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L'Unione informa |
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16 novembre 2009 29 Cheshwan 5770 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
A
proposito di formazione di nuovi leader. Fundraising è una parola
magica attuale che esprime una delle più antiche attività delle
organizzazioni ebraiche. I soldi per mandare avanti la baracca non
bastano mai e le tecniche vanno perfezionate ogni giorno. Ma se
raccogliere fondi è importante, è altrettanto importante avere le idee
chiare su come investirli. Una buona leadership ebraica dovrebbe essere
formata su entrambi gli obiettivi. Certo la formazione tecnico-politica
è importante, la politica può essere divertente e per qualcuno
gratificante, ma la sostanza dei problemi e dei valori dell'ebraismo è
tutta un'altra cosa. Si rischia di costruire una leadership ebraica di
facciata intorno a un contenitore vuoto pronto a implodere. "Il
significato della laicità dello Stato, dell'integrazione delle
minoranze", ad esempio, sono temi stimolanti ma non devono essere al
centro degli interessi e delle responsabilità dei leader delle
comunità. Parafrasando un noto detto di sinistra, così inviterei vecchi
e nuovi leader: "dite qualcosa di ebraico". |
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Sto leggendo un bel libro di Elisabetta Rasy, Memorie di una scrittrice notturna
(Rizzoli 2009) e mi imbatto in una notazione che mi folgora. Siamo
l'ultima generazione, scrive, ad essere approdatata alla scrittura
direttamente dalla lettura, senza scuole di scrittura, e senza neanche
l'ambizione di fare lo scrittore. "No, solo leggere, leggere, leggere e
poi scrivere, come un travaso naturale di un atto nell'altro, una
necessità fatale, e anche una necessità subordinata a quel primario
piacere, leggere, di cui non si poteva fare a meno: non scrivere per
esprimere sé stessi, ma scrivere per esprimere la scrittura". |
Anna Foa,
storica |
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davar |
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Qui Roma - In memoria di Yitzhak Rabin
“Un eroe della pace”, così il celebre direttore d'orchestra americano Lorin Maazel ha definito Yitzhak Rabin.
In suo onore a quattordici anni dalla sua scomparsa, in prima
esecuzione europea, all'Auditorium Parco della Musica di Roma, Maazel
ha diretto l'Orchestra Symphonica d'Italia, affiancata dal gruppo di
voci bianche di Santa Cecilia in un'opera dal titolo Lament for
Yitzhak. Un concerto in memoria dell'ex primo ministro israeliano, che
tanto si adoperò per la pace e che fu barbaramente ucciso da un
estremista israeliano nel 1995. Hanno preceduto l'esibizione i discorsi
di Marilena Francese, presidentessa dell'Associazione amici italiani del museo di Israele a Gerusalemme, di Luigi Marras, che ha portato i saluti del ministro degli Esteri Franco Frattini, di Ghideon Meir, ambasciatore di Israele, e di Elia Valori, presidente dell'associazione Israele 60. Fra il pubblico il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il Consigliere Ucei Victor Magiar, l'onorevole Ignazio La Russa e molti altri personaggi illustri del mondo della politica e della musica.
v.m.
Qui Vercelli - La sinagoga torna agli antichi splendori
Un
ulteriore passo verso la restituzione agli antichi fasti del patrimonio
della Comunità ebraica vercellese si è compiuto questa domenica nella
città piemontese. Si è svolta infatti la riconsegna in sinagoga dei
manufatti tessili rituali, restaurati con perizia da Annamaria Morassutti di Open Care. Il
restauro si è potuto attuare grazie al contributo della Fondazione per
i Beni Culturali Ebraici in Italia Onlus. I manufatti che tornano a
Vercelli dopo il restauro sono otto meilim, una parochet, proveniente
da Biella e un keter in tessuto. Gli oggetti restaurati sono di
pregevole fattura e risalgono ai secoli XVII e XIX, particolare è la
corona in tessuto, esempio di una tipologia di keter caratteristica e
poco diffusa. I meilim e il keter sono sopravvissuti
fortunosamente alle condizioni di incuria in cui si trovavano grazie
alla Presidente della Comunità ebraica di Vercelli, Rossella Bottini Treves, a cui si deve la scoperta degli oggetti in una cantina (nell'immagine
al centro insieme alla vicepresidente Ucei Claudia De Benedetti, Bruno
Orvieto, Annie Sacerdoti e Annamaria Morassutti ultima a sinistra). L’intervento
sui tessili si situa nella scia di numerose altre iniziative di
recupero attuate in questi anni nella città piemontese, a partire dal
restauro della grande Sinagoga risalente al periodo post-emancipazione. Alla riconsegna sono intervenuti per la Fondazione per i Beni Culturali in Italia Onlus, Bruno Orvieto, Presidente uscente e Annie Sacerdoti,
che hanno sottolineato l’importanza di investire nel recupero dei beni
culturali ebraici italiani, in particolare nei patrimoni delle piccole
comunità, veicolo della continuazione della vita e della tradizione
ebraica. Claudia De Benedetti,
vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha messo
in evidenza l’afflusso e l’interesse che suscitano iniziative di questo
genere e ha espresso la speranza che in futuro ci siano giovani che si
impegnino attivamente nello studio e nella promozione del nostro
patrimonio artistico e culturale. Rossella Bottini Treves ha tenuto a
rendere conto dell’impegno profuso dalla Comunità di Vercelli in questi
anni nella valorizzazione de beni culturali ebraici di Vercelli e
Biella anche grazie all’interessamento e alla collaborazione della
Regione Piemonte. L’incontro si è concluso con la relazione di
Annamaria Morassutti sui restauri e sugli interventi effettuati da Open
Care. I tessuti si trovavano in una situazione di notevole degrado e
sono stati sottoposti a operazioni di pulizia e riparazione che hanno
riportato alla luce i colori e le trame originarie. Un incontro importante che dimostra come le piccole Comunità possano essere vitali e importanti per l’ebraismo italiano tutto.
Sharon Reichel
Qui Trieste – Bioetica e valori ebraici
Eutanasia
e accanimento terapeutico, temi di interesse generale che hanno spesso
diviso l’opinione pubblica italiana. Se n'è parlato ieri sera,
affrontando questi argomenti anche da un punto di vista ebraico, nei
locali della Comunità di Trieste in occasione di un convegno intitolato
“L'etica ai confini della vita”, organizzato dal Gruppo sionistico
locale. Come relatori Umberto Lucangelo, direttore dell’Anestesia e rianimazione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Trieste, Doron Recanati, anestesista e rianimatore dell'Istituto Burlo e Cesare Efrati, maskil e medico gastroenterologo dell’Ospedale israelitico di Roma (nell'immagine insieme al Rav Itzhak Margalit). Gli interventi sono stati moderati da Bruno Bembi, direttore del Centro regionale per le malattie rare. Il
primo a parlare è stato Lucangelo che è andato subito al nocciolo della
questione: “Bisogna capire quando un trattamento, invece di prolungare
la vita, stia procrastinando il processo di morte”. Molto critico
nei confronti della categoria dei medici l'intervento di Recanati. “La
medicina viene esercitata secondo principi culturali e non scientifici”
e “gli ospedali sono diventati mostri, non ci sono regole uguali per
tutti in un reparto”, alcuni dei suoi commenti più duri. Cesare Efrati,
invece, ha sottolineato la santità e il valore assoluto della vita e
l’obbligo, per il malato, di farsi curare: “La vita è un dono di Dio,
non siamo proprietari del nostro corpo”. Ma quando si parla di
accanimento terapeutico è bene chiedersi se sia meglio “morire in modo
semplice o in modo high tech”. A chiudere la serata Itzhak Margalit,
rabbino capo di Trieste, che ha ricordato come ogni caso sia un caso
particolare ma che “non bisogna fare differenza tra un bambino e un
anziano, non possiamo permetterci di toccare la vita di nessuno”.
Adam Smulevich
Tekeeyah: shofar in concerto
Portare
lo shofar dalle Sinagoghe alle sale da concerti adottandolo come
strumento musicale? Niente di più normale per la compositrice Meira Warshauer che con il suo spettacolo “Tekeeyah”
ha riscosso un grande successo di pubblico e di critica. Il tour
iniziato il 24 ottobre all’auditorium Kenan dell’Università del North
Carolina a Wilmington, sua città natale, proseguirà con diversi
concerti fra cui quello di domani che si svolgerà al Porter Center for
the Performing Arts di Brevard e al Koger Center for the Arts di
Columbia. Meira Warshauer è cresciuta in North Carolina da ebrea
riformata, nel suo percorso spirituale ha sperimentato le tecniche di
meditazione legate alle dottrine orientali, trovando conforto
nell’insegnamento sufistico della guarigione del corpo grazie all’uso
delle vibrazioni sonore. L’incontro con le melodie di Rabbi Shlomo
Carlebach l’hanno spinta a ritornare alle proprie origini, ritrovando
nella tradizione ebraica la chiave di lettura utile ad interpretare i
mille riflessi del reale. “Tekeeyah” è la prima opera scritta per shofar/trombone solista e composta appositamente per Haim Avitsur, noto virtuoso del trombone. Nato in Israele nel 1972, Avitsur è stato il ba’al tokeah (suonatore
di shofar) del Jewish Community Center a Manhattan per sei anni, ed
insegna questo strumento alla West Chester University’s School of Music
in Pennsylvania e al Queens College’s Aaron Copland School of Music.
Ovviamente il suono dello shofar, a causa dell’imboccatura stretta, non
è paragonabile a quello del trombone, ma con il tempo Avitsur è
riuscito a produrre 12 note che quasi coincidono con i toni
tradizionali, il suono risulta tuttavia peculiare e facilmente
distinguibile nell’insieme di tutti gli altri strumenti. Warshauer concepì questo concerto alla premiere della sua “Symphony N°1: Living, Breathing, Earth”
nel 2007 a Hickory nel North Carolina, quando conobbe Avitsur chiamato
a suonare come trombone solista in un altro concerto inserito nel
programma della serata. Secondo la compositrice lo shofar ha la
capacità di scuotere le coscienze sopite: “Credo che oggi ci sia la
necessità di un risveglio, di una riscoperta della vera essenza di ogni
essere umano. Lo shofar con il suo potere intrinseco di richiamare
all’attenzione ogni anno migliaia di ebrei, potrebbe essere un
importante strumento per un rinnovamento collettivo”. Lo shofar
viene suonato con tre modalità: la Tekeeyah (un suono lungo), Shevarim
(tre suoni più corti) e Teruah (almeno nove note staccate). La Tekeeyah
Gedolah, conclude la serie di suoni dello shofar a Rosh Ha-shanà (in
alcune comunità si usa suonare la Teruah Gedolah) e viene nuovamente
suonato alla fine di Yom Kippur a conclusione dei dieci giorni di
Teshuvah. Meira Warshauer ha utilizzato le tre modalità di suono nel
suo concerto cercando di combinare tradizione e sperimentazione, dopo
aver consultato a fondo lo Shulchan Aruch per comprendere le principali
norme relative allo shofar. Una sinfonia forte e appassionata,
ispirata dal desiderio di Meira di spingere le sue meditazioni sulla
natura, sull’uomo, sempre più oltre i limiti conosciuti dell’esperienza
umana.
Michael Calimani
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La saggezza del limite
La
nostra epoca è senza dubbio segnata dall’insofferenza verso il limite.
Certo nel mondo globalizzato siamo oramai abituati al precipitoso
abbattimento dei confini spaziali, prima ancora che temporali. Un
limite salta dopo l’altro. La parte più lontana del mondo è già quasi
qui, e noi quasi lì, fosse pure attraverso uno schermo. Il sogno
dell’onnipresenza, dell’onniscienza, dell’onnipotenza sembra a un
passo. Perché dubitarne? Semmai riserve vengono avanzate verso quei
limiti che restano ancora e che, proprio per questo, appaiono
insopportabili. Non è un caso che si parli così tanto dei limiti
ultimi, della nascita e della morte. Ma la sfida dell’illimitato è
pericolosa. Perché è un’illusione. E l’illusione aggrava la sofferenza
che il limite inevitabilmente comporta. Mai come ora i limiti, che
vorremmo cancellare, riemergono in forma più accentuata. Come ha
sottolineato Jacques Derrida è la tecnica stessa – minaccia e chance
insieme – che spingendoci da un limite all’altro fa affiorare la nostra
finitezza. E finitezza vuol dire scoprire non tanto di avere limiti, ma
di essere un limite. Qui sta la disillusione più grande. Prima di
giungere a questa disillusione, si può invece imparare a vedere tutta
la positività del limite. Perché il limite è sempre il confine
dell’altro. E dunque è anche sempre un’apertura. È questa saggezza del
limite che la Torah insegna.
Donatella Di Cesare, filosofa
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Pochissime
notizie oggi. A Roma, la moglie di Ahamadinedjad, nel burka
d'ordinanza, usa la conferenza della Fao per fare propaganda
antisraeliana (Lorenzo Salvia sul Corriere, Roberto Romagnoli sul Messaggero)
mentre Gheddafi recluta centinaia di ragazze a pagamento (hostess, non
escort, se la differenza ha senso), per indottrinarle sulla bellezza
dell'Islam (La Stampa). I
palestinesi, che sembrano ormai del tutto disinteressati al processo di
pace cercano solo nuovi modi di fare propaganda e di suscitare ostilità
contro Israele. L'ultima trovata è la boutade per cui potrebbero
chiedere all'Onu il riconoscimento della loro indipendenza nei confini
del '49, includendo quindi tutti i territori e Gerusalemme vecchia
(articolo non firmato sul Giornale e pezzo firmato R.Es. sul Messaggero).
Il fatto è che, anche se si raggiungesse una maggioranza in questo
senso al Consiglio di Sicurezza (all'Assemblea Generale c'è, eccome, ma
per fortuna non conta), questa decisione o resterebbe sulla carta o
richiederebbe una vera e propria guerra per eliminare senza il suo
consenso il controllo israeliano su Gerusalemme e sugli insediamenti.
Dato che una guerra internazionale contro Israele è per fortuna
decisamente improbabile, l'idea è dunque inutile anche dal punto di
vista palestinese, pura propaganda, ma in pratica una fonte di guai,
che allontana il processo di pace. Forse anche i palestinesi lo
considerano morto dieci anni fa, quando fallì la conferenza di Camp
David, come sostiene Lorenzo Cremonesi sul Corriere.
Ma bizzarramente in questo pezzo non si rimprovera Arafat di aver
rifiutato le offerte di Barak (come Abu Mazen ha rifiutato quelle di
Olmert), che gli avrebbero messo in mano il 98% dei territori; ma si
dice invece che allora Arafat sbagliò a non chiedere il blocco
dell'attività edilizia negli insediamenti – come se questo avesse
cambiato qualcosa: aveva comunque deciso di rifiutare. E dell'abbandono
di Gaza non si dice che i palestinesi non approfittarono dell'occasione
per creare una loro economia produttiva e un loro autogoverno pacifico
e scelsero invece di fare della striscia una base terrorista, ma si
ripete la vecchia storia che Sharon sbagliò a non concordare l'uscita
con l'Autorità Palestinese. Quali sarebbero state le conseguenze di una
trattativa? Avrebbe cambiato qualcosa? E come, esattamente, Abu Mazen
dopo una trattativa avrebbe potuto evitare il colpo di stato di Hamas?
Chiedendo l'intervento dei soldati israeliani che ancora lo tengono in
piedi nel West Bank? Ma allora l' "occupazione" non è così male... Altre notizie. Israele rifiuta la Turchia come mediatrice con la Siria (la Stampa),
per via della sua politica squilibrata che del resto ha l'effetto
collaterale positivo di compromettere le sue chances residue di entrare
in Europa (Caputo sul Tempo);
Obama e il presidente russo Medvedev hanno lanciato un altro purtroppo
poco stringente "penultimatum" all'Iran ammonendo che "il tempo
stringe", come una scritta su una vecchia meridiana (Il Corriere). In Italia c'è stato una visita del rabbino capo di Milano Alfonso Arbib alla moschea del Coreis (La Stampa).
Da leggere infine, per tutti coloro che tuttora si illudono sulla bontà
del fascismo e sul carattere importato dell'antisemitismo del regime,
gli appunti di Claretta Petacci che riassumono le sue conversazioni
intime col duce – carte rese pubbliche dall'archivio di stato fino al
1938, l'anno delle leggi razziste (Corriere della Sera): ne vien fuori un razzista convinto e piuttosto isterico, oltre che il solito narciso ed erotomane.
Ugo Volli |
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MO:
Netanyahu, "Tre sono gli obiettivi da realizzare
per conseguire la pace
in Medioriente" Gerusalemme, 15 nov - In
un discorso pronunciato di fronte al 'Forum Saban' in materia di
questioni regionali, alla presenza anche dell'ex presidente degli Stati
Uniti Bill Clinton, il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha
affermato che tre sono le sfide principali che devono essere affrontate
per rilanciare la pace in Medio Oriente: impedire che l'Iran riesca a
dotarsi di armi nucleari; neutralizzare i razzi e i missili puntati
contro Israele dagli Hezbollah libanesi e da Hamas a Gaza; respingere
il tentativo di limitare il diritto israeliano all'autodifesa "così
come è avvenuto con il Rapporto Goldstone" sulla operazione Piombo Fuso
a Gaza. Netanyahu ha dichiarato che che sulla questione iraniana
"il tempo stringe". Se le richieste occidentali presentate a Teheran
non dovessero trovare una risposta adeguata sarà necessario imporre
sanzioni, preferibilmente mediante il Consiglio di sicurezza. Netanyahu
ha quindi rilevato che la questione dei futuri confini di Israele è
legata anche a quella dei confini dei suoi vicini. "Il confine fra
Siria e Libano è spalancato, gli Hezbollah ricevono quantità enormi di
armi, dispongono ora - ha lamentato il premier - di una quantità di
razzi tre volte superiore a quella che avevano nel 2006 alla fine del
conflitto con Israele". Parimenti a Gaza Hamas riceve armi "attraverso
una rete di mille tunnel" di contrabbando. In ogni futuro accordo di
pace Israele necessiterà garanzie "concrete, e non di carta" che i
confini dei vicini saranno sigillati. Netanyahu ha poi nuovamente
criticato il Rapporto Goldstone "che rappresenta una minaccia esplicita
alla pace nella Regione" in quanto - ha denunciato - costituisce un
tentativo di impedire ad Israele di difendersi dai sistematici attacchi
di razzi provenienti da Gaza. Solo se queste sfide saranno superate con
successo, ha concluso il premier, sarà possibile puntare al rilancio
del processo di pace nella Regione. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
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