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L'Unione informa |
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20 novembre 2009 - 3 Kislev 5770 |
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alef/tav |
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Roberto Colombo, rabbino |
Itzkchàk
e la moglie Rivkà pregavano insieme ma Dio ascoltava solo la tefillà di
Itzchàk perchè “Tzaddìk figlio di uno Tzaddìk” (Rashì). Sembra
un’ingiustizia ma non lo è. Itzhcàk seppe essere un giusto non grazie
al padre ma nonostante il padre. Grande è colui che diventa tale senza
limitarsi a emulare le azioni di un proprio famoso antenato (Malbìm). |
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Vi
capita mai di cercare qualcuno sull'elenco del telefono? A me ormai non
più, al massimo online sulle pagine bianche, ma non si trova mai
nessuno. Ma proprio non mi viene in mente di consultare, semplicemente,
un elenco. Sapete, quei volumi pesantissimi che di solito ti
abbandonano nel cortile di casa. Eppure, uno studente viennese su un
banale elenco del telefono ha trovato addirittura un criminale nazista.
Ormai novantenne (ma anche Priebke novantenne è stato fotografato in
motocicletta!), il criminale nazista, tal Adolf Storms, sergente delle
SS, uno degli autori di una strage di 58 ebrei nel marzo 1945 in una
cittadina sul confine austro-ungarico, è stato identificato dal giovane
studente di Vienna sulla base del nome, trovato nell'elenco del
telefono. Il giovane studente ha intervistato il vecchio nazista e ha
poi consegnato la registrazione al tribunale di Duisburg, che ha
incriminato il criminale di guerra. Semplice, eppure bisognava
pensarci! |
Anna Foa,
storica |
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davar |
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Qui Milano - Noi e gli altri, rimproverare ma non giudicare
Una delle 613 mitzvot comandate al popolo d’Israele ordina agli ebrei di rimproverare francamente il prossimo quando sbaglia. Una
mitzvah difficile, tremendamente difficile da adempiere nel modo
giusto, senza trasformare l’ammonimento in un giudizio inopportuno,
tanto che anche Rabbì Akiva aveva, secondo la tradizione, dei problemi
nell’eseguirla. Con questo profondo dilemma il rabbino capo di
Milano Alfonso Arbib ha introdotto il tema poi sviluppato dalla
conferenza del suo collega romano rav Riccardo Di Segni, ospite
d’eccezione al centro Noam. “Il punto fondamentale del rapporto
con gli altri nell’ebraismo è l’ahavat Israel, l’amore per il prossimo
- continua rav Arbib - ma non bisogna interpretare questo concetto nel
modo sbagliato. Anche far notare un errore è un grande atto di amore,
basti pensare al rimprovero di un genitore verso il figlio. È
l’indifferenza il vero pericolo”. Il rapporto con gli altri sotto
il profilo del pensiero ebraico, questo l’argomento della serata,
dimostra di stare a cuore alla comunità milanese, visto il numeroso
pubblico in sala nel quale spiccavano rabbanìm di diverse sinagoghe, il
presidente Leone Soued, alcuni membri del Consiglio. Il libro
dello scrittore americano Dale Carnegie “Come trattare con gli altri e
farseli amici”, che ha ispirato la signora Miriam Hason, applaudita
organizzatrice della serata, a proporre delle conferenze
sull’argomento, viene giudicato da rav Di Segni un po’ troppo
“americano” nel connotare il rapporto con il prossimo sotto una
prospettiva utilitaristica, quella del venditore che ha bisogno di
persuadere il cliente a comprare, quella del padre che vuole convincere
il figlio a studiare. “Nell’ebraismo l’approccio che abbiamo nei
confronti degli altri non deve ovviamente costruirsi in quest’ottica -
specifica - ma questo non significa che una componente di strumentalità
non vi sia, è necessario però spostarsi da un piano materiale a un
piano spirituale”. Secondo i dettami dell’ebraismo, mantenere
buone relazioni, fiducia, serenità col prossimo, rappresenta infatti
una premessa fondamentale per l’adempimento delle mitzvot, e
soprattutto di quelle che disciplinano i rapporti tra l’uomo e D-o,
come il rabbino capo di Roma illustra con un’efficace metafora. “Se
volete comprare del latte, non potete versarlo in un cappello, ma
avrete bisogno di una bottiglia, di un contenitore adatto. Ecco, la
Torah è il latte, il contenuto, il recipiente necessario è il Derech
eretz, il buon comportamento verso gli altri”. Le parole di rav Di
Segni analizzano varie sfaccettature del problema. La Parashà dello
scorso Shabbat, Chajjè Sarà, ha offerto un importante esempio del
concetto di Derech eretz, il comportamento di Eliezer nei confronti di
Rifkà. Quella di questa settimana, Toledot, presenta l’occasione per
affrontare un aspetto ancora più complesso all’interno dell’ebraismo,
quello del tradimento nei confronti della propria famiglia, del proprio
popolo. Giacobbe ingannò il padre Isacco per ottenere la Benedizione al
posto di Esaù. Rav Di Segni ha citato ebrei che nella storia
assunsero i comportamenti più infamanti nei confronti di Am Israel,
come colui che per ingordigia accettò di essere il primo a profanare il
Beit Hamikdash quando fu distrutto dai Romani. Tuttavia alla fine si
pentì e smise di cooperare con loro, pagando con la vita. “Questa
storia si è ripetuta nel corso dei secoli - ricorda il rav - Ogni volta
che qualcuno ha voluto far del male agli ebrei per prima cosa ha
cercato di avvalersi di collaborazionisti, pronti a vendere la propria
gente. Tuttavia - esorta - noi non abbiamo nessun titolo per escludere
che anche nei peggiori traditori esista la scintilla della Teshuvà”. Non
giudicare il prossimo, dunque. Punto fondamentale per creare quel
rapporto di fiducia e vicinanza che la Torah stessa ci prescrive come
fondamentale sin dai Dieci Comandamenti. Come si concilia tutto questo
con la necessità di ammonire il nostro vicino quando si allontana
dall’ebraismo e riaccostarlo alle mitzvot? “Il Kiruv,
l’avvicinamento, è un concetto estremamente delicato” puntualizza rav
Di Segni “E’ giusto, per riportare qualcuno alla Torah, scendere a
compromessi che si pongono in contrasto con la Torah stessa? Quale deve
essere la scelta da suggerire a un amico di fronte all’idea di venire
al tempio in macchina o non venirci affatto? È difficile trovare una
risposta definitiva. L’idea generale dovrebbe essere che sarà la stessa
persona che gradualmente si avvicina, a trovare la sua misura, i suoi
compromessi e non che sia chi lo incoraggia in questo senso ad emettere
sentenze. Tuttavia - conclude - il punto fondamentale rimane andare
incontro alle persone, cercarle, evitare i giudizi, mantenere una
religiosità discreta nelle parole, e salda nei comportamenti”. Rossella Tercatin
Qui Roma - Pacifici: "A chi soffre diamo risposte concrete"
Sono
cinque gli sportelli antiusura creati per dare concretezza alla
battaglia contro il fenomeno dell’usura che il Comune di Roma ha
intrapreso. Nel 2002 viene creato il primo sportello a Cinecittà e
l’ultimo nel 2006 nel centro storico in una sede della Comunità Ebraica
di Roma, gestito dall’Associazione DROR Onlus grazie a una
collaborazione fra Comune di Roma e Comunità Ebraica. Se n’è parlato al
Palazzo della cultura, al portico d’Ottavia, dove Alfredo Mantovano,
sottosegretario all’interno con delega alla lotta al racket e
all’usura, ha incontrato gli operatori degli sportelli antiusura di
Roma. Questi operatori sono psicologi, avvocati, banchieri, tutti
professionisti volontari che con grande orgoglio dedicano una giornata
a settimana del loro tempo per aiutare chi si trova strozzato dai
debiti, chi non riesce più a ragionare lucidamente a causa di grandi
pressioni economiche. Sono intervenuti Davide Bordoni, assessore alle attività produttive, al lavoro e al litorale, Francesco Lucchino presidente
dell’Associazione Agisa, un’associazione non lucrativa di utilità
sociale impegnata nel contrasto all’usura e nella prevenzione
dell’indebitamento, Tano Grasso
il commerciante siciliano da anni impegnato sul fronte della lotta
all’usura e presidente onorario della Federazione associazioni
antiracket e antiusura italiane, e Giosuè Marino, commissario antiracket e antiusura. Ad introdurre la serata è il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici
che ha espresso tutta la sua solidarietà verso chi è colpito da questo
problema sociale e sottolinea che la Comunità Ebraica di Roma è onorata
di collaborare con gli altri quattro sportelli esistenti e di poter
dare un aiuto concreto aperto a tutta la città. Pacifici ha
spiegato che nella Comunità ebraica vi è una tradizione di assistenza
verso chi si trova in difficoltà e ha descritto le attività della
Deputazione ebraica di assistenza. Il Presidente ha ricordato con
grande dolore di come a causa dell’usura alcuni ebrei romani abbiano in
passato attraversato sofferenze enormi, persone che sembravano essere
serene ma che invece vivevano e nascondevano l’incubo dell’usura. Proprio
dopo questi dolorosi episodi la comunità ebraica iniziò ad avvicinarsi
agli enti pubblici che elaboravano una strategia contro questa piaga ed
è così che nacque l’iniziativa di aprire uno sportello antiusura nel
centro della capitale con la collaborazione della Comunità ebraica. Lucchino,
il presidente dell’associazione Agisa, interviene dando una panoramica
molto chiara su come operano gli sportelli e su come si può e si deve
fare molto di più in termini di mezzi finanziari, di reinserimento
sociale e di comunicazione. Tano Grasso ha rivolto un forte
ringraziamento alla Comunità ebraica e sottolinea come lo sportello
della DROR sia diventato un punto di riferimento nella città di Roma
grazie al duro lavoro e all’efficacia degli operatori ed organizzatori.
Anche Giosuè Marino ha ringraziato calorosamente la Comunità
ebraica per aver dimostrato attenzione verso un problema nazionale che
si sente soprattutto a Roma e conclude dando peso nel comunicare che
l’azione di solidarietà non è sufficiente ma deve essere solidificata
da un piano ben studiato di prevenzione. Ed è proprio sulla
prevenzione che Mantovano, dopo aver salutato e ringraziato la Comunità
ebraica di Roma, apre il suo intervento affermando “non credo sia un
caso che oggi ci troviamo in una scuola dove gli alunni vengono educati
prima di apprendere. Se non c’è l’educazione all’uso del denaro tutto
il resto serve relativamente”. Infatti, Mantovani conferma insieme
all’assessore Bordoni l’impegno dell’amministrazione nel voler
raddoppiare il numero di scuole che parteciperanno al programma di
educazione per l’uso responsabile del denaro e quindi di aumentare la
prevenzione. Il sottosegretario prosegue assicurando il massimo
sostegno per questa iniziativa e calcando l’importanza nell’aumentare
la fiducia delle persone in difficoltà per farle arrivare a farsi
affiancare. In conclusione Mantovani afferma “Possiamo fare molto di
più e molto meglio. Abbiamo la volontà di farlo e quindi lo faremo”.
Loren Raccah |
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Comix - The King...
Jacob
Kurztberg è nato il 18 agosto del 1917 a New York, il padre ebreo
austriaco lavorava in una fabbrica di indumenti. E' cresciuto a Suffolk
Street, dove le bande di giovani passavano il tempo a combattersi.
Forse per questa esperienza così forte, Jacob, ma preferiamo ancora non
scrivere il suo nome d'arte, realizzerà sempre impressionati scene di
combattimenti di grande effetto cinetico. Comunque Jacob vuole
cambiare vita e come molti ragazzi dell'epoca è affascinato dai lavori
di Alex Raymond con le strabilianti avventure di Flash Gordon. La sua
prima esperienza di lavoro non è però nel mondo dei comics, bensì dei
cartoon con Popeye (Braccio di ferro) nei Max Fleischer studios. Poi,
come molti ragazzi aspiranti dell'epoca, incontra lo studio Eisner
& Iger. Eisner non era molto più grande di lui o di altri ma aveva
uno spirito pionieristico che lo rendeva più maturo. Nel 1941 lo
troviamo presso la Fox Feature Syndicate dove crea uno dei suoi primi
personaggi The Blue Bettle con lo pseudonimo di Charles Nicholas, con
un compenso di 15 dollari alla settimana. E lì incontra Joe Simon
con cui creerà Capitan America. Ebbene sì, stiamo parlando di Jakc The
King Kirby, con pochi altri degno di essere studiato nei libri di
storia dell'arte. Nel 1943 entra nella Undicesima divisione di
fanteria e a fine agosto arriva in Normandia, dopo che la Settima
armata tedesca comandata da Von Kluge viene sconfitta dal generale
Patton nella sacca di Falaise. Al ritorno dalla guerra, Kirby
inizia quella cavalcata creativa che lo farà entrare nella storia dei
comics inventando o partecipando alla creazione di gran parte dei
fumetti che ancora oggi spopolano nelle edicole e fumetterie del mondo:
Manhunter, Fantastic Four, X-Men, The Hulk, Silver Surfer, ecc... Sono
tutte co-creazioni, realizzate assieme a Stan Lee, Leiber di nascita,
che stava dando vita a un nuovo modo di scrivere comics e supereroi. A quell'epoca la Timely Comics diventa Marvel Comics, acquisita quest’anno dalla Disney.
Fra
le creazioni di Kirby ce n'è una estremamente particolare, si tratta
dei New Gods (Nuovi Dei) che la DC Comics gli produce negli anni
settanta. New Gods è la storia di due pianeti abitati solo da dei,
in un pianeta tutti buoni e un altro tutti cattivi. Semplice? Non è
tanto semplice. Kirby dopo aver impostato la storia in modo manicheo,
rimescola le carte. I figli dei due leader vengono scambiati come
ostaggi per garantire la pace tra i due pianeti. Ma mentre il figlio di
Darkside, il nome spiega tutto,viene educato alla pace e al rispetto
del prossimo, il figlio dell'Altopadre non riesce a sopportare la
violenza del pianeta cattivo e riesce alla fine a scappare. Il
Bene e il Male, l'educazione, la figura paterna come guida nella vita,
le scelte ideali e l'attenzione al prossimo, la responsabilità di
poteri così enormi, come posso avere degli dei, sono tutti argomenti
che Kirby tratta con un disegno cinetico, privo di ogni stasi. Non è
possibile leggere/osservare una pagina di Kirby senza avere la
sensazione del movimento. Oltre al fatto che la particolare
inchiostratura delle chine, con neri estremamente pesanti e addensati
in spazi che sono il punto di partenza del movimento, impediscono di
pensare i comics di Kirby come banali fumetti di supereroi. Il nostro
occhio non può non fissarsi in quel punto per sentire la dinamicità del
disegno. Kirby disegnava personaggi nel loro attimo dopo la
partenza di qualsiasi azione, quindi in procinto di fare qualcosa e non
di "pensare" di fare qualcosa. Probabilmente l'esperienza
produttiva con Popeye ha influenzato il suo modo di vedere le linee,
donandoci una delle esperienze visive più interessanti ed emozionanti
del fumetto. Si può essere bravi, eccellenti, oppure essere al livello
di Kirby e Eisner. Jack Kirby ci ha lasciato nel 1994. Dei fumetti
ha detto: “The audience is always there and the comic book has yet to
reach its full potential.”
Andrea Grilli
Attualmente
Kirby è oggetto di pubblicazioni molto interessanti, fra le quali
"Kirby: King of Comics by Mark Evanier and Neil Gaiman".
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rassegna stampa |
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Partiamo
da un evento apparentemente minore che tuttavia ha raccolto una certa
attenzione tra le testate nazionali. Lo facciamo rimandando
all’intervista di Tonino Bucci ad Alessandro Dal Lago, sociologo,
docente universitario e studioso dell’immigrazione, pubblicata oggi su Liberazione.
Data ai giorni trascorsi, infatti, la notizia che in un comune del
bresciano, Coccaglio, l’amministrazione locale ha disposto affinché
tutti i residenti stranieri di origine extracomunitaria, che abbiano il
permesso di soggiorno scaduto da un po’ di tempo, siano sottoposti ad
una verifica da parte della polizia municipale, per accertare se hanno
effettivamente avviato le pratiche per il suo rinnovo. A ricadere in
questa tipologia sono non meno di quattrocento persone, circa il cinque
per cento della popolazione cittadina. Laddove dovesse essere
riscontrata l’inadempienza il Comune intende revocare d’ufficio la
residenza. A Coccaglio su poco più di settemila abitanti, in dieci anni
gli allogeni sono passati dai centosettantasette del 1998 ai
millecinquecentosessantadue registrati l’anno scorso. Non solo un
incremento di quasi dieci volte ma anche una lievitante incidenza sulla
popolazione locale. Il loro numero, infatti, è transitato da un
marginale due per cento a ben il venti per cento. La grande presenza di
stranieri è costituita perlopiù da marocchini, albanesi e appartenenti
alle nazionalità della ex Jugoslavia. Il Comune ci tiene a fare sapere
che dal 25 ottobre ad oggi, ovvero da quando ha preso avvio l’intera
iniziativa, denominata «White Christmas», in omaggio al fatto che
terminerà il 25 dicembre, sono state controllate circa centocinquanta
persone. La metà di costoro è risultata non essere in regola con i
documenti. A seguito di ciò l’amministrazione, dopo avere invitato i
contravvenenti a mettersi a posto, qualora i motivi delle irregolarità
dovessero persistere intende disporre per la decadenza dallo status di
residente. Il sindaco, Franco Claretti, e l’assessore alla sicurezza,
Claudio Abiendi, hanno sottolineato, un po’ contraddittoriamente, che
in paese non c’è mai stata criminalità, aggiungendo poi che con queste
scelte è loro intenzione «soltanto iniziare a fare pulizia». L’intero
complesso di misure è stato variamente giudicato ma non pochi tra
quanti lo hanno commentato hanno messo in rilievo come dietro il
movente del controllo del territorio e della sicurezza comunitaria si
possano celare intendimenti diversi, non infrequentemente sconfinanti
nel pregiudizio. Più in generale, e Dal Lago si sofferma su questo
passaggio al di là della polemica politica spicciola, è l’introduzione
nel tessuto giuridico e culturale italiano della «clandestinità come
condizione sostanziale» - alla quale si correlerebbero la vocazione di
chi ne è titolare ad agire criminosamente - a costituire un corposo
ribaltamento di alcuni tra i nostri più importanti principi, innervati
nell’ordinamento giuridico vigente. L’unitarietà della nazione, nella
concezione democratica della quale la nostra Costituzione è
espressione, ispirandovisi integralmente, è garantita, tra le altre
cose, dall’eguaglianza di diritti e di obbligazioni per chi risiede sul
territorio della medesima. Non possono essere costituite categorie di
individui a sé, ovvero destinatari di trattamento differenziato in
virtù dell’appartenenza ad un gruppo sociale o etnico o di qualsiasi
altro tipo. E questo poiché non è riconosciuta l’esistenza negli esseri
umani di qualità ascrittive, ovvero di tratti individuali che non
derivino dalle scelte che ognuno di noi fa e dalle condotte che assume,
in piena, personale responsabilità. Non si può quindi giudicare una
persona aprioristicamente, in ragione di una qualche origine, non
importa quale essa sia. I provvedimenti assunti nell’ambito
dell’operazione «White Christmas», invece, mettono in discussione
questa premessa unitaria, introducendo per via amministrativa, in un
modo apparentemente meno doloroso ma ancora più diretto del percorso
giuridico, ossia dell’approvazione di una legge (che sarebbe da subito
cassata per manifesta incostituzionalità), una condotta sostanzialmente
discriminatoria. Lascia anche perplessi il nome stesso dato
all’iniziativa, dagli amministratori definito come casuale e in
intenzionale ma che sembra riallacciarsi alla concezione di un Natale
“bianco”, mondato dalla presenza di figure estranee per colore e
aspetto somatico quali, per l’appunto, troppo spesso sono percepiti gli
immigrati. Non meno interessante, nell’intervista, è quando Dal Lago
afferma che questa logica, per chi se ne fa sostenitore, «non ha niente
a che fare con la sicurezza. È l’invenzione parossistica dell’uomo nero
al fine del consenso», ovvero del ricorso alla figura del «nemico come
meccanismo essenziale per avere consenso». Una riflessione di assoluta
attualità, poiché i meccanismi dell’esclusione che operano nel processo
xenofobo sono non molto diversi da quelli dell’antisemitismo praticato
dagli Stati moderni ancora pochi decenni fa: stigmatizzazione,
separazione, esclusione e, infine, persecuzione. E se di certo la
società italiana, così come la sua classe politica, sono di molto
lontane da qualsiasi intendimento strettamente persecutorio, rimane il
fatto che la meccanica dei processi razzializzanti (ossia, che dividono
le persone in base ad un gruppo etnico di appartenenza, per poi dare
corso a politiche di trattamento differenziato) sono all’opera proprio
in dispositivi come questi, che sembrano a certuni invece ovvi e
“neutrali”, quando sono tutto fuorché ciò. L’attualità mediorientale è
poca cosa, oggi, se si sfogliano i giornali. A parte un rimando, da
parte di Mario Platero, sul Sole 24 ore,
all’ipotesi di sanzioni contro Teheran, nel caso si dotasse di energia
nucleare, per il resto le comunicazioni languono. Non dubitiamo però
che siano destinate, prima o poi, a recuperare una qualche centralità
rispetto all’ordinario timone dei giornali. Per il momento, però,
dobbiamo accontentarci perlopiù di indiscrezioni. Due notizie di minore
contenuto, una su Avvenire e su l’Opinione,
dove si vocifera, sulla scorta di quanto già riportato da Maariv, di un
accordo politico tra il ministro della Difesa Ehud Barak e il
Presidente Shimon Peres riguardo alla definizione di un piano per la
creazione di uno Stato palestinese su buona parte dei territori
cisgiordani e di Gaza. Peraltro, anche altri esponenti del mondo
politico israeliano, a partire da Shaul Mofaz di Kadima, che già ha
esposto al pubblico le sue intenzioni al riguardo, avrebbero in animo
di varare proposte in tal senso. Lo stesso Premier Benjamin Netanyahu
sembra essere silenziosamente partecipe di questi progetti. Plausibile
che l’ennesima tornata di proposte (il motto popolare dice che la
speranza è l’ultima a venire meno) sia legata non tanto alle effettive
disponibilità palestinesi di accoglierle, assai remote, bensì alla
necessità per Gerusalemme di offrire all’interlocutore americano una
qualche prospettiva di discussione. La seconda notizia ce la offre
invece il Messaggero
laddove ci dice che l’esponente della generazione della prima intifada,
Marwan Barghouti, attualmente in carcere, sarebbe disposto a candidarsi
alla presidenza dell’Autorità nazionale palestinese, in rappresentanza
del Fatah, movimento politico che sta scontando una crisi di leadership
e di legittimazione popolare molto forti. Le sofferte dinamiche
infrapalestinesi ruotano intorno a due assi: la fratture (al momento
irricomponibile) tra Hamas e Fatah e il tracollo politico ed elettorale
del secondo. Il notabilato arafattista sa bene che senza un candidato
forte il rischio di perdere anche le residue posizioni di potere è
accentuata. Dopo di che, un po’ come i quattro capponi di manzoniana
memoria, che si beccano tra loro nel mentre vengono portati in cucina,
non è facile prevedere un accordo tra i maggiorenti dell’Olp. La forza
di Barghouti è anche la sua stessa debolezza, essendo un outsider
rispetto al consesso della élite nazionalista palestinese. Difficile
dire poi, malgrado il suo prevedibile seguito tra i giovani, quanto
possa mietere consenso in una futura competizione elettorale. Per
andare verso la chiusura di una rassegna contenuta nel numero degli
articoli commentati ci permettiamo di rimandare a quanto scrive Marco
Valerio Lo Prete, su il Foglio,
dedicando una riflessione a Milton Friedman, premio Nobel nel 1976 per
l’economia, insigne rappresentante del monetarismo e del liberismo. Del
pensiero dell’intellettuale ci vengono offerte in rassegna alcune
manifestazioni relative al rapporto che egli reputa sia da sempre
intrattenuto dagli ebrei con l’economia di mercato. Friedman, egli
stesso figlio di ebrei, stabilisce correlazioni che, pur nella loro
plausibilità, necessitano di essere raccolte con un certo grado di
scetticismo se - com’è in animo di chi si ispira ad una lettura del
comportamento umano basata sulla prevalenza del principio di utilità -
non vengono corroborate da una robusta consapevolezza della
multiformità del vivere sociale e della sua sostanziale
imprevedibilità. Le generalizzazioni, come la storia ci insegna, se
sembrano accettabili sul piano dell’analisi all’atto concreto possono
concorrere all’offuscamento delle coscienze. Claudio Vercelli |
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notizieflash |
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Il
WJC piange la scomparsa di Mendel kaplan
Lauder: "E' stato uno dei grandi leader del mondo ebraico" Il
World Jewish Congress (WJC) piange la scomparsa di Mendel Kaplan,
l'uomo d'affari sudafricano e filantropo, che in passato ha ricoperto
diversi ruoli dirigenziali nell'organizzazione, compresa quella di
tesoriere (1981-1991), presidente del consiglio di amministrazione e
presidente del comitato esecutivo (fino al gennaio 2009). Giovedi
Kaplan è morto, aveva 73 anni. Lodando la sua dedizione alla causa
ebraica e allo Stato di Israele, il presidente del Wjc Ronald S.
Lauder, lo ha definito "uno dei grandi capi della comunità ebraica
mondiale degli ultimi decenni". |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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