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L'Unione informa
 
    11 gennaio 2010 - 25 Tevet 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Ha girato il mondo la notizia della decifrazione di un coccio con una scritta in antichi caratteri ebraici, risalente all'epoca del re David, scoperta in un sito archeologico a sud ovest di Gerusalemme. Sarebbe la più antica iscrizione in  ebraico mai scoperta. Il testo contiene dei riferimenti alla condizione dell'orfano e della vedova che devono essere protetti, con uno stile e un contenuto che ricordano molti brani biblici. Due osservazioni. La prima è che le agenzie di stampa hanno commentato che alla luce di questa scoperta i testi biblici che secondo la critica risalirebbero al terzo secolo prima dell'era cristiana (just in time, si direbbe) devono essere considerati molto più antichi. Questa amenità  (la Bibbia scritta nel terzo secolo) è stata riportata, acriticamente e negli stessi termini, anche su questa testata. Fino ad ora molti ebrei sapevano che la Torà è stata scritta da Moshè, quindi un pò prima del terzo secolo e quindi la scoperta non meraviglia. La seconda osservazione è che la più antica iscrizione originale ebraica non parla delle gesta dei re o di conti di archivio, ma dei diritti dei più indifesi della società. Un bell'inizio, si direbbe.
Tra le mail che inondano i nostri computer in questi giorni di gennaio 2010 che precedono la visita di Benedetto XVI nella Sinagoga di Roma, ce n'è una serie che merita attenzione. Nemmeno se l'avessimo ordinata apposta, avremmo potuto infatti trovare una serie di affermazioni  in cui si armonizzano compiutamente il più sfrenato vittimismo, che vede prediche forzate e persecuzioni ad ogni angolo di strada; l'uso distorto della storia (dati sbagliati, interpretazioni assurde, nomi errati. Forse che essere accurati è clericale?); l'estremismo più acceso (aboliamo il dialogo interreligioso, vi si legge, cassiamo la dichiarazione Nostra Aetate, un'idea concepita da chi evidentemente non si preoccupa di trovarsi dalla stessa parte della barricata dei lefebvriani); il linguaggio più viscerale e retorico, tanto che per un attimo ho pensato si trattasse del linguaggio del Settecento; e infine il trionfante dispiegarsi di tutti i luoghi comuni. Una sorta di chiamata alle armi che proprio per questa sua estrema semplificazione e per questo suo totale manicheismo può tuttavia rivelarsi efficace e rigettarci, questa sì, in un ghetto ideologico e culturale, dal momento che nemmeno gli estensori pensano seriamente di rialzare materialmente le mura del vecchio ghetto. Attenzione dunque a non cadere nella trappola dell'estremismo, a non pensare che chi urla più forte è più coraggioso, che vince chi si piange di più addosso.
Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  premiazione di segniRav Riccardo Di Segni premiato
alla conferenza rabbinica mondiale

Un prestigioso riconoscimento per le attività svolte è stato consegnato al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni nell'ambito della World Conference for Rabbis and Orthodox Community Leaders, organizzata dal Dipartimento per i servizi religiosi della Diaspora della Organizzazione sionistica mondiale. Il premio è indirizzato a coloro che si sono distinti nella promozione della cultura ebraica. La conferenza si è svolta negli scorsi giorni a Gerusalemme, per proseguire poi nel Nord del Paese. Gli attestati, attribuiti oltre che al Rav Di Segni anche al rabbino capo di Bulgaria Bekhor Kahloon e all'ex rabbino capo dell'Uruguay Mordechai Maaravi, sono stati consegnati durante una cerimonia ufficiale che si è svolta alla presenza dei due rabbini capi di Israele, Shlomo Amar e Yona Metzger, e del sindaco di Gerusalemme Nir Barkat. Lo scorso anno un analogo riconoscimento era stato consegnato al presidente dell'Assemblea rabbinica italiana Rav Giuseppe Laras.  

 
 
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  donatella di cesare“Sarò con voi …”

Abbiamo letto, nell’ultima parashà, l’episodio del roveto ardente dove il D-o di Israele rivela a Mosè il Suo Nome e dice: Ehjeh Asher Ehjeh (Es 3, 14) Interrogato sul proprio Nome, D-o risponde con un verbo, e per di più con ciò che vi è di più indefinito: con un futuro incompiuto. Ma come è possibile che si definisce per quel che sarà? L’esplicazione del Nome – come suggerisce il Talmud (Berakhot 9a) – rinvia a una promessa: Sarò con voi in questa prova qui, come sarò con voi nelle vostre prove a venire. 'Sarò colui che sarò' lascia aperta ogni definizione alla imprevedibilità infinita dell’a-venire, alla esperienza umana del tempo. Interpretando si potrebbe riformulare così: “Io sarò colui che voi vorrete che io sia” – “l’a-venire del mio essere dipenderà da voi”. Mentre promette di essere e di compiere, chiede di divenire e di compiersi, attende la risposta (e la responsabilità) del Suo popolo. Con la rivelazione Sarò colui che sarò D-o, affermando la sua identità, si proietta nondimeno sul filo della storia. E diviene fino alla fine. È questo D-o, il cui futuro dipende dalla risposta del Suo popolo, il “D-o vivente” della Torà.

Donatella Di Cesare, filosofa 
 
 
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Come hanno ammonito nei giorni scorsi alcuni fra i più autorevoli ufficiali israeliani, la calma degli ultimi mesi nel sud di Israele rischia di finire presto e di dar luogo a una nuova guerra con Hamas. Si moltiplicano intanto gli scontri minori. Gruppetti che non sono Hamas, ma che evidentemente sono autorizzati dall'organizzazione terroristica dominante nella striscia provano a sondare le difese israeliane, lanciando razzi e colpi di mortaio e scavando tunnel in direzione del territorio israeliano (uno era penetrato di un chilometro, a quanto si è letto), da cui fare incursioni e rapire soldati. Israele è più reattivo che nel passato, non ha intenzione di tollerare i razzi e le altre aggressioni, come ha dichiarato ieri Netanyahu e ha ribadito il comando di Tsahal (L'Unità). Ieri è stato colto sul fatto e eliminato un terzetto di "artiglieri" terroristi della Jihad islamica (Corriere, Mattino).
E' probabile che questa tendenza prosegua, anche perché Hamas si è vista sfuggire per ora il colpo propagandistico dello scambio di prigionieri (ieri Netanyahu ha dichiarato che non intende liberare figure simboliche del terrorismo né permettere ad assassini di tornare in Giudea e Samaria). E soprattutto perché l'Egitto sembra deciso a fortificare il suo confine con Gaza in modo che cessi il contrabbando attraverso i tunnel: una scelta su cui già monta la mobilitazione islamista internazionale, affiancata in Italia da comunisti ed ex (De Giovannangeli sull'Unità).
Un altro tema che dà segni di risveglio è quello delle pressioni americane su Israele perché continui il cedimento nei confronti dei palestinesi, anche senza ricevere niente in cambio. Israele ha fatto delle concessioni significative, col blocco di dieci mesi delle attività edilizie in Giudea e Samaria, i palestinesi si sono limitati a rifiutare il ritorno al tavolo delle trattative, i paesi arabi hanno negato ogni concessione, anche di pura forma. Ma l'amministrazione Obama, per uscire dall'empasse, in buona parte provocata da lei stessa sottolineando il tema dell'attività edilizia, non sa trovare di meglio che minacciare Israele, questa volta di bloccare la garanzia sui suoi prestiti internazionali, come ha fatto nei giorni scorsi l'inviato americano Mitchell  in televisione, anche se subito dopo ha innestato una marcia indietro formale, dicendo che non era affatto un'ipotesi concreta, ma solo una possibilità (Giorno Nazione Carlino). E' l'arma che fu già usata da Bush senior, ai tempi in cui il suo ministro degli esteri Baker diceva di "essere stufo di questi giudei". Ma allora c'era da assorbire l'alyah dell'ex URSS, e l'economia israeliana annaspava. Oggi Israele è uscito bene dalla crisi economica e non sembra così dipendente dall'appoggio americano in questo campo. Vale la pena comunque di notare un altro segno del "tough love" (amore tosto) dell'amministrazione americana nei confronti del suo miglior alleato in Medio Oriente.
Per fortuna le cose sono più complesse, al Congresso vi è stata una reazione forte contro l'ipotesi di Mitchell e su un altro fronte il generale Petraeus (quello che ha rovesciato le sorti della guerra in Iraq) ha confermato che il Pentagono sta studiando la neutralizzazione militare dell'apparato atomico iraniano e la ritiene possibile (Marina Verna sulla Stampa). Da segnalare infine che in Iran anche un'inchiesta del regime ha confermato che nelle prigioni i dissidenti sono maltrattati a morte (Mastroluca sull'Unità).

Ugo Volli

 
 
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Benedetto XVI: "Sia riconosciuto il diritto di Israele a esistere  
e quello dei palestinesi a una patria"
Città del Vaticano, 11 gen -
Nel ricevere il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per il tradizionale scambio di auguri di inizio anno, papa Benedetto XVI ha lanciato il seguente appello: sia "universalmente riconosciuto il diritto di Israele ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti" e sia "ugualmente" riconosciuto "il diritto del popolo palestinese ad una patria sovrana e indipendente, a vivere con dignità e a potersi spostare liberamente". Il papa ha auspicato inoltre che di Gerusalemme sia protetta "l'identità e il carattere sacro" e "la sua eredità culturale e religiosa, il cui valore è universale".

Hezbollah smentisce Der Spiegel: nessun traffico di droga       
Beirut, 11 gen -
Drastica smentita del portavoce di Hezbollah, Ibrahim Mussawi, a quanto viene riferito dal settimanale tedesco Der Spiegel, secondo cui il movimento sciita anti-israeliano Hezbollah finanzia le proprie attività attraverso il commercio illegale di stupefacenti in Germania e in Europa. "Sono accuse totalmente false che non meritano nessun altro commento", ha detto Mussawi, portavoce di Hezbollah, citato stamani dalla stampa di Beirut. Il settimanale tedesco aveva affermato nel suo ultimo numero che Hezbollah finanzia le sue "attività terroristiche" contro Israele attraverso il traffico di droga in Europa. Secondo Der Spiegel, che ha basato le sue rivelazioni su fonti vicine a un'inchiesta avviata nel 2008 dalla polizia federale tedesca, i carichi di cocaina arriverebbero all'aeroporto di Francoforte da Beirut e i guadagni finirebbero nelle casse del movimento sciita filo-iraniano.
 
 
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