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    14 dicembre 2009 - 27 Kislev 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
La pubblicità è l'anima del commercio ma qualche volta anche della religione. Nel vocabolario di Hanukkah gioca un ruolo essenziale l'espressione pirsum hanes, "la pubblicizzazione del miracolo". Significa che la lampada accesa di Hanukkah debba essere esposta alla porta di casa, se è aperta sulla strada, o alle finestre che si affacciano sulla strada; e che debba essere accesa anche dentro le sinagoghe. Tutto questo per raccontare pubblicamente la storia del miracolo. Che poi possa o debba essere accesa anche sulle pubbliche piazze, come da qualche anno si fa, è oggetto di discussione. Aldilà della discussione recente sull'uso dei luoghi pubblici, è il concetto che va capito. Pirsum è paradossalmente una parola di origine greca (paràsemon significa insegna); nes è parola ebraica che nella Bibbia indica il vessillo e nel linguaggio rabbinico il miracolo. Con una parola greca e con una ostentazione un po' inusuale si vuole dimostrare un'opposizione di fondo tra due modi di pensare: quello "greco" basato sull'esclusività della ragione e quello ebraico in cui è presente la coscienza del miracolo, non solo quello dell'olio di Hanukkah, ma quello continuo dell'esistenza e della sopravvivenza. Pirsum hanes significa interpretare la realtà in un modo differente, non contro la ragione, ma oltre la ragione.
Leggo Lettera a Milena, non le lettere a Milena di Kafka, ma il libro che la figlia di Milena Jesenská, Jana Černá, ha scritto su sua madre, tradotto ora per la prima volta dal ceco dalle edizioni Forum. Jana aveva undici anni nel 1939 quando sua madre Milena fu arrestata e portata a Ravensbrück, dove sarebbe morta nel 1944. Il libro è una rievocazione dell’immagine materna, una madre a cui Jana, a sua volta scrittrice dalla vita bohème, morta nel 1981, molto assomigliava. Non la ricerca della Milena del campo, che conosciamo dagli scritti di Margarete Buber Neumann, che le fu compagna di prigionia, ma la Milena dei tanti amori, non ultimo quello con Kafka, della vita tumultuosa negli anni fra le due guerre, a Vienna e a Praga, della generosità e della rivolta, della Resistenza antinazista. Ci sono in queste pagine due o tre scritti giornalistici di Milena che sprizzano acume e intelligenza. Uno è sul caffè: il caffè come luogo di incontro tra intellettuali, i caffè della Vienna tra le due guerre, prima che il nazismo spazzasse via tutto, i caffè, i suoi tavoli e i suoi camerieri, e gli scrittori, gli artisti i poeti che vi trascorrevano le giornate a scrivere, a parlare, a pensare. Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  Politica e intolleranza: secondo il Presidente Ucei Gattegna
"segnali d'allarme per la società aperta, libera e pluralista"

GattegnaIl grave, inquietante episodio di intolleranza che ha visto il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi vittima dell'aggressione di uno sconsiderato, costituisce un segnale allarmante per tutti coloro che hanno a cuore una società aperta, libera e pluralista e l'ennesima riprova dell'imbarbarimento che sta subendo la vita politica italiana. Lo ha affermato il Presidente dell'Unione delle Comunità Italiane Renzo Gattegna (nell'immagine ritratto assieme al rabbino capo sefardita di Israele Shlomo Amar, durante l'accensione del secondo lume di Hanukkah). In un messaggio di solidarietà rivolto al Presidente del Consiglio, Gattegna ha anche inteso sottolineare come gli ebrei italiani restino “indissolubilmente legati ai valori di pacifica convivenza, di libertà, di democrazia e di rispetto delle opinioni che hanno consentito all'Italia uscita dagli orrori della dittatura di crescere e di trovare una dignitosa collocazione nel consesso delle realtà progredite”.
Anche il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, ha espresso al Presidente del Consiglio solidarietà per un'aggressione “frutto del clima di avvelenamento della politica”.


Qui Gerusalemme - Hanukkah, luce dal tempio italiano

Qui GerusalemmeLa terza candela di Hanukkah nel tempio italiano di Gerusalemme è stata accesa usando una delle chanukkiot donate da Angelo Vitale di Alessandria al Museo, di epoca compresa fra il 1955 ed il 1959.  Un gruppo di ragazzi ha intonato le berachot e il "mizmor shir hanukkat habait" secondo il rito di Roma. Alla cerimonia hanno partecipato anche famiglie e bambini di Gerusalemme vicini alla comunità di origine italiana.


Qui Milano - Una luce contro l'intolleranza

Qui MilanoNella frenetica domenica di shopping natalizio si è accesa in piazza S.Carlo in pieno centro, la terza candela di Hanukkah, davanti a decine di ebrei milanesi mescolati a tanti curiosi attirati dalle musiche festanti e dal profumo di sufganiot, i bomboloni distribuiti durante la cerimonia.
Ospite d’eccezione, cui è stato attribuito l’onore di accendere lo Shammash, la candela centrale a cui spetta il compito di dare luce alle altre, è stato il Presidente della Lombardia Roberto Formigoni. Formigoni ha ringraziato la Comunità ebraica per il suo contributo alla vita della città e della regione, sottolineando che “ricordare e continuare a credere nei miracoli, come quelli che Hanukkah celebra, allarga il significato della nostra esistenza, per questo è bello essere qui a festeggiare un miracolo sulla pubblica piazza”.
Hanno portato il saluto della città il vicesindaco Riccardo De Corato e il Presidente del Consiglio Comunale Manfredi Palmeri, evidenziando in particolare l’importanza dei valori di solidarietà ed educazione che la Comunità ebraica milanese porta avanti.
Il leit-motiv della serata è stata proprio l’idea di condividere la luce di Hanukkah, la speranza e i valori che simboleggia, propri di una festa in cui si usa accendere la Hanukkià, il candelabro a otto braccia, in un luogo in cui tutti la possano vedere, con tutti i cittadini, correligionari e non. Concetto che è stato espresso anche dagli auguri del presidente della Comunità ebraica Leone Soued, del rabbino capo rav Alfonso Arbib, del rabbino Chabad Avraham Hazan e degli altri organizzatori.

Qui MilanoDopo che l’ex Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudio Morpurgo ha acceso tutte le candele, è stato intonato il Maotzur, tradizionale canto di Hanukkah, a cui sono seguite le più allegre melodie ebraiche accompagnate da balli e girotondi.
Al termine della festa, mentre si spegnevano le ultime note, a meno di cento metri di distanza, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è stato aggredito.
Un triste episodio che evidenzia quanto la città e il paese intero abbiamo bisogno di luce e di condivisione.

Rossella Tercatin


Qui Torino - Luce sulla prima neve

Qui TorinoÈ domenica pomeriggio, i negozi sono aperti, le strade piene di gente. Giacche a vento colorate, pacchi, pacchetti e passeggini. L'atmosfera è festosa. Un piccolo contributo alla sfavillante luminaria natalizia del centro di Torino proviene dalla sinagoga. Nessuna lampadina elettrica, però, nessun babbo natale. Un nutrito gruppo di persone si raccoglie, davanti al tempio, per accendere il terzo lume di Hanukkah. Ebrei torinesi, amici, bambini della scuola con al seguito l'intera famiglia, qualche curioso passante. Tutti a godersi l'insolito spettacolo: non solo la grande hanukkia fatta di altissime torce colorate dai bambini, ma tantissime altre, più piccole, domestiche, portate qui per l'occasione. L'appuntamento è inedito per i torinesi, inaspettato il successo riscosso: non si sapeva più dove far stare le persone, nonostante che si fosse all'aperto. Per tutto ciò va detto grazie - ricorda il vicepresidente Edoardo Segre - all'iniziativa di Massimo Bonmassari, il ragazzo che ha ideato e realizzato questa festa, la quale prosegue all'interno della comunità con musica e vettovaglie assortite (cuoco delle quali è Massimo, per inciso). Infine, proprio come da copione, mentre grandi e piccini intonano, insieme, il tradizionale Maoz Tzur, fa il suo primo capolino annuale un timido nevischio. Come a dire: Hanukkah Sameach!

Manuel Disegni


Qui Roma - Un pensiero a Gilad Shalit

Qui RomaNon sono bastati la pioggia, il freddo e il vento a scoraggiare le centinaia di persone, fra adulti e bambini, che si sono affollate a piazza Barberini per partecipare alla cerimonia di accensione del terzo lume di Hanukkah organizzata dal movimento Chabad Lubavich cui erano presenti oltre al rav Yitzhaq Hazan il sindaco di Roma Gianni Alemanno, l'ambasciatore di Israele Ghideon Meir e il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici.
Un attimo di commozione ha attraversato l'animo di tutti i presenti quando sia l'ambasciatore Meir che il Sindaco di Roma hanno voluto dedicare questa festa al soldato Gilad Shalit prigioniero di Hamas da oltre tre anni: "Speriamo che in queste ore la sua battaglia per la libertà possa finalmente concludersi e che diventi realmente l'esempio dell'affermazione della libertà e della democrazia [...]. - ha dichiarato Alemanno - "Il soldato Shalit è il nostro cittadino onorario. L'identità ebraica è parte costituente della nostra città e ne siamo profondamente orgogliosi". Al termine della cerimonia fra musica e bambini festanti, sono stati distribuiti i tradizionali sufganiot.


Qui Atene - La conferenza annuale dell’AEJM
e qualche riflessione sull’Italia

Qui AteneSi è tenuta ad Atene la conferenza annuale dell’Associazione Musei Ebraici Europei, ospite quest’anno del Museo Ebraico di Grecia nella stessa Atene.
L’AEJM riunisce un gran numero di musei dislocati in tutto il territorio europeo, anche se con una prevalente presenza di istituzioni del nord e est Europa. Accanto ai più conosciuti musei ebraici di Berlino, Parigi, Amsterdam, Londra, Praga, Bruxelles, Monaco, Vienna, Budapest, solo per citare alcune tra le realtà istituzionali più importanti, sono presenti nell’associazione molti musei di media o piccola dimensione: da Dublino a Bratislava, da Oslo a Salonicco, compresa naturalmente anche la presenza italiana. Ogni anno partecipano alla conferenza in qualità di ospiti un certo numero di musei americani, canadesi, ecc. Quest’anno erano presenti tra gli altri il Museum for Jewish Heritage di New York e il Museum della Jeshiva University sempre a New York. L’agenda molto intensa dei tre giorni di conferenza si è articolata, alternando visite e tour al museo e ai siti ebraici di Atene e della comunità di Chalkis, con workshops organizzati dallo staff stesso del museo ebraico locale. I workshops partendo da esperienze di lavoro in atto presso il Museo di Atene hanno offerto l’opportunità ai partecipanti di confrontare esperienze e problematiche comuni a molti musei. Tra i temi trattati: “Museum storage and preventive conservation policies: issues and solutions for small spaces”; “Educational programs and products: choise and challenges”; “Designing exibitions on a small budget: in-house solutions “.
L’incontro di quest’anno si è articolato inoltre intorno all’argomento scelto per la presentazione di progetti da parte di alcuni musei: “Building bridges” - “Costruire ponti”.
Costruire ponti verso altre minoranze e verso la vasta, ampia, diversificata comunità umana che popola l’Europa dei nostri giorni, comunicare con culture diverse, rispettare e comprendere la diversità. Il tema del rapporto tra il museo e la comunità che lo circonda pone interrogativi ai quali i molti musei ebraici disseminati nel territorio europeo tentano di rispondere con varietà di visioni e approcci. Tra i progetti presentati, la mostra “Kosher & co. On food and Religion” del Museo Ebraico di Berlino, in corso fino alla fine di febbraio e “Typical! Clichès of Jews and Others” da poco conclusasi al Museo Ebraico di Vienna.
Ci è sembrato di percepire come comune alle diverse realtà museali ebraiche, non solo tra quelle più importanti, il senso di una grande progettualità ed elaborazione concettuale che anima il “laboratorio Europa”.
Se i musei contemporanei sono non solo ed esclusivamente depositi di beni, ma istituzioni in grado di dare un contributo attivo allo sviluppo del pensiero e di offrirsi come luoghi privilegiati per l’elaborazione e la progettazione di iniziative volte a coinvolgere la società circostante, a quali sfide e sollecitazioni sono chiamati i musei ebraici? Quali risposte possono venire dalla ricchezza del patrimonio culturale ebraico di cui i musei, come luoghi preposti in primis alla conservazione sono depositari? Ed ancora, quale il ruolo affidato all’interno nel panorama italiano ai piccoli e meno piccoli musei di comunità, spesso interni alle sinagoghe?
L’Italia ebraica, con i suoi numeri ridottissimi, riesce da anni a mobilitare risorse, energie intellettuali e creative in occasione della Giornata europea della cultura ebraica, riscuotendo molto successo e dimostrando una vitalità che si rinnova oramai da dieci anni.
Sarebbe auspicabile che altre sinergie si attivassero per favorire nuove prospettive di azione e gestione professionale dei musei delle comunità italiane. Le nostre preziose collezioni di judaica, raccolte museali quasi sempre affiancate da archivi storici e biblioteche, sono luoghi troppo spesso “muti”. In Italia, diversamente da altre sedi europee, le realtà espositive ebraiche, sono ancora oggi legate a comunità non ancora completamente “dismesse” e musealizzate (fa eccezione nell’ambito dei musei ebraici italiani connessi sempre alla locale sinagoga e comunità, la presenza del Museo Ebraico di Bologna, nato oltre 10 anni fa da un progetto dell’Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna, del Comune, della Provincia e della Comunità Ebraica di Bologna e gestito da una Fondazione pubblica). E’ compito delle comunità stesse operare scelte in materia di politica culturale, che favoriscano nuove prospettive alle nostre istituzioni. E’ con grande soddisfazione che ho “visitato”in questi giorni online la Biblioteca Archivio “Marco Maestro”(www.renatomaestro.org) della Comunità di Venezia, da poco in rete, il cui ricco patrimonio come è scritto nel sito “è parte integrante del percorso del Museo Ebraico di Venezia. Può e deve essere di buon auspicio per il mondo ebraico italiano vedere che sforzi ed energie intellettuali riescano “silenziosamente” a tradursi in progetti operativi in grado di comunicare e proporsi all’esterno con coraggio e competenza.
Il progetto in Italia di un Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoà nella città di Ferrara, la cui identità, mission e posizionamento sono chiariti e fruibili nel rapporto redatto dal gruppo di lavoro istituito dall’Ucei e dalla Fondazione CDEC, può forse rappresentare uno stimolo a un maggiore sforzo di comunicazione e scambio tra le tante piccole realtà espositive diffuse nel territorio?
Per tornare alla conferenza di Atene che ha visto quest’anno la partecipazione dall’Italia dei soli musei ebraici di Roma, Casale Monferrato e Bologna, essa rappresenta sempre un’occasione di conoscenza di quanto avviene in Europa. E non solo. Molto vivace ci è sembrata la presenza di giovani curatori, responsabili di musei e centri di documentazione, tra Oslo, Bratislava e la cittadina di Oshpitzin a tre chilometri dal campo, dove l’Auschwitz Jewish Center documenta la ricchezza della vita ebraica nella città, “prima di Auschwitz”.
Assolutamente “mediterranea”, calda e partecipata, l’accoglienza del locale Museo Ebraico di Grecia e della Comunità Ebraica di Atene. A chiusura della conferenza, un piccolo gruppo di partecipanti ha esteso la visita con una giornata di incontri e percorsi guidati al Museo Ebraico di Salonicco.
Nel 2010 il meeting annuale dell’AEJM si svolgerà nuovamente in Italia, ospite del Museo Ebraico di Roma. Un’ occasione che sarebbe un peccato non cogliere come opportunità di crescita e valorizzazione dei nostri musei ebraici italiani.

Anna Di Castro, Comunità Ebraica di Firenze – Sezione di Siena
 
 
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  Donatella Di CesareHanukkah, un'occasione per riflettere

“Appaio, dunque sono” - questa è la formula in cui sembra racchiudersi oggi l’esistenza. Nel vuoto effimero dell’apparire ciascuno cerca il riconoscimento che pensa di non avere, di cui si sente in credito verso gli altri. Ma questo riconoscimento, del tutto esteriore, è destinato a dileguarsi immediatamente. Così ricomincia la corsa, spietata e inesorabile, con il tempo che morde alle calcagna e i gomiti degli altri che impediscono di andare avanti. Le maratone che si svolgono nelle metropoli - da New York a Sidney - non sono che una metonimia della vita contemporanea. Vinta o persa una prova, la prossima si affaccia inesorabile all’orizzonte. Sottrarsi per volontà, impossibilità, incapacità, vuol dire in genere cadere nella “depressione” - parola generica che indica il malessere dell’anima di cui sembra siano in milioni a soffrire.
La vita è scandita da prove in cui attraverso una performance il più possibile brillante occorre farsi valere, dimostrare agli altri la propria bravura, competenza, abilità. Questa esasperata ricerca di un certificato di esistenza si svolge nel segno di una malcelata ostilità. Come potrebbe essere diversamente in una megacompetizione? L’altro serve solo per attestare che apparendo e brillando valiamo, contiamo - cioè siamo legittimati ad esistere anche ai nostri occhi.
Queste luci della ribalta si spengono d’un tratto, come d’un tratto si sono accese. Sono luci della chitzoniùt, della esteriorità e della superficialità. Per il resto lasciano nel buio. I giorni di Hanukkah potrebbero essere l’occasione per accendere le luci interiori della penimiùt, per fermarsi di fronte alle candele e guardare a quel punto interiore che attende in ciascuno di essere riscoperto.

Donatella Di Cesare, filosofa
 
 
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Iran, attacco all'opposizione
La polizia iraniana circonda il campus dell'Università di Teheran e Ali Khamenei accusa i dimostranti di «combattere contro la rivoluzione», denunciando quanto avvenuto il 7 dicembre quando sono state date alle fiamme immagini di Khomeini. Un attacco dai toni durissimi all'opposizione che qualche sito ha sintetizzato con la frase «l'opposizione sarà spazzata via», frase che tuttavia la Guida Suprema non ha pronunciato. A innescare il braccio di ferro è la diffusione su Internet di un video girato proprio il 7 dicembre, nel quale si vedono le mani di alcuni studenti non identificati che danno alle fiamme e stracciano immagini dell'ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica Islamica, del Leader supremo Ali Khamenei e di Mahmud Ahmadinejad. La tv di Stato ha trasmesso le immagini e Khamenei ha reagito accusando l'opposizione di «voler sovvertire l'intero sistema agendo contro l'Islam». «Non credo alle purghe ma dovete tornare sul sentiero giusto», ha ammonito Khamenei rivolto ai manifestanti, chiedendo alle forze dell'ordine di «porre fine alle violazioni della legge e agli insulti a Khomeini». Le parole di Khamenei sono state interpretate come la decisione di eliminare l'opposizione e hanno innescato dimostrazioni pro-governo in numerosi seminari religiosi. I Guardiani della rivoluzione hanno ammonito che «non vi sarà tolleranza per i colpevoli». È stato allora che la polizia si è schierata attorno all'ateneo di Teheran, dove gli studenti hanno risposto inscenando nuove proteste nelle quali hanno imputato a Khamenei e ai pasdaran di aver «fabbricato il filmato». […]
Maurizio Molinari, La Stampa, 14 dicembre 2009

Teheran e Siria preparano la guerra contro Israele
[…] L'Iran ha incrudelito ieri la linea dura in politica interna, mentre il miracolo delle piazze ancora formicolanti di desiderio di libertà si ripete. La proiezione è evidente nella politica egemonica di questo Paese che vuole dominare il mondo in nome dell'islam: l'Iran e la Siria hanno firmato un patto proprio ora che Teheran è investita da nuova pressione internazionale e cerca di ciurlare nel manico negando e accettando, accettando e negando, mentre tutti sanno che il suo scopo è solo quello di costruire la bomba atomica. Questo patto firmato due giorni or sono dal ministro della Difesa iraniana Ahmad Vahidi e dalla sua controparte siriana Ali Habib Mahmud, è finalizzato ad affrontare «comuni nemici e sfide», ovvero, se non si capisse, Israele, che il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha già destinato allo sterminio più volte.
Nel lodare Damasco per il suo grande potenziale in campo militare (opera in gran parte dell'Iran stesso) Vahidi ha detto che «è naturale per un Paese come la Siria che ha come vicino un predatore disumano e minaccioso come Israele, sia sempre preparato contro l'aggressione nemica». Tutti sanno che la guerra fra Israele e Siria nel 67 fu determinata dall'aggressione siriana e che il Golan fu occupato in risposta all'invasione; la verità è che il patto allude a un eventuale attacco israeliano alle centrali nucleari, ora che gli ayatollah sempre di più hanno deluso le speranze del 5 più uno che cerca un accordo sull'arricchimento dell'uranio, e che gli Stati Uniti promettono sanzioni più effettive. [...]
[…] Ora se gli ayatollah di fronte a tutto questo disprezzo stringono un nuovo patto militare con la Siria, si può arguire che di fronte alla proposta di deporre i progetti bellicosi, Teheran risponda allargando il ricatto farcito di missili Shihab e di centrali atomiche, e consolidi le sue possibilità di lanciare una guerra a Israele per interposta persona. E' di pochi giorni fa la visita del presidente libanese Michel Suleiman, fino a ieri una speranza di gestione moderata e laica del Paese, all'Amministrazione americana per chiedere di accelerare la consegna di armi moderne promesse tempo fa. Non ci sarebbe niente di preoccupante, se non fosse che dopo infinite trattative con il governo Hariri, Hezbollah non solo ha conquistato un posto preminente sulla scena politica locale, ma ha anche ottenuto di mantenere le armi. L'obiettivo ovvio è Israele. E quali sono le armi di Hezbollah? Quelle iraniane provenienti dalla Siria. [...]
[…] La Turchia, nel frattempo, è un nuovo giocatore pericoloso: dopo aver coperto Israele di ogni tipo di insulti, se ne è uscita per bocca del premier Recep Tayyip Erdogan con la prima minaccia bellica: «Se lsraele usasse lo spazio aereo turco per spiare Paesi vicini (o peggio naturalmente! ndr) riceverebbe una risposta pari a un terremoto». […]
Fiamma Nirenstein, il Giornale, 14 dicembre 2009

«Noi ebrei e arabi assieme a lezione di tolleranza 
nell'orchestra di Daniel»  

Milano - Suonare con il nemico. Un arabo accanto a un israeliano, a un libanese, un siriano, un giordano, un turco, un iracheno... Fuori ci sono le guerre. Le bombe, i confini, le minacce, i soprusi. Le ideologie, le religioni, i fanatismi, i tabù. Dentro, nella sala da concerto, c'è la musica. Che non fa miracoli, non risolve i guai e le ruggini tra gli uomini, ma qualche potere magico ce l'ha. Perché parla una lingua che capiscono tutti e perché richiede a ciascuno l'ascolto dell'altro.
Due considerazioni che hanno convinto l'israeliano Daniel Barenboim e il palestinese Edward Said a dar vita nel 1999 a un'orchestra inedita quanto provocatoria, composta da giovani, età tra i 14 e i 25 anni, provenienti da Paesi in conflitto del Medio Oriente. […]
[…] E così Ramzi Aburedwan, palestinese cresciuto nei campi dei rifugiati, pronto a tirar pietre ai militari, racconta di aver parlato per la prima volta con un israeliano proprio nella Divan. «Prima li conoscevo solo per le bombe. Mio fratello e mio padre sono stati uccisi dai soldati d'Israele. In cuore avevo solo odio. Ma se non si prova a parlare con il nemico, si continuerà a spargere sangue». «In questi anni passati insieme abbiamo fatto grandi progressi musicali e umani assicuro Nassib al-Ahmodieh violoncellista libanese . Abbiamo imparato a essere tolleranti, a capire di più le ragioni dell'altro. Sono qui per questo». «Chi nasce in Israele difficilmente conoscerà gli arabi - aggiunge Daniel Cohen, violinista - Ho faticato a digerire l'idea che i palestinesi costituiscono una nazione e le loro pretese siano fondate. Ma 5 anni e 6 tournée con questo gruppo così bizzarro e meraviglioso mi hanno aiutato a guardare al conflitto da un altro punto di vista». […]
Giuseppina Manin, il Corriere della Sera, 14 dicembre 2009

 
 
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Roma, minacce antisemite al mercato di Campo de' Fiori            
Interviene il sindaco Alemanno
Roma, 14 dic -
Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha preso contatto con il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici riguardo a un episodio di intolleranza antisemita e minacce che ha coinvolto alcuni venditori ambulanti nella zona del mercato di Campo de' Fiori. “Valuteremo - ha detto il sindaco - la possibilità di allontanare queste persone dal mercato, perché probabilmente non hanno il diritto di rimanerci, ma sicuramente non hanno la dignità culturale e sociale di stare in una realtà centrale di Roma".


Denunciati per diffamazione i militanti di una ong antinazista
Atene, 14 dic -
Tre esponenti di una ong antinazista sono stati denunciati per diffamazione. Sarebbero stati colpevoli di aver accusato e quindi diffamato Costas Plevris, autore del libro Gli ebrei: tutta la verità, nel quale si dichiara apertamente nazista e antisemita e critica Hitler e i suoi per "non aver liberato l'Europa dal sionismo ebraico quando ne avevano il potere". Dopo una condanna in primo grado lo scrittore, accusato dalla ong, era stato assolto dalla magistratura greca con la giustificazione del diritto di ciascuno ad esprimere liberamente la propria opinione. La sentenza aveva destato sorpresa e sdegno da parte della comunità ebraica greca e in tutto il mondo. Ora Plevris ha denunciato i membri della ong antinazista che gli avevano mosso le accuse. La procura di Atene ha chiesto il rinvio a giudizio di tre dei suoi membri: Anna Stai, Rena Koutelou e Lampi Katsiapi, per aver diffuso "false informazioni".
 
 
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