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    27 dicembre 2009 - 10 Tevet 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  benedetto carucci Benedetto Carucci Viterbi,
rabbino
Non cercate mai di essere intelligenti. Cercate sempre di essere saggi. (Rav Sacks)

La beatificazione di Pio XII riguarda gli ebrei? Forse sul piano dell’analisi dei fatti storici li coinvolge emotivamente, ma certamente non su quello della dottrina che, invece, costituisce il criterio proprio su cui si fonda il processo di beatificazione. E’ probabile che oggi i processi di beatificazione si facciano prevalentemente sovrapponendo comportamenti in merito alla dottrina e fatti storici. E’ un risultato non solo problematico, ma anche improprio perché la conseguenza è che voci estranee a un percorso dottrinario che deve rimanere di competenza esclusiva, nel caso concreto e specifico, della Chiesa, vengono richieste di esprimersi come se la beatificazione fosse un atto pubblico che riguarda tutti, cosa che non è. Allo stesso tempo, anche se non detto, l’effetto è quello di attribuire all’ambito della dottrina una dimensione di educazione civica che non gli è propria e che deve rimanere distinta dalla dottrina. Altrimenti tanto vale riconoscere che siamo e entrati in uno stato confessionale. Non solo. La conclusione della discussione sembra un arretramento rispetto alle proteste del mondo ebraico che non gradisce, anziché rilevare che è nel mondo cattolico che sta la discussione non risolta. Esattamente perché è una questione di dottrina. Ed è sulla dottrina che avviene lo scontro interno alle molte componenti culturali e teologiche interne alla Chiesa.
David
Bidussa,
storico sociale delle idee

david bidussa  
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  Un nuovo presidente per l’Unione Giovani Ebrei d’Italia

giuseppe piperno Il 31 dicembre 2009 scadrà il mandato di Daniele Nahum come presidente dell’Unione giovani ebrei d’Italia, la cui presidenza è stato contraddistinta da un forte impegno politico, culminato con l’assegnazione dell’Ambrogino d’Oro all’Ugei da parte del Comune di Milano, e da tanti successi, ma anche da alcune polemiche.
Nel corso della prima riunione svoltasi a Roma, i Consiglieri Ugei 2010 hanno eletto nuovo presidente Giuseppe Piperno (nella foto in alto il terzo da sinistra insieme agli altri membri del nuovo consiglio). Ventidue anni, romano fresco di laurea in economia all’Università Bocconi di Milano, dove sta proseguendo i suoi studi, Giuseppe ha raccolto unanime approvazione. Dopo un anno nel consiglio Ugei come responsabile politico, si prepara al nuovo incarico con soddisfazione, ma anche con la consapevolezza che ci sono tanti fronti aperti di cui occuparsi.
Giuseppe, fra pochi giorni entrerai in carica come nuovo presidente Ugei. Che tipo di lavoro intendi portare avanti?
Tutti noi cercheremo di muoverci con continuità per replicare gli ottimi risultati ottenuti negli ultimi anni, ma anche di impegnarci più a fondo negli ambiti che sono stati più trascurati. Sicuramente ci saranno delle differenze rispetto al passato, anche per la diversa composizione del Consiglio, con tanti nuovi arrivi. Penso che la prima sfida che ci aspetta sia quella di imparare a lavorare insieme nel modo migliore, considerando che molti consiglieri non si conoscevano e sono portatori di esperienze, e quindi visioni diverse su quella che deve essere l’attività dell’Ugei. Sono comunque convinto che faremo un grandissimo lavoro, perché vedo tanta energia e voglia di fare.
Quali sono le iniziative con cui avete intenzione di cominciare?
Vogliamo riportare l’Ugei nel Triveneto, in cui è stata troppo assente, attraverso la realizzazione di un evento a Venezia, Padova o Verona, magari il nostro tradizionale week end di Purim. Poi sicuramente organizzeremo qualcosa a Roma, possibilmente in collaborazione con le varie associazioni giovanili ebraiche della città. Infine sarà cruciale la questione del rinnovo dello Statuto Ugei, per cui è necessario convocare un congresso straordinario.
All’ultimo congresso sono state sollevate alcune critiche nei confronti della linea politica dell’Ugei, giudicata da molti troppo povera di contenuti ebraici. Come vi muoverete in questa direzione?
Innanzitutto sarà importante rispettare i compiti che il congresso ci ha affidato attraverso le mozioni. Manterremo quindi una certa continuità con la politica degli scorsi anni, puntando sul dialogo interreligioso e sull’integrazione, partendo dal presupposto che gli ebrei sono stati la prima minoranza in Italia e la nostra esperienza può offrire molto in un momento in cui, nel nostro paese, la questione delle minoranze ha assunto un ruolo tanto centrale. Oltre a questo, però, cercheremo di puntare maggiormente sulla promozione dell’immagine d’Israele negli ambienti giovanili e su iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sul rapimento del caporale Gilad Shalit.

Rossella Tercatin 

 
 
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  Rotschild Boulevard - Decorazioni natalizie kasher
 

anna momigliano Nota a pie' di pagina: “Questo prodotto è kasher.” Fin qui nulla di strano: capita spesso, navigando su internet in cerca di golosità, di imbattersi in prodotti la cui kasherut è certificata. Specie quando si fa shopping (o, nel mio caso, si perde tempo e basta) su siti americani, che per ovvie ragioni tendono a essere più attenti alle esigenze della clientela ebraica. La cosa però sorprende un po' se si aggiunge un'altra variabile: il prodotto in questione è una decorazione natalizia. Nello specifico, un set di decorazioni per alberi di Natale, in pregiato cioccolato svizzero al latte. L'idea di fondo, immagino, è decorarci l'albero durante le feste e poi mangiarsi il tutto. La cioccolata sembra molto invitante, il prezzo francamente improponibile (a maggior ragione per chi l'albero non lo fa).
Concluso il mio breve tour virtuale del sito appreciatedgiftbaskets.com, mi faccio un po' di domande. Primo: chi potrebbe comprare una decorazione natalizia kasher? Non c'è nessuna regola che vieta agli ebrei di mangiare buona cioccolata nel mese di dicembre. Ma sembra difficile pensare che un ebreo attento alla kasherut possa essere disposto a pagare più di settanta dollari per dei cioccolatini “decorativi” che non appenderà mai all'albero. Se ne trovano di molto meno costosi, della stessa marca, se si rinuncia al formato “set da albero di Natale.”
Seconda domanda: mai i rabbini anti-Natale lo sanno? Infatti in queste settimane un gruppo di rabbini di Gerusalemme sta portando avanti una campagna contro l'esposizione di addobbi natalizi nei negozi e negli alberghi della capitale. Secondo loro offendono l'identità ebraica della città. Per difenderla questo gruppo, chiamato Lobby per i Valori Ebraici, minaccia di fare revocare i certificati di kasherut agli hotel e ai ristoranti decorati con babbi natale, renne, presepi e affini. Ma se i babbi natale sono fatti di cioccolato kasher?

Anna Momigliano
 
 
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L'uomo chiamato Exodus

Nessun giornale italiano ha ripreso una scarna notizia proveniente da Israele nella quale si informava che il 23 dicembre, all'età di 86 anni, era morto Yitzhak Ike Aharonovitch, il capitano della nave Exodus 1947, che ebbe una decisiva importanza nella nascita dello Stato ebraico. Ike era un giovane ufficiale di marina che agli ordini dell'organizzazione di guerriglia israeliana Haganah compì un'operazione complessa, il cui scopo era di dimostrare come a quell'epoca, con la Palestina sotto il mandato britannico, i superstiti della Shoah dovevano rivivere gli orrori della deportazione e della violenza. E dimostrare anche con quanta determinazione i sopravvissuti vollero tornare in quella che per loro era la terra promessa da Mosè ai figli di lsraele, con quanto coraggio si batterono per sconfiggere la politica inglese, decisa a negare loro questo diritto. La storia venne raccontata in parte da un romanzo di Leon Uris e da un film di Otto Preminger che suscitò in tutto il mondo una grande emozione. Dunque Aharonovitch era arrivato nel 1932 in Palestina dalla Germania e i genitori l'avevano mandato a Londra a studiare da ufficiale di marina. Ma il ragazzo era troppo irrequieto per affannarsi sui sestanti e sulle carte nautiche. Così si trovò invischiato in un traffico illegale di immigrati ebrei verso il paese da dove lui era partito e dove ancora vivevano i suoi genitori. A quell'epoca i coloni avevano cominciato ad affluire in Israele. Al fondatore del sionismo Theodor Herzl nel 1916 le grandi potenze avevano offerto come possibili foyer nazionali soltanto Cipro, il Sinai, l'Uganda e la Pampa argentina. Ecco allora la scelta di tornare alla terra della Torah, inizialmente senza atteggiamenti aggressivi con gli arabi che vi erano insediati. Quasi tutti di orientamento socialista, i primi coloni, delusi dalle promesse occidentali, guardavano allora con simpatia verso l'Unione Sovietica. All'inizio degli anni '40 il futuro capitano dell'Exodus 1947 aveva cercato di arruolarsi nell'Armata Rossa per combattere contro i nazisti. Non ci riuscì, ma il caso gli offrì presto un'altra possibilità, molto più clamorosa. Ancorata nel fiume Potomac che bagna Washington c'era una vecchia nave per merci e passeggeri, la President Warfield. La nave era malmessa, tanto che non sembrò affatto strano che una compagnia chiamata Potomac Shipwrecking volesse comprarla per disarmarla del tutto. Fu così che l'Exodus 1947 cadde in mano a un'organizzazione di terroristi ebrei, come gli inglesi chiamavano i combattenti dell'Haganah, dell'Irgoun e delle altre forze di guerriglia anti-britannica in Palestina. La nave rimessa su in qualche modo lasciò Baltimora il 25 febbraio del l947 e fece rotta per il Mediterraneo al comando, appunto, di Yitzhak Aharonovitch, affiancato da una specie di commissario politico Yossi Harel. L'Exodus 947 buttò le acque nel porticciolo di Sele, una cittadina francese di pescatori, non lontano da Montpellier. A bordo si stiparono 4515 profughi, la cui unica speranza era quella di arrivare in lsraele. Ma, come abbiamo già visto, la Gran Bretagna era contraria a quel trapianto. Il viaggio della vecchia nave durò sette giorni, dall'11 al 18 luglio. Quando da lontano videro le coste pale stinesi, grande fu l'emozione fra i passeggeri. Grandissima, ma di breve durata. L'Ajax, un vascello di Sua Maestà aveva seguito da vicino la Exodus 1947 fin dall'inizio e, al momento giusto, abbordò la nave ebraica con grande energia. I passeggeri si opposero con tutti gli attrezzi che avevano sottomano. Ike chiese agli ufficiali inglesi di andarsene perché si trovavano a 40 km dalla costa, in acque internazionali. Ma dopo aver ucciso almeno tre marinai, gli inglesi ordinarono al comandante di far rotta verso Cipro, all'epoca colonia britannica. A questo punto Exodus 1947 diventò un caso internazionale, la stampa cominciò a criticare Londra, ma il Foreign Office era convinto che si dovesse evitare in ogni modo il ritorno degli ebrei nella terra degli avi, anche perché altre navi simili, come il Runnymade Park, sfidavano il dominio dell'Impero sulle onde. Exodus fu portata nel porto allora palestinese di Haifa, dove morirà un decennio appresso, i suoi ospiti vennero caricati su tre navi più consone. "Ike" Aharonovitch avrebbe voluto resistere all'ukase degli occupanti, ma Ben Gurion, che due anni dopo sarebbe diventato il primo Presidente dello Stato ebraico, accettò la resa. Un pugno di militanti riuscì a fuggire nelle stradine di Haifa, ma la quasi totalità dei passeggeri cominciò, senza capirlo, un altro capitolo della Shoah. Non sapendo che farsene di quelle 4500 persone, Londra le portò addirittura nei porti tedeschi del Baltico. Da lì, dopo altri scontri violenti con la polizia militare, furono sistemati nei campi di concentramento costruiti dai nazisti a Am Staue a Eppendorf: baracche circondate dal fil di ferro, inservienti tedeschi e giovani marinai inglesi cui i luoghi ispiravano comportamenti nazisti. Soltanto con l'aiuto degli americani, dopo la proclamazione dello Stato di Israele nel gennaio nel 1949, mille ottocento dei quattromila cinquecento profughi della Exodus 1947 arrivarono nella Terra Promessa. I restanti tornarono poco a poco, dopo aver subito altri maltrattamenti ed altre umiliazioni. E nei primi tempi i cittadini di Israele vennero percepiti come un rischio per l'occidente, perché si temeva che attraverso il loro Paese, Stalin mettesse le mani su tutto il Medio-Oriente. Il capitano "Ike" continuò a raccontare tutta la vicenda ai ragazzi di Hadera, un paesino lontano dal mare dove s'era ritirato. Ma col passare del tempo i giovani vollero sempre meno saperne di dolori, discriminazioni, eroiche lotte di uomini che spendono la vita per difendere la loro terra.

Giancesare Flesca, Il Fatto quotidiano, 27 dicembre 2009

 
 
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notizieflash    
 
 
Pio XII, Riccardo Pacifici esprime soddisfazione                            
per il voto unanime  del Consiglio
Roma, 26 dic -
"Ci sono stati lo stesso disagio e imbarazzo, espressi con differenti emotività e reazioni, davanti la notizia della decisione di papa Ratzinger su Pio XII". Ha dichiarato il presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici parlando del documento votato all'unanimità dal Consiglio della comunità che ha affrontato la visita del Papa. " Il voto unanime, di cui sono particolarmente soddisfatto e orgoglioso, è stato anche un plauso - ha aggiunto Pacifici - all'opera di mediazione svolta in quelle ore decisive dal nostro rabbino capo. Il messaggio che abbiamo voluto far arrivare all'opinione pubblica è quello della nostra fiducia nel dialogo interreligioso e nell'importanza della visita del papa, ma anche l'angoscia che una diversa lettura della storia recente può provocare. Una ricostruzione di quel periodo deve essere fatta da tutti gli storici, nessuno escluso, senza però ci sia alcun tentativo di revisionismo. Proprio perché - ha concluso - non siano riaperte ferite dolorose". 
 
 
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