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L'Unione informa |
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15 dicembre 2009 - 28 Kislev 5770 |
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alef/tav |
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Roberto Della Rocca, rabbino |
Secondo
un insegnamento talmudico le luci di Hanukkah possono essere accese
“finché non cessano i piedi dei Tarmodiani al mercato…”. I
Tarmodiani erano venditori di legna ed erano gli ultimi a lasciare il
mercato in tarda notte. Il Talmùd vuole insegnarci con questa metafora
che il tempo limite per accendere la Hannukkiah è fino a quando questi
venditori ambulanti muovono i passi per la strada. Il Rabbino
Menachem Shneerson z.l., ultimo Rebbe dei Lubavitch, ci fa notare che
la parola Tarmodae, Tarmodiani, ha le stesse lettere di Moredet che
significa ribelle. Il nostro sforzo di far luce, indica il Lubavitcher
Rebbe, deve raggiungere anche le persone più ribelli delle quali
dobbiamo scaldare e illuminare non solo i cuori e le menti ma
i piedi…la parte più bassa della persona. |
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Vivere è un modo di non essere sicuri. Quando lo siamo, incominciamo a morire. |
Vittorio Dan Segre,
pensionato |
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Qui Milano - Un convegno dedicato alla bioetica dà il via a un ciclo di incontri dal tema Ebraismo e modernità
A
un giornalista che gli chiese di essere sintetico nel trattare temi di
etica medica, il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib rifiutò
l'intervista. Con questo aneddoto personale rav Arbib inaugura il
convegno dedicato alla bioetica organizzato dal Dipartimento educazione
e cultura (Dec), primo di un ciclo di incontri intitolato “Ebraismo e
modernità”. “Non si può - spiega Arbib - semplificare un discorso
così delicato, rischiando di incorrere in imprecisioni o
fraintendimenti. Questioni enormi, come quelle riguardanti l'inizio e
la fine della vita umana, richiedono un atteggiamento intellettuale di
timore, timore dell'errore innanzi tutto, bisogna sempre porsi nella
prospettiva di poter sbagliare. Ma anche riverenza per l'altezza
dell'argomento: la vita delle persone, nell'ebraismo come anche in
altre prospettive religiose, è sacra. Per salvare una vita non solo si
possono, bensì si devono trasgredire le mitzvot, ciò dà la misura della
considerazione in cui è tenuto questo valore. Dopo gli auguri di
Hanukkah del presidente della Comunità Ebraica di Milano Leone Soued, è
il moderatore della conferenza rav Roberto Della Rocca ad aprire i
lavori. “L'intento del Dec - spiega il rav - nell'organizzare questo
ciclo d'incontri su Ebraismo e Modernità, è quello di promuovere la
cultura ebraica anche all'esterno della Comunità, di dare un contributo
al dibattito attuale che coinvolge l'intera società”. Idea da cui
parte ogni riflessione sull'etica medica nell'ebraismo, introdotta da
Della Rocca e ripresa poi dal presidente dell'Associazione medica
ebraica Giorgio Mortara, è quella secondo cui l'uomo è un collaboratore
di Dio nell'opera della creazione, e suo compito specifico è
migliorarla. Ripristinando la salute di un paziente, un medico non
interferisce mai con la volontà divina, semmai se ne fa aiutante
terreno. Posto questo assunto fondamentale, la bioetica ha il
compito di stabilire quali sono i limiti entro cui l'intervento medico
è lecito. “I precetti dell'ebraismo - argomenta rav Gianfranco Di
Segni - si dividono in chukkim e mishpatim. I primi sono regole il cui
significato trascende la nostra comprensione, che vanno osservate solo
perché lo ordina la Torah. I secondi invece sono leggi che possiamo
comprendere, che la nostra ragione è in grado di giustificare. Le norme
della bioetica ebraica rientrano in questa seconda categoria. È per
questo che quella proposta dall'ebraismo è una bioetica universale,
che, con qualche peculiarità, potremmo considerare laica”. I
relatori passano in rassegna tutte le principali materie di dibattito
bioetico, e da diversi punti di vista. La dottoressa Daniela Dawan si
occupa dell'aspetto giuridico della questione attingendo alle fonti
della Costituzione italiana e del codice penale, tiene un'esauriente
lezione sul nostro attuale ordinamento, mettendone in luce lacune e
anacronismi. Ripercorre poi la vicenda giudiziaria della famiglia
Englaro. Il caso di Eluana, comunque la si pensi, è stato la Porta Pia,
presso l'opinione pubblica e gli intellettuali, di un vecchio modo di
pensare, di un paradigma che, in nome della sacralità della vita,
ostracizzava la morte, ne scacciava il pensiero. Eluana, suo malgrado,
ha messo sotto gli occhi di tutti quanto il processo del morire sia
cambiato negli ultimi anni rispetto ai millenni precedenti. Ha
obbligato ognuno di noi ad accorgersi che gli strabilianti progressi
della scienza medica ci hanno messo in condizione di prolungare a
oltranza l'agonia, fisica e morale, di chi sta per terminare i suoi
giorni. Il tema del fine vita è quello che più coinvolge,
emotivamente e intellettualmente, la platea del Teatro Franco Parenti,
sede del convegno. Lungamente discusso dal dottor Cesare Efrati,
gastroenterologo dell'ospedale israelitico di Roma, è forse l'argomento
che impone gli interrogativi più radicali: è lecito per un medico
accelerare la morte del paziente col fine di risparmiargli inutili
sofferenze? In che modo? In quali casi? Come individuare la sottile
differenza tra suicidio assistito, eutanasia e astensione
dall'accanimento terapeutico? E ancora, come definire l'accanimento
terapeutico? Non si può che concludere che vanno valutati i singoli
casi, le specifiche condizioni. Ma quanto è significativa tale
conclusione? A rigor di logica, dissolve il teorema dell'assolutezza
della santità della vita. Il dovere di evitare la morte non è più “ad
ogni costo”, non è più ab-solutus da condizioni, dipende da esse, anche
se non tutti sono ancora disposti ad ammetterlo in questi termini. È
diffusa, nella nostra cultura, l'abitudine ad avere sempre un'opinione
pronta, per tutto. L'invito del rav Arbib va proprio in senso
contrario: lo studio di questioni di tal fatta non può mai essere
sufficientemente minuzioso. Ecco perché, alla fine della conferenza, il
pubblico torna a casa con tante nuove domande, piuttosto che risposte.
Manuel Disegni
Qui Casale - Hanukkah nel segno della fratellanza
Hanukkah
all'insegna dell'amicizia e della fratellanza a Casale Monferrato.
Presso la Comunità Ebraica monferrina, per la celebrazione della festa
e l'accensione del terzo lume sono intervenuti, davanti a un folto
pubblico, esponenti delle tre religioni monoteiste: Giorgio Ottolenghi,
presidente della Comunità di Casale, il vescovo della città monsignor
Alceste Catella, Idris 'Abd a Razzaq Bergia in rappresentanza del Corei
(Comunità Religiosa Islamica), Giovanni Leonardi pastore avventista
delle comunità di Alessandria e Asti, Marco Cavalleroi della comunità
evangelica. “La prima Hanukkiah - ricorda Elio Carmi, vicepresidente
della Comunità di Casale - l'accendemmo in piazza Mazzini. Eravamo in
tre”. Sono passati vent'anni da quel giorno e i tre si sono trasformati
in oltre trecento persone, del luogo ma non solo, assiepate all'interno
del giardino della Comunità ad ascoltare e condividere una festa
che, è stato sottolineato, non è solo importante per gli ebrei: i
maccabei, infatti, lottarono perché la luce del Dio unico continuasse a
risplendere. “Vi ringrazio per questo momento di condivisione”,
ha dichiarato il vescovo Catella, auspicando di continuare “nei giorni
a venire a sentirci tutti uniti”. Fra gli altri è intervenuto anche il
professor Ugo Volli, in doppia veste di rappresentante della Comunità
di Trieste e della Lev Chadash di Milano, il quale ha sottolineato
“Casale è un esempio, o meglio un miracolo, di permanenza. Con poco
olio siete riusciti a far durare a lungo la vostra luce”. La
domenica piemontese si è aperta con il pranzo in memoria dell'artista
Aldo Mondino con un banchetto kasher organizzato dal suo amico e
collega Paul Renner, del quale è stata inaugurata nel complesso museale
ebraico di Casale, la mostra Gefillte Fisch. La mostra presenta, oltre
alla nuova Hanukkiah donata dall'artista, anche quadri su olio, diverse
collage e un altare del sacrifico rituale di Isacco, una messinscena di
arte e cucina.
Daniel Reichel
Qui Firenze - Una mostra per il dialogo
“In
principio era la Pace - Bereshit La Shalom”, si intitola così la mostra
dell’artista Benedetta Manfriani, visitabile all’interno dell’Istituto
degli Innocenti di Firenze fino al 20 dicembre (dal martedì al venerdì
dalle 11 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 18.30, il sabato dalle 11 alle
13 e la domenica dalle 15.30 alle 19.30). Inaugurata alla presenza di
alcune centinaia di persone, vi sono esposte una serie di sculture e
tavole a colori che rappresentano storie tratte dai midrashim e dalla
tradizione ebraico - cristiana. Rivolta a grandi e piccini, l'artista
parla del tema della comunicazione e del dialogo fra le varie fedi e
culture, unico rimedio contro il fanatismo e l’intolleranza
(nell'immagine una foto dell'artista a fianco ad una delle sue opere).
Siamo andati a conoscerla. Benedetta, quando hai iniziato a interessarti di cultura ebraica? Avevo
poco più di vent’anni quando lessi alcuni libri de La Giuntina. Mi
colpì soprattutto un bellissimo volume sulla tradizione musicale
ebraica, accompagnato da una cassetta audio, di Liliana Treves Alcalay.
È stato amore a prima vista con la vostra cultura, un vero e
proprio colpo di fulmine che mi ha spinto a studiare, da autodidatta, i
midrashim. Sono rimasta travolta dalla bellezza e dalla profondità di
pensiero che li contraddistinguono, tanto che ho preso spunto dai loro
insegnamenti anche per questa mostra. Uno dei momenti più importanti
della mia vita, poi, è stato l’incontro con Faye Nepon, bravissima
cantante statunitense che ha vissuto per lungo tempo in Toscana. Faye,
infatti, oltre a diventare una delle mie migliori amiche, mi ha
insegnato a cantare in ebraico. L’altra sera abbiamo intonato l’Hatikva
davanti a quasi duecento persone. È stato un momento molto intenso e
commovente. Non ho sangue ebraico, ma mi sento ebrea nell’anima. Come nasce “Bereshit la Shalom”? In
un mondo tormentato da guerre e fanatismi, l’unica soluzione per porre
fine alla violenza è rappresentata dal dialogo tra popoli e religioni.
Così, nel mio piccolo, ho pensato di dare un contributo. Questa mostra
vuole, a partire dal nome, cercare di rappresentare un “bereshit”, un
nuovo inizio, “la shalom”, per la pace. Attraverso sculture e tavole a
colori, che ho iniziato a dipingere alla fine dello scorso anno, parlo
dell'esperienza della fede, da vivere senza pregiudizi e barriere
culturali, tanto che la prima opera che è esposta nella sala è
accompagnata da alcune parole tratte da “Contro il fanatismo” di Amos
Oz, un libro che dovrebbe essere preso come modello di riferimento per
un mondo finalmente luogo di fraternità universale. Come è organizzata la mostra? Ho
pensato di dividerla in tre ambienti, che rappresentano i presupposti
basilari per una società senza odio e intolleranza. Il primo ambiente è
dedicato all’idea e alla contemplazione di Dio, il secondo al rispetto
per le creature più indifese, il terzo alla condivisione con il
prossimo. Vi sono raccontate storie ispirate a personaggi della Bibbia
e della tradizione ebraico - cristiana, uomini e donne che vivono
l’Amore amando chi incontrano sulla loro strada, dividendo quello che
anno, rispettando chi è più fragile. Chi sono i destinatari del tuo messaggio? Sia
i bambini, che sono il nostro futuro e la nostra speranza, che gli
adulti, chiamati a riscoprire il loro “bambino interiore”. Voglio
comunicare loro, attraverso le immagini, quali siano le potenzialità
migliori della natura umana. Cerco di farlo attraverso un vero e
proprio “libro dei poveri”, utilizzando materiali semplici, come le
tavole in legno su cui si snodano le storie. I legni “feriti”, l'oro,
le sgorbie con cui sono state incise le tavole, il colore, i pennelli,
l'inchiostro e la carta, raccontano infatti storie di uomini e donne
toccati dall'esperienza della fede, un’esperienza che può coinvolgere e
affascinare persone di qualunque età. Uno dei miei progetti futuri,
comunque, è quello di coinvolgere i bambini degli istituti scolastici
fiorentini e portarli a scrivere un libro sulla fede, ognuno con il suo
credo e con il suo punto di vista. Una società futura multiculturale e
pacifica è il sogno che i nostri figli possono realizzare, bisogna
cercare di indicar loro la via.
Adam Smulevich
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Rotschild Boulevard - Spielberg prepara un reality in un ospedale di Gerusalemme
Dimenticate
Dr. House, Gray's Anatomy e le altre serie patinate sullo stesso
filone. Steven Spielberg sta preparando un nuovo medical dramma. Anzi,
un reality medico. Ambientato in Israele. Questo dovrebbe essere
il format: un gruppo di medici americani che vengono momentaneamente
trasferiti a Gerusalemme, riusciranno i nostri dottori a sopravvivere
all'ambiente stressante e caotico di un ospedale israeliano? Shaare
Zedek (nell'immagine che segue) infatti è uno dei centri medici più
grandi, e spesso uno dei più trafficati, del Paese. Dal punto di vista
di un osservatore americano, offre poi una finestra su un mondo
completamente nuovo rispetto all'idea che normalmente ci si fa della
realtà israeliana: medici ebrei che lavorano insieme ai colleghi arabi,
pazienti di tutte le lingue e religioni... spesso in situazioni di
emergenza costante. Insomma, un bello shock culturale.
Per
il momento, ovviamente, siamo ancora nella fase di studio preliminare.
Ma il Jerusalem Post riportava che Spielberg ha visitato pochi giorni
fa il celebre ospedale per farsi un'idea della realtà sul campo. Nel
corso della sua visita israeliana, il regista ha portato con sé un noto
autore televisivo, Phil Rosenthal (creatore, tra le altre cose, della
sitcom di successo "Everybody loves Raymond"). Messi insieme, Spielberg
e Rosenthal formano una squadra molto promettente. Loro sperano di
portare il nuovo format sui canali americani già nel 2011.
Anna Momigliano
Il Falso
L'informazione
può giocare una sottile e pericolosa opera di inganno nei confronti dei
lettori sia con le parole che con le immagini. I metodi sono numerosi:
banali, come la citazione di un'unica fonte, la titolazione fuorviante,
la distorsione degli avvenimenti (Shalit rapito a Gaza quando in realtà
era in Israele), e l'uso di parole inappropriate (i missili kassam che
diventano fionde elettroniche); più grave è il nascondere dei
particolari ("palestinesi colpiti" senza dire che stavano sparando dei
razzi) o dei fatti (Igor Man ha scritto del giornalista della RAI
Riccardo Cristiano dopo il linciaggio dei due soldati israeliani a
Ramallah; ha parlato della vergognosa lettera di Cristiano pubblicata
da un giornale arabo senza ricordare il linciaggio stesso); ancor più
grave è cambiare delle parole riportate tra virgolette (Farian Sabahi
ha fatto dire a Yehoshua che l'Iran non costituisce un "pericolo per
Israele", mentre lo scrittore aveva detto che non costituisce un "pericolo solo per Israele"). La
disinformazione con le parole arriva poi al caso più clamoroso che
consiste nella pura invenzione di una realtà che non è mai esistita.
Basti qui ricordare il "genocidio" di Jenin con la "città rasa al
suolo", quando, in realtà, i morti palestinesi erano stati non 2000,
come subito annunciato, ma 52. Ed anche il caso di Al Doura,
della cui morte la TV francese aveva accusato come responsabile Tsahal,
si è poi rivelato essere un falso; ma questo è diventato chiaro solo
dopo un lungo processo nel corso del quale France 2 fu obbligata
a mostrare tutte le immagini del proprio reportage, e non solo le poche
in origine trasmesse. La realtà si può falsare anche con le
fotografie che sono viste, da chi legge, come la testimonianza delle
parole di chi scrive; le fotografie sono talvolta create in autentici
set, con attori professionisti che si ripresentano sotto diverse
spoglie a distanza di poche settimane per non essere riconosciuti; lo
scopo è far credere autentico quello che in realtà non è successo. A
volte poi si ritaglia una parte dell'immagine per convincere il
lettore; si pensi, a solo titolo di esempio, alla fotografia del
bambino nella culla termostatica pubblicata quando Israele ridusse le
forniture di energia elettrica in seguito all'attacco coi razzi sparati
da Gaza sulla centrale elettrica posta in prossimità della Striscia; la
fotografia originale mostrava anche il monitor acceso di fianco alla
culla, ma tagliando il monitor è passato il concetto del neonato in
pericolo di vita per la mancanza di elettricità. Ed anche le
parole della didascalia possono indurre chi legge in errore; tipico il
caso del poliziotto israeliano, col manganello alzato minacciosamente,
di fianco ad un ragazzo sanguinante; non si trattava di un palestinese
appena colpito dalla polizia israeliana, come ci volevano far credere i
giornali di tutto il mondo, ma di un ragazzo ebreo americano; suo
padre, proprio grazie alla pubblicazione di quell'immagine, lo
riconobbe, e si capì che era stato salvato da quel poliziotto mentre i
palestinesi lo stavano linciando. Non è sempre facile,
nell'immediato, riconoscere i falsi, soprattutto quelli meglio
congegnati. Cercheremo,in questo spazio, di individuarne alcuni, per
contrastare la talvolta diabolica arte di molti media di ingannare i
propri lettori. Ciascuno di noi è padrone del proprio pensiero che
si forma sulla elaborazione delle informazioni che ci giungono fin
dall'infanzia. I media sono sicuramente uno dei principali veicoli di
queste informazioni che, giorno dopo giorno, contribuiscono alla
formazione delle nostre opinioni. Purtroppo, tuttavia, con grande
frequenza vengono meno alla fiducia che riponiamo in essi; e questo
vale non solo per i quotidiani di partito, che in quanto tali si
sentono legittimati a raccontare gli avvenimenti sotto un'ottica
particolare, ma anche per quelli considerati indipendenti, e per le
televisioni. Ed il fenomeno non è solo italiano, tanto è vero che in
molti paesi sono nati dei siti che denunciano questa situazione. Ognuno
deve essere libero di farsi la sua opinione; ma se la deve fare sulla
conoscenza dei fatti realmente accaduti, e non sulla fantasia di
qualche giornalista o sui preconcetti imposti da qualche direttore.
Emanuel Segre Amar |
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rassegna stampa |
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Sui
giornali vi sono numerose cronache dell'episodio antisemita del mercato
romano di Campo de' Fiori, dove la figlia di una commerciante ebrea è
stata insultata e minacciata in quanto ebrea da alcuni abusivi. E'
intervenuto il presidente della Comunità Riccardo Pacifici, facendo
intervenire il sindaco e gli apparati amministrativi della città che
hanno competenza sul mercato (E-polis, Il Giornale, Libero, Repubblica, Avvenire
ecc. nelle loro edizioni romane). Da leggere alcune analisi che vanno
al di là del ripugnante episodio, come quella di laura Maria su Repubblica e Beatrice Picchi sul Messaggero. Al
Jazeera ha dato notizia di un mandato di arresto a carico di Tzipi
Livni emesso da una corte inglese per la guerra di Gaza dell'anno
scorso, annuncia Repubblica, ma il capo dell'opposizione israeliana smentisce (Avvenire, La Stampa, L'Unità). La
crisi fra Israele e l'Europa non si alimenta solo di singoli episodi di
abuso di potere come questi, ma è il frutto di una politica precisa, in
cui sembrerebbe che la comunità europea abbia deciso di fare la parte
degli arabi nel premere su Israele per ottenere esattamente la
sistemazione dei confini che l'Autorità Palestinese desidera. Per un
esempio di questo atteggiamento, si veda l'articolo di oggi di Lord
Patton, ex commissario europeo agli esteri, pubblicato dal Financial Times. Ma vale la pena di leggere anche l'editoriale pubblicato ieri sullo stesso giornale, intitolato "L'ira significativa di Israele per l'Europa",
che parla di uno "shifting", cioè di un cambiamento radicale
dell'opinione pubblica mondiale contro Israele e prende come esempio la
stessa delibera del consiglio dei ministri europei proposta dalla
Svezia e poco emendata nonostante le pressioni italiane e tedesche, che
prevede la divisione di Gerusalemme. E' però sempre più chiara la
presa di Hamas sulla società palestinese. Lo dimostra il minaccioso
discorso tenuto ieri dal loro "primo ministro" Hanyeh per i 22 anni
dell'organizzazione, violentissimo non solo nei confronti di Israele,
ma anche dell'AP (sui giornali israeliani il discorso è stato
largamente commentato, in Italia ne riferisce solo Liberazione) Nel frattempo l'Iran, in un quadro repressivo sempre più pesante (Da Rold sul Sole)
ha deciso di mandare a processo i tre escursionisti americani catturati
al confine qualche mese fa. Sono intento sempre più chiare le prove
dell'uso bellico dell'organizzazione nucleare iraniana. Gli inglesi
hanno scoperto che l'Iran sta lavorando su un componente essenziale
della bomba, una sostanza chimica tratta dall'uranio che può servire
solo a preparare la bomba atomica e non a usi civili (Libero). Da leggere con piacere il piccolo saggio critico di Piero Citati dedicato a Singer e pubblicato da Repubblica. Ugo Volli |
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notizieflash |
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Londra, mandato di cattura per l'ex ministro Tzipi Livni Israele: "Mettere subito fine a questi abusi giudiziari” Tel Aviv, 15 dic - Il
ministero degli Esteri israeliano replica seccamente alla notizia del
mandato di arresto emesso e poi ritirato da un giudice britannico nei
confronti dell'ex ministro e leader dell'opposizione Tzipi Livni. In
una nota ufficiale il ministero israeliano "rigetta come un atto
cinico" il mandato di arresto nei confronti della Livni. Ma nella
stessa nota viene lanciato anche un avvertimento al governo di
Londra affinché intervenga "immediatamente" per "mettere fine alla
commedia degli errori" e "degli abusi giudiziari", pena "un danno alle
relazioni" bilaterali. E ancora nel comunicato si legge: “Israele e
Gran Bretagna sono impegnati in una battaglia comune contro il terrore
globale e i soldati britannici sono all'opera per combatterlo in
diverse aree del mondo", su questa scia si chiede al governo di Sua
Maestà di "dar corso, una volta e per sempre, agli impegni presi sulla
volontà di prevenire gli abusi giudiziari del sistema britannico
generati da elementi anti-israeliani nei confronti di Israele e di suoi
cittadini". Dal canto suo la diretta interessata Tzipi Livni,
interpellata sul caso, coglie l'occasione per contestare
l'atteggiamento di chi, in giro per il mondo, non riconosce a Israele
"il diritto all'autodifesa" e "crede di poter mettere l'esercito
israeliano sullo stesso piano dei terroristi".
Italia - Israele e il dialogo strategico Roma, 14 dic - Prima
sessione del Dialogo strategico fra Italia e Israele. Lo stato delle
relazioni bilaterali fra i due Paesi e le tematiche regionali e
internazionali di interesse reciproco sono state al centro di questo
primo incontro. La sessione è stata copresieduta oggi a Roma dal
segretario generale della Farnesina, ambasciatore Giampiero Massolo, e
dal direttore generale del ministero degli affari esteri israeliano,
ambasciatore Yossi Gal. Le conversazioni - informa una nota della
Farnesina - si sono svolte in un clima di intensa cordialità che ha
confermato l'eccellente livello raggiunto dalle relazioni bilaterali
che saranno coronate, il prossimo 2-3 febbraio dal primo vertice
intergovernativo che si svolgerà in Israele con la partecipazione di
numerosi ministri di entrambi i Paesi. La riunione - prosegue la nota -
apre la strada a una collaborazione politica ad ampio spettro che
prevedrà incontri regolari a cadenza annuale, a ulteriore conferma
delle importanti prospettive di sviluppo delle relazioni bilaterali. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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