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L'Unione informa
 
    19 gennaio 2010 - 4 Shevat 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Roberto
Della Rocca,

rabbino 
Si è svolto giovedì scorso presso il Centro Bibliografico un convegno sul Messianismo in occasione della presentazione di un prezioso libro sull'argomento. La fiducia nell'avvento di un redentore è un elemento fondamentale dell’ebraismo tradizionale, e vi è una letteratura ricchissima che contiene le più svariate supposizioni a proposito dei giorni messianici. La fiducia nella venuta del Messia è uno dei tredici articoli di fede codificati da Maimonide. Ma nella storia ebraica il Messia è sempre qualcuno che deve arrivare e ogni volta che è arrivato si trattato di un falso Messia. La posizione rabbinica su questo tema potrebbe essere sintetizzata da quell’insegnamento che dice: “..se stai piantando un albero e vedi arrivare il Messia, finisci di piantare l’albero e poi vai ad accogliere il Messia..".
La pace vera, come la verità, è descrivibile solo per quello che non c'è. Vittorio Dan
Segre,
pensionato
Vittorio Dan Segre  
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  Memoria - Gattegna: "Auschwitz
spartiacque tra dittatura e democrazia"

(ANSA) - Roma, 19 gen -
"Voglio ricordare che l'istituzione del Giorno della Memoria è una legge dello Stato italiano. Se fosse stata una nostra iniziativa per noi stessi, in un certo senso, sarebbe stata svalutata in partenza. Invece una legge dello Stato significa che non sono solo gli ebrei a dover ricordare il proprio passato, ma che è lo Stato italiano che vuole che questi valori siano ricordati". Così il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei), Renzo Gattegna, ha parlato del Giorno della Memoria nel corso della conferenza stampa di presentazione, a Palazzo Chigi, delle iniziative in programma. "Auschwitz - ha aggiunto Gattegna, dopo aver ringraziato il Comitato di coordinamento istituito per volontà della presidenza del Consiglio con il compito di ottimizzare le iniziative - è stato uno spartiacque nella storia europea: prima c'era la barbarie della dittatura, dopo la democrazia". 


Pagine Ebraiche
Pagine Ebraiche



Un Giorno non basta

Pagine EbraicheC’è un elemento, nei discorsi tenuti dai leader ebraici italiani alla sinagoga di Roma questo 17 gennaio, accogliendo la visita di Benedetto XVI, che apre una prospettiva nuova. C’è una domanda che annuncia un senso di concretezza, il desiderio di una crescita. L’ha colta il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni quando, rivolgendosi al papa, si è chiesto: “Che cosa possiamo fare assieme”? Il Rav ha fornito alcune indicazioni, ma al di là degli specifici contenuti, conta il desiderio di capire meglio i problemi, di raggiungere un maggior grado di concretezza e di efficacia. Il tema ricorre in queste settimane di fronte a avvenimenti, drammi e appuntamenti significativi. Il dolore della catastrofe di Haiti. L’avvicinarsi del Giorno della Memoria. E per fare un salto di qualità gli spunti non mancano. Le organizzazioni sanitarie ebraiche e quelle israeliane sono impegnate, con numerosi altri enti internazionali, per salvare vite e alleviare le indicibili sofferenze dei terremotati. E nasce una nuova coscienza pronta a combattere perché la Memoria della Shoah non sia cancellata, ma anzi, tutelata a perenne difesa della dignità umana. Per quanto riuscita, non basta una visita. Per quanto significativo, non basta un Giorno. Dobbiamo andare avanti. Perché insieme si fa tanto.

(Pagine Ebraiche, febbraio 2010)


Haiti, Israele in prima linea nella solidarietà

salvataggio“Ci sono ancora possibilità di trovare dei superstiti sotto le macerie di Port-au-Prince”, aveva affermato solo pochi giorni fa il generale israeliano Shalom Ben Aryeh, che guida un team di 220 specialisti inviati dal suo governo per partecipare alle operazioni di soccorso ad Haiti. Aveva ragione. La notte del 17 gennaio la squadra di soccorritori israeliana capitanata dal colonnello Golan Wach, è riuscita ad estrarre dalle macerie di un edificio un uomo di 60 anni ancora in vita, che è stato subito ricoverato nell'ospedale da campo allestito dalla missione israeliana. “L'uomo - ha affermato il colonnello - era rimasto immobilizzato da una trave di cemento ma fortunatamente è riuscito a chiedere aiuto mediante un messaggio Sms inviato ai familiari, abbiamo impiegato ore per liberarlo e ora il nostro lavoro continua”. Fra le prime parole del superstite del terremoto di fronte ai suoi soccorritori: "Venite da Israele? Ma non mi prendete in giro!", ha esclamato.
Gli sforzi di solidarietà della nazione israeliana stanno impressionando tutti e continuano senza sosta. Il capo rabbino di Roma, Riccardo Di Segni, sull'Unione informa di ieri ha raccontato l'emozione provata nel vedere, al Tg1, la scena della squadra di soldati israeliani che riuscivano a salvare una persona sepolta dalle macerie del terremoto e soprattutto la gente che assistendo applaudiva e diceva: "Viva Israele”.

salvataggioAncora di ieri, dopo la catastrofe e le centinatia di migliaia di vittime di cui circola voce, finalmente una notizia lieta: fra le macerie, è nato un bambino, sono stati i medici israeliani ad aver aiutato la donna haitiana, madre del piccolo, a partorire. Il nome scelto per il nuovo nato è Israel.


v.m.


Qui Roma - "Iudei quoque non deerant"
Gli ebrei di Roma e il loro rapporto con il papa-re


Centro Bibliografico"Iudei quoque non deerant".... Neppure gli ebrei mancavano alla cerimonia del "Solenne Possesso" la sfarzosa cerimonia con cui dal Medioevo all'Unità d'Italia i papi non appena eletti, uscivano dal Vaticano per recarsi alla chiesa di San Giovanni in Laterano con una processione seguita e acclamata da tutti i cittadini romani, attraverso la quale il pontefice prendeva  il possesso della città. La cerimonia affermava di fatto il potere del papato soprattutto come potere temporale.
Questo il tema centrale del 'Colloquium' organizzato dall’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede e dall'Associazione Cattolici Amici d’Israele, che si è svolto al Centro Bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
I lavori del convegno sono stati aperti dai saluti del Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane  Renzo Gattegna,, dell'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Mordechay Lewy, del Cardinale Raffele Farina, archivista dell'Archivio Segreto Vaticano e bibliotecario di Santa Romana Chiesa e del dottor Giovanni Cubeddu, presidente dell’Associazione Cattolici Amici d’Israele.
I quattro relatori Anna Foa, Marcello Fagiolo, Amnon Linder e Daniela Di Castro, hanno esaminato a fondo il rapporto esistente fra il Vaticano e la Universitas Hebreorum nell'arco dei tre secoli compresi appunto fra l'istituzione del Ghetto per effetto della bolla  Cum nimis absurdum di papa Paolo IV, che revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani fra cui i diritti civili  e l'Unità d'Italia sotto il pontificato di Pio IX .
Anna Foa, docente di Storia Moderna all'Università la Sapienza di Roma, individua due momenti di cambiamento e di modificazione nei rapporti fra gli ebrei e la Chiesa. Il primo fra gli ultimi decenni del '400 e i primi cinquanta anni del '500 in cui si assiste ad una rimessa in discussione della stessa presenza degli ebrei a Roma, per sfociare dopo l'istituzione del Ghetto, nel tentativo di conversione generale degli ebrei. Il secondo momento dopo due secoli in un ghetto impoverito e pressato dalla Chiesa che stringe  la Comunità Ebraica romana "sancendo nuove regole sulle conversioni dei minori che faciliteranno la sottrazione dei minori ai loro genitori e il loro battesimo contro la volontà della famiglia".
E' delle varie fasi in cui si divide la cerimonia di presa di possesso della città da parte del papa-re e soprattutto del controverso ruolo degli ebrei  durante la cerimonia che si sono occupati il Professor Marcello Fagiolo professore di Storia dell'Architettura dal 1969 (a Milano prima, a Firenze e Roma poi) e il Professor Amnon Linder esperto di Storia ebraica medievale alla Hebrew University di Gerusalemme.
Secondo l'analisi del professor Fagiolo, la presa di possesso esibisce il potere del papato innanzitutto come potere temporale, riprendendo non a caso il cerimoniale dei trionfi antichi nelle cinque fasi tradizionali": Exitus: l'uscita dal Vaticano dopo l'elezione e l'incoronazione pontificia, Ascensio, la salita sul Campidoglio, Descensio: la discesa nel Foro che si conclude nel Colosseo, Triumphus: fra il Colosseo e l'Arco di Tito, Adventus e Introitus: l'arrivo alla cattedrale lateranense che afferma il potere spirituale del papa, come vescovo del mondo. Agli ebrei viene affidata la quarta parte del percorso, fra l'Arco di Tito e il Colosseo per sottolineare il "trionfo" della Chiesa sul popolo ebraico che ha rifiutato di riconoscere Cristo come vero messia. La loro presenza, era sopportata e accettata era perché inconsapevolmente, secondo la Chiesa, essi mettevano in atto la  pratica cristiana del Vecchio testamento. Tale presenza era tuttavia permessa solo al di fuori dei cancelli lungo i quali vi era il passaggio della processione papale.
A conclusione della mattinata di studio, Daniela Di Castro, direttore del Museo ebraico di Roma ha illustrato l'opera di allestimento del percorso papale nella parte di itinerario compresa fra il Colosseo e l'Arco di Tito, con tessuti preziosi e arazzi sui quali venivano affissi "gli apparati effimeri" dei pannelli in carta  dipinti con figure simboliche e frasi di gioia inneggianti al papa in latino e in ebraico, oggetto di una mostra inaugurata di recente in occasione della visita di papa Benedetto XVI al Tempio maggiore di Roma.
I quattordici rarissimi pannelli del '700  esposti nella mostra "Et ecce gaudium. Gli ebrei romani e la cerimonia di insediamento dei pontefici", che testimoniano la partecipazione degli ebrei romani alle cerimonie in onore dei pontefici appena eletti, sono il frutto di un ritrovamento dell'Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma.

Lucilla Efrati


Qui Venezia - Il Giorno della Memoria nella laguna

Qui VeneziaSi è svolta venerdì nella sede del Comune, Ca’ Farsetti, la conferenza stampa di presentazione della Giornata della Memoria 2010. Un’occasione per riunire ancora una volta i soggetti che storicamente si riuniscono intorno a questa iniziativa. Un insieme di associazioni come i Figli della Shoah, l’Anpi, l’istituto di Cultura Sinta e molte altre realtà cittadine che da anni lavorano con una modalità sinergica diventata ormai una pratica consueta.
Una programmazione che non si concentra nella sola giornata del 27 gennaio, coinvolgendo la Comunità Ebraica di Venezia, tutte le associazioni e gli assessorati alle politiche educative e giovanili in una fitta serie di appuntamenti che a partire dal 19 gennaio si svilupperà fino agli inizi di febbraio in centro storico e in terraferma .
Presente alla conferenza stampa anche Vittorio Levis, presidente della Comunità Ebraica di Venezia, che ha posto l’attenzione sull’importanza di attualizzare il messaggio e di cogliere il vero spirito del Giorno della Memoria: “il rischio è che il Giorno della Memoria risulti una celebrazione formalistica, una ritualità priva di significato. A Venezia nel corso degli anni, si è invece riusciti, partendo dai fatti del passato, ad attualizzare il messaggio”.
Affinché non ci si possa rifugiare in una mera ritualità, una particolare attenzione è stata riservata alle attività dedicate alle scuole, con una serie di itinerari educativi, come quello, già sperimentato negli anni precedenti, sul diario di Anna Frank, organizzato dall’assessorato alle Politiche Educative in collaborazione con il Museo Ebraico e l’associazione Figli della Shoah un progetto, a detta dell’assessore alle Politiche educative, Anna Maria Giannuzzi Miraglia: ” Autentico e assai poco celebrativo. La figura di Anna Frank rimane un simbolo molto attuale, nel quale i ragazzi si identificano, rapportando la sua storia alla loro realtà di tutti i giorni”.
Il Museo Ebraico rimane il fulcro delle attività didattiche. Accanto all’opportunità di visite didattiche e laboratori suddivisi per fasce d’età, troviamo l’incontro del 28 gennaio con il maestro Giorgio Celiberti, che ha esposto nelle sale del museo le sue opere ispirate ai disegni dei bambini di Terezin. Celiberti incontrerà i ragazzi che hanno partecipato nelle scorse settimane ad un percorso educativo sulla Shoah a partire dalle sue opere, i ragazzi potranno inoltre esporre vicino alle opere del maestro, alcuni elaborati frutto delle loro riflessioni sul percorso svolto.
Tra gli appuntamenti in programma da segnalare il Concerto alla Memoria che si terrà il 24 gennaio nelle Sale Apollinee del teatro La Fenice, la mostra del 26 gennaio Fotografia e Memoria all’Ikona Gallery in campo di Ghetto e l’evento del 27 gennaio al Centro culturale Candiani Tra inclusione ed esclusione. Una storia dell’educazione dei rom e dei sinti in Italia organizzato dal centro pace. A coronamento della manifestazione, domenica 31 gennaio al teatro Goldoni verrà messa in scena la piéce teatrale Salonicco ’43 di Ferdinando Ceriani in occasione della cerimonia ufficiale del Giorno della Memoria caratterizzata dagli interventi di Massimo Cacciari, sindaco di Venezia , e Vittorio Levis, Presidente della comunità ebraica di Venezia.
In chiusura della conferenza stampa il sindaco Massimo Cacciari si è espresso positivamente riguardo ad una manifestazione, che cresce ogni anno in qualità e quantità di eventi proposti. Il programma però, a detta del sindaco, ”  talmente ricco e così diffuso a Venezia e nelle zone limitrofe, che potrebbe far perdere il cuore della questione, bisogna riportare l’attenzione di tutti noi alla straordinarietà della Shoah, sapere di che cosa siamo capaci e di quanto male c’è in noi”.
Per il programma completo della manifestazione consultare il sito www.giornomemoriavenezia.it

Michael Calimani
 
 
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  BahboutTorah oggi - Il perdono

L’ottenimento del perdono per le persecuzioni e i massacri perpetrati dalla Chiesa nei confronti degli ebrei comporta il soddisfacimento dei seguenti passi: a) il pentimento: il pentimento ideale si ottiene quando ci si trova nella medesima situazione e ci si comporta in modo opposto al precedente (ma speriamo non ci sia più bisogno di questa prova…); b) la richiesta del perdono a chi è stato oggetto della persecuzione, il pagamento dei danni materiali subiti: ritengo che papa Giovanni Paolo II abbia fatto un’azione senza precedenti nella storia della Chiesa chiedendo agli ebrei perdono, sulla cui sincerità non penso si possano nutrire dubbi; c) Il risarcimento dei danni materiali prodotti: se si accetta l’idea che gli ebrei di oggi siano i legittimi eredi di quelli di ieri, e in virtù di questa eredità possano anche concedere il perdono, la Chiesa di oggi dovrebbe risarcire il popolo ebraico dei danni materiali subiti e in particolare restituire i manoscritti e tutto il materiale sottratto agli ebrei, in una forma o nell’altra, nel corso della storia. Quest’ultima fase dovrebbe/potrebbe essere parte di una trattativa tra Chiesa e Stato d’Israele, dove risiede oggi la più importante comunità ebraica del mondo.

Rav Scialom Bahbout
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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L'eco della visita del papa continua a dominare la rassegna: per l'importanza dell'evento, naturalmente, ma anche per il fatto che ieri non sono usciti diversi giornali particolarmente significativi e interessati al dialogo religioso, come "Avvenire" e "Osservatore". Entrambi riportano integralmente i discorsi tenuti in sinagoga.
L'Osservatore apre con un editoriale siglato dal direttore Gian Maria Vian, intitolato in maniera molto significativa "momento di grazia", espressione usata dal papa per definire l'"ulteriore e importante passo avanti nel cammino che ebrei e cristiani stanno percorrendo insieme", ovvero "una visita rivolta al futuro" secondo la cronaca di Gianluca Bicini, in cui "mani e cuori" si sono uniti (così Lucetta Scaraffia, in un contributo che l'"Osservatore" riprende da Pagine ebraiche), "il più forte segno di riconciliazione per Anna Foa.
"Avvenire" intervista il presidente dell'Ucei Renzo Gattegna e Andrea Riccardi leader della comunità di Sant'Egidio che ha collaborato all'organizzazione della visita, definita nell'editoria di Luigi Geninazzi "un cammino di riconciliazione che nessuno fermerà", e "una pagina di storia che va oltre le differenze" (Mimmo Muolo) Estremamente positivi anche i giudizi sugli altri giornali: "un successo, altroché", commenta Giorgio Israel sul "Foglio". Ancora Lucetta Scaraffia sul Riformista descrive con commozione l'effetto che ai suoi occhi di cattolica devota hanno fatto le kippot indossate da tutti nel Tempio.
Naturalmente il tema centrale è quello delle differenze di posizione emerse con chiarezza  nei discorsi. Luigi Accattoli su Liberal parla di "compromesso storico" fra gli ebrei romani e la Chiesa nel non centrare la discussione su Pio XII; Vittorio Messori sul Corriere scrive delle divergenza fra ebraismo e cristianesimo come di un "mistero" trascendente da risolvere in cielo, Orazio La Rocca su Repubblica descrive un "nuovo clima" fra le due religioni. Franco Cardini sul Secolo d'Italia giustifica le differenze emerse alla luce di una nozione del dialogo come riconoscimento reciproco, dato che "Papa ed ebrei devono guardare avanti" (lo stesso Cardini in un altro articolo sul Tempo). Interessanti le considerazioni di Peloso sul Riformista a proposito delle difficoltà e delle contraddizioni interne dei lefebvriani dopo la visita del papa.
Come giudizio conclusivo sulla visita si può prendere quello espresso da Rav Di Segni in un'intervista al Corriere: «Complessivamente un evento importante col segno positivo». Il giornalista chiede se quel "complessivamente" è una riserva e il Rav risponde così: «Le ombre ci sono state e hanno lasciato il sapore amaro negli organizzatori. anno diviso la comunità, il rabbinato, il mondo ebraico romano. E non abbiamo certo bisogno di motivi per dividerci tra noi. Poi abbiamo preso la decisione, malgrado tutto. Una decisione sofferta [...] Il tempo stabilirà se abbiamo fatto bene. Oggi sono contento e sento di sì».
 
Altri temi importanti sono presenti nella rassegna. Innanzitutto l'incontro a Berlino fra il governo israeliano guidato da Netanyahu e quello tedesco presieduto da Merkel (Avvenire, Il Sole); poi l'arresto del gruppetto di estremisti che hanno dato fuoco alcune settimane fa a una moschea nei Territori (Repubblica). Da leggere l'intervista a Silvan Shalom, vicepremier israeliano sul Foglio). Il Messaggero riferisce di una conferenza del prete francese Patrick Dubois che si dedica al compito pietoso di scoprire nuovi luoghi di strage e sepoltura di vittime della Shoà, in particolare in Ucraina. Ne ha trovati tanti, il prete francese, circa 700, da fargli ritenere che il conto delle vittime vada alzato altre alla cifra dei sei milioni di cui si parla sempre, almeno di un altro mezzo milione. Sul Fatto quotidiano Andrea Gagliarducci illustra con un nuovo documento il problema già sollevato da Rav Di Segni dei bambini ebrei salvati sì dalla Chiesa durante la Shoà  ma battezzati e non restituiti alle famiglie. Sul Corriere Gian Antonio Stella parla con commozione dell'importante iniziativa del Cdec di mettere online le storie e i documenti dei 288 bambini ebrei deportati da Roma e tutti uccisi meno uno.
In Olanda si è aperto un processo al deputato europeo Geert Wilders per le sue idee: il paese della tolleranza verso i fanatici islamisti si mostra intollerante nei confronti di chi li contrasta. Da leggere la cronaca del Foglio intitolata significativamente "processare la libertà di parola" e l'intervista allo stesso Wilders sul Giornale.
Impressionante, in tempi di dialogo interreligioso, la disamina che Vito Mancuso fa su Repubblica del libro di un teologo generalmente stimato come Marco Vannini ("Prego Dio che mi liberi di Dio", Bompiani): ne emergono tratti evidenti di antigiudaismo all'antica, un odio per la Toarah e per il popolo ebraico, con il riemergere del vecchio arnese del deicidio, che forse meriterebbe di essere esaminato da un giudice alla luce della leggi contro il razzismo. Un testo, quello di Vannini, da accoppiare a quelli citati nel libro postumo di Riccardo Bonavita "Specchi dell'altro. Letteratura e razzismo nell'Italia contemporanea" (il Mulino) di cui parla Paolo di Stefano sul Corriere.
 
Ugo Volli

 
 
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Israele: riprende l'immigrazione dall'Etiopia                                    
Tel Aviv, 19 gen -
Dopo una sospensione di due anni, 81 membri della setta dei Falashmura, sono immigrati oggi dall'Etiopia in Israele, dove li attendono i loro congiunti. "I Falashmura - ha spiegato l'ex presidente della Corte Suprema Meir Shamgar - sono ebrei che in epoca passata furono obbligati a convertirsi al cristianesimo. Ma le loro origini ebraiche sono state riconosciute da importanti rabbini, fra cui Ovadia Yossef e Shlomo Amar e che nel frattempo si sono riavvicinati all'ebraismo". “E' previsto l'arrivo nei prossimi mesi di altri 600 Falashmura”, comunica la stampa israeliana. E Fonti dell'Agenzia ebraica (l'ente preposto all'immigrazione) prevedono che nel 2010 altre migliaia di loro saranno autorizzati a ricongiungersi con i loro parenti in Israele. La sospensione dell'immigrazione dei Falashmura era dovuta essenzialmente a ragioni di carattere economico: ossia alla necessità per il governo di reperire i fondi necessari al loro inserimento nella società israeliana. Oggi in Israele vivono 120 mila ebrei di origine etiopica, su un totale di oltre sette milioni di abitanti. 
 
 
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L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
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