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L'Unione informa
 
    13 gennaio 2010 - 27 Tevet 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Adolfo Locci Adolfo
Locci,

rabbino capo
di Padova
“...e Io la concederò a voi quale Morashà (possesso), Io sono l’Eterno.” (Esodo 6, 8). Nella Torà la parola Morashà, compare due volte. La prima, in questo caso, è associata a Erez Israel, la seconda (Deuteronomio 33, 4: la Torà che ci ha comandato Moshè è Morashà - possesso - per la comunità di Giacobbe) è collegata alla Torà.
Anche se la radice è simile, il termine Morashà differisce dalla parola Yerushà che vuol dire “eredità”. La Yerushà non prevede nessuno sforzo da parte del beneficiario mentre, riguardo la Morashà, colui che ne vuole beneficiare deve impegnarsi attivamente per acquisirne il possesso. La Torà ed Erez Israel sono due valori dei quali il popolo d’Israele non può beneficiare se non si impegna a lavorare per essi. Come? Attraverso lo studio e l’osservanza della Torà e, presto nei nostri giorni, riuscire a farlo abitando stabilmente in Erez israel (Ozar Chayym). 
Per due settimane circa 1600 militari americani sono stati ospitati in Israele per essere addestrati alla gestione di apparati antibalistici di ultima generazione, realizzati in collaborazione dai due Paesi e destinati a proteggerli entrambi da future minacce di attacchi missilistici.  Maurizio
Molinari,

giornalista
Maurizio Molinari  
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  Memoria 1 - A Movie Unfinishes, la verità sul Ghetto di Varsavia

LocandinaNon un film ispirato alla tragedia del ghetto di Varsavia, come Il Pianista di Roman Polanski, ma immagini di vita in presa diretta. Questo rappresenta il documentario A Movie Unfinished della giovane regista israeliana Yael Hersonski (nell'immagine) che verrà proiettato per la prima volta in esclusiva il 25 gennaio in occasione del Sundance Festival 2010.
Un documentario che ha il merito di voler dipanare il groviglio e le molteplici false verità riguardanti l’operato del regime nazista, che in modo meticoloso ha tentato di documentare la vita del ghetto di Varsavia dissimulando totalmente la realtà in favore di una bieca propaganda. Il lavoro della Hersonski risulta ancora più cruciale all’indomani delle dichiarazioni del registra americano Oliver Stone che ha lavorato di recente a un film documentario sul Novecento per la tv via cavo Showtime. Un corso di storia in dieci ore sul periodo compreso tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale dal quale emergono in una luce del tutto nuova le figure di Adolf Hitler e Josip Stalin, il primo capro espiatorio di un disegno più ampio, il secondo considerato un eroe, entrambi vittime di una lettura convenzionale della storia.
La nonna materna della Hersonski visse nel ghetto di Varsavia ed è forse lei la motivazione che ha spinto la regista a realizzare il documentario. Quando la nonna morì, Yael volle infatti riscoprire una parte della sua vita di cui non aveva mai avuto il coraggio di chiedere:  “Anche se non l’ho trovata (nel filmato), solo il fatto di sapere che lei sarebbe potuta essere dall’altra parte della strada o due metri fuori dall’inquadratura, mi ha dato la forza per lavorare su immagini da un così alto impatto emotivo ”.
Due mesi prima dell’operazione di riassetto del ghetto di Varsavia, avvenuta tra il luglio e il settembre del 1942 con la conseguente deportazione di più di 300 mila persone mandate a morire nel campo di concentramento di Treblinka, Goebbel, ministro della propaganda, decise di inviare un team di operatori e tecnici affinché girassero un documentario propagandistico che sostenesse la causa antisemita e il merito dell’operazione. La miseria per le strade in contrasto con l’orribile teatrino inscenato dai nazisti: scene di banchetti e balli, anziani ebrei con i vestiti della festa e la barba alla Vandyke e giovani signorine pesantemente truccate, il tutto ben orchestrato e coadiuvato da centinaia di attori ariani assunti per i ruoli chiave. La realtà che traspare dietro la menzogna, è la coercizione dei fucili puntati, dei corpi ignorati e abbandonati per le strade.
A Film Unfinished si occupa di ricostruire quei giorni di riprese a partire dalle testimonianze dei sopravvissuti, quattro uomini e una donna, dalla testimonianza di uno dei cameraman e dai diari degli ebrei del ghetto, nascosti sottoterra e rivenuti nel dopoguerra. Inoltre nel 1998 sono state recuperate in una base dell’aeronautica militare americana alcune scene tagliate che mostrano la troupe nazista del film in azione. A Film unfinished, poiché dopo trenta giorni di riprese, nel maggio del 1942, il soldati vennero richiamati e il film di 62 minuti rimase incompiuto e senza traccia audio.

Michael Calimani



Qui Roma - Shalom dedicato alla memoria della Shoah

CopertinaMentre è in preparazione un'uscita straordinaria dedicata alla visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma, che sarà distribuita in tempio questa domenica, il numero di gennaio del mensile della Comunità Ebraica di Roma Shalom è in gran parte dedicato alla memoria della Shoah, come già anticipa la copertina che raffigura in primo piano la stella gialla, che i nazisti imposero agli ebrei per renderli immediatamente riconoscibili, su uno sfondo grigio, che vuole rappresentare forse il filo spinato dei campi di concentramento. All'interno, Corrado Augias si sofferma sul significato del ricordo e lancia un monito affinché il Giorno della Memoria non si trasformi soltanto in una celebrazione ufficiale. "Proprio perché quella giornata intende richiamare il sacrificio del popolo ebraico - dice Augias - a me piace pensarla come un dono fatto dagli ebrei a tutti, un invito in sé a ricordare, vale a dire a conservare nella propria memoria il ricordo di tutto il male di cui il genere umano è capace, per evocare le possibilità altrettanto grandi di ogni bene possibile".
In una intervista a Furio Colombo, promotore della legge 211 del 2000 che ha istituito il Giorno della Memoria, si traccia un bilancio a dieci anni dalla sua entrata in vigore e ne individua aspetti positivi, come i programmi avviati dalle scuole prendendo spunto dalla giornata e aspetti negativi, come il rischio di cadere nell'automaticità e la perdita dei sentimenti veri al riguardo.
Un lungo articolo di Giulio Meotti, de Il Foglio, "L'ipocrisia di celebrare il ricordo dei morti e non difendere gli ebrei vivi" lamenta la scarsa coscienza di quanto sta avvenendo contro Israele e contro il popolo ebraico. "Non riesco a trovare argomento migliore della tragica simmetria che sta perseguitando Israele e l'ebraismo da quattro anni - dice Meotti - [...] Da quando Mahmoud Ahmadinejad ha assunto il potere in Iran, l'Occidente, non soltanto Israele come punta avanzata in Medio Oriente del mondo libero, ha dovuto fare i conti con una potenza islamica rivoluzionaria che eleva la negazione dell'Olocausto a politica di stato e bandisce l'uso della bomba atomica e del terrorismo suicida contro lo stato degli ebrei e gli ebrei in tutto il mondo".
Nelle 17 pagine dedicate alla Shoah si leggono fra gli altri anche i contributi di Fiamma Nirenstein, Angelo Pezzana, David Meghnagi, Rav Michael Ascoli, e le opinioni di alcuni ex deportati.
Il direttore Giacomo Kahn riferisce dell'imminente visita di papa Benedetto XVI e la questione della beatificazione di Pio XII alla luce del comunicato che la Comunità Ebraica romana ha diffuso dopo un lunghissimo Consiglio aperto anche ai rabbanim e agli ex deportati, che si è riunito la sera dello scorso 23 dicembre.
Uno spazio più ristretto del solito viene riservato invece alla parte che riguarda il Medioriente. Sergio Minerbi getta uno sguardo sul mondo universitario israeliano evidenziandone punti di forza e debolezze, mentre Emanuele Ottolenghi torna a occuparsi della minaccia iraniana.
Con l'articolo titolato 'God save the Queen, anche se non è amica di Israele' torniamo in Europa; in 57 anni di regno - si legge - la regina Elisabetta ha compiuto oltre 250 visite ufficiali in 129 Paesi ma non si è mai recata in visita in Israele. "La visita non è importante" spiega Moshe Raviv ex ambasciatore israeliano a Londra che conferma una serie di alti e bassi nelle relazioni fra i due Stati a partire dal 1917, anno della Dichiarazione Balfour.
Nello stesso numero del mensile della Comunità romana un'intervista a David Parenzo, giovane direttore del nuovo quotidiano Il Clandestino, Dimitri Buffa parla della minaccia di arresto per i leader politici israeliani alla luce del mandato di cattura emesso da Londra a carico di Tzipi Livni, Ariel Viterbo del titolo di Giusta fra le Nazioni conferito a Sandra Samuel, la tata del piccolo Moshè Holzberg e Rav Scialom Bahbout dell'attualità del messaggio biblico nel mettere in risalto i pericoli sull'uso sbagliato delle parole.
 
 
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  I protagonisti della storia israeliana nelle foto di Schezen 

LocandinaÈ uno sguardo aperto sulla storia israeliana la mostra che la Ermanno Tedeschi Gallery dedica al fotografo italiano Roberto Schezen, nato nel 1950 a Milano e scomparso nel 2002, che presenta 95 fotografie inedite, risultato di un reportage che Schezen realizzò viaggiando in Israele negli anni ‘70.
Le foto ritraggono i protagonisti della storia israeliana, come Moshè Dayan e Golda Meir,colti in scene di vita quotidiana e nelle espressioni più insolite, e riflettono l’impostazione visiva di Schezen che dedicò gran parte della sua carriera alla fotografia d’architettura, ritraendo edifici di Luis Kahn, Adolf Loos oltre che ville e residenze di Palm Beach.
Il quadro che ne emerge è quello di un paese pronto a grandi cambiamenti e caratterizzato da forti contrasti; in cui le ruspe preparano il boom immobiliare, l’esercito si mobilita, e i bambini studiano nelle yeshivot, colti di fronte ad una lavagna o sui banchi accanto ai vecchi maestri e rabbanim.
È un ritratto complesso e affascinante, che permette di riflettere sulla storia israeliana senza giudicarla, attraverso le immagini dei protagonisti che l’hanno fatta ma anche di persone comuni di cui non sappiamo null’altro oltre alla loro immagine.
La mostra verrà inaugurata domani e sarà visibile fino al 12 marzo a Roma.

Daniele Ascarelli
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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Si inizia a parlare in tutti i quotidiani della prossima visita del papa alla sinagoga. Sul Corriere il presidente Pacifici ricorda che da movimentista è diventato pompiere. Se Piero Terracina spiega perché non sarà presente, e se molti preferiranno recarsi alle Fosse Ardeatine, moltissimi, in rappresentanza del mondo politico e di tutte le religioni, saranno in Lungotevere domenica pomeriggio 17 gennaio. Data forse scelta con mancanza di attenzione se si pensa, come ricorda il Foglio, al 17 gennaio 1793 quando un pogrom incendiò la zona del ghetto, incendio spento per fortuna da un improvviso acquazzone. Oggi, sempre il Corriere ricorda, ebrei e cristiani hanno anche obiettivi comuni da perseguire, e non solo problemi da risolvere (tralasciamo quelli teologici che non riguardano gli argomenti da discutere: i problemi sollevati dalla preghiera del venerdì santo sono rinviati alla soluzione che si troverà nella notte dei tempi, come viene scritto). Ma ritorna il problema del silenzio di Pio XII dopo la retata del 16 ottobre '43, silenzio al quale perfino Himmler offrì 2 giorni di tempo perché si interrompesse. Sul Mattino il Gran Rabbino capo Israel Meir Lau ricorda che mentre papa Giovanni Paolo II, artefice della prima visita, fu dalla parte delle vittime della Shoah, Benedetto XVI fu dall'altra parte della barricata. Ma è doveroso aspettare più a lungo per dare modo e tempo a tutti di far compiutamente conoscere la propria posizione. Anche la Stampa ne parla in una breve, ma qui ricordiamo solo che il Rabbino capo è identificato come rabbino di Tel Aviv (solito problema che affronto più oltre in questa rassegna). Sul Messaggero, Pallavicini, vice presidente CO.RE.IS afferma che i musulmani hanno molto da imparare da questa visita organizzata dalla Comunità di Roma, ed esprime nostalgia per l'irripetibile epoca di Maimonide. Argomento che merita di essere approfondito in epoca successiva. Importanti le parole del Rav Di Segni: il dialogo serve per conoscerci e rispettarci, non per altri scopi. Dal messaggio esce una testimonianza di fede, non sarà né offensivo né aggressivo, e deve essere allargato anche ad altre comunità. Il pericolo, oggi, è più portato dall'anti-giudaismo che dall'anti-semitismo (Avvenire). Per il Foglio, in un articolo di grande interesse, la visita è nel segno della complessità, ma molti preferiranno recarsi, come ricordavo più sopra, alle Fosse Ardeatine. E domenica, si ricorda ancora, si inaugurerà anche una importante mostra nella quale si potranno ammirare arazzi, tessuti e disegni che anche gli ebrei erano tenuti a creare per onorare la nomina dei nuovi papi. Il Giornale, in altro articolo pur correlato, ci ricorda tuttavia che oggi sul pianeta ci sono 5 miliardi di persone perseguitate per la loro fede. Si parte dai grandi numeri di Cina, India (si, anche l'India) e mondo islamico, per arrivare anche a paesi meno popolosi come la Grecia e Cuba, dove se ne parlò solo dopo la visita del precedente papa. L'uccisione dello scienziato nucleare iraniano è pure trattata da quasi tutti i quotidiani, che però non hanno nessun elemento, almeno per ora, per capire quanto lo scienziato fosse importante per lo sviluppo della bomba iraniana, e quanto invece non fosse eventualmente pericoloso per il regime a causa delle sue simpatie con gli oppositori. Si accusano USA, GB ed Israele, ma non si hanno per ora elementi di alcun genere. Solo l'Unità ne approfitta per pubblicare un articolo nel quale ritorna sulle vicende di tutti gli altri scienziati nucleari uccisi, spariti o fatti prigionieri negli ultimi anni. Almeno l'Unità non sembra avere dubbi sulla chiave di lettura di questa uccisione. La querelle diplomatica tra Egitto ed Italia è pure trattata dai vari quotidiani: anche se chi si è espresso sono i due ministri degli esteri, in termini che sembrano frutto di un copia-incolla, per il Corriere il Presidente Mubarak attaccherebbe il nostro governo ma anche la sua gente, sempre più divisa sul piano politico, religioso e sociale. Ma Mubarak non può essere considerato poco amico dell'Italia se si considera, come sempre il Corriere ci ricorda, che vi è venuto in visita 5 volte negli ultimi tempi. Il Giornale, dal canto suo, ci ricorda che l'Egitto è forse il paese più duro coi propri clandestini, e su le Monde si ricorda che egiziani e sauditi stanno facendo forti pressioni sui capi palestinesi di entrambe le fazioni; tuttavia queste pressioni sarebbero dettate soprattutto dalla necessità di trovare una soluzione ai gravi problemi interni di questi due paesi, sottoposti a veri e propri ricatti. La morte di Miep Gies che aiutò la famiglia di Anna Frank è ricordata ovunque; il Corriere osserva che il padre di Anna ebbe il coraggio, già nel 1947, di pubblicare il Diario: importante osservazione. Sempre sul Corriere troviamo un'analisi sull'antisemitismo negli USA durante e subito dopo la Seconda guerra mondiale: cifre non tanto diverse da quelle ricordate da Arrigo Levi sulla situazione in Italia in un importante articolo di alcuni mesi or sono. E, da altro punto di vista, l'Herald Tribune ricorda che a fronte di una popolazione mondiale pari allo 0,2 per cento, gli ebrei vincono il 54 per cento dei tornei di scacchi, il 27 per cento dei premi Nobel della fisica, e hanno il 31 per cento dei laureati in medicina. Ancora in maggioranza li troviamo tra i filantropi, e oggi sono in testa nel numero di addetti pro capite alla ricerca e sviluppo; non sono andati a fare i coloni per disturbare i palestinesi, ma cercano, anche coi palestinesi stessi, di creare cose nuove per il mondo intero. In 20 anni negli USA sono stati registrati 77 brevetti di egiziani, 171 di sauditi, e 7652 di israeliani. Da criticare l'Avvenire che ricorda un incontro del coordinamento degli episcopati a Gerusalemme: siamo stanchi dello spargimento di sangue (giusto), ma poi si recano ad analizzare i nuovi insediamenti (e forse qui sta la soluzione al problema?). Il Fatto pubblica un bell'articolo su Perlasca, al quale De Gasperi nel 45 non pensò doveroso di rispondere ad una bella lettera che gli era stata inviata, e riprodotta sul Fatto. Infine Liberal reclama la necessità di esprimere appoggio agli iraniani che stanno lottando per le strade. A questo proposito mi chiedo a che cosa possa servire il viaggio del presidente Mercenaro che si è recato a Teheran per incontrare il regime, e criticato ieri dagli iraniani in Italia. Se almeno avesse preteso di incontrare anche chi lotta per la propria libertà, come era stato richiesto per la delegazione europea che poi non partì. No, Mercenaro si sarà fatto un bel viaggio nella calda Teheran, a spese del contribuente italiano. Molti rifiutano di indicare Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele (magari sono pronti tuttavia ad indicarla come capitale della Palestina). Potrebbero facilmente parlare di Stato di Israele, o esercito di Israele, se proprio trovano indigesto usare il nome di Gerusalemme, ma insistono a dire governo di Tel Aviv, esercito di Tel Aviv, ed oggi Rabbino di Tel Aviv su la Stampa, dimentichi del fatto che il Parlamento e tutti i ministeri, tranne quello della difesa, si trovano nella capitale Gerusalemme. Tel Aviv non è che una importante città con 100 anni di vita intensa. Ebbene, tutti costoro dovrebbero riflettere sull'episodio di cui si rese protagonista il capo servizio stampa di una importante comitiva politica guidata da Rosa Russo Iervolino. Mentre infatti la signora sindaco di Napoli si trovava in visita dal sindaco di Tel Aviv, il suddetto pretendeva dalla guida israeliana di essere condotto a visitare "la sede del governo di Tel Aviv". Ma il governo ha sede a Gerusalemme, rispose la guida, al che costui, ben preparato da questa disinformazione che qui voglio stigmatizzare, replicò: si, si, certo che lo so, ma a me interessa visitare la sede del governo a Tel Aviv. Questi sono i risultati di un certo modo di scrivere dei nostri media; il falso ripetuto diventa verità. Non molto diverso è poi il modo di usare l'informazione orale; la settimana scorsa il GR3 ha spiegato ai suoi ascoltatori che la barriera anti-tunnel in costruzione sul confine egiziano della striscia di Gaza si è resa necessaria per colpa della chiusura delle frontiere israeliane della Striscia (peraltro mai chiuse). E' sempre colpa di Israele, qualunque cosa accada. Non bisogna poi stupirsi se personaggi come Joe Sacco, citato sull'Unione informa di ieri dall'amico Volli a commento del preciso articolo di Pezzana su Libero del giorno 11, diventano gli eroi dei giorni nostri. Confesso che non conoscevo Sacco, ed allora sono andato a vedere che ne dicessero su Google. Ecco un breve estratto, che chiunque potrà rintracciare: "Subito dopo aver pubblicato la prima parte di  Palestina, nel 1993, è diventato famoso ovunque e ha ricevuto grandi elogi per l'ampiezza dell'argomento trattato, per la sensibilità con cui affronta un soggetto così delicato, e per l'unicità del suo disegno, dinamico, raffinato e al contempo vigoroso". Ecco, basta inventare calunnie con tutto l'odio possibile nei confronti di Israele, e si diventa perfino raffinati...

Emanuel Segre Amar 

 
 
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notizieflash    
 
 
Il Nobel Elie Wiesel invitato alla Camera
in occasione del Giorno della Memoria

Roma, 13 gen -
In occasione del Giorno della Memoria, il prossimo 27 gennaio, un'altra persona avrà l'onore, pur non essendo membro della Camera dei deputati, di parlare nell'Aula di Montecitorio. Prima di lui lo avevano fatto solo
Papa Giovanni Paolo II, il re di Spagna Juan Carlos e Yasser Arafat. Il protagonista di tale evento sarà  Elie Wiesel, lo scrittore ebreo rumeno naturalizzato statunitense e di lingua francese, sopravvissuto alla Shoah e Premio Nobel per la pace nel 1986, che terrà il suo discorso anche alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Medici israeliani in soccorso dei terremotati di Haiti                      
Tel Aviv, 13 gen -
I corpi medici delle forze armate israeliane si stanno organizzando per una missione di soccorso ad Haiti, colpita nelle scorse ore da un violento terremoto. La squadra israeliana di soccorso dovrebbe essere pronta alla partenza già domani. "Non abbiamo ancora ricevuto comunicazioni formali dal ministero degli Esteri, ma abbiamo già avviato tutti i preparativi necessari per partire", ha precisato il generale Nachman Ash, comandante del servizio. Lo stesso ha aggiunto che un carico di medicinali e materiale di emergenza potrà essere inviato da Israele - assieme ad un team di medici e soccorritori - “entro 24 ore”. Intanto, comunicano i media, almeno un decina di cittadini israeliani risultano dispersi nel paese dopo la violenta scossa. 

 
 
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