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L'Unione informa |
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29 novembre 2009 - 12 Kislev 5770 |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
I
rapporti tra fratelli, nella Torà, non sono tra i migliori: Giacobbe ed
Esaù ed Isacco e Ismaele ne sono buon esempio. Diverso sembra il caso
delle sorelle: Rachele e Lea, pur con alcuni contrattempi, sembrano
attente alla relazione e alla reciproca serenità. Rachele arriva a
consegnare a Lea la "password" necessaria per la prima notte di nozze:
è per questo che Giacobbe non si accorge dello scambio di persona fino
alla mattina dopo. Lea ricambia, pregando Dio di trasformare il settimo
feto che ha in grembo da maschio a femmina. Questi strani interventi
servono ad evitare, ora per l'una ora per l'altra delle due sorelle, di
finire spose di Esaù. Donne più solidali tra loro e migliori degli
uomini? |
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Che cos’è Hanukkah, senza una hanukkiyah da accendere e un sevivon da far girare? Eppure il sevivon,
un oggetto che ci dovrebbe ricordare che solo chi resiste senza
compromessi e rifiuta di assimilarsi ha la possibilità di un futuro, ha
una storia che non coincide con ciò che molti immaginano. Un gioco di
scommesse praticato nell’antica Grecia; poi trasformato nella sua forma
attuale nella Gran Bretagna del XIII secolo, denominato “teetotum”
e praticato nel giorni del Natale; diffuso nell’Europa centrale nel
XVIII secolo e per quella via sia entrato nel mondo yiddisch col nome
di “dreidel”, una parola che
ha la sua radice nel verbo tedesco “drehen”, “ruotare”. Un gioco che
non è solo europeo, e che secondo altre ricerche è presente nei
gruppi aborigeni dell’Australia (così,per esempio documenta il
paleoantropologo Robert Etheridge (1846 -1920) in un suo breve studio –
“The game of Teetotum”,
pubblicato nel 1896. Un gioco che in Germania assume le lettere
ai quattro lati che esprimono anche il significato del gioco. Ovvero N=
Nichts (niente); G=Ganz (tutto); H=Halb (metà); S=Stell ein (chiudo).
Quattro lettere che il “trudl”, così si chiama in tedesco,
divenuto “dreidel” in yiddisch, si traslitterano in nun; ghimel; hei; shin. E che qualcuno legge con “Nes Gadol Hayà Sham”.
Si potrebbe dire con leggerezza che ognuno assegna il significato alle
cose per come vuole che esse siano. E’ vero, ma io ci vedo qualcosa di
più. Trovo ironico, ma anche istruttivo che il simbolo giocoso di una
festa che intende celebrare l’assoluta volontà di non assimilarsi sia
espresso da un oggetto che è il segno più evidente dell'intercultura.
Ironico perché questa storia è giusto che faccia sorridere. Istruttivo
perché ci ricorda che quello che siamo, le cose che facciamo, e ciò che
pensiamo non discendono per derivazione da un codice originario,
esclusivo e solo nostro, ma tutti noi siamo il risultato di molti
mescolamenti e di molti prestiti. |
David Bidussa,
storico sociale delle idee |
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Medicina e informazione al convegno dell’Associazione Medica Ebraica
Medicina ed ebraismo. Una storia con molti punti comuni nel corso dei
secoli, grazie a tanti ebrei che si sono dedicati alla scienza medica
apportando un contributo rilevante se non fondamentale, da Maimonide, grande medico e un grande studioso di Talmud a Freud, il padre della psicanalisi. Nel
2004, le storiche organizzazioni di medici ebrei in Italia hanno dato
vita ad un'unica associazione nazionale, l’Associazione Medica Ebraica
(Ame). Si è svolto recentemente il tradizionale Convegno
organizzato dal gruppo tosco-emiliano dell’Ame Mosè Maimonide, con la
Comunità ebraica e l’Università degli Studi di Ferrara, proposto ogni
due anni allo scopo di trattare un tema fondamentale della medicina che
metta in evidenza il punto di vista ebraico. Dopo aver discusso nelle
passate edizioni di kasherut, di disagio psichico, di invecchiamento,
quest’anno si è scelto di parlare dell’“Informazione sanitaria nella tradizione religiosa, nella società contemporanea e nella legislazione”, un tema quanto mai attuale come ha spiegato il professor Germano Salvatorelli,
ordinario di Istologia all’Università degli studi di Ferrara.“Una volta
la posizione del medico rispetto a quella del malato era decisamente
preminente – sottolinea – Oggi invece non è più così. Paziente e medico
sono sullo stesso piano e la comunicazione deve andare nei due sensi,
ecco perché abbiamo scelto di occuparci della questione”.
Un problema che ricopre un ruolo fondamentale anche dal punto di vista ebraico, ha evidenziato il Rav Luciano Caro,
rabbino capo di Ferrara, sottolineando come la verità, nel rapporto tra
medico e paziente, “rappresenti un bene importante, ma non assoluto. Lo
scopo principe del medico deve essere il bene del malato, e in questo
senso talvolta una mezza verità può essere preferibile perché è
fondamentale lasciare sempre una porta aperta alla speranza”. Il convegno è stato moderato dal professor Giorgio Mortara, presidente dell’Ame, che racconta il suo punto di vista sui temi trattati. Professor Mortara, qual è il suo giudizio sull’importanza del tema della comunicazione in ambito sanitario? Ritengo
che il problema al giorno d’oggi sia veramente forte. Noi medici
dobbiamo preoccuparci della sfera del rapporto tra medico e paziente, e
al convegno è stato interessante conoscere l’approccio alla questione
nelle diverse branche della medicina, dalla psicanalisi alla pediatria.
Un altro punto fondamentale in questo ambito è stato anche
l’informazione generale attraverso i mezzi di comunicazione a proposito
delle nuove emergenze sanitarie, qualche anno fa l’aviaria, oggi
l’influenza A. Come giudica l’informazione dei mass media italiani su queste tematiche? La
gente ha una grande paura delle malattie. Quando si diffondono nuovi
virus, non si possono avere certezze sulla gravità delle patologie di
cui sono portatori, né sulla capacità di contagio. All’inizio pertanto
un certo allarme può essere giustificato. Troppo spesso però questo
viene amplificato in modo eccessivo da giornali e televisioni, e da qui
parte una gestione del problema che diventa sbagliata, perché col
passare del tempo i dati a disposizione aumentano e non giustificano il
panico. L’aviaria non ha portato all’annunciata pandemia, e anche
l’influenza A sta facendo riscontrare un tasso di mortalità inferiore
alla normale influenza stagionale, anche se non siamo ancora arrivati
al periodo di picco massimo del contagio. Quello che colpisce
l’opinione pubblica è sicuramente il fatto che ad ammalarsi siano
soprattutto i più giovani, ma questo è assolutamente normale
considerando che l’organismo più giovane ha conosciuto meno malattie e
quindi sviluppato meno anticorpi. Qual è l’apporto peculiare alla medicina proprio del pensiero ebraico? Il
grande punto di forza del pensiero ebraico nell’ambito medico è sempre
stato quello di considerare la salute dell’uomo nella sua globalità,
fisica e mentale. Un approccio che oggi può apparire scontato, ma che
in passato era assolutamente minoritario. In questa prospettiva, la
dimostrazione del contributo dato dal pensiero ebraico alla medicina
penso si possa individuare nell’apporto fondamentale di medici e
pensatori ebrei alla psicanalisi. Questo perché nell’ebraismo, la
salute del corpo e della mente è il mezzo fondamentale attraverso cui è
possibile adempiere alle mitzvot.
Il medico diventa quindi colui che, preservando e curando la salute dei
suoi pazienti, permette loro di seguire i dettami della Torah, e in
questo senso, diventa una figura assolutamente centrale, che merita
rispetto e gratitudine per quello che fa anche dallo stesso punto di
vista religioso.
Rossella Tercatin
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Rotschild Boulevard - Dal Technion una nuova scoperta che rivoluzionerebbe la cura delle malattie cardiovascolari
Cellule
di un cuore umano, che forse, in un futuro non troppo lontano,
potrebbero contribuire a salvare la vita a migliaia di persone. Il
tutto partendo da un pezzettino di pelle. Questo è il frutto della
ricerca di uno scienziato del Technion di Haifa, che si spera possa
rivoluzionare il trattamento delle malattie cardiovascolari.
Stando a quanto riportato da alcuni siti di informazione israeliani, il
professor Lior Gepstein sarebbe
infatti riuscito a ricreare delle cellule cardiache, partendo da alcune
cellule epiteliali: questo - tiene a precisare lo stesso scienziato - è
stato possibile grazie alla scoperta di un team di ricercatori
giapponesi che aveva ideato il modo di fare regredire alcuni tipi di
cellule epiteliali allo stato di staminali (definite dopo il processo
"induced pluripotent stem cells," iPSCs). Partendo da queste
"cellule staminali indotte," insieme a un team di colleghi del Technion
e dell'istituto medico Rambam di Haifa, Gepstein ha poi creato cellule
cardiache. La scoperta potrebbe contribuire molto alla cura dei
pazienti i cui tessuti cardiaci sono gravemente danneggiati. Anche se,
affinché la ricerca possa essere applicata alla cura di pazienti,
dovranno passare ancora dei decenni. Insomma, i ricercatori del
Technion e del Rambam mettono le mani avanti.
Anna Momigliano
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Domani in aula il mostro di Sobibor Il
suo ultimo appello lo ha perso il mese scorso: domani John Demjanjuk,
ritenuto uno dei responsabili dello sterminio di circa 28mila ebrei nel
1943, si presenterà davanti al tribunale di Monaco di Baviera per
quello che si preannuncia come uno degli ultimi grandi processi a un ex
nazista sospettato di crimini contro l'umanità. L'attesa è grande: 220
giornalisti provenienti da tutto il mondo seguiranno le udienze e, per
accomodarli tutti, la Corte ha già preparato un'apposita sala collegata
all' aula con una tv a circuito chiuso. La Corte Costituzionale tedesca
ha spianato definitivarnente la strada al processo lo scorso 21
ottobre, respingendo il ricorso degli avvocati di Demjanjuk, secondo i
quali il procedimento sarebbe incostituzionale poiché il loro assistito
ha già trascorso diversi anni in prigione durante un precedente
processo in Israele. Dopo oltre tre decenni di battaglie legali, prima
per cercare di evitare l'estradizione dagli Stati Uniti, poi per
cercare di sottrarsi alla legge tedesca, Demjanjuk 89 anni - ha
esaurito i ricorsi in appello: se verrà riconosciuto colpevole, rischia
di trascorrere il resto della sua vita in prigione per un eccidio
compiuto nel campo di sterminio di Sobibor, nella Polonia occupata dai
tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, Nato in Ucraina, Demjanjuk
ha vissuto per oltre 50 anni negli Usa, dove arrivò nel 1952, ottenendo
in seguito la cittadinanza. Riconosciuto da alcuni sopravvissuti come
«Ivan il Terribile», aguzzino nazista di Treblinka (Polonia),
responsabilè di centinaia dimortitra 1942 e il 1943. Dopo una battaglia
legale, gli Stati Uniti gli tolsero la cittadinanza e nel 1986 lo
espulsero in Israele, che lo accusava di essere il misterioso «Ivan il
Terribile» e nel 1988 lo condannò a morte. Mala sentenza fu annullata
nel 1993, quando vennero alia luce documenti dell'ex Urss secondo cui
l'«lvan» di Treblinlca era probabilmente un'altra persona, Ivan
Marcenko. Ieri un quotidiano tedesco ha pubblicato la notizia di una
nuova accusa a Demjanjuk: nel 1947 avrebbe ucciso un ebreo investendolo
con un camion. Il Giornale, 29 novembre 2009
Chàvez e l'elogio di Carlos che imbarazza Abu Mazen
Povero
Abu Mazen. Non gli bastano l'estremismo di Hamas,la rigidità del
governo israeliano sul congelamento delle colonie, la paralisi totale
del processo di pace, l'impressione di essere stato lasciato solo, la
stanchezza e la salute malferma. Ora, a metterlo in difficoltà, ha
provveduto quel campione della sinistra radicale sudamericana che è il
presidente venezuelano Ugo Chàvez. il quale sembra proporsi come il
Gheddafi di vent'anni fa: violento e provocatore. Ricevendo il
presidente palestinese a Caracas, Chàvez si è lanciato in un elogio del
superterrorista Carlos Ilich Ramirez, che sconta l'ergastolo in
Francia. Visto che le sanguinarie imprese di Carlos furono in gran
parte legate alla sua militanza nelle organizzazioni dell'estremismo
palestinese durante gli anni Settanta, segnati da una terribile
campagna di attentati terroristici (tra cui la strage alle Olimpiadi di
Monaco), Chàvez ha pensato bene di accogliere l'ospite inneggiando al
«soldato rivoluzionario Carlos, che ci ha rappresentati tutti nella
lotta per la liberazione del popolo palestinese». Che Chàvez volesse
essere amichevole con Abu Mazen è assai improbabile. Non può certo
ignorare che il presidente dell'Anp è un moderato, privo di qualsiasi
pedigree militare e refrattario alla suggestione delle armii, a
differenza del suo predecessore Yasser Arafat. Quindi, l'elogio a
Carlos, ribadito dopo le dichiarazioni sull'ingiusta condanna» subita
in Francia del terrorista, che avevano fatto infuriare il governo di
Parigi, ha un preciso obiettivo: dar seguito al «caldo» incontro con il
leader iraniano Ahmadinejad, e indirettamente sostenere Hamas, che è
avversario di Abu Mazen ed è protetto da Teheran. Come benvenuto a un
ospite presentato come amico fraterno, non c'è davvero male.
Antonio Ferrari, Corriere della Sera, 29 novembre 2009
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notizieflash |
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MO: scambio prigionieri, ancora molte le perplessità Tel Aviv, 29 nov - Prosegue
anche oggi sulla stampa israeliana, l'altalena delle informazioni sulla
imminenza o meno di una intesa con Hamas. A quanto risulta Israele
continua ad opporsi alla liberazione di Barghuti e del leader del
Fronte popolare per la liberazione della Palestina Ahmed Saadat. Hamas
da parte sua continua a respingere, l'esilio forzato per i dirigenti
del suo braccio armato che dovrebbero riacquistare la libertà (in
cambio del caporale israeliano Ghilad Shalit) ed è disposto ad
accettare questa soluzione solo in casi eccezionali. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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