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L'Unione informa
 
    17 novembre 2009 
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  roberto della rocca Roberto
Della Rocca,

rabbino
Si legge in questi giorni di conferenze
internazionali su problemi ecologici. Il Premio Nobel Konrad Lorenz faceva risalire ogni singolo atto di inquinamento ad un pensiero egocentrico del tipo : “ciò mi conviene, e non m'importa degli eventuali danni che ne potrebbero derivare ad altri”; nella sua prospettiva si potrebbe dunque definire l'ecologia come senso civico fondato sul rispetto per il prossimo. Un concetto molto ben espresso dal Talmùd  (Baba Qamma, 50 b) con quella parabola di un tale che mentre gettava dei massi dalla sua proprietà sulla pubblica via veniva così apostrofato da un Saggio: "sciocco! Perché mai togli quelle pietre da un terreno non tuo e le getti su una terra che ti appartiene? L'uomo, sprezzante, rise del vecchio. Pochi mesi dopo, tuttavia, fu costretto a vendere il proprio orto e un giorno, camminando per la strada, scivolò, cadendo proprio sui massi che egli stesso aveva gettato, e fu in quel preciso momento che, ricordando le parole del Saggio, ne afferrò il pieno significato.
Spesso scuotendo il melo per averne i frutti riceviamo arance. Vittorio Dan Segre,
pensionato
vittorio dan segre  
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   Qui Roma - Bice Migliau una vita dedicata al Centro di cultura

bice Ad annunciarlo è stato il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, qualche settimana fa, durante una delle ultime iniziative organizzate da lei, ma è difficile pensare che in pensione ce la lasceranno andare davvero. Bice Migliau, genovese d'origine naturalizzata romana, da 36 anni alla direzione del Centro di cultura della Comunità Ebraica di Roma ha concluso il suo incarico il 1 novembre.  
“Per me il bilancio è positivo, non ho alcun rimpianto, ho fatto sempre quello che mi piaceva e mi interessava fare”, dice quando le chiediamo di parlarci di questi quasi 40 anni di lavoro che sono anche 40 anni di storia della nostra Comunità.
“Il Centro di cultura è stato creato nel novembre 1973 con lo scopo di promuovere la conoscenza e la diffusione della cultura ebraica sia in ambito comunitario sia a livello pubblico e di costituire un supporto per il rafforzamento dell'identità ebraica” spiega.
Quando è iniziata la tua avventura?
La mia vita professionale è iniziata con il Centro di cultura e viceversa. L'iniziativa fu presa dalla Comunità di Roma con il sostegno nei primi anni, dell'American Joint e del Dipartimento Educazione del WZO israeliano. Negli anni '70 infatti alcuni dirigenti comunitari  in contatto con le istituzioni educative ebraiche internazionali avevano percepito l'atmosfera di crescita della Comunità non solo da un punto di vista demografico, ma come richiesta di servizi sempre più qualificati. Ho accettato di creare il Centro per la novità del progetto che mi ha affascinato. Mi ero laureata, ero stata in Israele per la specializzazione. Questo progetto mi piaceva ed era per me una sfida. Ho cercato di interpretarlo di capire quali erano le esigenze. Era un periodo particolare per la Comunità ebraica romana che cercava di organizzare dei servizi strutturati con una certa continuità. Il progetto doveva essere adeguato alle esigenze interne, ma proiettato all'esterno. Era un tipo di progetto molto comune in America ma assolutamente nuovo in Italia. I primi tempi sono stati molto difficili perché c'erano delle resistenze.
A quali resistenze ti riferisci?
Ti faccio un esempio, nel 1975 avevo visto una mostra sulla resistenza e volevo farla a Roma. Fui gelata dalla poca fiducia delle nostre istituzioni. Con molta determinazione organizzai questa mostra con l'aiuto di giovani volontari. Mi feci dare la sala della sede di Sant'Egidio. Lavorai senza sosta per settimane. Il giorno dell'inaugurazione della mostra uno dei dirigenti comunitari mi disse:"E' sicura che il pubblico verrà?" In quel momento vidi entrare Primo Levi con Ferruccio Parri a braccetto ed ho capito che avevo svoltato.
E poi che cosa accadde? Come hai sviluppato il tuo lavoro?
Negli anni '70 a Roma l'attività culturale era legata a singole iniziative delle varie associazioni comunitarie. Mancava un progetto culturale complessivo. Il Centro si è articolato fin dall'inizio in due settori che lavorano tuttora in parallelo: quello di promozione di attività culturali e quello relativo alla documentazione e alle risorse. A Roma il progetto iniziale ha assunto una connotazione innovativa rispetto al panorama europeo in cui erano attivi centri comunitari e centri di risorse separati e distinti: la creazione del primo centro che avesse entrambe le caratteristiche ha fatto da apripista a modelli istituzionali come il Centro A.J. Heschel di Firenze che sono stati istituiti dopo di noi. L'idea di fondo era quella di far crescere culturalmente la Comunità, che gli adulti seguissero un percorso di alfabetizzazione perché sentivano molte parole in ebraico dai figli che le imparavano a scuola, ma non ne conoscevano il significato. Ho cercato allora di organizzare un progetto a spirale che partisse dal poco e aumentasse gradualmente. I primi cicli di incontri per adulti si sono infatti sviluppati nella spiegazione a livello divulgativo di concetti quali il midrash o l'halakhà. Oggi questi termini sono largamente conosciuti, ma allora i ragazzi li apprendevano a scuola o nelle associazioni giovanili, ed erano pressoché sconosciuti agli adulti. Un altro percorso è andato alla riscoperta delle radici abbiamo organizzato i primi sedarim didattici, completamente sconosciuti alla gran parte della Comunità.
Hai detto che l'attività del Centro doveva essere adeguata alle esigenze interne, ma proiettata verso l'esterno, in quale modo si è realizzata questa seconda parte?
Sì infatti. Tutto è cambiato dopo l'attentato del 1982. Era arrivato il momento di aprirsi all'esterno. Ma anche in questo caso abbiamo cercato di trasmettere un messaggio diverso da quello che qualcuno si  sarebbe aspettato: siamo stati i primi a non parlare di Shoah, tutte le volte che siamo stati chiamati per interventi sulla Memoria, abbiamo cercato di difendere il ruolo originale e attivo della Comunità. Una delle attività organizzate in questo senso sono state  le prime feste in piazza subito dopo i divieti di Cossiga di manifestare, cosa non facile. Il quartiere ebraico era stato punto di raduno solo nei momenti drammatici, abbiamo pensato di aprire al pubblico in un momento gioioso, per far conoscere un volto della Comunità Ebraica diverso da quello che era solita mostrare.
Che cosa vedi nel futuro del Centro di cultura, che cosa suggeriresti al tuo successore?
Vedo le sfide e da questo punto di vista credo che il Centro potrà continuare ad aiutare all'esterno, ma con delle prospettive diverse, perché siamo ormai in una società multietnica.
L'ebraismo ha delle posizioni originali in molti ambiti, dobbiamo creare occasioni di confronto, ma dire la nostra. Inviare messaggi molto chiari, meno legati all'evento politico del momento. Il messaggio deve essere culturale, elevato. Non siamo più l'appendice silenziosa della maggioranza. Bisogna uscire dalla logica maggioranza minoranza, trovo che dobbiamo dire la nostra ed in maniera qualificata.
Per l'interno anche qui si apre una sfida assistiamo a un divario molto grosso fra chi si avvicina e chi si allontana, tutta la progettazione futura va inquadrata in questo modo.
Ho pensato sempre all'Ucei e alla Comunità come una federazione di famiglie noi dobbiamo dare a ciascuno quello di cui ha bisogno.

Lucilla Efrati
 
 
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  La Panda? Adesso vola

"Nel 2010 le automobili voleranno nei cieli" non è una profezia di Nostradamus né l'incipit di un film di fantascienza, ma è invece il grande sogno, che sta per diventare realtà, di Rafi Yoeli, geniale ingegnere aerospaziale israeliano. Yoeli, che è a capo di Urban Aeronautics, società che si occupa della produzione di elicotteri e altri mezzi di trasporto, ha iniziato a lavorare al progetto delle macchine volanti da circa nove anni. Anni pieni di difficoltà, soprattutto per convincere gli sponsor a finanziare il progetto, che molti pensavano fosse irrealizzabile. Adesso il grande momento di Yoeli sembra essere arrivato. In questi giorni le automobili sono infatti sottoposte a alcuni importanti test, ultimo step prima della loro commercializzazione. La speranza è che gli ingenti investimenti che sono stati fatti per renderle sicure e affidabili siano stati sufficienti, visto che in passato c'è stato qualche problema in tal senso. Gli ingegneri hanno progettato tre differenti versioni di auto volante, tutte dal design avveniristico: la più piccola si chiama Panda (qualcuno di loro deve essere appassionato di vetture italiane), il modello di medie dimensioni Mule e la vettura più ampia X-Hawk, al cui interno si potranno sedere fino a dieci persone. Duecentocinquanta chilometri l'ora la velocità massima.
Le macchine volanti sono sicuramente una prospettiva affascinante, ma una domanda sorge spontanea: hanno anche un'utilità pratica? Secondo Yoeli sarebbero utili sia per normali esigenze di trasporto che per affrontare situazioni di emergenza, come disastri naturali e attacchi terroristici. Per la prima modalità di utilizzo Yoeli pensa a un utilizzo sia in forma privata, sia come vettura taxi. "Finalmente i taxi riuscirebbero ad evitare gli ingorghi causati dal traffico, evitando di farci arrivare sempre in ritardo all'aereoporto", scherza l'ingegnere. Almeno inizialmente i primi beneficiari dell'invenzione saranno però le Forze Armate. Non a caso Urban Aeronautics ha stipulato un lauto contratto di fornitura con la Marina statunitense, interessata al modello X-Hawk. Le macchine volanti, nei piani degli americani, andrebbero a sostituire un numero consistente di elicotteri attualmente a loro disposizione. "Creare e commercializzare una serie di mezzi, multi-uso e sicuri, che possano essere utilizzati sia in città che fuori dalle zone urbane" è la mission dell'azienda che, in un'ottica temporale di medio - lungo termine, si pone come obbiettivo quello di diventare leader mondiale del trasporto interurbano. Non sono tutte rose e fiori comunque. Gli ingenti costi da sostenere per produrre le macchine volanti (un numero significativo di qualificati ingegneri in primis), per essere ammortizzati, richiederanno necessariamente un prezzo di vendita del prodotto molto elevato, non sostenibile dalla maggioranza della popolazione. Yoeli ha promesso che col tempo i prezzi verranno ridotti (per adesso si parla di poco più di un milione di dollari per Mule, il primo modello che sarà messo sul mercato), ma quello che potrebbe essere un progetto rivoluzionario per gran parte dell'umanità, rischia di essere apprezzato solo da un numero esiguo di fortunati milionari..
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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Dopo lo scoop del Corriere di ieri, continuano sui quotidiani le anticipazioni dei diari di Claretta Petacci (Suttora su Libero, Petacci sul Giornale, Giorno-Carlino-Nazione), da cui emerge un Mussolini se possibile ancora più animalesco e antisemita di quel che si vedeva ieri. Ci sono alcune osservazioni, come quella della puzza ebraica della Sarfatti, che testimoniano di un razzismo non solo ideologico ma perfino fisico e ossessivo. Hanno un bel minimizzare i commentatori Giordano Bruno Guerri sul Giornale e Francesco Perfetti su Libero, l'orrore che ci ispira la figura del duce non è solo politico o ideologico, ma antropologico: un modello umano ripugnante, a modo suo, non meno dei peggiori nazisti.
A proposito di modelli umani ripugnanti e bizzarri, i giornali sono pieni delle ridicole e fastidiose imprese di Gheddafi, che passa il suo tempo a Roma a reclutare ragazze (Ajello sul Messaggero) cui spiegare l'Islam, in termini fra l'altro offensivi per i cristiani "Gesù non è morto sulla croce, è stato un tale che gli assomigliava" che noi ebrei "gli ebrei hanno ucciso Gesù perché voleva portarli sulla retta via" (Renato Farina sul Giornale, Maria Giovanna Maglie su Libero). A parte la bizzarria del personaggio, le cose che dice Gheddafi in sostanza sono la dottrina islamica tradizionale con il suo carico di intolleranza. E' ora che qualcuno se ne accorga, come sembra aver timidamente iniziato a fare la Comunità europea con un documento sulla libertà religiosa proposto da Frattini (Franco Serrra su Avvenire). In generale la grande sceneggiata della Fao suscita reazioni estremamente negative ("Quegli ipocriti con la pancia piena", titola Libero, nello stesso senso scrive anche Villa sul Giornale).
Fra le notizie italiane, Epolis Roma riporta quella di un processo contro un docente che lavora alla scuola ebraica per molestie. La Comunità è in attesa di un pronunciamento della magistratura ed è vicina al bambino e alla sua famiglia.
Fra le storie che hanno colpito i giornali c'è quella ripresa dal mensile dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche di Yuri Foreman, studente rabbinico la mattina e pugile di pomeriggio, che ha appena vinto il campionato mondiale dei pesi super welter (Libero, Avvenire).
Tornando a temi più seri, solo Giorno-Carlino-Nazione riportano la rivelazione del ministro degli Esteri israeliano Liberman per cui l'Autorità Palestinese chiese a Israele a gennaio scorso di "schiacciare" Hamas a Gaza, salvo poi, due mesi dopo, mettersi alla testa del coro che accusava Tzahal di aver attaccato illegalmente Gaza. Sul Medio Oriente vale la pena di leggere due analisi, quella di Franco Marta sull'Avanti, che accusa l'amministrazione Obama di aver agito in maniera così malaccorta da aver provocato lo stallo attuale nei rapporti fra Israele e palestinesi, e soprattutto quello di Roger Cohen sul Herald Tribune (ma in realtà proveniente dal New York Times). Cohen è stato nei mesi scorsi la voce principale della corrente americana del "tough love" (amore duro) contro Israele, cioè ha espresso le posizioni dell'amministrazione Bush e di organizzazioni come "J Street". Oggi, pur mantenendo espressioni qua e là sgradevoli contro la politica israeliana, sembra aver rinunciato all'ipotesi di piegare con la forza il governo Netanyahu o di rovesciarlo, e anche al sogno ideologico di una pace definitiva da realizzare "subito" con l'intervento decisivo degli Usa, optando per l'idea di una tregua o stabilizzazione da perseguire sul terreno, pazientemente, usando il buon senso. Il che, naturalmente, è molto più difficile dopo la fiammata di pretese palestinesi che ha suscitato l'apparenza dell'appoggio americano, fatto balenare da Obama in discorsi come quello del Cairo.
Continua infine la vicenda dell'armamento nucleare iraniano, che appare sempre più chiaro perfino agli occhi dell'agenzia atomica dell'Onu. Ne parlano De Rold sul Sole, Olimpo sul Corriere, con un commento graffiante di Aldo Chiarle sull'Avanti.
Ho lasciato per ultimo un testo che raccomando a tutti di leggere. E' l'estratto di un libro che appare molto importante di uno studioso francese (Alexandre Del Valle "Verdi, rossi, neri. La convergenza degli estremismi antioccidentali: islamismo, comunismo, neonazismo", con una prefazione di Magdi Cristiano Allam, Lindau, pp. 496, euro 32), pubblicato su Libero con la firma di Andrea Morigi. Vi si ricostruisce con chiarezza una rete di atteggiamenti e di opinioni che, secondo l'autore, comprende Renato Curcio (sapete che ha iniziato a far politica come neofascista?) Franco Cardini, Franco Freda, i neonazisti i supercomunisti e gli islamisti.


Ugo Volli

 
 
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notizieflash    
 
 
Tel Aviv, La Russa valuta l'alta tecnologia israeliana                      per una collaborazione nel settore della Difesa
Tel Aviv, 17 nov -
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, a Tel Aviv in questi giorni, sta valutando la possibilità di utilizzare l'alta tecnologia israeliana nel settore della Difesa per la sicurezza dei soldati italiani in Afghanistan. "Io sono molto interessato - ha detto La Russa, al termine del colloquio con il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak - alle attrezzature per neutralizzare gli ordigni esplosivi improvvisati, agli aerei senza pilota e ad altre occasioni di attività comuni che possono essere sviluppate tra Italia e Israele". Tra i due paesi, ha spiegato La Russa, c'é già "un grande scambio e sicuramente la loro esperienza è la ragione prima della mia visita in Israele, insieme a quella di rinsaldare il processo di pace. Siamo interessati - ha concluso - a tutto quello che può essere d'aiuto alla sicurezza delle nostre forze armate in Afghanistan e ovunque nel mondo".

Israele, Israel ha-Yom lancia la sfida agli altri quotidiani
Tel Aviv, 17 nov -
Guerra fra quotidiani in Israele. Abituato ad essere il primo e incontrastato giornale di Israele per volume di vendite, il quotidiano Yediot Ahronot deve adesso
misurarsi con la minaccia rappresentata da Israel ha-Yom, un giornale favorevole al premier Benyamin Netanyahu (Likud) che viene distribuito gratuitamente, in prevalenza nei mezzi di trasporto pubblici. Come numero di copie Israel ha-Yom è già il secondo giornale di Israele, e precede di larga misura quotidiani che pure vantano una grande tradizione storica come Maariv e Haaretz. Oggi Israel ha-Yom ha lanciato una nuova sfida nei confronti di tutti i concorrenti annunciando che da venerdì inizierà la pubblicazione di un giornale del week-end, con supplementi che avranno complessivamente un centinaio di pagine. Il giornale aggiunge di essere riuscito a garantirsi diverse "firme prestigiose". In questa fase il numero del week-end di Israel ha-Yom sarà distribuito in 100 mila copie. In futuro la tiratura diventerà, il venerdì, di 250 mila. Yediot Ahronot e Maariv, che già lottano per difendere le attuali tirature, rischiano di perdere di conseguenza un cospicuo numero di lettori. Fonti giornalistiche affermano che nelle settimane passate gli editori di Yediot Ahronot hanno chiesto a Netanyahu di intervenire urgentemente sul proprietario di Israel ha-Yom, l'uomo di affari statunitense Sheldon Edelson, per dissuaderlo dal distribuire il suo giornale nel week-end. Ma Netanyahu, secondo le fonti, si è rifiutato di assecondare la richiesta.
 
 
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