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L'Unione informa |
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22 novembre 2009 - 5 Kislev 5770 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Giacobbe
ottiene la benedizione dal padre con un imbroglio, difficile negarlo:
si maschera da Esaù. Per questo, secondo un midrash, unicamente a Roma
- che discende da Esaù - è data la possibilità di dominare Israele.
Ogni offesa al diritto dell'uomo, anche malvagio come Esaù, non è
tollerata né tollerabile. |
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"Ha-haym
al pi Agfa (La vita secondo Agfa)" di Assi Dayan, proposto ieri sera
all’interno della rassegna “Cinematov 2009 - La Collina della
Primavera: cinema israeliano da Tel Aviv” è un film in cui la
disperazione e la violenza appaiono come gli ingredienti strutturali di
una realtà che sembra priva di un futuro. Forse quel quadro è
eccessivo. Tuttavia quel documento sui sentimenti va collocato insieme
ad altri se davvero non si vuol avere un’immagine di maniera della
realtà culturale, emozionale, psicologica di Israele. Non riguarda solo
Israele, ma certo anche per comprendere quella realtà tenere fermo il
principio di adottare uno sguardo complesso serve. L’analisi di
qualsiasi fenomeno culturale obbliga ad adottare discipline diverse
ciascuna rispondente a un proprio codice. E' un dato che non
costituisce una sfida al sapere, ma che impone di non accontentarsi o
di considerare errata, comunque limitata, la convinzione che sia
sufficiente una sola spiegazione per dare conto di un fenomeno
complesso. “Sarebbe una grande illusione – scrive Marc Bloch -
immaginare che a ciascun problema storico corrisponda un unico
tipo di documenti, specializzato in quest’uso. Invece, più la ricerca
si sforza di raggiungere i fatti profondi, meno le è permesso di
sperare chiarezza se non dai raggi convergenti di testimonianze
molto diverse per natura. Quale storico delle religioni si
contenterebbe di consultare i trattati di teologia o le raccolte di
inni? Egli lo sa bene: le immagini dipinte o scolpite sui muri dei
santuari, la disposizione e l’arredamento delle tombe possono dirgli
sulle credenze almeno quanto molti scritti. (Marc Bloch, “L’apologia della storia”, Einaudi, Torino1998, p.53).
Non vale solo per la religione, ma per molte altre cose. Vale anche per
l’ebraismo. A maggior ragione se si ritiene che l’ebraismo non sia solo
religione. |
David Bidussa,
storico sociale delle idee |
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Qui Milano - Un filo ebraico lungo il mondo del design nel libro di Carmi,“Branding. Una visione Design Oriented”
Che cosa hanno in comune la bottiglia della Coca Cola, il marchio IBM, il simbolo AT&T, il logo I♥NY? Un
filo che corre lungo la storia unisce queste icone della comunicazione
commerciale moderna, come spiega Elio Carmi, vicepresidente della
Comunità ebraica di Casale, nonché direttore creativo della Carmi e
Ubertis e docente di design industriale al politecnico di Milano, nel
suo nuovo libro “Branding. Una visione Design Oriented”, scritto con la
collaborazione di Elena Israela Wegher, che verrà presentato martedì 17
novembre alla Triennale. Un filo che rappresenta il legame fra le
due dimensioni che Elio Carmi sente come proprie, l’identità ebraica e
il mondo del design, o meglio dell’artigiano, di colui che “si abitua a
confrontarsi con il divenire del pensiero e la concretezza del fare”
come scrive nel prologo della sua opera. Opera concepita anche a scopo
didattico, sia per gli addetti al lavori, sia per il grande pubblico
che ascolta continui riferimenti a questi concetti, senza spesso
conoscerne il vero significato. Molti fra coloro che sono
considerati padri del design e del branding erano ebrei o di origine
ebraica, europei, poi trapiantati negli Stati Uniti. Tra questi gli
ideatori delle brand sopra citate. Dottor Carmi, com’è nata l’idea di questo libro? “Branding.
Una visione Design Oriented” nasce per dare delle risposte innanzitutto
a me stesso, circa il legame tra design e cultura ebraica che ho
percepito fin da quando ero studente, pur senza riuscire ad afferrarlo.
Proseguendo nel mio percorso professionale ho realizzato che molte
delle figure di riferimento della storia del design e del branding
erano di cultura ebraica. Personaggi del calibro di Louis Bernays,
nipote di Freud e autore del libro “Propaganda” (del 1928 ndr),
considerato il padre delle relazioni pubbliche, oppure Raimond Loewy,
ideatore della bottiglia Coca Cola e del pacchetto di sigarette Lucky
Strike, Milton Glaser inventore di “I♥NY”. Quando non addirittura ebrei
ortodossi che si confrontarono tutta la vita con il preciso divieto di
creare icone che diventassero idoli, come Paul Rand. Partendo da
questi presupposti ho compreso che questo collegamento rappresenta
qualcosa di storico e tangibile, non esclusivo della mia esperienza
personale, e soprattutto non casuale. Lo può spiegare? Il
punto è che tutte queste persone avevano qualcosa in comune, come cerco
di suggerire tra le righe del libro. Una formazione mitteleuropea,
frutto della storia del continente, delle sue rivoluzioni, che
nell’ambito del design sfociò all’inizio del Ventesimo secolo in nuove
idee che si proponevano di fondere il concetto di estetica a quello di
funzionalità, la forma alla finalità. Allo stesso tempo, essi
coltivavano un’attenzione tipicamente ebraica all’interpretazione e al
significato profondo di parole e simboli. Con le migrazioni
forzate verso l’America per sfuggire al nazismo, tutto questo incontrò
l’universo statunitense e la società di massa, e si pose al servizio
dei suoi bisogni. Era necessario creare dei veicoli di comunicazione
semplici e contemporaneamente in grado di trasmettere i valori con cui
le varie produzioni industriali volevano presentarsi al mercato. Così
nacque il branding come lo intendiamo, che racchiude tutto ciò che un
marchio rappresenta, un insieme di valori e di esperienze, che devono
svilupparsi nel prodotto in maniera organica e coerente sotto ogni
aspetto. Nel suo libro, lei cita
diversi modelli, regole da seguire, discipline con una propria
scientificità. Come si concilia tutto questo con il fattore della
creatività, che rimane un aspetto fondamentale di un’attività basata
sull’estetica? Creatività e scientificità non sono
assolutamente in contraddizione fra loro. Nel design ci deve essere un
approccio analitico. La bellezza delle forme o la loro originalità non
sono mai a sé stanti, ma rappresentano un mezzo per raggiungere
l’obiettivo per la cui realizzazione sono state studiate. D’altronde il
significato della parola “design” non è “disegno”, come si potrebbe
pensare, bensì “progetto”, concetto con una funzionalità intrinseca.
Per questo il design è qualcosa di diverso dalle arti figurative che
hanno una pura valenza estetica. Nella progettazione industriale la
creatività si pone al servizio delle regole, e le regole declinano la
creatività.
Rossella Tercatin
Qui Torino - L'impegno a salvaguardia dei beni culturali
La
presentazione presso la Comunità Ebraica di Torino del volume “Parole,
immagini, oggetti e architetture delle sinagoghe piemontesi”, curato
dagli architetti Franco Lattes e Paola Valentini,
è stata uno spunto per una riflessione sullo stato della conservazione
e degli studi sui beni culturali ebraici in Piemonte. La prima a
intervenire sull’argomento è stata Lucetta Levi Momigliano,
storica dell’arte e conservatrice del castello di Masino che ha
sottolineato l’importanza del libro e come esso dia la possibilità a
ogni lettore di trovare un percorso personale al suo interno. L'
esperta ha guidato il pubblico in sala alla scoperta di una parte di
storia della famiglia Diena di Carmagnola, da cui discende l’architetto
Franco Lattes, ricostruita tramite le iscrizioni presenti su due ketarim
di proprietà dell’Archivio Terracini di Torino e le cui copie sono
esposte presso la mostra permanente di Carmagnola. Non è solo il valore
artistico degli oggetti a dover attirare la nostra attenzione ma anche
il loro valore documentario, la storia che ci possono raccontare. Il
Professor Luciano Re,
docente di restauro al Politecnico di Torino, ha portato la discussione
verso una riflessione sugli spazi sinagogali nei ghetti. Lo spazio
chiuso in cui erano costretti a vivere gli ebrei, racchiudeva un mondo
cosmopolita e dal grande fascino, modello di integrazione dei valori. La sinagoga rappresentava, oltre che un luogo di culto, il luogo di svolgimento della vita sociale comunitaria. Il
Professore ha tenuto a sottolineare l’ottimo intervento di restauro
conservativo che si sposa al meglio con gli inserimenti dei nuovi
elementi architettonici, l’importanza della mostra di Carmagnola che
risiede nella comunicazione a un pubblico variegato, non costituito da
soli ebrei, il valore e la ricchezza della tradizione ebraica. L’intervento di Rav Alberto Somekh
si è concentrato sui cartigli dedicatori presenti alle pareti della
sinagoga di Carmagnola. Si tratta di cartigli settecenteschi in stucco
con iscrizioni in ebraico che svolgono una triplice funzione:
decorativa, parenetica e dedicatoria. La prima nasce dalla limitazione
dell’uso di figure umane a cui sono sottoposti gli ebrei, le lettere
dell’alfabeto ebraico divennero un motivo ornamentale sostitutivo. La
funzione parenetica era svolta dalla scelta dei brani delle iscrizioni
che dovevano influenzare una riflessione religiosa e spirituale. Infine
la funzione dedicatoria, compiuta grazie ad accorgimenti di grande
fascino. La dedica, narra Rav Somekh, era spesso nascosta all’interno
dell’iscrizione, di cui a prima vista si intuiva il solo carattere
parenetico. A un secondo sguardo il lettore poteva accorgersi che
alcune lettere venivano riportate in caratteri di maggiore grandezza,
unendo le lettere con questa peculiarità si otteneva il nome e a volte
le generalità, della persona a cui era dedicato il cartiglio. La
riflessione dell’architetto Franco Lattes ci riporta al tema del
restauro architettonico dei luoghi ebraici. Il restauro di Carmagnola
rappresenta un momento importante di rivalutazione del patrimonio
artistico ebraico piemontese, un lavoro che si è svolto nell’arco di
vent’anni, dal primo sopralluogo per la constatazione dello stato
dell’edificio, svoltosi in un momento in cui non c’era ancora
l’interesse odierno per i beni ebraici. L’intenzione degli architetti
Franco Lattes e Paola Valentini, grazie al restauro di Carmagnola, è
quella di tenere viva l’attenzione sul problema della diversità e
sottolineare come l’alterità sia un elemento prezioso contro
l’intolleranza. La mostra non voleva essere un esempio di archeologia
dell’ebraismo, ma testimoniare l’attualità e la vitalità del pensiero
ebraico, oltre all’importanza artistica dei beni culturali ebraici. A chiudere la serata è stato il Presidente della Comunità Ebraica di Torino, Tullio Levi,
che ha reso partecipe il pubblico delle attività di recupero che la
Comunità torinese svolge da anni sui beni culturali ebraici. Cuneo,
Mondovì, Asti, Alessandria, Cherasco, Saluzzo sono tutte città le cui
sinagoghe sono state restaurate o in cui sono in atto i lavori. Un
impegno imprescindibile per mantenere la memoria e la vita nei luoghi
ebraici.
Sharon Reichel |
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Rotschild Boulevard - Anche i vampiri, adesso, sono kasher?
Ho scoperto di recente che dietro Twilight, la serie di film
adolescenzial-vampireschi che stanno facendo impazzire le ragazzine di
mezzo mondo, si nasconde la sceneggiatrice Melissa
Rosenberg. Anche i vampiri, adesso? Questo era un genere
cinematografico che mai, nella vita, avrei associato a un autore di
origine ebraica. Insomma, che molti registi e autori ebrei abbiano un
ruolo di primo piano a Hollywood non è certo una novità. La commedia
d'autore ormai è associata principalmente a nomi di registi ebrei
(Woody Allen, Mel Brooks, i fratelli Coen), per non parlare di mostri
sacri del film drammatico e d'azione come Steven Spielberg.
Quando
si parla di sceneggiatori, poi, abbondano nomi come Akiva Goldman
(quello di A Beautiful Mind e il Codice da Vinci) o Larry David
(Seinfeld). I film sui vampiri, però, hanno sempre avuto quel tocco
così "wasp": così gotici, freddi e affascinanti, insomma anglosassoni.
Senza contare che spesso i vampiri si rifanno a una mitologia
pseudo-cristiana, e decisamente non sembrano kasher (bevono sangue, per
dirne una!) Evidentemente, mi sbagliavo. La stessa Rosenberg ha
recentemente spiegato in un'intervista al Jewish Journal, tra il serio
e il faceto, che i suoi di vampiri "sono kasher eccome": il
protagonista maschile Edward Cullen è "vegetariano," nel senso che non
beve sangue umano. Poi la saga di Twilight è relativamente priva di
simboli cristiani: una scelta dell'autrice del romanzo da cui i film
sono tratti, Stephenie Meyer, mormone, che riteneva sacrilego scomodare
croci e acqua santa per dei vampiri.
Anna Momigliano
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Ecco la formula che tiene Israele fuori dalla crisi economica "Masà"
in ebraico significa viaggio, ma è anche il nome di un'organizzazione
che aiuta giovani ebrei di tutto il mondo a passare alcuni mesi in
Israele per fare volontariato, studiare o lavorare. Da quando c'è la
crisi economica, Masà rappresenta un forte richiamo. Quest'anno molti
dei 160 programmi hanno visto il numero di partecipanti raddoppiare. Il
piccolo paese mediorientale, privo di petrolio e altre risorse
naturali, sembra aver trovato la via della ripresa più rapidamente di
tanti altri paesi occidentali. Tra la fine del 2008 e il primo
trimestre del 2009, una leggera recessione ha colpito il paese; poi
però l'economia si è ripresa e ora la Banca d'Israele prevede una
crescita zero per quest'anno e almeno un +2,5 per cento per il 2010. In
ottobre la bilancia commerciale è tornata in positivo per la prima
volta in 14 anni; l'inflazione e la disoccupazione sono cresciute, al
3,2 e al 7,5 per cento rispettivamente, ma meno delle previsioni. Gli
analisti plaudono ai principali attori economici, il premier Benyamin
Netanyahu e il governatore della Banca d'Israele Stanley Fischer, per
aver superato la cattiva congiuntura con poche e leggere iniziative,
anche grazie a un sistema bancario solido e ben regolamentato. Ma il
paese deve la sua fortuna a uno sviluppo basato su ricerca e alta
tecnologia. In totale, gli investimenti in ricerca e sviluppo arrivano
al 5 per cento del pil, il livello più alto del mondo. "Israele ha
deciso di usare la ricerca e lo sviluppo per far fronte ai suoi
problemi più grandi, come la sicurezza o la scarsità d'acqua - dice
Ricardo Hausmann, direttore del Centro per lo Sviluppo Internazionale
presso l'Università di Harvard - Così ha trovato idee che sono valide a
livello globale e si è specializzata nell'esportazione di soluzioni ai
propri problemi". Sono lontani i tempi in cui il pompelmo Jaffa era il
più noto prodotto da esportazione del giovane stato, nato con
un'economia largamente socialista incentrata sull'egualitarismo del
kibbutz. Oggi le scoperte e i prodotti israeliani sono ovunque: nella
tecnologia militare, ma soprattutto nell'informatica, nelle energie
alternative, nella desalinizzazione dell'acqua e nella medicina. Il
motore dell'economia è nelle tante piccole imprese, spesso create da
giovani sulla base di invenzioni o idee creative, scrivono Dan Senor e
Sani Singer in "Start-Up Nation" , un libro da poco pubblicato.
Hausmann, autore di uno studio sullo sviluppo israeliano, afferma che
Israele ha creato una filiera perfetta per l'innovazione, coltivando
tramite la scuola, l'esercito, gli interventi statali e privati i
talenti di una popolazione costituita in buona parte da immigrati.
Secondo gli esperti, la vera chiave si trova negli anni del servizio
militare obbligatorio: tre per i ragazzi e due per le ragazze. Quello
che per molti è una dura e rischiosa imposizione è anche il momento in
cui i giovani imparano a trovare soluzioni con poche risorse. "Molti
acquisiscono competenze di ingegneria elettronica e software- dice
Asher Tishler, preside della Business School dell'università dì Tel
Aviv - Così imparano a pensare, risolvere i problemi, prendere
decisioni e non avere paura di contraddire i superiori". Da poco ha
aperto a Gerusalemme un impianto della Intel per la fabbricazione di
matrici, passo fondamentale nella produzione dei microchip. Nel 2006,
Warren Buffett ha preso il controllo di un'importante azienda
metallurgica; Nissan Renault collabora alla creazione della prima rete
capillare per ricaricare automobili elettriche. Per contenere il crollo
delle esportazioni, calate del 25 per cento nei primi mesi della crisi,
il governatore Fischer ha lanciato un programma di acquisti di valuta
estera per abbassare il valore dello sheqel, la moneta israeliana, che
continuava a rafforzarsi sul dollaro. L'anno scorso Fischer fu tra i
primi ad abbassare i tassi d'interesse, mentre ad agosto fu il primo
governatore a rialzarli dopo i primi segnali di ripresa. "La sua
reputazione e la sua freddezza sono state essenziali per mantenerci in
buona forma, dice Tishler. Nel 2004 il governo ha approvato una riforma
del sistema finanziario separando le banche da fondi di investimento e
altre forme digestione del risparmio. All'epoca Netanyahu era ministro
delle Finanze nel governo Sharon. Neoliberista e sostenitore di uno
small government , l'attuale premier rimane una figura controversa. Per
i suoi sostenitori, ha rivoluzionato l'economia israeliana con tagli
alle tasse, privatizzazioni e liberalizzazioni. Per i critici, ha
tagliato troppo sul welfare, contribuendo ad accrescere lo squilibrio
nella distribuzione della ricchezza. "Netanyahu è un thatcheriano,
e il suo sogno è portare questa politica in Israele", sostiene Ariel
Arnon, professore. di Economia dell'Università Ben Gurion. Netanyahu
continua a tenere le fila della politica economica, controllando
l'azione del ministro delle Finanze Yuval Steinitz, un professore di
filosofia. Ora il premier ha dovuto moderare le sue posizioni per non
perdere l'appoggio dei laburisti, compagni di governo. Secondo Arnon,
l'equilibrio mantenuto da Netanyahu emerge anche dai consiglieri
economici più influenti: Uri Yogev, convinto neoliberista ex capo del
Bilancio del Ministero delle Finanze poi entrato nel settore privato, e
Ofer Eini, il presidente della Federazione dei sindacati. Gli
economisti ora avvertono che le sfide non mancherarmo. La
preoccupazione maggiore è data dal programma nucleare iraniano. A
Teheran basterebbe solo possedere l'arma atomica per far fuggire da
Israele i migliori cervelli. "E' un aspetto di cui non si parla, ma
molti ne discutono a casa e con gli amici - dice Arnon- Pensano di
avere ancora tempo, ma non c'è grande fiducia nel lungo periodo. Non è
piacevole pensare di dover crescere i propri figli all'ombra di un
fungo atomico. Il Foglio, 22 novembre 2009 |
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notizieflash |
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Israele:
sforzi diplomatici per uno scambio
di prigionieri fra Hamas e Israele Tel Aviv, 22 nov - Secondo
il quotidiano Israel ha-Yom "Uno sforzo diplomatico serrato" viene
compiuto in questi giorni nel tentativo di giungere a un'intesa per uno
scambio di prigionieri fra Israele e Hamas. Il giornale scrive
che anche in questo contesto vanno viste la missione del capo di Stato
israeliano Shimon Peres oggi al Cairo e la visita - domani a
Gerusalemme - del ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle.
Egitto e Germania fungono da mediatori fra Hamas ed Israele. Secondo la
radio militare rientra in questi contatti anche la decisione di Hamas,
annunciata ieri, di imporre ad altre fazioni palestinesi la cessazione
dei lanci di razzi sul Neghev israeliano. Da parte loro alcuni mezzi
stampa arabi prevedono che lo scambio di prigionieri potrebbe essere
annunciato in concomitanza con la Festa islamica del Sacrificio, che
inizia venerdì. In cambio del caporale israeliano Ghilad Shalit,
prigioniero di Hamas a Gaza dal giugno 2006, Israele libererebbe
centinaia di palestinesi condannati per aver partecipato ad attentati
terroristici. Alcuni giornali precisano che in questi giorni viene
discussa la richiesta di Hamas di ottenere la liberazione anche di
alcune decine di arabi israeliani, fiancheggiatori dell'intifada. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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