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L'Unione informa
 
    18 dicembre 2009 - 1 Tevet 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Colombo Roberto
Colombo,

rabbino 
Joseph incarcerato ingiustamente chiese al coppiere del faraone: “Quando ti andrà bene… ricordati di me”. Uscito di prigione il coppiere si dimenticò di Joseph. Grande lezione sempre attuale. Quando le cose vanno male degli altri ci si ricorda sempre. Quando si sta bene il ricordo di chi è in difficoltà tende a scomparire. (Elon)
Tanto tanto tempo fa, nel lontano 1993, un ministro della Repubblica italiana varò una legge, approvata dalle Camere, che puniva la diffusione di idee fondate sull'odio razziale e etnico e l'incitamento a commettere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi. Ma gli italiani, distratti da altri problemi, come le veline, il gossip il grande fratello e via discorrendo, tutti fondamentali per lo sviluppo della democrazia, se ne sono dimenticati. E così, quando per esempio un venditore abusivo dà dell'"ebrea di merda" a un'altra venditrice, ebrea, tutti esprimono grande solidarietà e si strappano i capelli per capire come fare, perché episodi del genere non si ripetano. Intanto la legge giace, dimenticata da tutti, nel mezzo del nostro Codice penale. Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  Qui Roma - Una piazza in onore di Samuele Alatri,
personaggio illustre della Comunità ebraica romana


Qui RomaUn tiepido raggio di sole ha illuminato la cerimonia di inaugurazione della riqualificazione del parco delle mura Aureliane a Roma, nel cui ambito è stato avviato l’iter per dedicare all’interno del parco una piazza a Samuele Alatri, personaggio illustre della comunità ebraica romana a fine dell’800. Alla presenza del sindaco Gianni Alemanno, degli assessori Corsini e De Lillo e dei discendenti appartenenti alla famiglia Alatri, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici ha ricordato la figura di Samuele Alatri, che fu presidente della Comunità ebraica, a cavallo dell’emancipazione, guidandola nel difficile passaggio dalla chiusura del ghetto all’apertura alla società circostante. Eletto già a 28 anni rimase presidente della Comunità per lunghissimo tempo e ricoprì il ruolo di assessore, consigliere comunale e inoltre fu deputato al Parlamento italiano, ponendosi al servizio della propria città. Fra l’altro fu lui a consegnare al Re il plebiscito di annessione di Roma al resto del costituendo Stato.
Inoltre Samuele Alatri svolse un importante ruolo di mediazione con il Papato, nonostante l’umiliazione  cui erano stati costretti gli ebrei con la chiusura nel ghetto, prodigandosi per ottenere finanziamenti internazionali in un periodo di difficoltà economica della banca Pontificia e ottenne  in cambio l’assenso all’allargamento della zona del Ghetto.
La sua figura, come sottolineato dall’assessore Fabio De Lillo, costituisce un elemento unificante nella memoria civica e di identificazione per la città.

Daniele Ascarelli


Qui Sabbioneta - Inagibile la sinagoga ottocentesca

Interno sinagoga di SabbionetaÈ stata edificata nel 1824 la sinagoga di Sabbioneta, per volontà dei centotredici ebrei della cittadina che rivendicavano la propria autonomia dalla Comunità della vicina Mantova, cui l’amministrazione austriaca aveva proposto di unirsi. La città lombarda, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco, ha sempre considerato la sinagoga, con i suoi arredi per lo più originari dell’epoca, un fiore all’occhiello tra i suoi monumenti, simbolo di una pacifica convivenza religiosa durata secoli, testimoniata dalla mancata istituzione di un ghetto.
Alcuni giorni fa, a seguito di una perizia ingegneristica, è stata dichiarata inagibile la scala d’accesso e la storica sinagoga di una comunità che ha annoverato fra i suoi membri personaggi illustri, quali Giuseppe Ottolenghi, primo ebreo italiano a essere nominato generale e poi ministro della guerra nel 1902, è stata chiusa, per la prima volta dal 1994, anno dell’ultimo restauro.
La Comunità ebraica di Mantova, oggi proprietaria della sinagoga gestita dalla Pro loco di Sabbioneta, si è subito mossa insieme a quest’ultima, per cercare una soluzione, e in particolare per trovare i finanziamenti necessari all’intervento di consolidamento delle quattro rampe di scale che conducono alla sinagoga, situata al secondo piano dello stabile, e poi al matroneo. Grazie a un decreto del Ministero dei Beni Culturali, buona parte dei fondi è già stata reperita, e sarà disponibile non appena espletate le pratiche burocratiche. Resta la preoccupazione della Pro loco di reinserire al più presto la sinagoga fra gli obiettivi del turismo sabbionetano, che rischia di risentire pesantemente della chiusura del sito.
Il presidente della Comunità ebraica di Mantova Fabio Norsa si è comunque detto tranquillo e fiducioso che i lavori cominceranno presto.

Rossella Tercatin



Qui Roma - Hanukkah con il Benè Berith

Qui RomaHa attirato l’attenzione e la curiosità dei passanti, oltre che gli auguri di qualche turista americano di passaggio, l’accensione della Hanukkiah promossa ieri dal Bene Berith a Roma a largo Goldoni, in pieno centro.
Nella direttrice che va da piazza di Spagna a via Tomacelli, nelle strade dello shopping romano solitamente a panneggio dei grandi marchi del lusso, il presidente del benè Berith Sandro di Castro, il capo rabbino di Roma Riccardo di Segni il presidente della Cer Riccardo Pacifici hanno acceso la Hanukkiah  coadiuvati dai consiglieri UCEI  Claudia de Benedetti e Yoram Ortona, adempiendo così alla Mitzvà di pubblicizzare il miracolo che Hanukkah ricorda.
A seguire un piccolo cocktail nella boutique Fay offerto dall’imprenditore Diego Della Valle. In occasione della accensione della Hanukkiah  l’associazione Benè Berith ha promosso una raccolta benefica a favore del reparto oncologico pediatrico del Policlinico Umberto primo di Roma.

d.a.


Qui Casale - Hanukkah, il maestro Lotoro
suona l’antico organo della sinagoga


Qui CasaleAlcuni giorni fa ero ad Alessandria dove ho tenuto nei mesi di Novembre e Dicembre un ciclo di lezioni organizzato dalla Provincia di Alessandria sulla musica nei Campi di concentramento.
La vicinanza a Casale Monferrato ha suggerito alla carissima amica Claudia De Benedetti, vicepresidente dell’UCEI, che noi ci incontrassimo con il presidente della Comunità ebraica di Casale e altri amici e amiche per accendere assime la quinta luce di Hanukkah.
Non ero mai stato a Casale e la visita di quella splendida sinagoga ha riempito gli occhi e il cuore miei e del professor Giampiero Armano, che mi accompagnava nella visita.
Dopo la visita (assolutamente d’obbligo, data la eccezionalità dell’esposizione) al famoso Museo delle Luci (una invidiabile collezione di Hanukkiot d’Autore, alcune impensabili nella loro struttura), scorgo in una delle stanze del Museo uno splendido organo positivo.
Mi è talora capitato di vedere simili organi in alcune antiche chiese; alcuni di essi conservano ancora l’antica accordatura inequabile, suonare in tonalità come Mi maggiore o Si bemolle maggiore è assolutamente impossibile.
Oltretutto, i tasti di questi organi sono molto stretti (almeno per le mie grosse mani), la maggior parte di essi ha l’ottava scavezza (una serie di tasti bassi che non corrispondono all’ordine ascendente della tastiera ma alla loro successione tonale ossia Do–Fa–Re–Sol, ecc., e quasi tutti hanno la pedaliera posticcia, aggiunta successivamente.

Qui CasaleTutti gli organi positivi hanno però in comune la camera delle canne chiusa come in un armadio e l’insufflazione dell’aria nelle canne mediante il mantice, ormai sostituito dal motorino che ne assicura la spinta pneumatica sempre costante.
Pur essendo pianista, ho più volte eseguito e registrato pezzi organistici; la tentazione di suonare quel’organo era troppo grande. Claudia intuisce il mio desiderio e mi asseconda, dicendomi altresì che quell’organo non era mai stato suonato sin’ora; quale onore! Ho aperto la tastiera e l’armadio della camera delle canne; per una immediata associazione di idee ho pensato all’aron hakodesh che apriamo di Shabbath più o meno allo stesso modo. Il paragone non era del tutto peregrino; dall’armadio dell’aron hakodesh estraiamo il Rotolo della Torà, la voce diretta dell’Hashem così come dall’armadio dell’organo estraiamo la voce soave dell’organo, musica pura tanto quanto lo è la lettura della Legge sulle labbra del hazan. Entrambi hanno proprio questo in comune: se questi armadi rimangono chiusi, le voci dell’Hashem e dell’organo non possono uscire né noi potremmo ascoltarle.
La tastiera e i registri erano in ottime condizioni, dal Nazard al Principale ai Flauti e al Bordone.
Mi sono accorto che l’organo era dotato di pedaliera completa, segno probabile che era originale e non aggiunto a posteriori; ma aveva anche la pedaliera e le ginocchiere dell’aria come gli harmonium. Non conosco alla perfezione la meccanica di questi organi, non saprei dire se altri organi positivi abbiano la pedaliera dell’aria. Una cosa però era pacifica; occorreva il manticista, la leva del mantice era a fianco dell’organo e pare che la Sovrintendenza non avesse permesso l’apposizione del motorino. Nessun problema; ci ha pensato il professor Armano che, sacerdote cresciuto nel seminario di Alessandria e già studente di musica gregoriana a Venezia, era ben memore di funzioni religiose d’altri tempi e si è messo al mantice a dare aria all’organo.
Chi pensa all’organo o a strumenti simili lo associa quasi immediatamente alla chiesa e alle funzioni religiose cristiane. Del resto, trovare un organo in una sinagoga è raro, si può sentirlo suonare nei matrimoni ed è proibito suonarlo di Shabbath e Yom Tov. Eppure l’organo è “nostro”: è uno degli strumenti della Torà, discende dall’ugav padre degli strumenti a fiato. Infatti, anche se l’organo ha la tastiera a tasti bianchi e neri come al clavicembalo e al pianoforte, non appartiene alla loro famiglia; il clavicembalo è parente della chitarra (e perciò discende dal kinnor) mentre il pianoforte è parente degli strumenti a percussione (associabile al tof o ai davidici meziltayim).
Dal Bet-hamikdash distrutto, l’organologia ebraica è, almeno formalmente, in lutto; sopravvisse soltanto il canto levitico eppure il padre dell’accordatura di questi organi è l’ebreo Joseffo Zarlino.
Comincio a suonare; mi viene in mente l’Hatikvà…suonata all’organo, l’inno ebraico per eccellenza ha la stessa solennità dei corali di J.S.Bach.
Poi attacco con il repertorio di mia conoscenza; alcuni preludi dal Clavicembalo Ben Temperato e l’organo comincia letteralmente a cantare; la musica su tastiera di Bach è scritta per qualsiasi strumento a meccanica fissa che abbia 54 tasti (sic), come le parashoth! L’organo è accordato secondo il sistema moderno, si poteva spaziare su accordi diminuiti e minori, neanche il non piacevole rumore della leva del mantice poteva scalfire quel suono così “antico”, biblico, universale.
Il tramonto era ormai prossimo, occorreva accendere la quinta luce di Hanukkah e il “manticista”, professor Armano aveva ormai le braccia doloranti.
Lascio la stanza dell’organo con una promessa; tornerò quanto prima possibile a far “cantare“ l’organo della Comunità ebraica di Casale.

Francesco Lotoro
 
 
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  Comix - Figlia della Shoah

CopertinaAd aprile quando ero alla Fiera del Libro di Torino mi sono fermato presso lo stand della Giuntina. Così navigando tra le pagine dei libri, mi è stato consigliato di leggere un libro di Lizzie Doron, una autrice che potremmo definire della seconda generazione dei narratori della Shoà. Questa considerazione mi ha fatto riflettere sul fatto che nel mondo del fumetto non è mai esistita una prima generazione di narratori. Chi è sopravvissuto ha usato il metodo della scrittura, della parola ferma su un foglio, per memorizzare e raccontare quanto aveva vissuto. Il mondo del fumetto era al di là dell’oceano, per assurdo rinnovato e sviluppato da editori e fumettisti ebrei, ma nessuno dei quali era “sopravvissuto”, era una parte di un qualcosa perso. Così i padri della memoria come Primo Levi o Elie Wiesel si esprimono con la parola e non con il disegno.     
Sarà poi Art Spiegelman a dare il via alla memoria disegnata per conto terzi, per conto del padre. Oppure Joe Kubert ipotizzerà la vita che avrebbe potuto vivere in Polonia, ma sono orecchie di testimonianze, mani che raccolgono le parole del ricordo e le conservano in un vaso nuovo, forse più vicino al nuovo modo di esprimersi degli ultimi decenni.

BErnice EisensteinUn tema nuovo inoltre si inseriva in questa memoria, il tema di essere figli o nipoti di sopravvissuti. Cosa vuol dire vivere affianco a uomini e donne che portano, ne portarono ne porteranno, ma con un pesante indicativo portano con tutto il peso e la fatica psicologica che ne consegue, la memoria della Shoà? Bernice Eisenstein (nell'immagine a fianco) ha scritto e disegnato un libro raccontando la sua vita di figlia di deportati. Non abbiamo però il racconto della esperienza dei genitori, ma la sua esperienza nella famiglia, nelle emozioni, nei legami e sentimenti che ogni suo parente ha tessuto con lei. Vuol dire inevitabilmente definire luoghi, istanti della propria identità che non potranno essere paragonabili ad altri. “La memoria collettiva di una generazione parla, e io sono obbligata ad ascoltare, a vederne gli orrori, a sentirne l’offesa.”

Questo articolo è tagliato. E' voluto, mi lascia sempre questo senso di vuoto e di mancanza parlare della Shoà, si deve ma poi ci vuole qualche ora perché passi quel senso di amarezza, tristezza e odio che si mescolano dentro. 

Andrea Grilli


L’Hapoel si sbarazza dell’Amburgo
e vince con merito il girone

 
HapoelTroppo bello per essere vero. E invece, quello che qualche mese fa sembrava solo un sogno remoto, ieri sera è diventato realtà. Nella festante cornice del Bloomberg Stadium di Tel Aviv, l’Hapoel ha trionfato nel gruppo C di Europa League, il raggruppamento che gli esperti avevano definito “di ferro”. Questo straordinario traguardo, almeno per gli standard calcistici israeliani, è stato raggiunto al termine di una bella partita nella quale l’Hapoel ha sconfitto per uno a zero i temibili tedeschi dell’Amburgo. Entrambe già qualificate ai sedicesimi di finale con un turno di anticipo, le due squadre si contendevano la leadership del girone, un traguardo non solo simbolico e prestigioso ma anche un modo per evitare brutte sorprese dall’urna di Nyon, località svizzera dove in giornata verranno sorteggiati gli accoppiamenti del prossimo turno di Europa League. Grazie alla vittoria di ieri, infatti, gli israeliani hanno ottenuto lo status di teste di serie e hanno scongiurato il pericolo di incontrare Roma e Juventus, bruttissime gatte da pelare per qualsiasi squadra.
Primo Tempo - Piove su Tel Aviv. I supporter dell’Hapoel si augurano che sia “partita bagnata partita fortunata”. Parte forte l’Amburgo, che sfiora il goal con Marcell Jansen, furbo ad approfittare di un’incertezza in fase difensiva di Omri Canada. Immediata la reazione dei padroni di casa. Yeboah impegna Hesl, bravissimo a salvarsi in calcio d’angolo. Pochi istanti e gli israeliani vanno in vantaggio. Vermuth recupera un prezioso pallone a metà campo, splendido lancio in profondità a servire Yeboah, che con un tocco un po’ sporco supera il portiere tedesco in uscita. Lo stadio esplode. Sono brividi, però, quando l’attaccante svedese Marcus Berg, colpevolmente lasciato libero dalla retroguardia dell’Hapoel, colpisce verso lo specchio della porta a botta sicura. Enyama è miracoloso ad intercettare il tiro con uno spettacolare intervento di pugno.
Secondo tempo - I tedeschi, come previsto, non ci stanno a perdere e Bruno Labbadia, coach dell’Amburgo, avanza il baricentro della squadra di una decina di metri. Sui piedi del neo entrato Elia passa la grande possibilità del pareggio ma il suo tiro viene salvato sulla linea da Badir, con Enyama ormai battuto. Pochi minuti prima Torun aveva calciato malissimo un ottimo pallone servitogli da Tesche. Il pubblico israeliano si stringe attorno ai propri beniamini, che sembrano in difficoltà. Le urla di incitamento della curva li spingono a buttarsi nuovamente in attacco alla ricerca di una rete che chiuderebbe virtualmente il match. Ci prova Zehavi ma trova sulla sua strada Hesl, che si riscatta dell’uscita non proprio ortodossa nell’azione del goal di Yeboah. Spreca una grande chance Schechter, il cui colpo di testa fa illusoriamente gridare al goal. Ormai l’Amburgo è scomparso dal campo, la palla è sempre in possesso dell’Hapoel. Negli ultimi minuti  i “rossi” umiliano l’avversario con una interminabile melina a metà campo. Poi il triplice fischio finale e la grande festa. Alcuni giocatori si commuovono.
 
HAPOEL TEL AVIV 1  0 AMBURGO
Yeboah (23’)
 
CLASSIFICA FINALE GRUPPO C
Hapoel Tel Aviv 12
Amburgo 10
Celtic Glasgow 6
Rapid Vienna 5
 
Adam Smulevich
 
 
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Mentre l’anno si approssima alla sua conclusione, e le festività cristiane si avvicinano, la nostra rassegna stampa, che pure si occupa di cose eminentemente ebraiche, non può non registrare il «pieno mediatico», ovvero il costante flusso informativo, che il ferimento del Presidente del Consiglio ha ingenerato nei nostri mezzi di comunicazione, occupando il proscenio collettivo per diverse giornate. Non è di nostra pertinenza il trattare la cosa in sé, soprattutto in quanto accadimento nei riguardi del quale si sprecano analisi e giudizi, e tuttavia un piccolo richiamo ci sia consentito nella misura in cui il fatto - e le sue infinite rifrazioni - si riverbera su altri campi, fuoriuscendo dall’ambito che gli è proprio per assurgere a evento-indice e fagocitare l’attenzione comune. Sulla scorta di questo meta-avvenimento, ovvero un qualcosa che impegna l’attenzione collettiva per intero, solleticando l’immaginazione comune, la parte restante delle notizie ha sofferto di un imbarazzato “declassamento”. Segnatamente, un risultato di questo genere lo si aveva già avuto più di un anno fa, sia pure con una vicenda dai contorni ben diversi rispetto all’aggressione ai danni di Silvio Berlusconi, con l’elezione di Barack Obama, salutata come un mutamento da molti, per poi scoprire, a distanza di poco tempo, che una parte della sua fortuna, tributatagli ripetutamente dalla carta stampata, è essa stessa il prodotto di una costruzione mediatica, così come segnala in un ampio dossier l’Internazionale, da oggi in edicola.  La rassegna stampa, quindi, un po’ ne risente, non avendo troppo da segnalare (ma comunque molto da dire). Quattro sono stati i temi che, tra gli altri, hanno accompagnato la nostra settimana, sfogliandone i giornali: la vicenda domestica, poiché tutta italiana, degli insulti antisemiti, pronunciati ripetutamente in un mercato romano alla volta di una commerciante di origine ebraica; la tempesta diplomatica ingenerata dalla notizia che un mandato di cattura sarebbe stato spiccato da uno zelante magistrato britannico contro Tzipi Livni, in ragione della responsabilità politica per le violazioni che si sarebbero consumate contro la popolazione di Gaza durante l’operazione «Piombo fuso»; l’annuncio, proveniente da Teheran, che l’Iran ha testato con successo un vettore missilistico, il Sajjil-2, capace di raggiungere Tel Aviv (non a caso richiamata come il target principale da parte dei radicali islamici, di contro a Gerusalemme, che è rimane al-Quds, «la santa»; così facendo, però, si avvalora, per parte della stampa nostrana, che riprende quella allocuzione che è ben lungi dall’essere neutra, l’affermazione per cui quest’ultima non sarebbe l’autentica capitale d’Israele, poiché assurta a tal ruolo illegittimamente); ancora dal triste paese dei pavoni, le minacce rivolte dalla leadership religiosa contro i dissenzienti e la promessa di un redde rationem quanto prima.  A quest’ultimo riguardo, ovvero nel merito del discorso sul fenomeno dell’intolleranza sistematica nei paesi musulmani verso qualsiasi forma di pensiero non omologabile, rimandiamo alla lettura di Giulio Meotti, sul Foglio, dove ci parla di quello che si afferma (e si fa) nella grande università cairota di al Azhar, fucina, tra l’altro, delle autorità religiose sunnite. Ciò che fino ad un certo punto è emerso in questi giorni sulla carta stampata nostrana è, invece, l’ennesimo logoramento che stanno subendo le relazioni diplomatiche e politiche tra Israele e i paesi dell’Unione Europea, dove i pronunciamenti di quest’ultima, proprio in merito al futuro di Gerusalemme, acuiscono le divergenze anziché smussarle. Uno dei punti i maggiore conflitto, aperto non solo con i palestinesi ma anche con una rilevante parte dell’Europa, è infatti lo status in divenire della città. Da certuni intesa come la capitale di due Stati; dagli altri rivendicata a sé esclusivamente; dagli israeliani, infine, difesa come la propria capitale. Su quale sia lo stato della situazione nei rapporti con l’Unione si soffermano sia Alberto Stabile, per la Repubblica, che Akira Eldar, per Haaretz. Francesca Marretta, su Liberazione, ci parla di un altro, non inedito capitolo della querelle che i paesi europei intrattengono, a fasi alterne, con lo Stato ebraico, quando si sofferma sulla “guerra delle etichette commerciali” in corso a Londra. I singoli episodi, a partire dal mandato di cattura contro la Livni, sono in realtà il tassello di un mosaico dove all’espressione «stallo negoziale» (la completa mancanza di iniziativa politica nel merito del processo di pace in Medio Oriente) si coniuga quella di «sfiancamento» delle relazioni diplomatiche. Le quali peraltro, nella storia più redente del Mediterraneo, non sono mai state troppo facili. Non di meno, un'altra vicenda che ha sofferto di una secca riduzione di attenzione è quella del destino di Gilad Shalit, dato alcune settimane fa come in procinto d’essere liberato, quanto meno in tempi relativamente stretti, e poi, per così dire, abbandonato a sé, se si fa l’eccezione, ovviamente, della stampa israeliana per la quale, segnaliamo oggi, l’articolo di Avi Issacharoff su Haaretz. Accenni ci sono infatti offerti solo da Benjamin Barthe su l’Express, dove si parla però del prezzo imposto per la liberazione di Shalit, ovvero la messa in libertà di Marwan Barghuti. Non deve sorprendere, peraltro, questo alternarsi di speranze a delusioni, perché, purtroppo, è parte stessa della strategia di Hamas il sottoporre i suoi interlocutori a docce scozzesi. Peraltro, la dilazione e i rinvii, oltre ad essere il prodotto di una volontà politica che cerca in tutti i modi di sfruttare, manipolandole, le opportunità di visibilità mediatica offerte dal prolungamento del rapimento, demanda anche alle oggettive difficoltà che il movimento islamista sta conoscendo in quello che aveva eletto a suo feudo. L’erosione del consenso sarebbe palpabile (certificata anche dai sondaggi compiuti dal Palestinian Center for Policy and Survey Research di Ramallah), malgrado le “oceaniche” manifestazioni inscenate nei giorni scorsi, in occasione del ventiduesimo anniversario della fondazione del movimento, per testimoniare, dinanzi ad una platea (ancora una volta mediatica) perlopiù araba e musulmana, la sua perdurante forza. In quella occasione, peraltro, il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha ribadito i capisaldi della dottrina radicale, a partire dal rifiuto di riconoscere ad Israele il diritto ad esistere. Probabile, quindi, che dinanzi allo scemare degli entusiasmi da parte di una popolazione, quella della striscia di Gaza, che vive i peggiori disagi derivanti dall’essere di fatto in ostaggio di questa fazione dell’integralismo politico e religioso, si possano registrare anche in un futuro molto prossimo ulteriori manifestazioni di violenza. Su quella che è la condizione di quella piccola porzione di terra si sofferma, con prevedibili accenti polemici nei confronti di Israele, Michele Giorgio per il Manifesto. Si faccia la tara dell’atteggiamento preconcetto che traspare, ancora una volta, dall’articolo e si vada al sodo dei dati: si capirà quanto sia avanzata la condizione di depauperamento degli abitanti e quanto ciò sia determinante nell’agevolare i radicali nelle loro fortune. Aggiungiamo ancora, per comune consapevolezza, che il 2010 sarà anno di elezioni in campo palestinese, sia per il rinnovo del Parlamento dei Territori (il Consiglio legislativo palestinese) sia per l’elezione del Presidente dell’Autorità nazionale. L’impossibilità di raggiungere un ragionevole accordo di medio periodo tra Hamas e il Fatah (dopo sette sessioni di discussione al Cairo l’ipotesi è definitivamente tramontata nel mese settembre) farà sì, con tutta probabilità, che le prossime tornate elettorali possano siano funestate da violenze. Per concludere, un po’ come d’abitudine il rimando ad una recensione, quella di Claudio Toscani su l’Avvenire, dedicata al libro di Antonio Stella sul razzismo e l’intolleranza ieri, oggi (e domani?).
 
Claudio Vercelli 

 
 
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Pagine Ebraiche e la visita del pontefice in sinagoga                    
Roma, 18 dic -
Presto in edicola il terzo numero di Pagine Ebraiche. Fra gli altri articoli grande spazio è dedicato alla visita del papa in sinagoga il 17 gennaio prossimo. Il papa sarà accolto dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che per l'occasione indosserà un antichissimo talled (il manto rituale con le frange che indossano gli uomini durante le preghiere del mattino e nelle principali ricorrenze) proveniente da una delle sinagoghe della piazza Cinque Scole in seta, finemente lavorata, arricchita degli intarsi e dei rosoni di pizzo opera di antichi artigiani a testimonianza della lunghissima permanenza ebraica sulla sponda del Tevere.
Il talled coprirà le spalle del rabbino capo di Roma che molto probabilmente si presenterà all'appuntamento con il papa vestito di scuro e senza utilizzare le vesti tradizionali dei rabbini della sinagoga di Roma come fece l'allora rabbino capo Elio Toaff nel ricevere Giovanni Paolo II. Il pontefice dovrebbe visitare anche il Museo ebraico che sorge all'interno della sinagoga. Tra i mille tesori che l'istituzione conserva, ce n'è uno appena donato. Non si tratta solo di un oggetto prezioso, ma - scrive il mensile - anche di un simbolo. Il cammeo è di papa Pio VII Chiaramonti (1740-1823), pontefice dall'anno 1800. "L'anello - racconta la direttrice del museo, Daniela Di Castro, citata da Pagine Ebraiche - cela all'interno di una doppia fascia chiusa da una cerniera, l'iscrizione in ebraico Immanuel". Unico nel suo genere, il gioiello unisce al realismo del ritratto l'eccezionalità dell'identità ebraica del committente che poi ne fece dono al pontefice. Nei servizi riportati dal mensile ci sono poi un intervento dell'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, titolato "Per molti ebrei ortodossi il dialogo con i cattolici è un cammino difficile", e quello del direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, che mette in rilevo l'intenso lavoro di Ratzinger per avvicinare ebrei e cristiani. (Ansa)
 
 
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L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
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Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste, in redazione Daniela Gross.
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