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L'Unione informa
 
    17 gennaio 2010 - 2 Shevat 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Bendetto Carucci Viterbi Benedetto Carucci Viterbi,
rabbino 
Abramo, secondo il midrash, chiede a Dio di ottenere i segni della vecchiaia per avere un volto diverso da quello di Isacco: padre e figlio erano infatti identici, al punto da essere scambiati l'uno per l'altro. La Torà, d'altra parte, propone coppie di gemelli assolutamente diversi: Esaù e Giacobbe, che spesso confliggono ed a volte si abbracciano, sono solo uno degli esempi possibili. Per incontrarsi e fare qualche passo insieme, sembra dire la Torà, ci si deve tenere lontani dalla somiglianza/identità. E soprattutto dalla tentazione di rendere gli altri uguali a noi stessi.
“Com’è possibile che alla fine del 1943 il papa e i più alti dignitari della Chiesa si augurassero ancora una resistenza vittoriosa ad Est e sembrassero quindi accettare implicitamente il mantenimento, sia pure temporaneo, di tutta la macchina di sterminio nazista? Come spiegare le manifestazioni di particolare predilezione che il pontefice continuava a prodigare ai tedeschi, persino nel 1943, pur conoscendo la natura del regime hitleriano? ”Sono le due domande con cui lo storico del nazismo Saul Friedländer, chiude il suo libro ”Pio XII e il Terzo Reich” (Feltrinelli, 1965, p. 211). Chiarendo preliminarmente che la questione della beatificazione di chicchessia riguarda esclusivamente l’agenzia che la promuove ed è un procedimento volto a sottolineare l’esemplarità, di quella vita dal punto di vista del dogma e dell’adesione alla dottrina, e dunque dichiarato che la beatificazione non è un atto diplomatico, né si preoccupa dei guasti diplomatici che può produrre, queste due domande restano ancora oggi inevase. Continueranno ad esserlo anche stasera. David
Bidussa,

storico sociale delle idee
David Bidussa  
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  Haiti, Israele e le organizzazioni ebraiche protagonisti
della grande corsa per la solidarietà

Haiti










                                                                           
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Israele è in prima linea negli aiuti e nei soccorsi ad Haiti nazione colpita da uno dei più devastanti terremoti degli ultimi anni. Almeno 100 mila le vittime. Ma il generale israeliano Shalom Ben Aryeh, che guida un team di 220 specialisti inviati dal suo governo per partecipare alle operazioni di soccorso, non si dà per vinto e a Radio Israele afferma: “Ci sono ancora possibilità di trovare dei superstiti sotto le macerie di Port-au-Prince. I soccorsi israeliani che hanno allestito un ospedale da campo nella capitale haitiana, secondo quanto affermato dal generale Aryeh si stanno concentrando nelle ricerche in diversi punti di Port-au-Princie, tra cui anche il Quartiere generale dell'Onu, crollato nel sisma.
Un altro ruolo da protagonista negli aiuti è quello della JDC, American Jewish Joint Distribution Committee, l'organizzazione ufficiale di assistenza umanitaria che agisce per conto della comunità ebraica e le federazioni ebraiche del Nord America. Della JDC il merito di essersi mossa con rapidità per coordinare gli sforzi di soccorso, con la sua rete di israeliani, americani e altri partner locali sul territorio.
La JDC vanta un'esperienza ineguagliabile, ha fornito infatti aiuti e assistenza alle vittime di catastrofi naturali o causate dall'uomo in oltre 60 paesi.


Primo, 12 anni. Dalle macerie dell'Aquila alla Comunità di Roma
Sarà il suo clarinetto klezmer a salutare Benedetto XVI


PrimoIl programma definitivo è stato concordato solo nelle ultime ore. Avrà 15 minuti Primo Anselmi per incantare papa Benedetto XVI ed il pubblico che affollerà il Tempio Maggiore con il suo clarinetto. La musica è entrata nella vita di Primo quando aveva nove mesi ed ascoltò il suo primo concerto rimanendo immobile tutto il tempo in braccio ai genitori, entrambi musicisti. A cinque anni ha iniziato a suonare il pianoforte e due anni e mezzo fa è passato allo studio del clarinetto sotto la guida di Gianluca Sulli, primo clarinetto della Sinfonica Abruzzese. Niente di speciale fin qui, se non fosse che Primo ha solo 12 anni e a Roma è arrivato qualche mese fa con la mamma Svetlana Pekarskaya pianista e la sorellina Ottilia, due anni più giovane di lui, quando il terremoto in Abruzzo ha distrutto la loro casa, bloccandoli per 40 minuti fra le macerie.
Fisico esile e volontà di ferro Primo vanta già alcune esibizioni significative. Oltre ad alcune registrazioni per la Rai,  ha partecipato nel 2008 al concerto dedicato al Giorno della Memoria con l'Officina Musicale dell'Aquila e qualche mese fa, nel mese di giugno, ha vinto l'audizione per la Junior Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia in Roma. Il naturale talento per la musica ha fatto sì che il Messaggero definisse lui e sua sorella “I due fratellini prodigio dell'Aquila”, ma Primo sembra non accorgersi dell'interesse che suscitano la sua innegabile predisposizione per la musica unita alle capacità emerse grazie a ore e ore di studio.
“Solo un poco”, risponde con semplicità quando gli chiediamo se si sente emozionato per la prossima importante esibizione, poi torna a provare i brani di musica klezmer che solo fra qualche ora dovrà suonare per un pubblico molto più numeroso, accompagnato dal violoncellista Tomas Rizzo: Vezoher Hasidi avot (Il Hasid ricorda gli antenati), Zemer Atzuv (Melodia triste), Rikud im a Rav (Danza con il rabbino), Y'did nefesh (L'amico dell'anima) Tfila mibait aba (Preghiera della casa paterna, Bulgar, Ierushalaim shel zahav (Gerusalemme d'oro), Naase shalom (Facciamo la pace).

Lucilla Efrati


Qui Milano - La Sinagoga centrale apre le porte al dialogo

PrimoAlla vigilia della visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore di Roma, anche a Milano si è celebrata la Giornata del dialogo ebraico-cristiano. Dopo la pausa di riflessione dello scorso anno, per questa edizione dal tema “La Quarta Parola: Ricordati del Sabato per santificarlo” ieri sera al calare del buio, terminato Shabbat, le porte della Sinagoga Centrale si sono spalancate a centinaia di fedeli delle varie confessioni cristiane milanesi.
L’invito è stato accolto con grande entusiasmo. Davanti all’affollatissima platea, diversi oratori hanno approfondito il significato dello Shabbat, e ribadito l’importanza del percorso di dialogo intrapreso da ebraismo e cristianesimo, nell’auspicio che si prosegua in questa direzione consci tanto degli importanti risultati ottenuti, quanto del cammino ancora da percorrere.
Un contributo sotto entrambi gli aspetti è stato portato dalla lettera inviata dall’Arcivescovo della diocesi milanese Dionigi Tettamanzi, letta da don Gianfranco Bottoni, responsabile del servizio per l’ecumenismo e il dialogo della Chiesa di Milano. Da un lato l’Arcivescovo ha sottolineato come il cristianesimo abbia molto da imparare guardando al valore del sabato ebraico, dall’altro si è concentrato sull’importanza della “revisione della coscienza cristiana in rapporto all’ebraismo”, parlando di “due identità distinte, ma affini” e di un “percorso che dopo la Shoah non può essere più fermato”.
Incentrato sul senso dello Shabbat è stato il discorso del rabbino capo di Milano Alfonso Arbib. “È detto che senza Shabbat il mondo sarebbe stato come ‘un anello senza sigillo o un baldacchino nuziale senza sposa’ – ha spiegato rav Arbib – Un mondo dunque incompleto, senza l’evidenza della presenza di D-o, senza gioia”. Shabbat come completamento della Creazione, ma anche come celebrazione dell’Uscita dall’Egitto “che rappresenta il momento in cui cessò l’idea che esistessero uomini superiori e uomini inferiori destinati a subirne il dominio – ha proseguito il rav – Così scomparve per sempre il presupposto ideologico della schiavitù”.
Anche Luigi Nason, responsabile dell’apostolato biblico della diocesi di Milano e coordinatore del gruppo interconfessionale Teshuvah è partito dal tema della liberazione dall’Egitto per riflettere sui cambiamenti che sono stati operati dal cristianesimo nella lettura dei Dieci Comandamenti. “Il Primo non si limita alla formula ‘Io sono il Signore tuo D-o’, ma prosegue ‘che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto’ - ha evidenziato Nason - Abbiamo dimenticato un’importante chiave di lettura del Decalogo, in cui ‘Ricordati del giorno del Sabato per santificarlo’ si è trasformato in ‘Ricordati di santificare le feste’. In questo modo abbiamo perso molto”.
“C’è un assoluto bisogno del dialogo ebraico-cristiano”. Questo è stato il messaggio di Gioacchino Pistone, valdese, presidente del Consiglio delle chiese cristiane di Milano, che ha sottolineato “l’importanza per tutte le Chiese di apprendere dalla sapienza di Israele, quella passata, ma anche quella presente”.
A chiudere la serata è stato l’intervento del rabbino emerito di Milano e presidente dell’Assemblea rabbinica italiana Giuseppe Laras, dopo le polemiche dei giorni scorsi seguite alla sua presa di posizione contro la visita di Benedetto XVI al Tempio maggiore di Roma. Rav Laras ha ribadito l’essenzialità del dialogo interreligioso, del proseguire superando le difficoltà, rilevando come in questo percorso non si possa prescindere dalla Shoah e dall’antisemitismo. Ha poi rilanciato l’idea che in questa direzione vadano soprattutto le piccole opere costanti, mentre le grandi manifestazioni si consumano in fretta.
“Questi sono i miei sentimenti” ha concluso rav Laras “Nonostante la contingenza possa non essere favorevole, andiamo avanti e ne raccoglieremo i frutti”.

Rossella Tercatin


A Sorgente di vita riflessioni e commenti sulla visita di Bendetto XVI

Logo SDVLa visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma, i momenti dell’incontro con commenti e riflessioni a caldo è il servizio di apertura della puntata di Sorgente di vita di domenica 17 gennaio. Segue  un “dietro le quinte” dell’organizzazione della visita, con curiosità e notizie sui restauri e gli addobbi nella sinagoga, le prove del coro, l’allestimento della mostra al museo, la scelta del dono per il pontefice.
Un altro servizio riguarda il  Moed di piombo, la ricorrenza romana nata in ricordo del colore plumbeo del cielo dal quale si riversò una pioggia provvidenziale che spense l’incendio appiccato dal popolo ai portoni del ghetto nel 1793. Infine  il difficile cammino del dialogo tra ebrei e cattolici, dal Concilio Ecumenico Vaticano II ad oggi, tra momenti simbolici,  nodi teologici di difficile soluzione e polemiche storiche  su Pio XII. Sorgente di vita va in onda domenica 17 gennaio 2010 alle ore 1,20 circa su Raidue. La puntata sarà replicata lunedì 18 gennaio alla stessa ora e lunedì 25 gennaio alle 9,30 del mattino. Sorgente di vita è anche online.

p.d.s.
 
 
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  RabelloJaakov ed Esav, l'incontro difficile

I rapporti fra i due fratelli biblici hanno avuto, nella nostra lunga storia, pochi alti e molti bassi, ed ogni volta l'incontro deve essere preparato come si deve, comprendendo naturalmente anche la preghiera con l'invocazione dell'aiuto divino.
L'impero cristiano romano-bizantino viene chiamato Edom, nome di Esaù, appunto fratello di Jaakov-Israel. Nell'incontro fra i due fratelli-avversari, i Saggi di Israele hanno visto un'allusione alla storia futura: Edom-Esaù è assunto a simbolo dell'Impero romano, di quello bizantino ed infine del Cristianesimo; Jaakov-Israel a simbolo del popolo ebraico. L'incontro-scontro fra i due fratelli è assunto così a prototipo dell'incontro-scontro fra il Cristianesimo e l'Ebraismo: la storia non è iniziata il 2 di Shevat 5770, il 17 gennaio 2010.
Dobbiamo osservare che per i Cristiani la nomenclatura è esattamente l'opposto, cioè Giacobbe rappresenta la Chiesa ed Esaù gli ebrei (si veda per esempio l'inno di Giacobbe benedetto da Isacco, composto da Romano il Melode, strofa 19).
Rabbì Yannai, che secondo alcuni visse circa ai tempi di Giustiniano, ha parole di dura disapprovazione per l'impero bizantino: «Gli piace il sangue (dam) onde il suo nome è Edom // ricorda o Signore ai figli di Edom la distruzione che ha fatto la figlia di Edom…» (chiaro riferimento alla distruzione del Santuario di Gerusalemme per mano dei Romani). E il poeta prosegue impiegando vari versetti profetici contro Edom e pregando per l'avvento della redenzione: si tratta di espressioni ben comprensibili sullo sfondo della situazione politico-legislativa degli ebrei nella Palestina sotto la dominazione cristiano-bizantina.
Il poeta mette in risalto il contrasto fra la triste situazione della Palestina e la prosperità di Bisanzio. «Le luci di Edom si sono rinforzate ed aumentate/ le luci di Sion diminuite e distrutte… le luci di Edom si sono estese ed hanno illuminato, le luci di Sion si sono ristrette e si sono spente». È certo un eco della reazione ebraica alle restrizioni della Chiesa nei confronti dell'Ebraismo; è una reazione ben differente di quella che abbiamo trovato nei primi secoli E.V. quando veniva effettuato il proselitismo. La reazione dell'Ebraismo ai tempi di Yannai è di chiusura in se stesso: «Non venite nelle case di chi ci disprezza, non mettete piede negli appartamenti in cui risplendono religioni straniere, non contaminatevi con preda impura che sbrana per macello, non entrate nelle chiese…». Ma Yannai mette in guardia da reazioni violente e da rivolte vere e proprie: «Non lottate contro chi ci beffa per cacciarli, non affrettatevi a lottare, non offendete chi ci disprezza…», eppure vedendo la comunità cristiana in Palestina prosperare e la popolazione ebraica ridotta in tristi condizioni, il poeta esclama: «Le luci di Edom splendono sul morto, le luci di Sion scendono in oblio come un morto».
In vari altri poemi Yannai esprime il suo ardente amore per il Signore, lo invita a guardare la sorte del popolo ebraico, ma conviene aspettare con fiducia tempi migliori, finché non arrivi il tempo della redenzione, finché non giunga il tempo dell'usignolo, finché dal Monte degli ulivi non venga l'annuncio del Redentore.
È un tenere viva la speranza senza cadere nella disperazione per la tristezza dei giorni presenti, mantenere la fiducia in un tempo migliore, ma già ora «dinanzi a Te è uguale la preghiera dello schiavo o del suo padrone…», «sappiate, vi è Uno, e non vi è a Lui secondo, unico e speciale; senza figlio o fratello».

Per un esame più particolareggiato, con citazione di fonti e ricerche vedi A.M.Rabello, Giustiniano, Ebrei e Samaritani alla luce delle fonti storico-letterarie, ecclesiastiche e giuridiche. Milano, 1987, vol. I, pp. 471 ss.

Siamo ben consapevoli che senza l'insegnamento e il conforto dei Maestri, senza la prontezza a sopportare obrobri e pene, tradimenti e silenzi, per secoli interi e durante la Shoà che abbiamo vissuto, non saremmo potuti arrivare a discutere sul valore e significato di visite pontificali nel Beth Hakeneset del Sign-re.
In particolare in questo frangente abbiamo presente l'insegnamento di Elia Benamozegh: «Credo che il cristianesimo e l'islamismo siano grandi avviamenti all'organamento definitivo religioso dell'umanità, la quale sarà perfetta solo quando accetterà dalle mani dell'antico Israele la semplice religione laicale e razionale detta Noachide, o di Noè di cui l'ebraismo è custode, e quando Israel sarà riconosciuto come Sacerdote del genere umano, soggetto alla regola più rigida e ieratica del Mosaismo, alla quale egli solo è obbligato, appunto come a regole speciali sono sottoposti i sacerdoti.» (E.Benamozegh, Il mio Credo, a cura di L. Amoroso, Pisa, 2002).

Alfredo Mordechai Rabello, giurista, Università ebraica di Gerusalemme
 
 
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Ebrei, cristiani alla Montagna del Sermone
Il Mahatma Gandhi, ricordando il suo primo discorso della montagna annotava: «The Sermon on the Mountwent straightto myheart» (il sermone del monte mi andò dritto al cuore). E aggiungeva: «E stato grazie a questo discorso che ho imparato ad amare Gesù ». Che cosa ha di tanto speciale il sermone sul monte? La storia della risposta a questa domanda è la storia delle interpretazioni del cristianesimo, specialmente nel suo rapporto col giudaismo. C'è chi vede nei capitoli 5-7 di Matteo nient'altro che l'insegnamento di un Maestro ebreo. Che questa tesi sia legittima e in parte feconda lo mostra la possibilità di rintracciarvi numerosi echi della tradizione ebraica: Paul Bilerbeck - nel monumentale “Kommentar zum Neuen Testament us Talmud und Midrash” - ha potuto raccogliere in corrispondenza alle scarse cinque pagine del discorso della montagna ben 309 pagine di analogie e paralleli rabbinici! Il rapporto con l'insegnamento dei maestri ebrei è dunque decisivo per comprendere e valutare l'insegnamento di Gesù sul monte: e tuttavia non è sufficiente. Perché? In che senso Gesù non è un Rabbi come gli altri? E in che senso si pone in rapporto con la Torah di Mosè? [...]
[…] In occasione della presentazione dell'opera Imago Christi, edita da Art'è per celebrare i valori del Discorso della montagna, terrà un dialogo fra il Rabbino americano Jacob Neusner e Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, domani presso l'Auditorium di Roma. Modererà l'incontro Antonio Monda, della New York University. […]
Bruno Forte, Il Sole 24 ore, 17 gennaio 2010

Ratzinger e la lunga ricerca di dialogo con gli ebrei
La visita di Benedetto XVI agli ebrei di Roma è un gesto importante perché conferma ancora una volta l'apertura e l'amicizia della Chiesa cattolica per il popolo ebraico. Che Papa Ratzinger torna ad abbracciare idealmente visitando i luoghi più significativi l'antico ghetto e la grande sinagoga della più antica comunità della diaspora occidentale. Un insediamento di molto precedente l'arrivo nella città imperiale dei primi seguaci di Gesù, i quali vi giunsero negli anni Quaranta del I secolo. Iniziava così - circa un quindicennio prima che Paolo descrivesse nella lettera ai cristiani di Roma il rapporto misterioso tra i due popoli - una storia di contiguità e vicinanza, ma anche di concorrenza e contrasti, segnata da litigi e amicizie, curiosità e sofferenze, attrazioni reciproche e reciproche ignoranze. [...]
Giancarlo Maria Vian, Il Messaggero, 17 gennaio 

“Non è lo stesso clima di 20 anni fa”
[…] Tra i più responsabili, come spesso avviene, i giovani. «Andiamo a questo incontro con molta tranquillità spiega Giuseppe Piperno, presidente dei Giovani ebrei d'Italia sappiamo che questo è un passaggio cruciale nella prosecuzione del dialogo intrapreso da Papa Wojtyla. Il dissenso? Non credo si manifesterà». E sulla porta del tempio non ci sarà un anti-Papa ad accogliere Ratzinger afferma Guido Vitale, direttore del mensile Pagine ebraiche - ci sarà invece solo un medico, un giudice, un maestro, fin quando Riccardo Di Segni non si ammanterà dello storico talled del Seicento, il manto rituale, per accogliere il capo della Chiesa cattolica. [...]
Francesca Nunberg, Il Messaggero, 17 gennaio 2010  

La marcia di Bedek verso Alitalia
La rotta verso Israele l'aveva percorsa per primo Giancarlo Cimoli, quando era amministratore delegato dell'Alitalia. Nel luglio 2006 Cimoli aveva affidato alla società israeliana Bedek - oggi candidata a comprare una quota nelle officine di manutenzione di Fiumicino l'Ams l'appalto per la manutenzione dei motori degli Md8o, i vetusti jet che costituivano il 40% della flotta Alitalia. La mossa, suggerita da esigenze di risparmio, aveva provocato malumore tra i sindacati, i quali paventavano la perdita di 200 posti alla Avio di Pomigliano che, dal 1987, assicurava la manutenzione dei motori. La commessa con gli israeliani non ebbe molta fortuna. In ottobre 2006 intervenne l'Enac a sospendere la spedizione dei motori a Tel Aviv, chiedendo modifiche alle procedure per motivi di sicurezza. E tre mesi dopo capitolò Cimoli. Ora la Bedek Aviation, società che fa capo a Iai, gruppo aerospaziale da  17 mila dipendenti che opera nel settore militare e civile, è candidata a entrare con una corposa quota di minoranza nell'Ams, rimasta nella vecchia Alitalia del commissario Augusto Fantozzi. La società è in crisi di commesse, solo 22 motori nel 2009. 0 si vende o si chiude. L'altra sera a Palazzo Chigi Fantozzi ha annunciato ai sindacati che la Bedek è disposta ad entrare con una quota «fino al 35%» nella società che ha presentato l'unica offerta di acquisto per Ams, la Iniziativa Prima di Maurizio Tucci, classe 1958, ex dirigente della Finmeccanica. […]
G.D. Il Sole 24 ore, 17 gennaio 2010

 
 
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notizieflash    
 
 
Ehud Barak in Turchia per superare i contrasti                              
Tel Aviv, 17 gen -
Ehud Barak ad Ankara per ricucire lo strappo fra Israele e Turchia. All'origine delle ultime tensioni fra i due Paesi vi sono state una serie di dichiarazioni fortemente critiche di Israele da parte del premier Tayyip Erdogan e la proiezione di un film di tono anti-ebraico trasmesso da una televisione turca. La conseguente protesta diplomatica israeliana, affidata al viceministro degli esteri Dany Ayalon, è stata vista dalla stessa stampa israeliana come una umiliazione per l'ambasciatore della Turchia. Ayalon è stato costretto a scusarsi per la forma della protesta ma ieri è tornato alla carica, ha dichiarando alla televisione israeliana che Israele considererebbe la necessità di espellere in futuro un ambasciatore se nel suo Paese Israele venisse attaccato. Barak incontrerà ad Ankara il suo omologo Vecdi Gonul e il ministro degli esteri Ahmet Davutoglu. Secondo gli analisti saranno affrontate questioni legate alla cooperazione militare fra i due Paesi e si discuterà del rilancio dei negoziati di pace con i palestinesi e con la Siria.
 
 
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