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L'Unione informa
 
    15 dicembre 2009 - 28 Kislev 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Della Rocca, rabbino Roberto
Della Rocca, rabbino
Secondo un insegnamento talmudico le luci di Hanukkah possono essere accese “finché non cessano i piedi dei Tarmodiani al mercato…”.  I Tarmodiani erano venditori di legna ed erano gli ultimi a lasciare il mercato in tarda notte. Il Talmùd vuole insegnarci con questa metafora che il tempo limite per accendere la Hannukkiah è fino a quando questi venditori ambulanti muovono i passi per la strada. Il Rabbino Menachem Shneerson z.l., ultimo Rebbe dei Lubavitch, ci fa notare che la parola Tarmodae, Tarmodiani, ha le stesse lettere di Moredet che significa ribelle. Il nostro sforzo di far luce, indica il Lubavitcher Rebbe, deve raggiungere anche le persone più  ribelli delle quali dobbiamo scaldare e illuminare non solo i  cuori e le menti ma i piedi…la parte più bassa della persona. 
Vivere è un modo di non essere sicuri. Quando lo siamo, incominciamo a morire. Vittorio Dan
Segre,

pensionato
Vittorio Dan Segre  
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  Qui Milano - Un convegno dedicato alla bioetica
dà il via a un ciclo di incontri dal tema Ebraismo e modernità


qui milano-convegno di bioeticaA un giornalista che gli chiese di essere sintetico nel trattare temi di etica medica, il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib rifiutò l'intervista. Con questo aneddoto personale rav Arbib inaugura il convegno dedicato alla bioetica organizzato dal Dipartimento educazione e cultura (Dec), primo di un ciclo di incontri intitolato “Ebraismo e modernità”.
“Non si può - spiega Arbib - semplificare un discorso così delicato, rischiando di incorrere in imprecisioni o fraintendimenti. Questioni enormi, come quelle riguardanti l'inizio e la fine della vita umana, richiedono un atteggiamento intellettuale di timore, timore dell'errore innanzi tutto, bisogna sempre porsi nella prospettiva di poter sbagliare. Ma anche riverenza per l'altezza dell'argomento: la vita delle persone, nell'ebraismo come anche in altre prospettive religiose, è sacra. Per salvare una vita non solo si possono, bensì si devono trasgredire le mitzvot, ciò dà la misura della considerazione in cui è tenuto questo valore.
Dopo gli auguri di Hanukkah del presidente della Comunità Ebraica di Milano Leone Soued, è il moderatore della conferenza rav Roberto Della Rocca ad aprire i lavori. “L'intento del Dec - spiega il rav - nell'organizzare questo ciclo d'incontri su Ebraismo e Modernità, è quello di promuovere la cultura ebraica anche all'esterno della Comunità, di dare un contributo al dibattito attuale che coinvolge l'intera società”.
Idea da cui parte ogni riflessione sull'etica medica nell'ebraismo, introdotta da Della Rocca e ripresa poi dal presidente dell'Associazione medica ebraica Giorgio Mortara, è quella secondo cui l'uomo è un collaboratore di Dio nell'opera della creazione, e suo compito specifico è migliorarla. Ripristinando la salute di un paziente, un medico non interferisce mai con la volontà divina, semmai se ne fa aiutante terreno.
Posto questo assunto fondamentale, la bioetica ha il compito di stabilire quali sono i limiti entro cui l'intervento medico è lecito.
“I precetti dell'ebraismo - argomenta rav Gianfranco Di Segni - si dividono in chukkim e mishpatim. I primi sono regole il cui significato trascende la nostra comprensione, che vanno osservate solo perché lo ordina la Torah. I secondi invece sono leggi che possiamo comprendere, che la nostra ragione è in grado di giustificare. Le norme della bioetica ebraica rientrano in questa seconda categoria. È per questo che quella proposta dall'ebraismo è una bioetica universale, che, con qualche peculiarità, potremmo considerare laica”.
I relatori passano in rassegna tutte le principali materie di dibattito bioetico, e da diversi punti di vista. La dottoressa Daniela Dawan si occupa dell'aspetto giuridico della questione attingendo alle fonti della Costituzione italiana e del codice penale, tiene un'esauriente lezione sul nostro attuale ordinamento, mettendone in luce lacune e anacronismi. Ripercorre poi la vicenda giudiziaria della famiglia Englaro. Il caso di Eluana, comunque la si pensi, è stato la Porta Pia, presso l'opinione pubblica e gli intellettuali, di un vecchio modo di pensare, di un paradigma che, in nome della sacralità della vita, ostracizzava la morte, ne scacciava il pensiero. Eluana, suo malgrado, ha messo sotto gli occhi di tutti quanto il processo del morire sia cambiato negli ultimi anni rispetto ai millenni precedenti. Ha obbligato ognuno di noi ad accorgersi che gli strabilianti progressi della scienza medica ci hanno messo in condizione di prolungare a oltranza l'agonia, fisica e morale, di chi sta per terminare i suoi giorni.
Il tema del fine vita è quello che più coinvolge, emotivamente e intellettualmente, la platea del Teatro Franco Parenti, sede del convegno. Lungamente discusso dal dottor Cesare Efrati, gastroenterologo dell'ospedale israelitico di Roma, è forse l'argomento che impone gli interrogativi più radicali: è lecito per un medico accelerare la morte del paziente col fine di risparmiargli inutili sofferenze? In che modo? In quali casi? Come individuare la sottile differenza tra suicidio assistito, eutanasia e astensione dall'accanimento terapeutico? E ancora, come definire l'accanimento terapeutico? Non si può che concludere che vanno valutati i singoli casi, le specifiche condizioni. Ma quanto è significativa tale conclusione? A rigor di logica, dissolve il teorema dell'assolutezza della santità della vita. Il dovere di evitare la morte non è più “ad ogni costo”, non è più ab-solutus da condizioni, dipende da esse, anche se non tutti sono ancora disposti ad ammetterlo in questi termini.
È diffusa, nella nostra cultura, l'abitudine ad avere sempre un'opinione pronta, per tutto. L'invito del rav Arbib va proprio in senso contrario: lo studio di questioni di tal fatta non può mai essere sufficientemente minuzioso. Ecco perché, alla fine della conferenza, il pubblico torna a casa con tante nuove domande, piuttosto che risposte.

Manuel Disegni


Qui Casale - Hanukkah nel segno della fratellanza

Qui CasaleHanukkah all'insegna dell'amicizia e della fratellanza a Casale Monferrato. Presso la Comunità Ebraica monferrina, per la celebrazione della festa e l'accensione del terzo lume sono intervenuti, davanti a un folto pubblico, esponenti delle tre religioni monoteiste: Giorgio Ottolenghi, presidente della Comunità di Casale, il vescovo della città monsignor Alceste Catella, Idris 'Abd a Razzaq Bergia in rappresentanza del Corei (Comunità Religiosa Islamica), Giovanni Leonardi pastore avventista delle comunità di Alessandria e Asti, Marco Cavalleroi della comunità evangelica. “La prima Hanukkiah - ricorda Elio Carmi, vicepresidente della Comunità di Casale - l'accendemmo in piazza Mazzini. Eravamo in tre”. Sono passati vent'anni da quel giorno e i tre si sono trasformati in oltre trecento persone, del luogo ma non solo, assiepate all'interno del giardino della Comunità ad ascoltare  e condividere una festa che, è stato sottolineato, non è solo importante per gli ebrei: i maccabei, infatti, lottarono perché la luce del Dio unico continuasse a risplendere.
“Vi ringrazio per questo momento di condivisione”, ha dichiarato il vescovo Catella, auspicando di continuare “nei giorni a venire a sentirci tutti uniti”. Fra gli altri è intervenuto anche il professor Ugo Volli, in doppia veste di rappresentante della Comunità di Trieste e della Lev Chadash di Milano, il quale ha sottolineato “Casale è un esempio, o meglio un miracolo, di permanenza. Con poco olio siete riusciti a far durare a lungo la vostra luce”.
La domenica piemontese si è aperta con il pranzo in memoria dell'artista Aldo Mondino con un banchetto kasher organizzato dal suo amico e collega Paul Renner, del quale è stata inaugurata nel complesso museale ebraico di Casale, la mostra Gefillte Fisch. La mostra presenta, oltre alla nuova Hanukkiah donata dall'artista, anche quadri su olio, diverse collage e un altare del sacrifico rituale di Isacco, una messinscena di arte e cucina.

Daniel Reichel


Qui Firenze - Una mostra per il dialogo

Qui Firenze - Benedetta Manfriani“In principio era la Pace - Bereshit La Shalom”, si intitola così la mostra dell’artista Benedetta Manfriani, visitabile all’interno dell’Istituto degli Innocenti di Firenze fino al 20 dicembre (dal martedì al venerdì dalle 11 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 18.30, il sabato dalle 11 alle 13 e la domenica dalle 15.30 alle 19.30). Inaugurata alla presenza di alcune centinaia di persone, vi sono esposte una serie di sculture e tavole a colori che rappresentano storie tratte dai midrashim e dalla tradizione ebraico - cristiana. Rivolta a grandi e piccini, l'artista parla del tema della comunicazione e del dialogo fra le varie fedi e culture, unico rimedio contro il fanatismo e l’intolleranza (nell'immagine una foto dell'artista a fianco ad una delle sue opere). Siamo andati a conoscerla.
Benedetta, quando hai iniziato a interessarti di cultura ebraica?
Avevo poco più di vent’anni quando lessi alcuni libri de La Giuntina. Mi colpì soprattutto un bellissimo volume sulla tradizione musicale ebraica, accompagnato da una cassetta audio, di Liliana Treves Alcalay. È  stato amore a prima vista con la vostra cultura, un vero e proprio colpo di fulmine che mi ha spinto a studiare, da autodidatta, i midrashim. Sono rimasta travolta dalla bellezza e dalla profondità di pensiero che li contraddistinguono, tanto che ho preso spunto dai loro insegnamenti anche per questa mostra. Uno dei momenti più importanti della mia vita, poi, è stato l’incontro con Faye Nepon, bravissima cantante statunitense che ha vissuto per lungo tempo in Toscana. Faye, infatti, oltre a diventare una delle mie migliori amiche, mi ha insegnato a cantare in ebraico. L’altra sera abbiamo intonato l’Hatikva davanti a quasi duecento persone. È stato un momento molto intenso e commovente. Non ho sangue ebraico, ma mi sento ebrea nell’anima.
Come nasce “Bereshit la Shalom”?
In un mondo tormentato da guerre e fanatismi, l’unica soluzione per porre fine alla violenza è rappresentata dal dialogo tra popoli e religioni. Così, nel mio piccolo, ho pensato di dare un contributo. Questa mostra vuole, a partire dal nome, cercare di rappresentare un “bereshit”, un nuovo inizio, “la shalom”, per la pace. Attraverso sculture e tavole a colori, che ho iniziato a dipingere alla fine dello scorso anno, parlo dell'esperienza della fede, da vivere senza pregiudizi e barriere culturali, tanto che la prima opera che è esposta nella sala è accompagnata da alcune parole tratte da “Contro il fanatismo” di Amos Oz, un libro che dovrebbe essere preso come modello di riferimento per un mondo finalmente luogo di fraternità universale.
Come è organizzata la mostra?
Ho pensato di dividerla in tre ambienti, che rappresentano i presupposti basilari per una società senza odio e intolleranza. Il primo ambiente è dedicato all’idea e alla contemplazione di Dio, il secondo al rispetto per le creature più indifese, il terzo alla condivisione con il prossimo. Vi sono raccontate storie ispirate a personaggi della Bibbia e della tradizione ebraico - cristiana, uomini e donne che vivono l’Amore amando chi incontrano sulla loro strada, dividendo quello che anno, rispettando chi è più fragile.
Chi sono i destinatari del tuo messaggio?
Sia i bambini, che sono il nostro futuro e la nostra speranza, che gli adulti, chiamati a riscoprire il loro “bambino interiore”. Voglio comunicare loro, attraverso le immagini, quali siano le potenzialità migliori della natura umana. Cerco di farlo attraverso un vero e proprio “libro dei poveri”, utilizzando materiali semplici, come le tavole in legno su cui si snodano le storie. I legni “feriti”, l'oro, le sgorbie con cui sono state incise le tavole, il colore, i pennelli, l'inchiostro e la carta, raccontano infatti storie di uomini e donne toccati dall'esperienza della fede, un’esperienza che può coinvolgere e affascinare persone di qualunque età. Uno dei miei progetti futuri, comunque, è quello di coinvolgere i bambini degli istituti scolastici fiorentini e portarli a scrivere un libro sulla fede, ognuno con il suo credo e con il suo punto di vista. Una società futura multiculturale e pacifica è il sogno che i nostri figli possono realizzare, bisogna cercare di indicar loro la via.

Adam Smulevich
 
 
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  Anna MomiglianoRotschild Boulevard - Spielberg prepara un reality
in un ospedale di Gerusalemme


Dimenticate Dr. House, Gray's Anatomy e le altre serie patinate sullo stesso filone. Steven Spielberg sta preparando un nuovo medical dramma. Anzi, un reality medico. Ambientato in Israele.
Questo dovrebbe essere il format: un gruppo di medici americani che vengono momentaneamente trasferiti a Gerusalemme, riusciranno i nostri dottori a sopravvivere all'ambiente stressante e caotico di un ospedale israeliano? Shaare Zedek (nell'immagine che segue) infatti è uno dei centri medici più grandi, e spesso uno dei più trafficati, del Paese. Dal punto di vista di un osservatore americano, offre poi una finestra su un mondo completamente nuovo rispetto all'idea che normalmente ci si fa della realtà israeliana: medici ebrei che lavorano insieme ai colleghi arabi, pazienti di tutte le lingue e religioni... spesso in situazioni di emergenza costante. Insomma, un bello shock culturale.

OspedalePer il momento, ovviamente, siamo ancora nella fase di studio preliminare. Ma il Jerusalem Post riportava che Spielberg ha visitato pochi giorni fa il celebre ospedale per farsi un'idea della realtà sul campo. Nel corso della sua visita israeliana, il regista ha portato con sé un noto autore televisivo, Phil Rosenthal (creatore, tra le altre cose, della sitcom di successo "Everybody loves Raymond"). Messi insieme, Spielberg e Rosenthal formano una squadra molto promettente. Loro sperano di portare il nuovo format sui canali americani già nel 2011.

Anna Momigliano


Il Falso

L'informazione può giocare una sottile e pericolosa opera di inganno nei confronti dei lettori sia con le parole che con le immagini. I metodi sono numerosi: banali, come la citazione di un'unica fonte, la titolazione fuorviante, la distorsione degli avvenimenti (Shalit rapito a Gaza quando in realtà era in Israele), e l'uso di parole inappropriate (i missili kassam che diventano fionde elettroniche); più grave è il nascondere dei particolari ("palestinesi colpiti" senza dire che stavano sparando dei razzi) o dei fatti (Igor Man ha scritto del giornalista della RAI Riccardo Cristiano dopo il linciaggio dei due soldati israeliani a Ramallah; ha parlato della vergognosa lettera di Cristiano pubblicata da un giornale arabo senza ricordare il linciaggio stesso); ancor più grave è cambiare delle parole riportate tra virgolette (Farian Sabahi ha fatto dire a Yehoshua che l'Iran non costituisce un "pericolo per Israele", mentre lo scrittore aveva detto che
non costituisce un "pericolo solo per Israele").
La disinformazione con le parole arriva poi al caso più clamoroso che consiste nella pura invenzione di una realtà che non è mai esistita. Basti qui ricordare il "genocidio" di Jenin con la "città rasa al suolo", quando, in realtà, i morti palestinesi erano stati non 2000, come subito annunciato, ma 52.
Ed anche il caso di Al Doura, della cui morte la TV francese aveva accusato come responsabile Tsahal, si è poi rivelato essere un falso; ma questo è diventato chiaro solo dopo un lungo processo nel corso del quale France 2  fu obbligata a mostrare tutte le immagini del proprio reportage, e non solo le poche in origine trasmesse.
La realtà si può falsare anche con le fotografie che sono viste, da chi legge, come la testimonianza delle parole di chi scrive; le fotografie sono talvolta create in autentici set, con attori professionisti che si ripresentano sotto diverse spoglie a distanza di poche settimane per non essere riconosciuti; lo scopo è far credere autentico quello che in realtà non è successo.
A volte poi si ritaglia una parte dell'immagine per convincere il lettore; si pensi, a solo titolo di esempio, alla fotografia del bambino nella culla termostatica pubblicata quando Israele ridusse le forniture di energia elettrica in seguito all'attacco coi razzi sparati da Gaza sulla centrale elettrica posta in prossimità della Striscia; la fotografia originale mostrava anche il monitor acceso di fianco alla culla, ma tagliando il monitor è passato il concetto del neonato in pericolo di vita per la mancanza di elettricità.
Ed anche le parole della didascalia possono indurre chi legge in errore; tipico il caso del poliziotto israeliano, col manganello alzato minacciosamente, di fianco ad un ragazzo sanguinante; non si trattava di un palestinese appena colpito dalla polizia israeliana, come ci volevano far credere i giornali di tutto il mondo, ma di un ragazzo ebreo americano; suo padre, proprio grazie alla pubblicazione di quell'immagine, lo riconobbe, e si capì che era stato salvato da quel poliziotto mentre i palestinesi  lo stavano linciando.
Non è sempre facile, nell'immediato, riconoscere i falsi, soprattutto quelli meglio congegnati. Cercheremo,in questo spazio, di individuarne alcuni, per contrastare la talvolta diabolica arte di molti media di ingannare i propri lettori.
Ciascuno di noi è padrone del proprio pensiero che si forma sulla elaborazione delle informazioni che ci giungono fin dall'infanzia. I media sono sicuramente uno dei principali veicoli di queste informazioni che, giorno dopo giorno, contribuiscono alla formazione delle nostre opinioni.
Purtroppo, tuttavia, con grande frequenza vengono meno alla fiducia che riponiamo in essi; e questo vale non solo per i quotidiani di partito, che in quanto tali si sentono legittimati a raccontare gli avvenimenti sotto un'ottica particolare, ma anche per quelli considerati indipendenti, e per le televisioni. Ed il fenomeno non è solo italiano, tanto è vero che in molti paesi sono nati dei siti che denunciano questa situazione.
Ognuno deve essere libero di farsi la sua opinione; ma se la deve fare sulla conoscenza dei fatti realmente accaduti, e non sulla fantasia di qualche giornalista o sui preconcetti imposti da qualche direttore.

Emanuel Segre Amar
 
 
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Sui giornali vi sono numerose cronache dell'episodio antisemita del mercato romano di Campo de' Fiori, dove la figlia di una commerciante ebrea è stata insultata e minacciata in quanto ebrea da alcuni abusivi. E' intervenuto il presidente della Comunità Riccardo Pacifici, facendo intervenire il sindaco e gli apparati amministrativi della città che hanno competenza sul mercato (E-polis, Il Giornale, Libero, Repubblica, Avvenire ecc. nelle loro edizioni romane). Da leggere alcune analisi che vanno al di là del ripugnante episodio, come quella di laura Maria su Repubblica e Beatrice Picchi sul Messaggero.
Al Jazeera ha dato notizia di un mandato di arresto a carico di Tzipi Livni emesso da una corte inglese per la guerra di Gaza dell'anno scorso, annuncia Repubblica, ma il capo dell'opposizione israeliana smentisce (Avvenire, La Stampa, L'Unità).
La crisi fra Israele e l'Europa non si alimenta solo di singoli episodi di abuso di potere come questi, ma è il frutto di una politica precisa, in cui sembrerebbe che la comunità europea abbia deciso di fare la parte degli arabi nel premere su Israele per ottenere esattamente la sistemazione dei confini che l'Autorità Palestinese desidera. Per un esempio di questo atteggiamento, si veda l'articolo di oggi di Lord Patton, ex commissario europeo agli esteri, pubblicato dal Financial Times. Ma vale la pena di leggere anche l'editoriale pubblicato ieri sullo stesso giornale, intitolato "L'ira significativa di Israele per l'Europa", che parla di uno "shifting", cioè di un cambiamento radicale dell'opinione pubblica mondiale contro Israele e prende come esempio la stessa delibera del consiglio dei ministri europei proposta dalla Svezia e poco emendata nonostante le pressioni italiane e tedesche, che prevede la divisione di Gerusalemme.
E' però sempre più chiara la presa di Hamas sulla società palestinese. Lo dimostra il minaccioso discorso tenuto ieri dal loro "primo ministro" Hanyeh per i 22 anni dell'organizzazione, violentissimo non solo nei confronti di Israele, ma anche dell'AP (sui giornali israeliani il discorso è stato largamente commentato, in Italia ne riferisce solo Liberazione)
Nel frattempo l'Iran, in un quadro repressivo sempre più pesante (Da Rold sul Sole) ha deciso di mandare a processo i tre escursionisti americani catturati al confine qualche mese fa. Sono intento sempre più chiare le prove dell'uso bellico dell'organizzazione nucleare iraniana. Gli inglesi hanno scoperto che l'Iran sta lavorando su un componente essenziale della bomba, una sostanza chimica tratta dall'uranio che può servire solo a preparare la bomba atomica e non a usi civili (Libero).
Da leggere con piacere il piccolo saggio critico di Piero Citati dedicato a Singer e pubblicato da Repubblica.
 
Ugo Volli

 
 
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Londra, mandato di cattura per l'ex ministro Tzipi Livni               
Israele: "Mettere subito fine a questi abusi giudiziari”
Tel Aviv, 15 dic -
Il ministero degli Esteri israeliano replica seccamente alla notizia del mandato di arresto emesso e poi ritirato da un giudice britannico nei confronti dell'ex ministro e leader dell'opposizione Tzipi Livni. In una nota ufficiale il ministero israeliano  "rigetta come un atto cinico" il mandato di arresto nei confronti della Livni. Ma nella stessa nota viene lanciato anche un avvertimento al governo di Londra affinché intervenga "immediatamente" per "mettere fine alla commedia degli errori" e "degli abusi giudiziari", pena "un danno alle relazioni" bilaterali. E ancora nel comunicato si legge: “Israele e Gran Bretagna sono impegnati in una battaglia comune contro il terrore globale e i soldati britannici sono all'opera per combatterlo in diverse aree del mondo", su questa scia si chiede al governo di Sua Maestà di "dar corso, una volta e per sempre, agli impegni presi sulla volontà di prevenire gli abusi giudiziari del sistema britannico generati da elementi anti-israeliani nei confronti di Israele e di suoi cittadini". Dal canto suo la diretta interessata Tzipi Livni, interpellata sul caso, coglie l'occasione per contestare l'atteggiamento di chi, in giro per il mondo, non riconosce a Israele "il diritto all'autodifesa" e "crede di poter mettere l'esercito israeliano sullo stesso piano dei terroristi".


Italia - Israele e il dialogo strategico
Roma, 14 dic -
Prima sessione del Dialogo strategico fra Italia e Israele. Lo stato delle relazioni bilaterali fra i due Paesi e le tematiche regionali e internazionali di interesse reciproco sono state al centro di questo primo incontro. La sessione è stata copresieduta oggi a Roma dal segretario generale della Farnesina, ambasciatore Giampiero Massolo, e dal direttore generale del ministero degli affari esteri israeliano, ambasciatore Yossi Gal. Le conversazioni - informa una nota della Farnesina - si sono svolte in un clima di intensa cordialità che ha confermato l'eccellente livello raggiunto dalle relazioni bilaterali che saranno coronate, il prossimo 2-3 febbraio dal primo vertice intergovernativo che si svolgerà in Israele con la partecipazione di numerosi ministri di entrambi i Paesi. La riunione - prosegue la nota - apre la strada a una collaborazione politica ad ampio spettro che prevedrà incontri regolari a cadenza annuale, a ulteriore conferma delle importanti prospettive di sviluppo delle relazioni bilaterali.
 
 
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