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L'Unione informa |
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7 dicembre 2009 - 20 Kislev 5770 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Molto
spesso una parola giusta al punto giusto vale più di un trattato
intero. Nel mare della letteratura rabbinica gli esempi abbondano. Il
problema semmai è saperli trovare e capirli, perché sono messaggi messi
apposta in un angolino e, come si dice in aramaico rabbinico, "dai lechakim remiza",
a chi è sapiente basta un'allusione. Un esempio di questo tipo
l'abbiamo in una "frasetta" messa proprio alla fine del commento di
Rashi della Parashà letta questo sabato; a proposito della stirpe di
Esav e dei suoi principi, sul nome Magdiel che compare in Bereshit
36:43, Rashi dice: "è Roma". In tutto il Rashi alla Torà soltanto
un'altra volta (nella parashà di Balaq)
si parla di Roma. La frase di Rashi riassume un intero sistema
interpretativo, che vede nel conflitto tra i fratelli Esaù e Giacobbe
il modello perenne di uno scontro tra due popoli e culture, oggi si
direbbe tra "civiltà". Che il conflitto ci sia stato, è innegabile;
l'urgenza attuale è di vedere se sia possibile venirne a capo. |
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La
stampa italiana, tutta impegnata ad analizzare le reazioni di Amanda
Knox alla sua condanna, non dà grande rilievo a questa notizia. In
Iran, internet e perfino gli sms sono stati bloccati, tolti gli
accrediti ai giornalisti stranieri, una cappa di silenzio è scesa sul
paese. Questo da oggi, 7 dicembre, data in cui, in occasione di una
manifestazione ufficiale del governo i riformisti e gli studenti si
sono dati appuntamento in piazza, fino a dopodomani. Due giorni per
avere mano libera con l'opposizione senza immagini e senza testimoni.
La misura è stata preceduta da massicci arresti preventivi. Sono state
arrestate perfino una trentina di madri di studenti desaparecidos che
manifestano in lutto dall'estate, una misura che nemmeno l'Argentina
dei colonnelli ha osato prendere contro le madri di Plaza de Mayo.
Attenzione, però: minore sarà l'attenzione che l'Occidente presterà
alla repressione, maggiore sarà la violenza degli arresti, delle
torture, delle misure liberticide. Maggiore l'arroganza del regime, in
ogni sua manifestazione. |
Anna Foa,
storica |
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Qui Roma - Arte e cultura degli ebrei di Libia da domani al Museo ebraico della Capitale
Un
prezioso abito da sposa e una cintura d'argento per disegnare il giro
vita, bracciali e cavigliere, foto d'epoca e la fascia di Miss Maccabi
1949, oggetti che raccontano la storia di un Paese, le sue usanze, le
persone che vi hanno vissuto. Martedi 8 dicembre alle ore 10.30, il
Museo Ebraico di Roma, in Lungotevere Cenci, celebrerà la Libia ebraica
e i suoi gioielli inaugurando una sala dedicata alla storia degli ebrei
di Libia, con una conferenza di Elena Schenone Alberini autrice di "Libyan Jewellery". “Apriamo
una sala libica perché gli ebrei di Libia sono da molti anni ormai, una
parte importante della Comunità Ebraica di Roma e quindi nel
Museo Ebraico di Roma deve esserci una parte dedicata agli ebrei di
Libia”, spiega Daniela Di Castro,
direttore del Museo, “Il nostro è un museo di piccole dimensioni, nel
quale stipiamo 22 secoli di Storia dell'ebraismo a Roma, di conseguenza
anche la parte libica è piccolissima. Io ritengo tuttavia che un museo
non sia importante solo per la quantità degli oggetti esposti ma anche
per quello che suscita attraverso gli oggetti”.
Per
l'apertura di questa sala vi è una grande aspettativa. "Negli anni dopo
il '67 queste persone cacciate dalla Libia hanno dovuto ricostruire la
propria esistenza, stringere i denti e andare avanti. E' a
distanza di una generazione, forse quando è ora di raccontare ai
nipoti, che le persone fanno i conti con il proprio passato. E, non a
caso ultimamente abbiamo avuto un fiorire di informazioni che
riguardano gli ebrei di Libia", spiega ancora la Di Castro. La
realizzazione della sesta sala, dedicata alla storia degli ebrei di
Libia è stata possibile grazie ai fondi dell'8 per mille dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane e alla legge 175, attraverso la quale
sono state comprate le vetrine a tenuta, con luci delicate che non
fanno male a tessuti e pergamene, (accorgimenti che consentono una
lunga vita agli oggetti) e alla donazione di due privati, Walter e Jack
Arbib. Fra gli oggetti esposti nella sala che sarà inaugurata
nelle prossime ore l'esemplare di un tradizionale abito da sposa donato
da Wiki Hassan, alla cui vita è stata posta una cintura d'argento
risalente alla prima metà del ventesimo secolo, donata da Yoram,
Giorgio e Marina Ortona che hanno donato anche il ritratto della nonna
Fortuna Forti e quello della mamma Doris Journo, Miss Maccabi 1949,
insieme alla fascia di Miss. La famiglia Ortona ha donato anche un 'aqd
dibluni (una particolare collana araba) e una copia del Corriere di
Tripoli di cui Marcello, papà dei tre fratelli Ortona, era direttore e
la sua tessera di identità. Fra gli oggetti religiosi vi sono
argaz, la tradizionale copertura per il sefer in legno, dei rimonim e
un copri argaz in velluto rosso e argento donati dal Bet El oltre a una
particolarissima mezuzà fatta da David Fadlun che in Libia
faceva l'argentiere. Si tratta di un oggetto realizzato con
una fialetta di vetro di medicinale incapsulato in una saldatura di
ferro che serviva a rendere stagna la mezuzà in modo che la pergamena
non si sciupasse con il vento del deserto. Lucilla Efrati
Qui Milano - L'Ambrogino 2009 ai giovani ebrei italiani
La
città di Milano premia l’Unione Giovani Ebrei d’Italia tra le sue
eccellenze nella cerimonia di consegna degli Ambrogini d’oro, massima
onorificenza del capoluogo lombardo, assegnati quest’anno anche a molte
personalità illustri, tra cui Marina Berlusconi, gli stilisti Domenico
Dolce e Stefano Gabbana, i calciatori Giuseppe Bergomi e Paolo Maldini.
Davanti alla platea gremita del Teatro Dal Verme, l’Attestato di Civica Benemerenza è stato consegnato dal sindaco Letizia Moratti e dal presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri all’attuale presidente dell’Ugei Daniele Nahum
(nell'immagine il momento della premiazione). Queste le parole con cui
è stata sottolineata l’attività dell’organizzazione: “Nata a Milano,
rappresenta i giovani ebrei tra i 18 e i 35 anni, anche coordinando e
unendo le loro associazioni. Organizza manifestazioni, dibattiti e
incontri non solo per gli iscritti, ma anche aperti alla cittadinanza.
Sente il dovere morale di trasmettere una tradizione condividendone i
valori con la nostra città e il nostro paese. Negli ultimi anni, con la
presidenza del milanese Daniele Nahum, si è impegnata in campagne per
diritti umani nel mondo (in particolare Darfur e Iran), dialogo
interreligioso, partecipazione civile”.
Presente in sala era anche il presidente della Comunità Ebraica di Milano Leone Soued,
che ha espresso la sua viva soddisfazione per “il grande impegno e
risultati ottenuti dai nostri giovani, che ritengo si meritino a pieno
questo riconoscimento”. Premiata dalla città di Milano con la Medaglia d’Oro è stata anche Andrée Ruth Shammah (nell'immagine
a fianco), regista ebrea, fondatrice con Franco Parenti dell’omonimo
teatro, di cui è da più di vent’anni responsabile.
Rossella Tercatin
Qui Roma - In videoconferenza con il ministero per la Diaspora, così Israele intensifica i rapporti con le comunità internazionali
“Stringere
i rapporti con le nuove generazioni della Diaspora, allargare la
collaborazione dello Stato di Israele con le diverse comunità nelle sue
rappresentanze più giovani, promuovere progetti-pilota per lo studio
della lingua ebraica in collaborazione con istituzioni internazionali”.
Messaggi importanti e significativi quelli che Yuli Edelstein,
ministro per la Diaspora dello Stato di Israele ha voluto dare nel
corso dell’incontro che si è svolto il giorno 1 dicembre con un
collegamento in videoconferenza tra Roma, Londra e Gerusalemme. Il
ministero della Diaspora, istituito nella primavera del 2009, ha
iniziato un intenso giro di contatti con le comunità del mondo. Per le
sue caratteristiche e competenze in campo della comunicazione
tecnologica a distanza è stato affidato alla World ORT, con sede a
Londra, il compito di rendere possibile questi importanti appuntamenti.
In Italia hanno collaborato all’organizzazione e alla realizzazione
dell’evento l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane tramite il Centro
Pedagogico - già punto di contatto di World Ort per iniziative
educative in Italia -, la ORT Italia e la Comunità Ebraica di Roma. La
videoconferenza si è svolta con il supporto tecnico del personale del
Liceo ORT di Roma, presso i locali dedicati della Scuola. La partecipazione della delegazione italiana è stata ai massimi livelli ed ha visto la presenza della vicepresidente dell’UCEI, Claudia De Benedetti, del direttore del DEC, rav Roberto Della Rocca, del vicepresidente della Comunità Ebraica di Roma Scialom Tesciuba, degli assessori Marco Moscati, Daniel Citone e Ruth Dureghello oltre al vicepresidente della ORT Italia, Michele Di Veroli che ha condotto l’incontro. La platea italiana è stata arricchita dalla presenza dell’ambasciatore presso la Santa Sede, S.E. Mordechay Lewy e
da una nutrita rappresentanza dell’ebraismo giovanile italiano nelle
sue più diverse componenti, così come richiesto e auspicato dalla World
Ort e dal ministro stesso. Dopo una prima parte introduttiva di
presentazioni e saluti dalle tre sedi in collegamento, il ministro
Edelstein si è rivolto nel suo discorso alla realtà giovanile mettendo
in luce la modalità operativa del ministero che mira all’instaurazione
di rapporti dedicati con più realtà diasporiche anche eventualmente
associabili, e non con “la Diaspora” come corpus unico di riferimento. Tra
gli argomenti di maggior interesse per gli interlocutori dalle due
parti dello schermo quelli dell’informazione e della comunicazione dei
temi di attualità riguardanti lo Stato di Israele e i suoi rapporti con
gli altri Stati e le comunità ebraiche internazionali. Nella parte
dell’incontro riservata alle domande, è stato ad esempio proposto al
ministro di “progettare concreti programmi per affrontare antisemitismo
razzismo e xenofobia mali antichi ed attuali che ci affliggono” e
successivamente, parlando dei rapporti con i media è stato chiesto come
“offrire una rappresentazione più positiva di Israele anche nei
confronti degli stessi ebrei in un contesto in cui i messaggi che ci
arrivano quotidianamente su Israele e l’antisemitismo in generale
suscitano sempre un certo interesse che, tuttavia, si esaurisce
rapidamente”. Fra i temi centrali e le risposte del ministro, quindi il potenziamento di iniziative e progetti nell’area della “hasbarà”
(informazione, spiegazione, divulgazione della realtà israeliana) e
della “young leadership” indirizzati in particolare verso le comunità
internazionali più piccole. Dopo oltre un’ora di confronto sulla
situazione in Italia e in Israele e sulle possibili prospettive di
collaborazione e sinergie per progetti di interesse comune, si è
concluso l’incontro che deve essere valutato in modo estremamente
positivo, sia per l’inizio di un nuovo modo di rapportarsi tra Israele
e le comunità della Diaspora, a seguito dell’istituzione del ministero
della Diaspora, che per la possibilità di impiego di metodologie di
comunicazione avanzate e contatto che permetteranno da un lato incontri
anche frequenti con costi contenuti e dall’altro la partecipazione di
interlocutori specifici. La linea del ministero della Diaspora è
in sintonia e convergenza con le politiche giovanili delle comunità e
dell’Unione e con le importanti iniziative recenti intraprese con
successo dall’assessorato ai giovani UCEI, quali il corso di formazione
“Yehud” e l’evento “Noar 2009”.
La video conferenza si pone infatti per tutti e per i giovani in
particolare come ulteriore fonte di idee e stimolo per il dibattito
sulle iniziative in tema di hasbarà che si svolgerà nel corso “Noar 2010”, previsto a Firenze il prossimo 21 febbraio.
Odelia Liberanome
Una via per gli studenti iraniani
Si
celebra oggi 7 dicembre in Iran la Giornata Nazionale dello Studente.
Una manifestazione nata cinquantasei anni fa, quando alcuni
universitari rimasero uccisi dalla polizia dello Shah durante una
manifestazione di protesta per la visita del presidente americano
Richard Nixon, ma che oggi assume un significato ben diverso. L’Onda
Verde, infatti, si sta mobilitando in rete con appelli a scendere in
piazza contro il presidente Ahmadinejad e la sua politica repressiva,
nonostante la polizia abbia promesso di reprimere qualsiasi
manifestazione. Manifesteranno per ricordare coloro che sono stati
assassinati durante le proteste di piazza di questa estate, e anche
degli anni precedenti, a partire dal 9 luglio 1999, e per proseguire
l’azione dei tanti giovani che sono stati arrestati e di cui non si sa
più nulla. L’Unione Giovani Ebrei d’Italia da più di un anno ha
portato avanti una campagna di solidarietà e sensibilizzazione
dell’opinione pubblica sulla violazione dei diritti umani e la
repressione della dissidenza dei coetanei iraniani, da parte della
Repubblica islamica, e ha raggiunto nei giorni scorsi un risultato
importante con grande tempismo proprio a poca distanza da questo
appuntamento. Il 27 novembre scorso si è svolta a Salemi la cerimonia di intitolazione di una via agli studenti iraniani, via studenti di Teheran,
durante le giornate del Festival della Cultura Ebraica e d’Israele, i
cui eventi sono stati organizzati, in buona parte, con la
collaborazione dell’Ugei.
La città siciliana guidata dal sindaco Vittorio Sgarbi è stata la prima in Italia a rispondere all’appello lanciato dal presidente dell’Ugei Daniele Nahum,
che ha espresso la sua soddisfazione.“Penso sia molto importante
dimostrare che non dimentichiamo questi ragazzi che hanno la nostra età
e le nostre aspirazioni, ma una vita tanto diversa, e che sono disposti
a rischiare tutto pur di ottenere qualcosa che noi diamo per scontato,
la libertà - ha spiegato Nahum - Quando l’Ugei ha proposto per la prima
volta di intitolare una via in ogni città d’Italia agli studenti
iraniani, alcune decine di giovani a Teheran sono stati arrestati. Ci
siamo quindi posti il problema se fosse giusto o meno continuare, ed
esporli alle ritorsioni della Repubblica islamica. Quando li abbiamo
contattati però, sono stati loro stessi a chiederci di proseguire con
questo tipo di iniziative, che aumentano la pressione mediatica sul
regime, nonostante i rischi che corrono”. Presente alla cerimonia era anche Ahamad Rafat,
uno dei principali esponenti della dissidenza iraniana in Italia,
esperto delle vicende iraniane e mediorientali presso l’agenzia
Adnkronos International di Roma, che ha poi confermato: “Certamente
pochissimi iraniani sanno dov’è Salemi. Sono però consapevoli che in
una parte a loro sconosciuta del mondo c’è chi condivide le loro
battaglie, sanno di non essere stati abbandonati e di avere il sostegno
morale di tanti altri giovani”.
r.t. |
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pilpul |
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Levinas e il suo atto d'accusa alla filosofia occidentale
Violenza e metafisica
è un saggio profondo e suggestivo che Jacques Derrida ha dedicato al
pensiero di Emmanuel Levinas, pensiero ebraico cresciuto “in fondo
all’aridità”, “in mezzo al deserto”, che in pieno Novecento ha messo in
questione la filosofia greca, fin nella sua quintessenza: la
metafisica. Per questo Levinas, piuttosto che riprendere Platone, è
partito dal Talmud, il contributo ebraico alla cultura universale, e ne
ha interrogato i trattati alla luce delle questioni filosofiche
attuali. Lo ha guidato non una presunzione, ma una doppia aspirazione:
quella di portare il Talmud nella filosofia, la filosofia nel Talmud. Dalla critica a Heidegger, documentata nel saggio del 1935 Dell’evasione, dove si delinea già l’esigenza di uscire da sé per andare verso l’altro, fino a Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo
del 1936, tentativo riuscito – come ha sottolineato Giorgio Agamben –
di indicare nel nazismo la possibilità estrema della barbarie, del
tutto contigua alla filosofia occidentale, Levinas ha denunciato più
volte la prigione dell’essere che è anche la prigione dell’identità:
“l’essere è”. Così è cominciata la filosofia occidentale che sembra non
andare più in là di questa brutale affermazione dove l’esistenza è un
assoluto che non richiede null’altro.
“Ogni civiltà che accetta l’essere, la disperazione tragica che
comporta ed i crimini che giustifica merita il nome di barbara”. Ancor più dopo la Shoà, già a partire da Totalità e infinito
del 1961, Levinas ha sottolineato il tratto violento della filosofia
occidentale: la volontà di appropriarsi di ciò che è altro da sé, di
inglobarlo, assimilarlo, totalizzarlo. La verità è il risultato di
questo gesto di sopraffazione con cui si volge l’altro in qualcosa di
proprio. Per la prima volta la filosofia occidentale viene accusata a
chiare lettere di un totalitarismo ego-centrico sempre vittorioso sulle
differenze altrui. Auschwitz non è che la conclusione “logica” di
questa filosofia della totalità dove il sapere si è sempre identificato
con il potere: quello del soggetto che ha preteso di essere il
legislatore dell’universo, di sistemarlo chiudendolo intorno a sé e di
annientare l’altro. Una tappa importante di questo percorso è il libro Trascendenza e intelligibilità,
testo di una conferenza tenuta all’Università di Ginevra il primo
giugno del 1983, ripubblicato in questi giorni da Marietti. Sarebbe una
grave banalizzazione credere che il discorso di Levinas sia un sermone
edificante sull’altruismo. Piuttosto l’esodo dall’essere all’altro è la
necessità di uscire dalla sintassi autistica del greco. È il passo in
fuori, verso l’altro, compiuto prima ancora di chiedersi: come devo
comportarmi, che cosa devo fare? Senza questa etica,
cioè l’uscita da sé, verso l’altro, l’io non esisterebbe neppure.
L’inversione del cammino seguito dalla filosofia è la sovversione ebraica
che segna la rottura “nell’asse dell’essere”. Questa relazione etica,
“rapporto non violento all’infinito come infinitamente altro” – osserva
Derrida – è la sola possibilità di aprire lo spazio della trascendenza
e di liberare la metafisica. Certo si tratta di una lettura
scomoda e complessa per chi pretenda di continuare a crogiolarsi
nell’eterno ritorno della vecchia metafisica – come se nulla fosse
avvenuto. E si può essere d’accordo o no con le sue idee, le sue
intuizioni, le sue aspirazioni. Ma come pochi altri Levinas ha lasciato
una traccia profonda nella filosofia contemporanea: il segno
dell’ebraismo.
Donatella Di Cesare, filosofa |
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rassegna stampa |
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Non
vi sono quasi notizie sulla rassegna stampa di oggi. Mi permetto quindi
di richiamare un paio di articoli dalle edizioni degli ultimi due
giorni, che non sono state commentate. Innanzitutto, merita di essere
letta la recensione di Elena Loewental a "Roma e Gerusalemme" di Martin
Goodman, apparsa sulla Stampa
di sabato. E' un libro interessante, che mette a confronto le due
capitali nel momento terribile delle "guerre giudaiche" raccontate da
Flavio Giuseppe. Lo stesso giorno è interessante l'analisi di Carlo
Panella sul Foglio
a proposito dei "tre fronti" che l'Iran sta aprendo per difendere il
suo progetto di dotarsi dell'arma nucleare. E' il tema centrale della
politica estera di questi anni, che spesso viene colpevolmente
abbandonato all'attesa di chissà quali progressi futuri. Dalla rassegna di ieri segnalo la recensione di Busi sul Sole
a proposito di una conferenza tradotta e pubblicata da Marietti
("Trascendenza e intellegibilità" del 1983) e insolitamente critica nei
confronti del filosofo lituano-francese: "Levinas è un maestro del
secolo scorso. C'è qualcosa di inevitabilmente datato nella sua vis
dicotomica, per esempio quando demonizza la saggezza greca come arte
del sotterfugio e del tradimento. Eppure ancora attuale è il desiderio
di vincere la claustrofobia in cui l'intelligenza rinchiude se stessa".
Busi non è un filosofo, ma un acuto storico della cultura ebraica e su
questo punto ha ragione. Molto probabilmente è arrivato il momento di
rifare i conti con Levinas, con i limiti del suo approccio all'etica
tanto del piano religioso quanto di quello cognitivo. La filosofia
ebraica del nostro tempo dovrà anche fare i conti anche con l'altra
claustrofobia, quella che nell'interno stesso dell'opera di Levinas
basa ogni valore sulla primazia dell'altro, negando spazio e interesse
alla conoscenza e alla trasformazione del mondo, che sono al centro
della modernità. Per quanto riguarda la politica, vale la pena di
leggere l'analisi piuttosto sconsolata di Soner Kagapiai (Jerusalem Post)sulle
scelte della Turchia che la portano "lontano": via da Israele, via
dall'Occidente, via dall'Europa, verso un ritorno nel mondo islamico,
all'illusoria ricerca di uno status impossibile di grande potenza. Oggi
infine segnalo solamente , ma sconsiglio di leggere una noiosa e
accondiscendente intervista di Claudio Magris a Gad Lerner a proposito
del suo ultimo libro. Sul Corriere.
Non si trovano invece sulla rassegna notizie sui principali temi
d'attualità: le trattative per la liberazione di Gilad Shalit, le
manifestazioni dell'opposizione a Teheran, la riunione dei ministri
degli esteri europei in cui si discuterà della proposta di
dichiarazione sul Medio Oriente formulata dalla presidenza svedese in
termini fortemente filopalestinesi e antisraeliani.
Ugo Volli |
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notizieflash |
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Shimon
Peres apre un suo canale su YouTube
Gerusalemme, 7 dic - Anche
Shimon Peres dopo la regina Rania di Giordania e il presidente
americano Barack Obama apre un suo canale su YouTube. Il capo dello
Stato israeliano inaugurerà domani il suo canale alla presenza di Chad
Hurley, uno dei fondatori del sito web, giunto appositamente a
Gerusalemme. L'ufficio di Peres spiega che il presidente intende
usufruire di questo nuovo mezzo di comunicazione per divulgare sezioni
dei suoi discorsi e delle sue attività, nonché rilanciare via internet
le conferenze stampa a cui partecipa. “Il Capo dello stato - aggiunge
il suo ufficio - ritiene in questo modo di poter contribuire a favore
della pace regionale e della cooperazione inter-religiosa”.
Negoziati fra Israele e Siria, Dany Ayalon: “No, a una mediazione della Turchia” Gerusalemme, 6 dic - Sono
giunti diversi messaggi al governo israeliano in merito alla volontà
della Turchia di ristabilire rapporti cordiali, da tempo caratterizzati
da forte tensione dopo i ripetuti ripetuti attacchi del premier turco
alla politica dello Stato israeliano nei confronti dei palestinesi.
“Sono segnali - ha detto il viceministro degli Esteri israeliano Dany
Ayalon - che Israele vede con favore ritenendo la Turchia un
naturale alleato". In merito alla ripresa di negoziati indiretti con la
Siria per il tramite della Turchia Ayalon ha affermato: "Noi non
abbiamo nulla contro i turchi o contro una mediazione turca, ma nel
caso della Siria ci siamo scottati troppe volte con incontri indiretti
che non hanno portato a nulla e hanno solo accentuato posizioni siriane
estremiste e di rifiuto". "Perciò - ha continuato - ciò che noi diciamo
ai turchi è che noi chiediamo un negoziato diretto e senza condizioni
preliminari. Se in seguito risulterà necessaria l'assistenza di
elementi internazionali, il ruolo della Turchia non sarà sicuramente
ignorato". "Prima di ogni cosa - ha concluso Ayalon - noi vogliano
vedere una vera volontà dei siriani di giungere a un negoziato, a una
riconciliazione. Ciò vuol dire che essi devono cessare di incoraggiare
guerre contro di noi, sia aiutando gli Hezbollah, Hamas o la Jihad
Islamica, sia con una cooperazione strategica sempre più stretta con
l'Iran". |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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