. Una speranza concreta,
considerata l’ottima partita disputata, nella quale hanno mostrato una
buona tenuta difensiva ed una naturale predisposizione al gioco
offensivo, tanto che il migliore in campo è risultato il portiere
bianconero Gigi Buffon, autore di una prestazione di altissimo livello. Primo
brivido in avvio di partita, con il colpo di testa di Dvalishvili,
lasciato colpevolmente libero nel cuore dell’area di rigore dalla
distratta difesa bianconera, e la prodigiosa risposta del portierone
juventino, che deviava il pallone in calcio d’angolo. Il pericolo corso
aveva l’effetto di svegliare gli undici di Ferrara che, da quel
momento, cercavano di prendere in mano le redini del match. Qualche
buono spunto di Diego, un bel calcio di punizione di Grosso ed una
velenosa zampata sotto porta di Trezeguet mettevano a dura prova le
coronarie dei tifosi israeliani, ma nel complesso il Maccabi reggeva
bene il campo. Passati i primi venti minuti di sofferenza, il ritmo
della partita calava e gli uomini di Levy incominciavano a prendere
fiducia nei propri mezzi e, lasciato da parte un certo timore
reverenziale nei confronti di un avversario così prestigioso,
incominciavano a farsi vedere dalle parti di Buffon, soprattutto
con Rafaelov e Dvalishvili. Ma era soprattutto una pericolosissima
azione di contropiede, non sfruttata adeguatamente dagli attaccanti
israeliani, a portare il Maccabi vicinissimo al vantaggio, pochi
secondi prima della fine della prima frazione di gioco. Al
ritorno in campo dopo l’intervallo, il Maccabi presentava due novità:
Zaguri e Ghadir. Una mossa molto coraggiosa da parte di Levy,
considerata la giovane età (e la conseguente scarsa esperienza
internazionale) dei due giocatori, entrambi under 20. Ma era la
Juventus a fare la partita, tanto che dopo appena tre minuti trovava il
goal del vantaggio con un colpo di testa di Chiellini su cross del
talentuoso Diego. La gioia liberatoria del giocatore pisano (ma
cresciuto nel Livorno) al momento della rete mostrava quanto fosse alto
il livello di tensione dei bianconeri nell’approcciare questa partita.
Gli israeliani accusavano il colpo e la Juventus provava ad
approfittarne per chiudere la partita. Diego dava spettacolo ed un suo
delizioso pallonetto fuori di poco otteneva gli scroscianti applausi
del pubblico torinese. L’occasione più significativa capitava
però sui piedi di Trezeguet. Un tiro a botta sicura del centravanti
franco-argentino sembrava destinato in fondo alla rete, ma il
centravanti bianconero doveva fare i conti con il bravissimo
Davidovitch, che gli negava la gioia del goal. Maccabi in grande
sofferenza e Juventus sempre più pericolosa. Al sessantottesimo poi,
con la giusta espulsione di Dutra (entrato in campo da nemmeno un
quarto d’ora) per un fallaccio su Chiellini, le cose sembravano
complicarsi ulteriormente. Paradossalmente, invece, gli israeliani
traevano forza dall’inferiorità numerica, che dava loro la possibilità
di compattarsi, e si buttavano all’attacco. Sulla loro strada, però,
trovavano nuovamente i guantoni di Buffon. Come al trentesimo minuto,
quando il portiere bianconero deviava in angolo un siluro del brillante
Dvalishvili, una costante spina nel fianco della difesa juventina.
Dall’altra parte del campo, invece, era Camoranesi, qualche minuto
dopo, ad andare vicino alla rete, ma il suo tiro di punta si andava a
stampare sul palo. Gli ultimi minuti di gioco, però, erano quasi
esclusivamente di marca israeliana, con il Maccabi abilissimo nello
sfruttare le corsie esterne e nel giocare di rimessa, come al
novantaduesimo quando, con un azione di contropiede (ed un contropiede
in dieci contro undici è davvero difficile), permettevano a Ghadir di
presentarsi tutto solo davanti a Buffon. Ma la conclusione del giovane
talento trovava l’opposizione miracolosa del numero uno bianconero. Era
l’ultimo brivido del match e, pochi istanti dopo, arrivava il triplice
fischio dell’arbitro a sancire la fine dell’ostilità. Un’altra
sconfitta per il Maccabi, ancora a quota zero nel girone preliminare
della Champions League, ma autore di una grande prestazione che gli
permette di uscire ancora una volta a testa alta dai campi del “salotto
buono” del calcio europeo.
Juventus-Maccabi Haifa: 1-0 Marcatore: Chiellini al 3' s.t. Juventus (4-2-3-1):
Buffon; Zebina (35' p.t. Caceres), Cannavaro, Chiellini, Grosso; Felipe
Melo (17' s.t. Poulsen), Sissoko; Camoranesi, Diego, Giovinco;
Trezeguet (36' s.t. Amauri). (Manninger, Legrottaglie, De Ceglie,
Iaquinta). All. Ferrara. Maccabi Haifa (4-4-2):
Davidovitch; Meshumar, Teixeira, Keinan, Masilela (1's.t. Zaguri);
Osman, Boccoli, Culma, Refaelov (12' s.t. Tiago Dutra); Dvalishvili,
Arbeitman (1's.t. Ghadir). (Edri, Harazi, Maymon,
Strahman). Allenatore: Elisha Levi.
Adam Smulevich
Champions League - Calore e passione sugli spalti
“Almeno
ci abbiamo provato” ci dice sconsolato un tifoso tutto bardato di verde
all’uscita dello stadio. Novanta minuti di cori, applausi, qualche
improperio ma alla fine il Maccabi non è riuscito a invertire i
pronostici. Eppure i tifosi ci hanno creduto fino al fischio finale,
supportando la loro squadra per tutta la gara e solo un miracolo di
Buffon a tempo scaduto, non gli ha permesso di gioire per un goal che
dalla curva sembrava fatto. Per la partita dell’Olimpico sono
arrivati da Israele circa un migliaio di supporter, a cui si sono
aggiunti i “locali” con comitive da Roma e Milano, oltre ovviamente ai
torinesi. Tutti a riempire di verde il settore ospiti per un colpo
d’occhio davvero suggestivo: sciarpe, felpe, bandierine del Maccabi
oltre a qualche bandiera israeliana che davano un tocco di colore al
mogio stadio bianconero. Israeliani e italiani insieme hanno incitato
gli Yerukim di Elisha Levi (allenatore), cercando di infondere coraggio
alla squadra anche dopo il goal di Chiellini. Insieme, in modo
colorito, hanno mandato a quel paese i tifosi di casa; apprezzabile lo
sforzo degli israeliani di farlo in italiano in modo da essere
comprensibili alla parte avversa. A onor del vero nella curva
degli ospiti si nascondevano qua e la degli juventini che,
inevitabilmente, hanno esultato quando la palla si è insaccata alle
spalle del portiere Davidovitch, beccandosi qualche sguardo torvo degli
astanti ma niente di più. Curioso vedere alcuni dei tifosi
israeliani a torso nudo, in un clima non esattamente tropicale,
incitare appassionati i propri beniamini e invitare i presenti a
cantare con loro. Alla fine della partita uno di loro ci confida “sono
rimasto senza voce e non è servito a niente; almeno io mi sono
impegnato”. Anche la squadra si è impegnata ma i limiti tecnici erano
evidenti e dagli spalti, nonostante la sconfitta, sono arrivati
applausi e cori di sostegno. Appuntamento il 3 novembre a Haifa, dove i
tifosi sperano che le mura amiche aiutino il Maccabi a portare a casa
il risultato.
Daniel Reichel
Qui Roma - Anche Benny Morris e Carlo Ginzburg al secondo Festival di letteratura ebraica
"Questo
festival porta una ventata di novità, è qualcosa di originale, di
fresco nel panorama culturale della città”. Così si è
pronunciato Nicola Zingaretti, Presidente della Provincia di
Roma, nel suo intervento alla conferenza stampa di presentazione del II
Festival Internazionale di Letteratura Ebraica che si è
tenuta questa mattina nella Sala delle Bandiere al Campidoglio. Ogni
diversità culturale è “un’opportunità di arricchimento per la società
italiana, un’opportunità di conoscenza per tutti”. Promosso, oltre
che dalla Provincia, anche dalla Comunità Ebraica di Roma, dal Comune
di Roma, dalla Regione Lazio, il festival, curato da Ariela Piattelli,
Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelman, si aprirà la sera di sabato 24
ottobre presso la Casa dell’Architettura in Piazza Manfredo Fanti,
47 a Roma con un incontro tra due storici, l’italiano Carlo Ginzburg e
l’israeliano Benny Morris: “Uno storico ad un festival di letteratura –
ha detto Morris - è una cosa insolita, ma il tema giustifica la
mia presenza”. Storia e memoria sono infatti i fili conduttori
dell’iniziativa: si parlerà del rapporto degli ebrei con la storia, del
ricordo nella letteratura e nel teatro, del legame tra scrittura
letteraria e impegno, con uno sguardo sull’attualità. Tanti
incontri ed eventi con la partecipazione di scrittori e giornalisti
italiani, israeliani e americani: Nahum Barnea, Yehoshua Kenaz,
Benny Barbash, Dalia Sofer, Maurizio Molinari, Stas Gawronski,
Eraldo Affinati, Mario Calabresi sono solo alcuni dei tanti ospiti del
festival che durerà fino a mercoledì 28 ottobre.
www.festivaletteraturaebraica.it segreteria@festivaletteraturaebraica.it
p.d.s.
Opinioni - Memoria, Israele: mai rinunciare a porsi domande
Ho
taciuto quando Ugo Volli mi ha chiamata in causa la prima volta, perché
non ho gusto per la polemica fine a se stessa. Ma ora, dopo un
ulteriore attacco (moked.it),
mi decido a rispondere nel merito, come mi viene chiesto. Dico subito
che non rinnego l'intervista che ho dato a Guido Caldiron di Liberazione,
che è stata riportata correttamente. Corretto semmai non è il collage
che ne ha fatto Volli, un taglia e cuci che altera notevolmente il mio
pensiero - e ringrazio Massimo Bassan che lo ha cortesemente fatto
presente - (L'Unione informa).
Se una cosa correggo nella mia intervista, non è dell'intervistatore,
bensì mia: il termine "acculturato". Mi sono espressa male, il termine
era fuori posto, e ne faccio pubblica ammenda. Ma ripeto che non credo
che il mondo ebraico italiano sia schiacciato, questo era il termine
con cui mi è stata fatta la domanda, su Israele. Altro è identificarsi
con la sua creazione, sentirsi legati alla sua storia, avere un legame
particolare con la sua sorte, altro è schiacciarvisi. Personalmente,
non mi sento schiacciata né su Israele né sull'Italia, di cui pure sono
cittadina. La seconda cosa riguarda il trauma della Shoah, e la
sua memoria. Non credo che nessuno di noi, né ebrei né non ebrei, abbia
superato il trauma dello sterminio degli ebrei europei. E credo
che il modo in cui questo trauma viene rielaborato sia all'origine di
molti problemi per Israele, per la Diaspora europea e per tutti. Sono
dubbi che da alcuni anni agitano molti ebrei, intellettuali e non, sul
ruolo della memoria e sulla sua trasmissione. E non sono solo persone
inaffidabili come me ad averli, ma tanti, persone rigorose ed
affidabili, da quanti vanno a parlare nelle scuole, a quanti
organizzano corsi di aggiornamento per gli insegnanti, all'Unione delle
Comunità e alle Comunità che hanno dedicato al problema riunioni e
convegni, a chiunque si occupi di queste tematiche con un minimo di
consapevolezza (e questa volta il termine "consapevolezza" è il frutto
di una scelta meditata). Mi fa piacere che Volli non sia mai tormentato
da simili dubbi, come suggerisce il suo pistolotto finale sul valore
della memoria, valore che nessuno di noi "dubbiosi" ha mai messo in
causa. Continui pure a pensare in modo manicheo che chi non è con lui è
contro di lui (cioè, che se non ci si "schiaccia" su Israele, si è
senz'altro fra quelli che manifestano contro il sionismo), ma per
favore cerchi di non insultare anche chi manicheo non è o cerca di non
essere.
Anna Foa |
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Due parole
Ho fatto i conti. Il mondo utilizza con familiarità due sole parole
ebraiche. Shalom e Shoah. Mezzo secolo fa, nessuno conosceva alcuna
parola ebraica, a parte i nomi e cognomi dei ministri israeliani. La
parola Shoah ancora non esisteva, e per dire cos’era successo in Europa
a sei milioni di ebrei c’erano l’assurda espressione Olocausto o un
sorvolante imbarazzo. Shalom è entrata a far parte di un certo
vocabolario più ecclesiastico che popolare attraverso la celebre
canzone “Alenu shalom alechem”, il cui significato di pace con tutti
affonda nel cuore come il coltello nel burro. Entrando certe domeniche
in una chiesa, la parola Shalom che corre gioiosa fa sembrare l’ebraico
patrimonio naturale del mondo. Ma questa parola ebraica divenuta
universale non è giunta in Europa in modo naturale; non è sorta da un
campo come un papavero. La necessità di dire fraternamente qualcosa
nella lingua di Abramo, deriva dal verificarsi della catastrofe
nominata dalla seconda parola ebraica, quella più famosa: Shoah. E’ da
un immenso calice di sangue ebraico che il mondo beve la parola Shalom.
Il Tizio della Sera |
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rassegna stampa |
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Per
quelli che pensano alla storia della Shoah come un genocidio ormai
inciso sulla pelle di tutti gli uomini e sui libri accademici. Per
quelli che pensano che a volte si insiste troppo nel ricordare la
tragedia. Per quelli che ripetono: “Lo sanno ormai tutti che sono morti
sei milioni di ebrei nei campi di concentramento, stavolta non vado
alla fiaccolata del Sedici Ottobre, il giorno della Memoria resto a
casa”. Per tutti questi, ma anche per chi non smette di ricordare,
fermatevi sulla prima pagina de La Repubblica.
Un articolo a firma di Marco Pasqua racconta di un professore, Antonio
Caracciolo, che usa la sua cattedra alla Sapienza per fare
negazionismo. Dubita pubblicamente, in una università statale, delle
camere a gas, delle testimonianze, dei morti provocati dalla belva
nazista. Non solo: le sue tesi, oltre a essere ascoltate da chi
frequenta le lezioni universitarie, sono riportate sui suoi blog e
“linkate” da altri siti internet di estrema destra. Non solo: il
professore si definisce anche coordinatore provinciale di Forza Italia
a Seminara, in provincia di Reggio Calabria. In questo caso non si
tratta solo di prendere le distanze, ma di prendere provvedimenti.
Caracciolo, che definirei come un attentatore delle verità certificate,
si vada pure a leggere pagina dodici del Manifesto
dove oggi è riportata una testimonianza che si inserisce nella Storia
della Shoah. Una delle milioni e milioni di testimonianze. Passando alla Storia che deve essere ancora scritta, Maurizio Molinari, sulla Stampa,
fa il punto sull’Iran e il nucleare. L’accordo c’è, titola il
quotidiano di Torino. Il 75 per cento dell’uranio sarà trasferito in
Russia per diventare combustibile di uso civile. Dopo giorni di
tensioni, a Ginevra, sembra essere arrivata la svolta. Intanto in
Israele sono iniziate le esercitazioni congiunte con gli Usa per
testare la difesa anti-missile, come racconta l’Avvenire, nei giorni in cui si sta studiando la richiesta di modificare il diritto bellico internazionale (Osservatore Romano).
Mentre per le strade e i caffè del Paese sembra verificarsi un fenomeno
anomalo per la popolazione israeliana: il boicottaggio di prodotti
stranieri. Nel mirino ci sono quelli turchi, riporta sempre Avvenire. E a proposito di vita quotidiana, interessante è l’intervista della Stampa a Yehoshua Kenaz.
Fabio Perugia |
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notizieflash |
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Israele, caute reazioni alla bozza dell'Agenzia atomica dell'Onu Tel Aviv, 22 ott - Ministri
e funzionari israeliani consegnati al silenzio riguardo alla bozza di
accordo presentata ieri a Vienna dall'Agenzia atomica dell'Onu (Aiea)
sul dossier nucleare iraniano nel quadro del tentativo di rilancio dei
negoziati Iran-Usa-Russia-Francia. Qualche cosa tuttavia trapela e le
reazioni sono alternativamente di cautela e di scetticismo. Attendista
è il viceministro della Difesa, Matan Vilnai, che in un'intervista
radiofonica rilasciata stamane ha detto di ritenere che gli sviluppi
registrati a Vienna siano una conferma di "quanto sia importante la
pressione internazionale sull'Iran" e del fatto che il regime di
Teheran sia "molto più sensibile ad autentiche pressioni di quanto non
si credà". Pessimista, invece, la posizione di un "funzionario
governativo" citato in forma anonima dall'agenzia online Ynet, a
giudizio del quale la bozza Aiea riguarda solo "l'uranio arricchito
ufficialmente dall'Iran per apparenti scopi civili, mentre in segreto
Teheran continua ad arricchire altro uranio a fini militari". |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
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