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L'Unione informa |
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23 novembre 2009 - 6 Kislev 5770 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Quando
fu studiata la reazione che avrebbe portato da una parte alla bomba
atomica e dall'altra all'impiego pacifico dell'energia nucleare fu
chiaro che senza una "massa critica", cioè una minima quantità
sufficiente di combustibile nucleare, non sarebbe stato possibile
innescare la reazione a catena. Il concetto di massa critica è stato
trasportato allo studio di fenomeni sociali, fino a quelli religiosi.
Secondo l'opinione prevalente sembra che senza una quantità sufficiente
di ebrei in un determinato luogo non sia possibile garantire la
sopravvivenza della comunità. Sembra. Ma è vero? Ieri a Modena è stato
insediato il nuovo rabbino capo, rav Beniamino Goldstein. Gli ebrei
iscritti a Modena sono ottanta. Una cifra che in altri luoghi sarebbe
considerata trascurabile o perlomeno destinata inevitabilmente
all'estinzione. Eppure gli 80 ebrei modenesi hanno un regolare minian
ogni shabbat. E ora anche un rabbino capo stabile. E non si piangono
addosso. Quale è la massa critica della sopravvivenza ebraica? |
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Non
stupisce il successo, in Inghilterra, del presentatore sfigurato dal
fuoco apparso per una settimana a presentare il telegionale del quinto
canale TV. Il suo volto, ricostruito da cinquanta interventi, dopo
l'incidente stradale che trent'anni fa lo aveva distrutto, rivela
intelligenza, ispira fiducia e simpatia. Dietro il suo volto è la
bellezza della sofferenza, della storia individuale. E' la differenza
dagli altri volti. Aldo Grasso scrive, sul Corriere, che sono piuttosto
i volti resi uniformi dai chirurghi estetici che bisognerebbe vietare.
Ha ragione. Il problema è che l'omologazione è arrivata ormai ai
lineamenti fisici, non paga del trucco e dell'abbigliamento. Scompare
l'individualità, il fatto di essere riconoscibile dai propri tratti.
Questa omologazione assomiglia un po' alla lebbra, malattia che
distrugge i tratti e che nell'antichità e nel Medioevo era considerata
una punizione divina, perché era una "malattia dell'anima". Ora, il
desiderio di essere tutti uguali, tutti belli, tutti levigati dal look
o dalla chirurgia, distrugge, come una lebbra, l'individualità.
Impedisce all'anima di apparire nei tratti del volto. O forse, è perché
non c'è nessun'anima da rivelare? |
Anna Foa,
storica |
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Qui Roma - Maurizio Michele Raffa, Giusto d'Israele tra le nazioni
Monsignor Maurizio Michele Raffa
è stato insignito oggi del titolo di Giusto d'Israele tra le Nazioni.
La cerimonia si è svolta nella chiesa di S.Giovanni dei Genovesi, a
Roma, a due passi dall'antico Ghetto ebraico. A ritirare la massima
onorificenza dedicata a coloro che, come il monsignore, hanno agito in
modo eroico a rischio della propria vita per salvare la vita anche di
un solo ebreo dalla foga devastatrice nazi-fascista, è stato il nipote,
Maurizio Raffa (lo stesso nome di suo zio). Il monsignore è infatti
scomparso all'età di 51 anni, nel 1957. Alla cerimonia hanno
partecipato, fra gli altri, l'ambasciatore d'Israele Ghideon Meir, il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il rav Vittorio Della Rocca, Margherita Di Castro, membro della famiglia ospitata e salvata nella chiesa, e il monsignor Cereti, che ha introdotto e coordinato gli interventi.
“Chi
salva una vita salva il mondo intero”, questa una delle affermazioni
contenute nel Talmud, è proprio attorno a questa frase che hanno
ruotato gli interventi di tutti. “L'evento che ci apprestiamo a
celebrare oggi è un esempio chiaro di quell'atteggiamento di
fratellanza e accoglienza che conventi come questo hanno avuto in quel
periodo buio della storia italiana”, così il monisgnor Cereti ha
affermato nel corso del suo intervento. All'affermazione di Cereti
ha fatto eco l'intervento del Presidente Gattegna che ha ricordato come
anche i suoi famigliari si salvarono grazie all'ospitalità e al rifugio
offerto in un convento di religiose nella zona di piazza di Spagna.
Gattegna ha ricordato anche il sentimento di stupore e incredulità di
coloro che vissero in quel periodo storico, e che spinti da quei
sentimenti non reagirono nascondendosi o scappando, non presero alcuna
precauzione e persero così la possibilità di avere salva la vita. Il
Presidente Riccardo Pacifici invece ha voluto cogliere e far riflettere
sul significato di eventi come questo: “Chi salva una vita, salva il
mondo intero - ha ribadito Pacifici - e oggi fra noi l'esempio
manifesto di questo detto, la famiglia Di Castro fu ospitata e salvata
dalle persecuzioni, oggi, quella famiglia, grazie all'alto senso di
giustizia del Monsignor Raffa, ha dato i suoi frutti, qui ci sono i
figli e i nipoti di quella che allora era solo una piccola famiglia, e
perciò, chi salva una vita salva l'umanità intera”. Pacifici nel suo
discorso ha voluto toccare anche un altro argomento, qualcosa su cui
forse si riflette troppo poco: “Le vittime della Shoah non sono solo
quelle morte nei campi di sterminio e durante la guerra, ci sono altre
vittime spesso dimenticate o di cui non si tiene conto in quel numero
'6 milioni di ebrei morti'. Sono coloro che non solo prima ma
soprattutto dopo la guerra, per dimenticare gli orrori di quel
periodo si sono allontanati, hanno rinnegato le loro origini. Queste
perdite si sono aggiunte alle 6 milioni di vittime del nazismo”.
Dopo
gli interventi dei presidenti è avvenuto il conferimento dello
Stato israeliano per mano dell'ambasciatore Ghideon Meir: “Israele
si è assunto il dovere di ricordare e far ricordare le vittime delle
persecuzioni razziali e coloro che si adoperarono per evitarle - ha
affermato l'ambasciatore - Nell'atto di fondazione dello Yad Vashem è
scritto che la medaglia di Giusto tra le nazioni deve essere conferita
secondo i seguenti tre principi: il Giusto deve aver salvato uno o più
persone ebree, rischiando la propria incolumità, e non deve aver
ricevuto compensi per questo. Sono poche le persone in Europa che
possono riconoscersi in questi principi, sono poche le persone in
Europa che salvarono a rischio della propria vita, la vita degli ebrei
perseguitati, ma Monsignor Raffa è di certo una di queste persone”. Il
nipote, fiero e orgoglioso delle gesta di quel suo parente, ha ricevuto
in quel momento il certificato e la medaglia di Giusto per il monsignor
Maurizio Michele Raffa. A concludere gli interventi e la celebrazione è
stato un intervento di Margherita Di Castro, membro della famiglia
salvata, che ha ricordato la paura di quel periodo e la protezione
ricevuta dal monsignore.
Valerio Mieli
A Sorgente di Vita: il concerto per Yitzhak Rabin, Ayelet Bargur e l'anniversario dell'Intesa ebraica
La puntata
di Sorgente di vita di lunedi 23 novembre apre con il concerto
all’Auditorium di Roma diretto da Lorin Maazel, il “Lamento per
Yitzhak” del compositore Dov Seltzer.”, un requiem ebraico
dedicato a Rabin, primo ministro israeliano e premio Nobel per la pace,
assassinato nel 1995. Segue poi un servizio sul ritorno a Rocca
di Cave di un gruppo di ebrei romani che vi trovarono rifugio
durante l’occupazione nazista. Una storia di salvezza personale, ma
anche di coraggio e solidarietà da parte della popolazione locale. Poi
il dramma del conflitto tra israeliani e palestinesi raccontato in un
documentario dell’israeliana Ayelet Bargur e infine il convegno sui
venti anni dell’Intesa tra lo Stato e le Comunità ebraiche italiane,
promosso dall’Università Roma Tre insieme alla fondazione CDEC con
interventi di esperti e di alcuni giuristi che
parteciparono alle trattative e alla stesura dell’Intesa.
Sorgente di vita va in onda lunedì 23 novembre all'1,20 circa su RAIDUE. La puntata sarà replicata lunedì 30 novembre alle 9,30 del mattino. I servizi di Sorgente di vita sono anche on line
p.d.s.
Qui Milano - Comunità e rabbini, dibattito al Kesher
La comunità
ebraica e il rabbinato italiano negli ultimi vent’anni hanno subito
profonde trasformazioni. La presa di coscienza dei nuovi problemi che
questi cambiamenti hanno portato con sé suscita sempre più la voglia di
discuterne, che prevale ormai sulla tentazione di far finta che non
esistano. Il rapporto del rabbino con la propria Comunità si collega a
quello tra le diverse anime che compongono l’ebraismo italiano, dei
diversi modi di viverlo e sentirsene, o meno, parte. Questi i temi affrontati a Milano in un incontro-dibattito del progetto Kesher che ha visto come protagonisti il Rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, e il Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Riccardo Hofmann (a
destra nell'immagine assieme al Presidente della Comunità di Milano
Leone Soued, all'onorevole Pierluigi Bersani e all'ex Presidente
dell'Unione dei giovani ebrei italiani Daniele Nahum). Presentando il tema della serata, il Rav Roberto Colombo,
responsabile di Kesher, ne individua l’ideale soluzione. “Non dovrebbe
esistere l’alternativa tra un rabbino che si pone al servizio della
comunità e una Comunità che si imposta su quanto ritiene il rabbino –
spiega – le due cose dovrebbero andare di pari passo. Il titolo ideale
di questo incontro dovrebbe essere “Un rabbino per la comunità e una
Comunità per il rabbino”. Il Consigliere Ucei ha ricordato che
ebrei italiani iscritti alle Comunità sono diminuiti di numero, perché
molti si sono allontanati, e non necessariamente per motivi religiosi.
“Ci sono anche ragioni economiche e sociali alla base del progressivo
distacco, ma esiste anche il fenomeno di gruppi che conducono una vita
ebraica molto attiva senza formalizzare la propria appartenenza alla
Comunità”. Un fenomeno molto accentuato a Milano, date le diverse
provenienze geografiche e tradizioni dei gruppi che la compongono. “Senza
entrare nelle prerogative proprie del rabbinato, penso sarebbe
importante mettere in campo un approccio maggiormente inclusivo - ha
affermato Hofmann – in cui la Comunità diventi capace di dispensare
diversi servizi e il tempio rappresenti un’occasione di crescita sotto
vari punti di vista, e non sia considerato solo un luogo di ritrovo per
chi è religioso”. Il Rav Arbib si è concentrato invece
maggiormente su quella che è propriamente la funzione del rabbino
all’interno delle dinamiche comunitarie. Il rabbino deve essere
una guida per la sua gente, su questo non ci sono dubbi, ma come, nella
pratica, deve comportarsi per svolgere nel modo migliore il suo compito? Il
rav Arbib ha preso a modello della guida del popolo per eccellenza,
Mosè, e da quello del fratello Aronne, spiegando come questi
interpretino il proprio ruolo in modo differente. “Mosè si
identificava completamente con il suo popolo, ne voleva condividere il
destino, anche dopo il drammatico episodio del vitello d’oro era pronto
a subire la stessa punizione divina – ha sottolineato il Rav – ma allo
stesso tempo non gli risparmiava gli ammonimenti quando sbagliava, e
quando esso commise il suo peggior tradimento con la costruzione del
vitello d’oro, non esitò a fare giustizia, a punire i colpevoli”.
Aronne per Am Israel era pure una guida, ma utilizzava una strategia
diversa, continua il Rav Arbib. Sul Pirkè Avot leggiamo che Aronne “ama
la pace, insegue la pace, ama le creature e le avvicina alla Torah”. Il
rabbino capo di Milano spiega come sia necessario interpretare questo
passo. “Quando due persone litigavano Aronne metteva pace, andando da
ciascuno a presentare le scuse dell’altro. Quando un ebreo si
allontanava dalla Torah, gli stava particolarmente vicino senza fargli
notare i suoi errori, senza rimproverarlo, al punto che egli provava
vergogna e di sua spontanea volontà cominciava a rispettare nuovamente
le mitzvot”. Due maestri diversi quindi, che tuttavia, evidenzia
il Rav Arbib, avevano entrambi chiaro l’obiettivo che perseguivano,
condurre gli ebrei sulla strada della Torah. “Questo obiettivo deve
esserci chiaro anche oggi, qualunque modello noi rabbanim scegliamo di
seguire - ha concluso il rabbino capo di Milano – nel momento in cui ci
preoccupiamo di chi si allontana, un problema forte, che esiste,
dobbiamo sapere a cosa vogliamo riavvicinarlo”. A chiudere
l’incontro è stato l’intenso dibattito col pubblico in sala, come era
stato nella serata sugli 'ebrei lontani' svoltasi a settembre, di
cui questo ha rappresentato un ulteriore sviluppo. Sono stati molti a
voler intervenire, portando la propria esperienza o chiedendo
spiegazioni rispetto ad alcuni dei problemi più sentiti, i matrimoni
misti, le conversioni dei bambini figli di solo padre ebreo. Se è
difficile che due serate possano portare soluzioni a questioni così
complesse, anche quest'ultima ha costituito un'occasione di confronto
fra le diverse parti della comunità, rabbanim, istituzioni, gente
comune.
Rossella Tercatin
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Rabbino, filosofo, giornalista. La lezione di Steven Schwarzschild
Mentre
resta aperto il dibattito sulla problematica simbiosi dell’ebraismo
tedesco, poco noti sono nel complesso gli esiti che ne sono scaturiti
dall’incontro con il “nuovo” mondo americano. Una delle figure più
interessanti è quella di Steven Samuel Schwarzschild (1924-1998),
rabbino e filosofo insieme. Fu tra i primi rabbini a far ritorno in
Germania nel 1948 per riorganizzare la comunità di Berlino dove pensò
che fosse anzitutto necessario un organo di stampa e contribuì perciò a
dar vita al periodico: Allgemeine Wochenzeitung der Juden in
Deutschland. In America e in Israele ha rifondato la filosofia ebraica. Sulla
scia di Maimonide e di Hermann Cohen (alla cui scuola si era formato)
Schwarzschild ha sostenuto che essere ebrei vuol dire mantenersi
fedeli, nel giudizio, alla “trascendenza del D-o Unico”. Il che
significa riconoscere che la realtà immanente che ci circonda va
modificata. Ecco perché – afferma in uno dei suoi saggi più belli – “la
halakhà è l’espressione religiosa di una rivoluzione permanente”. Erede
del messianismo ebraico-tedesco, Schwarzschild si è fatto portavoce,
insieme a Lévinas, di un umanismo ebraico e di una filosofia della
trascendenza che, senza compromessi, critica ogni proclamazione
dell’immanenza nella storia – tanto più in quella del popolo ebraico. Chi
usa accenti patriottici, è pervaso da una ideologia nazionalistica, ed
è pronto a sanzionare anche il torto e l’ingiustizia in nome di questo
nazionalismo, non è per Schwarzschild neppure ebreo.
Donatella Di Cesare, filosofa
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Più
che una notizia è una speranza: si intensificano le voci che parlano di
una imminente liberazione di Gilad Shalit. Ne ha parlato anche il
presidente Peres (La Stampa, L'Unità). Sono più di tre anni che attendiamo la fine del sequestro, speriamo che questa sia la volta buona. L'altra
notizia che ci riguarda è costituita dalle dichiarazioni che il
Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fatto al termine dei suoi
colloqui col re dell'Arabia Saudita, in cui si esprime un po'
genericamente "preoccupazione" per gli insediamenti israeliani (La Stampa, Il Messaggero). Infine
vi sono state delle manovre militari in Iran, accompagnate dalle solite
minacce a Israele e dalla solita propaganda per il "diritto" del regime
degli ayatollah a perseguire i propri piani atomici (La Stampa). Sul piano delle prospettive più lunghe, merita una lettura attenta l'analisi di Fiamma Nirenstein (Il Giornale)
sugli errori e le contraddizioni dell'amministrazione Obama sulla
questione mediorientale e anche il reportage di Micalessin (Il Giornale)
sull'"accoglienza trionfale" che il presidente brasiliano Lula ha
dedicato ad Ahmadinejad: un fatto che dovrebbe far riflettere
sull'incertezza del confine che separa regimi "progressisti" e
"rivoluzionari" in Sudamerica e in genere nel Terzo Mondo e anche sulla
solidarietà che vi circonda anche le politiche più chiaramente
criminali, purché antioccidentali. Ugo Volli |
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notizieflash |
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Roma:
l'Ucei bandisce due Borse di studio
Roma, 23 nov - L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane eroga due borse di studio con
contributo della Regione Lazio a studenti iscritti a un dottorato di
ricerca o che abbiano ultimato il dottorato di ricerca nelle Università
italiane negli anni 2006-2007 2007-2008 2008-2009 nelle seguenti aree
scientifiche: Scienze Politiche, Giurisprudenza, Economia, Scienze
Umanistiche, Storia, Filosofia Medicina e Giudaistica. L'importo della
borsa di studio è di duemila euro. I candidati dovranno far pervenire
il proprio curriculum vitae unitamente a un progetto di ricerca in
materia di Procedure parlamentari della Knesset rispetto al Parlamento
italiano, Diritto di famiglia nella società civile ebraica e la
legislazione italiana o Bioetica e diritto ebraico entro il 15 dicembre
2009. Per visualizzare il bando di concorso in forma integrale clicca qui
Lo scambio di prigionieri fra Israele e Hamas includerebbe anche una lunga tregua Tel Aviv, 23 nov - Secondo
il giornale palestinese al-Manar di Gerusalemme est l'accordo per uno
scambio di prigionieri che in questi giorni viene negoziato fra Israele
e Hamas, con i buoni uffici dell'Egitto e di un emissario tedesco
include anche una tregua di lungo termine e la fine dell'isolamento di
Gaza. Finora questa notizia non ha altra conferma. Secondo il giornale
un dirigente del ministero israeliano della difesa, Amos Ghilad, è
stato incaricato di recarsi al più presto al Cairo per definire le
modalità di una tregua a Gaza con Hamas, che includa la riapertura dei
valichi e l'ingresso di merci nella Striscia. Il giornale precisa che
in questo contesto va visto l'annuncio di Hamas, pubblicato sabato,
relativo ad una intesa con tutti i gruppi armati attivi a Gaza per la
cessazione di razzi verso il territorio israeliano. Ieri al Cairo il
capo di stato israeliano Shimon Peres ha avuto un lungo colloquio
privato con il presidente Hosni Mubarak. La stampa odierna aggiunge che
con lui si trovava anche Uzi Arad, uno dei più stretti consiglieri di
sicurezza del premier Benyamin Netanyahu. A quanto pare Arad ha
incontrato il ministro egiziano degli esteri e il capo dei servizi
segreti. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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