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    7 dicembre 2009 - 20 Kislev 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Molto spesso una parola giusta al punto giusto vale più di un trattato intero. Nel mare della letteratura rabbinica gli esempi abbondano. Il problema semmai è saperli trovare e capirli, perché sono messaggi messi apposta in un angolino e, come si dice in aramaico rabbinico, "dai lechakim remiza", a chi è sapiente basta un'allusione. Un esempio di questo tipo l'abbiamo in una "frasetta" messa proprio alla fine del commento di Rashi della Parashà letta questo sabato; a proposito della stirpe di Esav e dei suoi principi, sul nome Magdiel che compare in Bereshit 36:43, Rashi dice: "è Roma". In tutto il Rashi alla Torà soltanto un'altra volta (nella parashà di Balaq) si parla di Roma. La frase di Rashi riassume un intero sistema interpretativo, che vede nel conflitto tra i fratelli Esaù e Giacobbe il modello perenne di uno scontro tra due popoli e culture, oggi si direbbe tra "civiltà". Che il conflitto ci sia stato, è innegabile; l'urgenza attuale è di vedere se sia possibile venirne a capo.
La stampa italiana, tutta impegnata ad analizzare le reazioni di Amanda Knox alla sua condanna, non dà grande rilievo a questa notizia. In Iran, internet e perfino gli sms sono stati bloccati, tolti gli accrediti ai giornalisti stranieri, una cappa di silenzio è scesa sul paese. Questo da oggi, 7 dicembre, data in cui, in occasione di una manifestazione ufficiale del governo i riformisti e gli studenti si sono dati appuntamento in piazza, fino a dopodomani. Due giorni per avere mano libera con l'opposizione senza immagini e senza testimoni. La misura è stata preceduta da massicci arresti preventivi. Sono state arrestate perfino una trentina di madri di studenti desaparecidos che manifestano in lutto dall'estate, una misura che nemmeno l'Argentina dei colonnelli ha osato prendere contro le madri di Plaza de Mayo. Attenzione, però: minore sarà l'attenzione che l'Occidente presterà alla repressione, maggiore sarà la violenza degli arresti, delle torture, delle misure liberticide. Maggiore l'arroganza del regime, in ogni sua manifestazione. Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  Qui Roma - Arte e cultura degli ebrei di Libia
da domani al Museo ebraico della Capitale

MuseoUn prezioso abito da sposa e una cintura d'argento per disegnare il giro vita, bracciali e cavigliere, foto d'epoca e la fascia di Miss Maccabi 1949, oggetti che raccontano la storia di un Paese, le sue usanze, le persone che vi hanno vissuto. Martedi 8 dicembre alle ore 10.30, il Museo Ebraico di Roma, in Lungotevere Cenci, celebrerà la Libia ebraica e i suoi gioielli inaugurando una sala dedicata alla storia degli ebrei di Libia, con una conferenza di Elena Schenone Alberini autrice di "Libyan Jewellery".
“Apriamo una sala libica perché gli ebrei di Libia sono da molti anni ormai, una parte  importante della Comunità Ebraica di Roma e quindi nel Museo Ebraico di Roma deve esserci una parte dedicata agli ebrei di Libia”, spiega Daniela Di Castro, direttore del Museo, “Il nostro è un museo di piccole dimensioni, nel quale stipiamo 22 secoli di Storia dell'ebraismo a Roma, di conseguenza anche la parte libica è piccolissima. Io ritengo tuttavia che un museo non sia importante solo per la quantità degli oggetti esposti ma anche per quello che suscita attraverso gli oggetti”.

MuseoPer l'apertura di questa sala vi è una grande aspettativa. "Negli anni dopo il '67 queste persone cacciate dalla Libia hanno dovuto ricostruire la propria esistenza, stringere i denti e andare avanti.  E' a distanza di una generazione, forse quando è ora di raccontare ai nipoti, che le persone fanno i conti con il proprio passato. E, non a caso ultimamente abbiamo avuto un fiorire di informazioni che riguardano gli ebrei di Libia", spiega ancora la Di Castro.
La realizzazione della sesta sala, dedicata alla storia degli ebrei di Libia è stata possibile grazie ai fondi dell'8 per mille dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e alla legge 175, attraverso la quale sono state comprate le vetrine a tenuta, con luci delicate che non fanno male a tessuti e pergamene, (accorgimenti che consentono una lunga vita agli oggetti) e alla donazione di due privati, Walter e Jack Arbib.
Fra gli oggetti esposti nella sala che sarà inaugurata nelle prossime ore l'esemplare di un tradizionale abito da sposa donato da Wiki Hassan, alla cui vita è stata posta una cintura d'argento risalente alla prima metà del ventesimo secolo, donata da Yoram, Giorgio e Marina Ortona che hanno donato anche il ritratto della nonna Fortuna Forti e quello della mamma Doris Journo, Miss Maccabi 1949, insieme alla fascia di Miss. La famiglia Ortona ha donato anche un 'aqd dibluni (una particolare collana araba) e una copia del Corriere di Tripoli di cui Marcello, papà dei tre fratelli Ortona, era direttore e la sua tessera di identità.
Fra gli oggetti religiosi vi sono argaz, la tradizionale copertura per il sefer in legno, dei rimonim e un copri argaz in velluto rosso e argento donati dal Bet El oltre a una particolarissima mezuzà  fatta da  David Fadlun che in Libia faceva l'argentiere. Si tratta di un oggetto  realizzato con  una fialetta di vetro di medicinale incapsulato in una saldatura di ferro che serviva a rendere stagna la mezuzà in modo che la pergamena non si sciupasse con il vento del deserto.
 
Lucilla Efrati



Qui Milano - L'Ambrogino 2009 ai giovani ebrei italiani

premiazione UGEILa città di Milano premia l’Unione Giovani Ebrei d’Italia tra le sue eccellenze nella cerimonia di consegna degli Ambrogini d’oro, massima onorificenza del capoluogo lombardo, assegnati quest’anno anche a molte personalità illustri, tra cui Marina Berlusconi, gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana, i calciatori Giuseppe Bergomi e Paolo Maldini.
Davanti alla platea gremita del Teatro Dal Verme, l’Attestato di Civica Benemerenza è stato consegnato dal sindaco Letizia Moratti e dal presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri all’attuale presidente dell’Ugei Daniele Nahum (nell'immagine il momento della premiazione). Queste le parole con cui è stata sottolineata l’attività dell’organizzazione: “Nata a Milano, rappresenta i giovani ebrei tra i 18 e i 35 anni, anche coordinando e unendo le loro associazioni. Organizza manifestazioni, dibattiti e incontri non solo per gli iscritti, ma anche aperti alla cittadinanza. Sente il dovere morale di trasmettere una tradizione condividendone i valori con la nostra città e il nostro paese. Negli ultimi anni, con la presidenza del milanese Daniele Nahum, si è impegnata in campagne per diritti umani nel mondo (in particolare Darfur e Iran), dialogo interreligioso, partecipazione civile”.

ShammahPresente in sala era anche il presidente della Comunità Ebraica di Milano Leone Soued, che ha espresso la sua viva soddisfazione per “il grande impegno e risultati ottenuti dai nostri giovani, che ritengo si meritino a pieno questo riconoscimento”.
Premiata dalla città di Milano con la Medaglia d’Oro è stata anche Andrée Ruth Shammah (nell'immagine a fianco), regista ebrea, fondatrice con Franco Parenti dell’omonimo teatro, di cui è da più di vent’anni responsabile.

Rossella Tercatin




Qui Roma - In videoconferenza con il ministero per la Diaspora,
così Israele intensifica i rapporti con le comunità internazionali

Logo Noar“Stringere i rapporti con le nuove generazioni della Diaspora, allargare la collaborazione dello Stato di Israele con le diverse comunità nelle sue rappresentanze più giovani, promuovere progetti-pilota per lo studio della lingua ebraica in collaborazione con istituzioni internazionali”.
Messaggi importanti e significativi quelli che Yuli Edelstein, ministro per la Diaspora dello Stato di Israele ha voluto dare nel corso dell’incontro che si è svolto il giorno 1 dicembre con un collegamento in videoconferenza tra Roma, Londra e Gerusalemme.
Il ministero della Diaspora, istituito nella primavera del 2009, ha iniziato un intenso giro di contatti con le comunità del mondo. Per le sue caratteristiche e competenze in campo della comunicazione tecnologica a distanza è stato affidato alla World ORT, con sede a Londra, il compito di rendere possibile questi importanti appuntamenti. In Italia hanno collaborato all’organizzazione e alla realizzazione dell’evento l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane tramite il Centro Pedagogico - già punto di contatto di World Ort per iniziative educative in Italia -, la ORT Italia e la Comunità Ebraica di Roma.
La videoconferenza si è svolta con il supporto tecnico del personale del Liceo ORT di Roma, presso i locali dedicati della Scuola.
La partecipazione della delegazione italiana è stata ai massimi livelli ed ha visto la presenza della vicepresidente dell’UCEI, Claudia De Benedetti, del direttore del DEC, rav Roberto Della Rocca, del vicepresidente della Comunità Ebraica di Roma Scialom Tesciuba, degli assessori Marco Moscati, Daniel Citone e Ruth Dureghello oltre al vicepresidente della ORT Italia, Michele Di Veroli che ha condotto l’incontro.
La platea italiana è stata arricchita dalla presenza dell’ambasciatore presso la Santa Sede, S.E. Mordechay Lewy e da una nutrita rappresentanza dell’ebraismo giovanile italiano nelle sue più diverse componenti, così come richiesto e auspicato dalla World Ort e dal ministro stesso.
Dopo una prima parte introduttiva di presentazioni e saluti dalle tre sedi in collegamento, il ministro Edelstein si è rivolto nel suo discorso alla realtà giovanile mettendo in luce la modalità operativa del ministero che mira all’instaurazione di rapporti dedicati con più realtà diasporiche anche eventualmente associabili, e non con “la Diaspora” come corpus unico di riferimento.
Tra gli argomenti di maggior interesse per gli interlocutori dalle due parti dello schermo quelli dell’informazione e della comunicazione dei temi di attualità riguardanti lo Stato di Israele e i suoi rapporti con gli altri Stati e le comunità ebraiche internazionali.
Nella parte dell’incontro riservata alle domande, è stato ad esempio proposto al ministro di “progettare concreti programmi per affrontare antisemitismo razzismo e xenofobia mali antichi ed attuali che ci affliggono” e successivamente, parlando dei rapporti con i media è stato chiesto come “offrire una rappresentazione più positiva di Israele anche nei confronti degli stessi ebrei in un contesto in cui i messaggi che ci arrivano quotidianamente su Israele e l’antisemitismo in generale suscitano sempre un certo interesse che, tuttavia, si esaurisce rapidamente”.
Fra i temi centrali e le risposte del ministro, quindi il potenziamento di iniziative e progetti nell’area della “hasbarà” (informazione, spiegazione, divulgazione della realtà israeliana) e della “young leadership” indirizzati in particolare verso le comunità internazionali più piccole.
Dopo oltre un’ora di confronto sulla situazione in Italia e in Israele e sulle possibili prospettive di collaborazione e sinergie per progetti di interesse comune, si è concluso l’incontro che deve essere valutato in modo estremamente positivo, sia per l’inizio di un nuovo modo di rapportarsi tra Israele e le comunità della Diaspora, a seguito dell’istituzione del ministero della Diaspora, che per la possibilità di impiego di metodologie di comunicazione avanzate e contatto che permetteranno da un lato incontri anche frequenti con costi contenuti e dall’altro la partecipazione di interlocutori specifici.
La linea del ministero della Diaspora è in sintonia e convergenza con le politiche giovanili delle comunità e dell’Unione e con le importanti iniziative recenti intraprese con successo dall’assessorato ai giovani UCEI, quali il corso di formazione “Yehud” e l’evento “Noar 2009”. La video conferenza si pone infatti per tutti e per i giovani in particolare come ulteriore fonte di idee e stimolo per il dibattito sulle iniziative in tema di hasbarà che si svolgerà nel corso “Noar 2010”, previsto a Firenze il prossimo 21 febbraio.

Odelia Liberanome



Una via per gli studenti iraniani

Qui SalemiSi celebra oggi 7 dicembre in Iran la Giornata Nazionale dello Studente. Una manifestazione nata cinquantasei anni fa, quando alcuni universitari rimasero uccisi dalla polizia dello Shah durante una manifestazione di protesta per la visita del presidente americano Richard Nixon, ma che oggi assume un significato ben diverso.
L’Onda Verde, infatti, si sta mobilitando in rete con appelli a scendere in piazza contro il presidente Ahmadinejad e la sua politica repressiva, nonostante la polizia abbia promesso di reprimere qualsiasi manifestazione. Manifesteranno per ricordare coloro che sono stati assassinati durante le proteste di piazza di questa estate, e anche degli anni precedenti, a partire dal 9 luglio 1999, e per proseguire l’azione dei tanti giovani che sono stati arrestati e di cui non si sa più nulla.
L’Unione Giovani Ebrei d’Italia da più di un anno ha portato avanti una campagna di solidarietà e sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla violazione dei diritti umani e la repressione della dissidenza dei coetanei iraniani, da parte della Repubblica islamica, e ha raggiunto nei giorni scorsi un risultato importante con grande tempismo proprio a poca distanza da questo appuntamento.
Il 27 novembre scorso si è svolta a Salemi la cerimonia di intitolazione di una via agli studenti iraniani, via studenti di Teheran, durante le giornate del Festival della Cultura Ebraica e d’Israele, i cui eventi sono stati organizzati, in buona parte, con la collaborazione dell’Ugei.

Qui SalemiLa città siciliana guidata dal sindaco Vittorio Sgarbi è stata la prima in Italia a rispondere all’appello lanciato dal presidente dell’Ugei Daniele Nahum, che ha espresso la sua soddisfazione.“Penso sia molto importante dimostrare che non dimentichiamo questi ragazzi che hanno la nostra età e le nostre aspirazioni, ma una vita tanto diversa, e che sono disposti a rischiare tutto pur di ottenere qualcosa che noi diamo per scontato, la libertà - ha spiegato Nahum - Quando l’Ugei ha proposto per la prima volta di intitolare una via in ogni città d’Italia agli studenti iraniani, alcune decine di giovani a Teheran sono stati arrestati. Ci siamo quindi posti il problema se fosse giusto o meno continuare, ed esporli alle ritorsioni della Repubblica islamica. Quando li abbiamo contattati però, sono stati loro stessi a chiederci di proseguire con questo tipo di iniziative, che aumentano la pressione mediatica sul regime, nonostante i rischi che corrono”.
Presente alla cerimonia era anche Ahamad Rafat, uno dei principali esponenti della dissidenza iraniana in Italia, esperto delle vicende iraniane e mediorientali presso l’agenzia Adnkronos International di Roma, che ha poi confermato: “Certamente pochissimi iraniani sanno dov’è Salemi. Sono però consapevoli che in una parte a loro sconosciuta del mondo c’è chi condivide le loro battaglie, sanno di non essere stati abbandonati e di avere il sostegno morale di tanti altri giovani”.

r.t.
 
 
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  Levinas e il suo atto d'accusa alla filosofia occidentale

Donatella Di CesareViolenza e metafisica è un saggio profondo e suggestivo che Jacques Derrida ha dedicato al pensiero di Emmanuel Levinas, pensiero ebraico cresciuto “in fondo all’aridità”, “in mezzo al deserto”, che in pieno Novecento ha messo in questione la filosofia greca, fin nella sua quintessenza: la metafisica. Per questo Levinas, piuttosto che riprendere Platone, è partito dal Talmud, il contributo ebraico alla cultura universale, e ne ha interrogato i trattati alla luce delle questioni filosofiche attuali. Lo ha guidato non una presunzione, ma una doppia aspirazione: quella di portare il Talmud nella filosofia, la filosofia nel Talmud.
Dalla critica a Heidegger, documentata nel saggio del 1935 Dell’evasione, dove si delinea già l’esigenza di uscire da sé per andare verso l’altro, fino a Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo del 1936, tentativo riuscito – come ha sottolineato Giorgio Agamben – di indicare nel nazismo la possibilità estrema della barbarie, del tutto contigua alla filosofia occidentale, Levinas ha denunciato più volte la prigione dell’essere che è anche la prigione dell’identità: “l’essere è”. Così è cominciata la filosofia occidentale che sembra non andare più in là di questa brutale affermazione dove l’esistenza è un assoluto che non richiede null’altro. “Ogni civiltà che accetta l’essere, la disperazione tragica che comporta ed i crimini che giustifica merita il nome di barbara”.
Ancor più dopo la Shoà, già a partire da Totalità e infinito del 1961, Levinas ha sottolineato il tratto violento della filosofia occidentale: la volontà di appropriarsi di ciò che è altro da sé, di inglobarlo, assimilarlo, totalizzarlo. La verità è il risultato di questo gesto di sopraffazione con cui si volge l’altro in qualcosa di proprio. Per la prima volta la filosofia occidentale viene accusata a chiare lettere di un totalitarismo ego-centrico sempre vittorioso sulle differenze altrui. Auschwitz non è che la conclusione “logica” di questa filosofia della totalità dove il sapere si è sempre identificato con il potere: quello del soggetto che ha preteso di essere il legislatore dell’universo, di sistemarlo chiudendolo intorno a sé e di annientare l’altro.
Una tappa importante di questo percorso è il libro Trascendenza e intelligibilità, testo di una conferenza tenuta all’Università di Ginevra il primo giugno del 1983, ripubblicato in questi giorni da Marietti. Sarebbe una grave banalizzazione credere che il discorso di Levinas sia un sermone edificante sull’altruismo. Piuttosto l’esodo dall’essere all’altro è la necessità di uscire dalla sintassi autistica del greco. È il passo in fuori, verso l’altro, compiuto prima ancora di chiedersi: come devo comportarmi, che cosa devo fare? Senza questa etica, cioè l’uscita da sé, verso l’altro, l’io non esisterebbe neppure. L’inversione del cammino seguito dalla filosofia è la sovversione ebraica che segna la rottura “nell’asse dell’essere”. Questa relazione etica, “rapporto non violento all’infinito come infinitamente altro” – osserva Derrida – è la sola possibilità di aprire lo spazio della trascendenza e di liberare la metafisica.
Certo si tratta di una lettura scomoda e complessa per chi pretenda di continuare a crogiolarsi nell’eterno ritorno della vecchia metafisica – come se nulla fosse avvenuto. E si può essere d’accordo o no con le sue idee, le sue intuizioni, le sue aspirazioni. Ma come pochi altri Levinas ha lasciato una traccia profonda nella filosofia contemporanea: il segno dell’ebraismo.

Donatella Di Cesare, filosofa 
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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Non vi sono quasi notizie sulla rassegna stampa di oggi. Mi permetto quindi di richiamare un paio di articoli dalle edizioni degli ultimi due giorni, che non sono state commentate. Innanzitutto, merita di essere letta la recensione di Elena Loewental a "Roma e Gerusalemme" di Martin Goodman, apparsa sulla Stampa di sabato. E' un libro interessante, che mette a confronto le due capitali nel momento terribile delle "guerre giudaiche" raccontate da Flavio Giuseppe. Lo stesso giorno è interessante l'analisi di Carlo Panella sul Foglio a proposito dei "tre fronti" che l'Iran sta aprendo per difendere il suo progetto di dotarsi dell'arma nucleare. E' il tema centrale della politica estera di questi anni, che spesso viene colpevolmente abbandonato all'attesa di chissà quali progressi futuri.
Dalla rassegna di ieri segnalo la recensione di Busi sul Sole a proposito di una conferenza tradotta e pubblicata da Marietti ("Trascendenza e intellegibilità" del 1983) e insolitamente critica nei confronti del filosofo lituano-francese: "Levinas è un maestro del secolo scorso. C'è qualcosa di inevitabilmente datato nella sua vis dicotomica, per esempio quando demonizza la saggezza greca come arte del sotterfugio e del tradimento. Eppure ancora attuale è il desiderio di vincere la claustrofobia in cui l'intelligenza rinchiude se stessa". Busi non è un filosofo, ma un acuto storico della cultura ebraica e su questo punto ha ragione. Molto probabilmente è arrivato il momento di rifare i conti con Levinas, con i limiti del suo approccio all'etica tanto del piano religioso quanto di quello cognitivo. La filosofia ebraica del nostro tempo dovrà anche fare i conti anche con l'altra claustrofobia, quella che nell'interno stesso dell'opera di Levinas basa ogni valore sulla primazia dell'altro, negando spazio e interesse alla conoscenza e alla trasformazione del mondo, che sono al centro della modernità. Per quanto riguarda la politica, vale la pena di leggere l'analisi piuttosto sconsolata di Soner Kagapiai (Jerusalem Post)sulle scelte della Turchia che la portano "lontano": via da Israele, via dall'Occidente, via dall'Europa, verso un ritorno nel mondo islamico, all'illusoria ricerca di uno status impossibile di grande potenza.
Oggi infine segnalo solamente , ma sconsiglio di leggere una noiosa e accondiscendente intervista di Claudio Magris a Gad Lerner a proposito del suo ultimo libro. Sul Corriere. Non si trovano invece sulla rassegna notizie sui principali temi d'attualità: le trattative per la liberazione di Gilad Shalit, le manifestazioni dell'opposizione a Teheran, la riunione dei ministri degli esteri europei in cui si discuterà della proposta di dichiarazione sul Medio Oriente formulata dalla presidenza svedese in termini fortemente filopalestinesi e antisraeliani.

Ugo Volli

 
 
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notizieflash    
 
 
Shimon Peres apre un suo canale su YouTube                              
Gerusalemme, 7 dic -
Anche Shimon Peres dopo la regina Rania di Giordania e il presidente americano Barack Obama apre un suo canale su YouTube. Il capo dello Stato israeliano inaugurerà domani il suo canale alla presenza di Chad Hurley, uno dei fondatori del sito web, giunto appositamente a Gerusalemme. L'ufficio di Peres spiega che il presidente intende usufruire di questo nuovo mezzo di comunicazione per divulgare sezioni dei suoi discorsi e delle sue attività, nonché rilanciare via internet le conferenze stampa a cui partecipa. “Il Capo dello stato - aggiunge il suo ufficio - ritiene in questo modo di poter contribuire a favore della pace regionale e della cooperazione inter-religiosa”.


Negoziati fra Israele e Siria, Dany Ayalon:
“No, a una mediazione della Turchia”
Gerusalemme, 6 dic -
Sono giunti diversi messaggi al governo israeliano in merito alla volontà della Turchia di ristabilire rapporti cordiali, da tempo caratterizzati da forte tensione dopo i ripetuti ripetuti attacchi del premier turco alla politica dello Stato israeliano nei confronti dei palestinesi. “Sono segnali - ha detto il viceministro degli Esteri israeliano Dany Ayalon - che Israele vede con favore ritenendo la Turchia un naturale alleato". In merito alla ripresa di negoziati indiretti con la Siria per il tramite della Turchia Ayalon ha affermato: "Noi non abbiamo nulla contro i turchi o contro una mediazione turca, ma nel caso della Siria ci siamo scottati troppe volte con incontri indiretti che non hanno portato a nulla e hanno solo accentuato posizioni siriane estremiste e di rifiuto". "Perciò - ha continuato - ciò che noi diciamo ai turchi è che noi chiediamo un negoziato diretto e senza condizioni preliminari. Se in seguito risulterà necessaria l'assistenza di elementi internazionali, il ruolo della Turchia non sarà sicuramente ignorato". "Prima di ogni cosa - ha concluso Ayalon - noi vogliano vedere una vera volontà dei siriani di giungere a un negoziato, a una riconciliazione. Ciò vuol dire che essi devono cessare di incoraggiare guerre contro di noi, sia aiutando gli Hezbollah, Hamas o la Jihad Islamica, sia con una cooperazione strategica sempre più stretta con l'Iran".
 
 
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