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L'Unione informa |
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3 dicembre 2009 - 16 Kislev 5770 |
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alef/tav |
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Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano |
La
parashà di Vayetzè racconta l'uscita di Ya'akòv dalla Terra d'Israele e
l'inizio di un esilio ventennale a Charàn. Il Talmùd, nel Trattato di
Chullìn, racconta questa storia. Quando Ya'akòv giunge a Charàn si
rende conto di essere passato, senza fermarsi a pregare, per il luogo
in cui avevano pregato i suoi padri, il Monte Morià, e su cui un giorno
sarebbe stato costruito il Bet Hamikdàsh, decide di tornare indietro;
ma, a questo punto, avviene un miracolo e il Monte Morià si trasferisce
nel luogo in cui lui si trova. Secondo rabbi Moshe Feinstein, questo
midràsh insegna qualcosa di importante riguardo la nostra vita di ebrei
diasporici. Spesso diciamo che noi viviamo in condizioni che,
oggettivamente, impediscono lo sviluppo di una piena vita ebraica.
Quello che ci dice invece il midràsh è che se veramente lo desideriamo
è il Monte Morià che ci viene incontro. |
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Due
storie di calcio e di politica. La prima è che il presidente del
Brasile Luis Inacio Lula da Silva per dimostrare il contributo del suo
paese alla pace in Medio Oriente ha promesso che se vi sarà progresso
nelle trattative, farà disputare una partita fra la sua forte nazionale
e una squadra mista Israele-Palestina. Grazie, signor presidente, ma
solo a patto che la mista Israele-Palestina giochi contro una
rappresentativa mista Brasile-Argentina... La seconda storia è che il
Qatar, uno degli emirati del Golfo, vuole organizzare i campionati del
mondo di calcio nel 2022, e per promuovere la sua candidatura promette
di non opporsi alla partecipazione della nazionale israeliana. Facile
demagogia: visti i risultati recenti, chi mai si aspetta che Israele
possa riuscire a superare i gironi eliminatori... |
Sergio Della Pergola,
Università Ebraica di Gerusalemme |
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Dialogo - L'Osservatore Romano: “Con Pagine Ebraiche confronto anche duro, ma sempre nuovo e stimolante”
Pagine
Ebraiche, il giornale dell'ebraismo italiano edito dall'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, continua a suscitare interesse e a
raccogliere autorevoli riconoscimenti. Quando ieri in serata le
rotative vaticane hanno cominciato a mettere in circolazione le
prime copie del numero che porta la data odierna dell'influente
quotidiano cattolico Osservatore romano, le agenzie di stampa hanno
immediatamente segnalato che il giornale apriva il confronto sulla
delicata questione della conversione della filosofa ebrea Edith Stein
riportando per intero un commento tratto dall'ultimo numero, quello
attualmente in circolazione, della nuova testata della minoranza
ebraica in Italia. La scelta del direttore dell'Osservatore, professor
Giovanni Maria Vian, di riprendere Pagine Ebraiche per esprimere una
posizione cattolica su una vicenda tanto delicata ha immediatamente
fatto notizia e nell'arco di pochi minuti è stata ripresa da tutte le
agenzie di stampa italiane (Ansa, Agi, Apcom e AdnKronos) con numerosi
lanci immessi in rete. Mentre il coordinatore dei dipartimenti
Informazione e Cultura dell'Unione della Comunità Ebraiche Italiane
Guido Vitale riuniva la redazione del Portale dell'ebraismo italiano
per valutare la situazione, lo stesso professor Vian interveniva poi
con una nuova dichiarazione ripresa dalle agenzie di stampa. Tra
l'Osservatore Romano e il mensile Pagine Ebraiche, afferma il direttore
del giornale vaticano, “non c'è nessuna polemica”, ma anzi “un
confronto positivo”. “Il dibattito aperto - ha precisato Vian - non va
assolutamente visto in chiave polemica, ma rappresenta, invece, un
segnale di novità, un confronto, anche duro, ma sempre positivo, un
segno ulteriore di collaborazione tra le due testate”. Vian, riporta
l'agenzia Ansa, ha fra l'altro definito Pagine Ebraiche “un bellissimo
giornale” e anche Lucetta Scaraffia, autrice del testo pubblicato da
Pagine Ebraiche e ripreso integralmente dal quotidiano cattolico
“ne aveva tessuto le lodi lamentando una caduta sul tema specifico”. Il
dibattito suscitato nei primi due numeri di Pagine Ebraiche sulla
figura di Edith Stein (ribattezzata Santa Teresa Benedetta della
Croce), pensatrice ebrea convertitasi al cattolicesimo e divenuta suora
carmelitana prima della deportazione e della morte ad Auschwitz era
stato aperto dalla filosofa Donatella Di Cesare, una delle voci del
Portale dell'ebraismo italiano, che aveva offerto spunti di riflessione
e di conoscenza sul controverso caso. La questione aveva destato
turbamenti e inquietudine in ambienti cattolici, e Lucetta Scaraffia,
docente di Storia Contemporanea nel medesimo ateneo della Di Cesare e
articolista, tra gli altri, del Corriere della Sera e dell'Osservatore
Romano aveva chiesto di intervenire sul nuovo giornale ebraico. “Il
fiume straripante di pubblicazioni riguardanti Edith Stein - aveva
denunciato Donatella Di Cesare nel suo editoriale - sembra non avere
altro scopo che cancellare il cancellabile, gli ultimi resti ebraici di
Edith Stein, per imporre, con ripetizione ossessiva, la figura di suor
Teresa Benedetta della Croce, monaca carmelitana, martire, già beata e
santa, ci dicono, nonché patrona d’Europa”. La filosofa romana ha
parlato di una donna che “alla disperata ricerca di un'assimilazione
negata, si era messa a scrivere di mistica, diventando cattolica,
tomista e perfino carmelitana” e si chiede “a che titolo la glorificano
quelli che allora hanno sbagliato”, ovvero la Chiesa, “questa potente
istituzione che non ebbe il coraggio di chiamare gli sterminatori con
il loro nome davanti al mondo”. Parole molto dure e dirette che non
potevano lasciare indifferente l'interlocutore cattolico. Nella sua
replica, pubblicata sull’ultimo numero di Pagine Ebraiche, la Scaraffia
rivendica per Edith Stein “il diritto di scegliere la sua vita e la sua
religione. Di Cesare attribuisce alla Chiesa cattolica colpe e poteri
che storicamente non hanno fondamento”. Secondo la storica torinese,
infatti, uno dei motivi che portò alla deportazione della suora
carmelitana ad Auschwitz, sarebbe stata “la severa presa di posizione
pubblica del clero cattolico olandese contro la persecuzione nazista
degli ebrei”. Dunque, “Edith Stein può essere considerata al tempo
stesso martire ebrea e cristiana, come del resto lei ha sempre voluto
essere, fedele al suo popolo anche nella conversione e nella vita
religiosa”. Il dibattito resta aperto non solo fra gli storici del
pensiero. Il confronto fra mondo ebraico e mondo cattolico assumerà
nuovi spunti e nuovi punti di riferimento anche alla luce dell'attesa
visita di gennaio di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma. Nel
corso della riunione di redazione di ieri sera Guido Vitale ha
annunciato nuovi interventi dedicati a questo delicato argomento sul
prossimo numero di Pagine Ebraiche e ha ricordato quanto sia importante
per la minoranza ebraica in Italia avere una voce aperta, incisiva e
capace di riportare sul vivo posizioni articolate e diversificate. Il
dialogo fra le identità e le religioni non può passare solo attraverso
atti formali, ma deve trovare luogo anche attraverso atti concreti che
senza mai prevaricare le reciproche differenze costruiscano un nuovo
clima caratterizzato dalla volontà di una reale comprensione e di
rispetto reciproco fra le diverse identità in gioco.
Adam Smulevich
Italia - Francia: le istituzioni nazionali ebraiche si incontrano
Una
delegazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha incontrato
lunedì scorso a Parigi il comitato esecutivo del CRIF, il Consiglio
rappresentativo delle istituzioni ebraiche in Francia. La vice
presidente dell’UCEI Claudia De Benedetti (nella foto con il presidente
del CRIF Richard Prasquier), il segretario generale Gloria Arbib, ed
Emanuele Ascarelli, direttore del Dipartimento Informazione e Relazioni
Esterne dell’UCEI, hanno avuto con i rappresentanti dei circa
seicentomila ebrei francesi - la maggiore comunità ebraica europea - un
interessante e proficuo confronto. “Con questo primo incontro
bilaterale - ha detto il presidente Prasquier ringraziando gli ospiti
per aver accettato l’invito - il CRIF intende sottolineare l’importanza
dell’Italia come partner operativo privilegiato”. Le relazioni
con i rispettivi Governi, la politica europea, la presenza dei nuovi
immigrati nel continente, l’atteggiamento dell’opinione pubblica verso
gli ebrei, il razzismo e l’antisemitismo, la propaganda contro Israele,
sono i principali temi affrontati nel corso dell’incontro. Si è
trattato di un stimolante confronto tra una grande comunità ebraica e
la realtà italiana, piccola ma ricca di iniziative, che ha riguardato
anche l’organizzazione dei due enti, i metodi di finanziamento, i mezzi
di comunicazione, le esperienze di lavoro per la Giornata europea della
cultura e per la Memoria, i programmi televisivi, l’impegno verso i
giovani. “Siamo andati a questo appuntamento - ha detto Claudia
De Benedetti, che ha ringraziato il CRIF e il suo presidente per
l’invito - proponendo i materiali e le migliori esperienze dei nostri
dipartimenti. E’ stato un primo passo per iniziative di collaborazione
e per programmi comuni in sinergia tra il CRIF e l’UCEI.”
Europa League - Hapoel Tel Aviv sconfitto ma felice
Sconfitta
indolore, ieri sera, per l’Hapoel Tel Aviv che, complice la
contemporanea disfatta del Rapid Vienna sul campo dell’Amburgo, ha
ottenuto la matematica qualificazione ai sedicesimi di finale
dell’Europa League. Un due a zero in casa del Celtic Glasgow che non
brucia affatto, e anche se gli israeliani hanno temporaneamente perso
la leadership del girone a vantaggio della squadra tedesca (ma potranno
riconquistarla nell’ultimo turno quando la neocapolista verrà a
giocarsi il primato a Tel Aviv) poco importa, “adesso è il momento di
festeggiare”, come scrivono i tifosi sul sito web del club. Soldoni
freschi in arrivo nelle casse della società e anche tanta soddisfazione
per aver sovvertito i pronostici della vigilia, che vedevano la squadra
terza se non addirittura quarta forza del girone, facile preda di
Celtic Glasgow e Amburgo e sullo stesso livello del modestissimo Rapid
Vienna. Ma il “miracolo Hapoel” è la prova che perfino i quasi
infallibili bookmaker possono sbagliare. Venendo al match di ieri sera,
il risultato non fa obiettivamente una piega. Troppo forte la voglia di
riscatto degli scozzesi, chiamati ad una prova di orgoglio dopo un
torneo disputato nettamente al di sotto delle loro possibilità.
L’undici allenato da Eli Gutman, invece, ha fatto ben poco per meritare
di uscire imbattuto dal Celtic Park. Primo tempo
- In uno stadio non particolarmente affollato, è il Celtic a prendere
in mano la partita, anche se sono necessari venti minuti di gioco per
vedere una chiara occasione da goal. Ma Enyeama, estremo difensore
israeliano, si fa trovare pronto su una conclusione di McDonald. Un
paio di giri di lancetta e l’Hapoel crea la sua unica azione degna di
nota dei primi quarantacinque minuti di gioco. La conclusione di
Shechter, però, finisce alta sopra la traversa. Sul ribaltamento di
fronte sono gli scozzesi ad andare in vantaggio. Bella azione di
McGeady sulla fascia, cross in mezzo, e Samaras insacca facilmente con
un colpo di testa assolutamente imprendibile. Al trentacinquesimo il
Celtic fallisce una clamorosa doppia occasione. Prima è Samaras a
colpire il palo a porta praticamente spalancata, poi Robson si fa
respingere il tiro a botta sicura da uno scatenato Enyeama. Di solito
nel calcio si dice “goal sbagliato goal subito”, ma non è stato il caso
di ieri sera, tanto che l’Hapoel è andato negli spogliatoi senza aver
abbozzato la benché minima reazione. Secondo tempo
- Al ritorno in campo gli israeliani appaiono un po’ più tonici e
propositivi e sfiorano il pareggio con una magia di Shechter, il cui
tiro viene respinto da un salvataggio in extremis di Zaluska. Ma è solo
un’illusione, il match torna rapidamente in mano al Celtic, che a metà
della seconda frazione di gioco trova la rete del due a zero. Calcio di
punizione dai venti metri da posizione centrale e Robson la spedisce
nell’angolino alla destra del portiere. Un tiro di rara precisione,
anche se Enyeama dà l’impressione di partire in ritardo. Poi il Celtic
controlla facilmente il risultato fino alla fine, dimostrando, con il
bel calcio espresso ieri sera, di non meritare l’eliminazione.
CELTIC GLASGOW 2 0 HAPOEL TEL AVIV Samaras (23’), Robson (68’)
CLASSIFICA GRUPPO C Amburgo 10 Hapoel Tel Aviv 9 Celtic Glasgow 5 Rapid Vienna 4
a.s.
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Gli ebrei russi, fra dispersione e nuova frontiera
La
riunione semestrale del comitato permanente della Conferenza Rabbinica
Europea si è tenuta in questi giorni a Mosca, nella sinagoga Choral:
edificio simbolo della storia recente degli ebrei russi, fu iniziato a
costruire alla fine del diciannovesimo secolo. La cupola, dominata da
un maghen David, fu fatta subito abbattere per ordine del governo
zarista (troppo alta, troppo visibile...; gli ebrei erano considerati
sovversivi e pericolosi per il sistema ed effettivamente venti anni
dopo se ne ebbe la dimostrazione...). Sotto il comunismo la Sinagoga fu
sempre meno tollerata, luogo di difficile sopravvivenza e resistenza,
pullulato di spie, sede delle più importanti manifestazioni di
affermazione di identità ebraica, malgrado tutto. Oggi, da poco
restaurata, con tutta la cupola e grande splendore interno, è il centro
di una attività comunitaria vitale e pulsante. Quaranta anni fa le
organizzazioni ebraiche di tutto il mondo erano coinvolte nella
campagna "let my people go" in favore degli ebrei russi. Venti anni
dopo il progetto si è realizzato con una 'aliyà massiva. Oggi di nuovo
la situazione è cambiata e lo slogan sembra essere quello di "let my
people stay": gli ebrei non si muovono più, si godono la libertà e per
il momento l'amicizia con i governanti, hanno grandi potenzialità
economiche, e c'è un incredibile rinascimento culturale e religioso.
Decine di giovani rabbini arrivano in Russia e creano dal nulla nuove
comunità. Perché a differenza di quello che succede dalle nostre parti,
dove il numero degli ebrei è piuttosto noto e limitato, nell'ex Unione
Sovietica nessuno sa con precisione quanti siano gli ebrei ma è certo
che ogni giorno ne emergono a galla tanti, desiderosi di riscoprire la
propria identità. Il nostro provincialismo occidentale deve misurarsi
con una realtà ebraica che cambia tumultuosamente e sposta
continuamente i suoi centri di gravità.
Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
L'arrivo del conto
L’ultimo
nazista è in tribunale. Organizzò l’eliminazione di
ventisettemila ebrei. Quando è stato rintracciato, viveva normalmente -
cioè come se lui fosse una persona. Similmente ad altri esemplari, è
lucido. Recita. Parimenti a un uomo, si è presentato decrepito. Con il
tocco del clown, è apparso sulla sedia a rotelle e ha urlato: “Anch’io
sono una vittima”. La gente ha smesso di ridere. Sull’isola del tempo,
Robinson è solo. Da sessantacinque anni, per parlare con qualcuno, deve
andare a dormire e sognare. Ogni frazione di orologio, vede sospese su
di sé la spada della paura e l’accetta del ricordo. E’ vittima della
sua condizione. Come il coccodrillo, il boa constrictor, il cobra, lo
squalo bianco, la iena, la formica rossa, la mantide religiosa.
Andrebbe reinserito in un rettilario. Ma si può fare questo a dei
pitoni innocenti?
Il Tizio della Sera |
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«Il 21 aprile Peres e Abu Mazen all'Ara Pacis» L'idea
era nata a maggio, durante la visita ufficiale del sindaco Gianni
Alemanno a Gerusalemme e Ramallah. E ieri, dall'Ara Pacis, è arrivato
l'annuncio ufficiale: «I vertici ebraico e palestinese, Shimon Peres e
Abu Mazen, saranno a Roma il 21 aprile, in occasione del Natale di Roma
dice Alemanno - Vorremmo che dalla Capitale partisse una spinta per la
pace in Medio Oriente e una sinergia per la riconciliazione». E proprio
all'Ara Pacis, simbolo della pax romana all'epoca dell'imperatore
Augusto, sarà ospitato quest'incontro di grande portata simbolica, ma
anche pratica, tra il presidente dello Stato di Israele e il presidente
dell'Autorità nazionale palestinese. I due leader «hanno accettato il
nostro invito e si confronteranno sui concetti di dignità, perdono e
riconciliazione - sottolinea il sindaco - Nel Mediterraneo non ci sarà
mai uno sviluppo profondo se non sarà risolto il conflitto
israelo-palestinese: vorremmo che dalla capitale partisse una spinta
per la pace in Medio Oriente e una sinergia per la riconciliazione».
Alemanno ribadisce l'intenzione dell'amministrazione comunale di
contribuire all'istituzione di un Consiglio per la dignità, il perdono
e la riconciliazione. L'organismo raggrupperà 80 persone, capi di Stato
e di Governo e leader religiosi, che si incontreranno nella Capitale
sempre il 21 aprile 2010, per l'istituzione e il riconoscimento del
nuovo Consiglio e per la sottoscrizione della Carta universale per la
dignità, il perdono e la riconciliazione. Durante la seconda fase verrà
avviato anche l'iter di riconoscimento della Carta alle Nazioni unite.
Nell'occasione, Alemanno è tornato anche sul futuro della teca dell'Ara
Pacis, opera di Richard Meier, che tante polemiche ha provocato negli
ultimi anni. «Nel 2010 sarà pubblicato il bando per la riqualificazione
della piazza e del Mausoleo di Augusto - ricorda il sindaco -
Quest'anno abbiamo approvato il progetto che comprende anche interventi
sul Muro della Teca di Meier, aggiustamenti e rifacimenti per
correggerne l'eccessivo ingombro attuale, dal quale sono scaturite
molte polemiche». Secondo Alemanno, comunque, «prima della messa a
bando del progetto ci sarà un confronto con Meier». Fa.Ro, Il Messaggero, 3 dicembre 2009 |
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Hamas
- Israele, scambio di prigionieri:
accordi bloccati, problemi su quindici nomi Tel Aviv, 3 dic - L'accordo
fra Israele e Hamas, che ruota attorno allo scambio di centinaia di
palestinesi detenuti in Israele, inclusi 450 condannati per gravi fatti
di terrorismo, per il recupero da parte israeliana dell'unico soldato
Gilad Shalit, rapito da Hamas più di tre anni fa, è appeso alle
divergenze su 15 nomi. Lo riferiscono oggi media arabi e israeliani,
mentre fonti di Hamas negano categoricamente che Shalit possa essere
già stato trasferito in Egitto, come rimbalzato dal
Kuwait. Secondo l'edizione online di Haaretz, si tratta di una
decina di figure simbolo di Hamas, di un paio di donne coinvolte in
attentati particolarmente sanguinosi e di leader di altre fazioni
palestinesi come Marwan Barghuti (Al Fatah), condannato a 5 ergastoli
in Israele per le violenze della seconda Intifada. Figure su cui il
governo israeliano esita, subordinandone la liberazione quanto meno a
un periodo d'esilio dai Territori palestinesi. E su cui, nel caso
specifico di Barghuti, pesa il 'no' espresso ieri a ogni ipotesi di
scarcerazione dal ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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