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L'Unione informa |
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20 gennaio 2010 - 5 Shevat 5770 |
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alef/tav |
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Adolfo Locci, rabbino capo di Padova |
“...ma noi non sappiamo come serviremo il Sig-re nostro D-o fino a che ci troveremo in quel luogo” (Esodo 10, 26).
Nell'estenuante trattativa con il faraone per uscire dall'Egitto, fra
una piaga e l'altra, Mosè esprime un concetto molto attuale: a priori
non possiamo giudicare quale sia l'effetto di una nostra decisione fino
a quando non ci troveremo a viverne le conseguenze. |
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Non
conosco Piero Laporta secondo il quale (su Italia Oggi, di stamane)
avrei “promosso l’affissione della foto e della targa a Yad Vashem” che
egli definisce “infamanti di Pio XII”. Ciò è doppiamente falso perché
l’iscrizione non è infamante e io non l’ho promossa. Nel suo articolo
l’unica cosa corretta è la grafia del mio nome. Grazie.
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Sergio Minerbi, storico |
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Haiti - Continua l'impegno per gli aiuti
Continua
la grande corsa di solidarietà di Israele e delle organizzazioni
ebraiche internazionali per aiutare la popolazione di Haiti. Su
richiesta del Ministero della Difesa Israeliano, la compagnia di
bandiera El Al ha risposto prontamente inviando già a partire dal 14
gennaio due aeromobili carichi di equipaggiamenti medici, mezzi e
forniture di salvataggio a sostegno della popolazione di Haiti ferita
dal devastante terremoto che ha colpito l'isola. Un primo aereo, un
primo Boeing 777 carico di 8 tonnellate di merce e 229 passeggeri tra i
quali operatori di soccorso, squadre mediche ed altri volontari ed un
secondo Boeing 747-400 con ulteriori 68 tonnellate di materiali. Il
Presidente di El Al Eliezer Shkedi ha così commentato: "El Al ha
risposto prontamente alla richiesta del governo israeliano e farà tutto
il possibile per assistere questa popolazione. E' nostro dovere con
priorità assoluta aiutare coloro che sono stati colpiti da questa
immane tragedia".
Memoria - Il Nobel Wiesel e il Quirinale per il decimo Giorno della Memoria
Le
principali iniziative e manifestazioni per il Giorno della Memoria sono
state presentate in una affollata conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il
27 gennaio 2010 sarà il decimo anno che in Italia si celebra il giorno
“per non dimenticare” la Shoah: una occasione importante, che è stata
illustrata dai sottosegretari alla presidenza del Consiglio Gianni
Letta e Paolo Bonaiuti, e dal presidente dell’Ucei Renzo Gattegna. Gianni
Letta che presiede il “Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in
Ricordo della Shoah”, istituito con decreto del presidente del
Consiglio, ne ha illustrato i compiti ed ha affermato che il lavoro, in
raccordo con l’Unione delle Comunità ebraiche italiane, “andrà oltre il
decennale”. Il comitato è composto dai rappresentanti, oltre che della
presidenza del Consiglio, del ministero degli Interni, da quelli
dell'Istruzione, dei Beni culturali, della Conferenza delle regioni,
dell'Ucei e del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di
Milano. Ne è anima e motore la dottoressa Anna Nardini della Presidenza
del Consiglio. “Momenti principali del Giorno della Memoria” ha
ricordato Letta, saranno “la cerimonia al Quirinale con il capo dello
Stato e la presenza del premio Nobel Elie Wiesel alla Camera dei
deputati.” “Mi auguro che i media vogliano dedicare a questa
Giornata un grande spazio, come alle iniziative in programma”, ha
aggiunto Paolo Bonaiuti. “Trent'anni fa”, ha ricordato, “ho visitato
Auschwitz ed ho potuto vedere l'ordinarietà del male che è il contrario
della vita, della pietas e del rispetto dell'uomo.” Il presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha
ricordato che “l’istituzione del Giorno della memoria è una legge dello
Stato italiano. Se fosse stata solo una nostra iniziativa, in un certo
senso sarebbe stata svalutata in partenza. Invece una legge dello Stato
significa che non sono solo gli ebrei a dover ricordare il proprio
passato, ma che è lo Stato italiano che vuole che questi valori siano
ricordati”. Gattegna ha inoltre ringraziato la Presidenza del
Consiglio per l’istituzione del Comitato coordinatore, ed ha aggiunto:
“Dal barattro in cui l’Europa era caduta, sono nati i presupposti per
una nuova Europa”. Alla conferenza stampa hanno poi preso la
parola i promotori di alcune iniziative. Marcello Pezzetti, direttore
della Fondazione per il Museo della Shoah di Roma, ha illustrato i
contenuti della mostra “Auschwitz-Birkenau” presentata a Roma al
Vittoriano e con una sezione anche alla Camera dei Deputati.
L’ambasciatore Gian Paolo Cavarai ha illustrato lo spettacolo teatrale
“Salonicco ’43”, di cui è coautore, che andrà in scena il 26 gennaio
presso il Complesso monumentale San Michele a Roma: una ricostruzione
della vicenda del console italiano Guelfo Zamboni, il Giusto che salvò
numerosi ebrei durante la Seconda guerra mondiale a Salonicco.
Marco Di Porto
Memoria - Marta Minerbi e Alessandro Ottolenghi a Mogliano Veneto un convegno rende loro onore
Il
Giorno della Memoria si avvicina e si moltiplicano gli eventi dedicati
al ricordo e alla riflessione su quegli anni bui della storia. Il
comune di Mogliano Veneto non manca all'appello e assieme, fra gli
altri, alla Provincia di Treviso e all'associazione Clio '92 domani,
giovedi 21 gennaio, dalle 9 alle 18 al liceo statale Giuseppe
Berto, organizza un convegno dal titolo La colpa di essere nati, Marta Minerbi e Alessandro Ottolenghi, ebrei cittadini trevigiani, durante il periodo delle leggi razziali in Italia. A
dieci anni dalla sua istituzione ufficiale, il Giorno della Memoria ha
ancora un significato oppure il suo contenuto si è ormai svuotato? Che
efficacia possono avere oggi i racconti quando anche gli ultimi
testimoni stanno scomparendo e la memoria cede definitivamente il passo
alla storia? I riti e le commemorazioni pubbliche sono solo retoriche
scadenze di un evento passato o sanno essere interrogazione sul
presente e sulle sue contraddizioni? Come si pongono le
nuove generazioni nei confronti della persecuzione e dello sterminio
degli ebrei europei e quale può essere il ruolo della scuola, oltre il
dovere della memoria? Sono questi alcuni dei principali interrogativi
su cui si rifletterà durante l'incontro. Prima ancora che
tentare di dare risposte o fornire spunti di riflessione su tali
quesiti, l'intento del convegno è quello di far conoscere e ricordare
la storia di due ebrei che vissero in prima persona la persecuzione e
l'annientamento oltre che fisico morale: Marta Minerbi e Alessandro
Ottolenghi, due cittadini trevigiani, due persone di cultura,
direttrice didattica della scuola elementare di Mogliano Veneto lei,
professore di chimica e matematica presso l'Istituto tecnico Riccati di
Treviso lui. Alessandro trovò la morte ad Auschwitz, Marta,
fortunatamente, si salvò grazie anche alla solidarietà delle suore e di
persone disposte ad aiutarla. Storie come tante in quel periodo di
persecuzioni che ci aiutano a comprendere allo stesso tempo i
meccanismi dell'esclusione, dell'intolleranza e della violenza razzista
ma anche a riflettere sulla presenza, se pur minimale rispetto alla
foga nazi-fascista, dei giusti e di quanti seppero dire di no, mettendo
in pericolo la propria vita pur di aiutare le vittime ingiustificate
della furia nazi-fascista. Fare
il punto sulla nostra memoria, sull'intreccio fra oblio, rimozione e
ricordo, e sulla necessità dell'elaborazione di un passato che non
abbiamo ancora saputo guardare in faccia fino in fondo, questo è il
nodo principale del convegno. Sono
previsti, fra gli altri, gli interventi di Alberto Cavaglion,
professore dell'Università di Firenze, di Luigi Urettini dell'Istituto
per la storia della Resistenza e della società contemporanea della
Marca trevigiana, di Giorgio Morlin, anche lui collaboratore
dell'Istituto per la storia della Resistenza, di Daniele Ceschin,
Rossella Bei, Silvia Ramelli, Claudio Berto, docenti di Rete di storie
locali di Peseggia, e di Ivo Mattozzi dell'Università di Bologna.
Coordineranno gli interventi don Giuseppe Paolo, del gruppo di Ricerca
storica “Astori”, e Ernesto Perillo dell'associazione Clio
'92.
Valerio Mieli
Le gran signore che facevano sognare
Da
qualche tempo, dentro il mondo ebraico, è maturato un interesse intorno
alle "scritture bambine". Se osservato dall'interno il fenomeno
sembrerebbe rafforzare il paradosso di Yerushalmi. Lo scoglio
dell'emancipazione ha prodotto una memoria incardinata nella pedagogia
ebraica (mi-dòr ledòr, di generazione in generazione). Dalla scuola i
bambini non devono essere tolti "neppure per la costruzione del
Tempio", insegna il Talmud. Quali fossero però le fantasie di questi
bambini non lo sappiamo. Sappiamo del fascino esercitato da alcuni
episodi biblici (la crudeltà è un aspetto dell'infanzia: la testa di
Oloferne tenuta in mano da Giuditta, le orecchie di Amanno), ma non
sappiamo con quali occhi giudicassero la trasformazione antropologica
che l'eguaglianza aveva prodotto, né disponiamo di fondi archivistici
che altre culture europee posseggono (Mont-Saint- Agnan presso Rouen,
in Francia; i family magazines).[...]
Alberto Cavaglion, Pagine Ebraiche, febbraio 2010
(Il testo integrale dell'articolo è sul Portale dell'Ebraismo italiano moked.it)
La pedagogia del bello
Ninìn
bimbo felice, di Marta Ottolenghi Minerbi (edito da Amicucci nel 1956),
è un libro importante sotto due diverse angolature. E' un testo per
l'infanzia, come altri ne scrisse questa esperta autrice per bambini,
che nella medesima collana ha stampato: La colpa di essere nati, Non è
ancora giorno, La scimmiotta Topsy. Per l'infanzia il libro è stato
sicuramente concepito, ma è anche una testimonianza di storia.
L'autrice guarda al bambino che legge, ma con senso di responsabilità
invita a riflettere noi adulti. Questo libro rappresenta l'antefatto di
un celebre libro: i diari dell'ebreo torinese Emanuele Artom, da poco
ristampati in edizione critica, a cura di Guri Schwarz, per i tipi di
Bollati Boringhieri (Diari di un partigiano ebreo, 2008).
Pagine Ebraiche, febbraio 2010
(Il testo integrale dell'articolo è sul Portale dell'Ebraismo italiano moked.it)
Qui Torino - La memoria secondo Massimo Ottolenghi
“Dobbiamo
dare la parola ai ricordi; la nostra memoria è un monito per il futuro”
mi spiega al telefono l’avvocato Massimo Ottolenghi, ex militante del
movimento Giustizia e libertà, scrittore e Decano dell’ordine degli
avvocati torinesi. Il suo nuovo libro, “Per un pezzo di patria”, è un
affresco vivo e nitido di trent’anni di storia italiana, una
testimonianza diretta e preziosa dei drammatici eventi della prima metà
del secolo. Nato nel 1915, Ottolenghi regala al lettore un spaccato
interessante sia del mondo ebraico, con le sue tragiche vicissitudini,
sia della Resistenza, raccontata con sguardo critico ma
appassionato.[...]
Daniel Reichel
(Il testo integrale dell'articolo è sul Portale dell'Ebraismo italiano moked.it)
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Il dialogo e il piano inclinato
Forse,
se non tutti, da parte ebraica – e non solo – si mostrano sempre
entusiasti di fronte al tanto elogiato dialogo interreligioso, ciò
dipende anche dalla ricorrente tentazione, da parte di alcuni
‘dialoganti’, a trasformare il dialogo stesso in qualcosa di più, e di
diverso, da quello che esso dovrebbe essere. L’idea di una semplice
conoscenza fra diversi, nel mutuo rispetto, senza alcuna pretesa di
plasmare l’altro a proprio piacimento, o comunque, in qualche modo, di
trasformarlo, a molti appare, evidentemente, non sufficientemente
attraente, qualcosa per cui non varrebbe la pena impegnarsi troppo. È
così, per esempio, che, a coronamento di un’esistenza in buona parte
spesa proprio per la causa del dialogo ebraico-cristiano, il Cardinale
Carlo Maria Martini, nel suo recente libro Le tenebre e la luce, ha
affermato che le tradizioni religiose non dovrebbero essere considerate
dei “monoliti immutabili”, ma dovrebbero accettare la possibilità di
una propria decadenza, in nome di una nuova vivificazione, per arrivare
alla conclusione che, al momento attuale, “il nostro cammino
interreligioso deve consistere soprattutto nel convertirci radicalmente
alle parole di Gesù, e, a partire da esse, aiutare gli altri a compiere
lo stesso percorso”. Ed è singolare che parole simili possano venire
anche dallo stesso mondo ebraico. Su la Repubblica di lunedì 18
gennaio, in un articolo a commento della visita del Papa nel Tempio,
Gad Lerner, nell’elencare luci e ombre sulla strada del dialogo, dopo
avere enumerato alcune “pietre d’inciampo” in campo cristiano, si
chiede: “a loro volta, quando gli ebrei saranno pronti a riconoscere
familiare e profetico il messaggio del loro correligionario Gesù…?”.
Non si discute, per carità, lo spirito amichevole di simili
esortazioni. Che, tuttavia, possono generare disagio, dando l’idea di
un dialogo su “piano inclinato”, atto a fare insensibilmente scivolare
verso nuovi, impensati confini. È proprio troppo difficile
accontentarsi di un umile, modesto dialogo su “piano orizzontale”?
Francesco Lucrezi, giurista
Il papa in sinagoga: due visite a confronto
Non
era realistico attendersi dalla visita di Benedetto XVI al Tempio
Ebraico di Roma novità di portata storica e così infatti è stato,
realizzandosi un incontro solenne ma interlocutorio, utile per il
mantenimento e magari l'intensificazione dei regolari rapporti ormai in
atto. Sarebbe peraltro stato ingiusto pretendere che i
protagonisti di questo incontro, come per il sequel di un film di
successo, potessero superare la storicità dell'originale che
vide,occorre dirlo con obbiettività e senza pregiudizio per le figure
odierne, l'affiancarsi di due personaggi quali Papa Wojtyla ed il
Rabbino Elio Toaff dotati di naturale capacità mediatica di "bucare il
video", come d'uso dire oggi. I passi storici compiuti da Giovanni
Paolo II verso l'ebraismo e verso Israele godono quindi della forza
della primogenitura ed è pertanto inevitabile riferirsi ad essi o,
volendo esplorare una seconda ipotesi, "trincerarsi" dietro ad essi in
quanto inevitabilmente ormai avvenuti. Poteva esserci un certo
spazio nell'accelerare una risoluzione condivisa,se possibile, sulla
vicenda dei silenzi di Papa Pacelli dinanzi al nazifascismo e sulla
divulgazione del materiale ebraico presente nelle biblioteche e negli
archivi vaticani ma non mi è parso di cogliere nel discorso di Papa
Ratzinger aperture in questo senso segno,delle due l'una specialmente
per la questione Pacelli,che il Vaticano non vuole o non può per sue
dinamiche interne aderire a queste richieste ben esplicitate dal
Presidente della Comunità di Roma, Riccardo Pacifici, nel suo discorso
denso di concreti e fattivi riferimenti. Guardando quindi senza
enfasi e pregiudizio a simili incontri, vi è di positivo che pare ormai
evidenziarsi chiaramente il confine del cosiddetto "dialogo possibile":
quello che può sfociare nel confronto culturale per il piacere di far
cultura e conoscersi meglio e nella condivisione di comuni intenti da
proporre alla società, senza pretese di andare oltre ove dal dialogo si
passerebbe ad un'inaccettabile tentativo di "inglobamento". In
questo senso le chiare parole espresse, circa i limiti del dialogo,
dallo stesso Ratzinger nella lettera-prefazione ad un saggio di
Marcello Pera appaiono pragmaticamente fondate e perciò lo
"scetticismo" verso il rapporto ebraico-cattolico, per usare un
termine a mio modesto giudizio impropriamente utilizzato in un articolo
dall'Ambasciatore Lewy che lo attribuisce in particolare
all'ebraismo ortodosso,oltre a non essere reato appare tranquillamente
realistico e rispettoso delle altrui visioni basandosi, peraltro, sulla
convinzione ebraica che non pretende di possedere esclusivo canale
con il Signore. Insomma un rapporto tra amici che, proprio
perchè tali, non può richiedere l'appiattimento dell'uno nei confronti
dell'altro e non stonano pertanto,in questo contesto, le annotazioni
critiche lette in questi giorni e che si inseriscono proprio
all'interno del dialogo non potendo essere sacrificate sull'altare di
un presunto "buonismo" che falserebbe i termini del rapporto stesso. Un
"dialogo possibile" che sarebbe opportuno, lo affermo da liberale
aderente alla comunità ebraica italiana che è ortodossa, rafforzare
anche verso le altre espressioni di fede ed ai non credenti per
sviluppare ulteriormente quella società aperta nella quale la laicità
della sfera pubblica non è nemica dell'espressione religiosa,intesa
nelle sue varie declinazioni rispettose delle comuni leggi dello
Stato,ma anzi ne garantisce la libertà.
Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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rassegna stampa |
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Nei
giorni scorsi si sono ripetuti due fatti di estrema importanza: il
terremoto di Haiti e la visita di un papa alla sinagoga di Roma. Di
entrambi i giornali di tutto il mondo hanno raccontato tutto, o meglio
quasi tutto quello che andava raccontato; ed anche questa rassegna ne
ha diffusamente parlato. Quasi tutto, dicevo; non ho infatti trovato
molte tracce di una realtà che vorrei ricordare ai nostri lettori.
Immediatamente dopo il terremoto di Haiti (che, come accennavo più
sopra, si era già verificato ben 12 volte con simile intensità
negli ultimi secoli), il governo israeliano aveva provveduto a far
partire un'unità di crisi; sempre pronta a portare soccorso dove
avvengono catastrofi umanitarie, in qualunque luogo esse avvengano
(ricordiamo, tra i tanti, i soccorsi in Turchia ed in India). Due aerei
sono decollati da Israele e già sabato 16 un ospedale da campo era il
primo ad essere operativo a Port au Prince. Il notiziario in inglese
mail@jerusalemonline.com, che chiunque può ricevere direttamente sul
proprio computer, nell'edizione di domenica 17 annunciava che già 8
persone erano state salvate dalle unità speciali israeliane, e questa
notte aggiungeva che ancora un'altra donna era stata estratta viva
dalle macerie dell'università. Le unità speciali hanno incominciato ad
operare immediatamente, lavorando con le squadre messicane conosciute
durante precedenti interventi, tenendosi fuori dalle querelles che
hanno invece disturbato il compito di altre unità di crisi, inviate da
altri paesi, ma in concorrenza tra di loro. Duecentoventi israeliani,
tra uomini e donne; oltre il triplo degli inglesi; intervento
sproporzionato anche questo? Gli israeliani, senza preoccuparsi di come
Haiti potesse aver votato nei vari consessi internazionali impegnati a
censurare il loro Stato, sono stati tra i primi ad accorrere nonostante
la distanza geografica, le dimensioni ridotte del loro Stato, e la
necessità di non lasciarlo comunque mai sguarnito; solo il desiderio di
solidarietà guidava questi uomini. Avrei voluto trovare, su qualche
quotidiano nazionale, una breve che ricordasse questa realtà ai suoi
lettori; no, questa volta non si è parlato degli israeliani (tranne che
al TG5 e, oggi, Il Foglio),
forse perché non potevano essere messi sul banco degli accusati, o
perché erano più interessati alle dispute con la domestica di casa
Netanyahu. Ma su Repubblica Ermanno Accardi ha parlato martedì dei
giocattoli che da Gaza stanno per inviare ad Haiti... Sappiano i nostri
lettori che sabato, dopo le preghiere nelle quali gli ebrei hanno
ricordato il salmo 104 in cui si parla dei movimenti tellurici, gli
haitiani hanno baciato il loro tallet. Le immagini del lavoro degli
israeliani nel momento stesso in cui riportano alla luce un haitiano
rimasto sepolto per giorni, e della gioia di tutti gli astanti,
mostrate da informazionecorretta.com, sono di quelle che rimangono
impresse nella memoria in modo indelebile. Un bambino nato domenica
nell'ospedale israeliano di Port au Prince (l'unico anche oggi ad
essere del tutto operativo, montato in solo 8 ore, ed in grado di
effettuare 5000 interventi al giorno), è stato chiamato Israel. Una
israeliana, nella divisa di Tsahal, è stata ripresa felice accanto al
neonato ed alla madre haitiana. La CNN ha
trasmesso un altro bel servizio. Ancora dal sito
Jerusalemonline.com, nell'edizione di lunedì, abbiamo appreso che un
terrorista, responsabile di un attentato perpetrato in un pub di Tel
Aviv 6 anni fa, dopo aver scontato una pena nelle prigioni egiziane, è
stato ora nominato professore alla London School of Economics: anche
questa istituzione inglese, nonostante le sue grandi tradizioni, si sta
piegando al volere dei fondamentalisti islamici? Sarà solo un caso che
il mancato attentatore dell'aereo diretto a Dallas avesse studiato
proprio in quell'ambiente in rapida trasformazione? Sul Corriere Bernard Henry Levy ritorna sulla figura di Pio XII, mentre sul Foglio Andrea Monda intervista il rabbino Neusner che ha anche incontrato Benedetto XVI. Su La Stampa
Maria Corbi ricorda il piccolo Stefano Taché ed i suoi assassini che
non hanno mai pagato per il loro crimine; alla mamma del piccolo che
continua a rifiutare di parlare, anche a distanza di anni, non posso
dire altro che la comprendo bene. Sul Corriere
si parla della pièce portata in teatro che ricorda l'eroica vicenda del
console italiano Zamboni: riuscì, da solo, a salvare tanti ebrei a
Salonicco. Sull'indizione in ottobre di un Sinodo per il Medio Oriente,
che dovrà trattare sia delle divisioni tra le varie fedi cristiane, sia
dei problemi religiosi e politici da affrontare con i vari stati,
troviamo numerosi articoli: sul Riformista (Cristiani trattati come non cittadini, e ci si chiede se si avranno di nuovo dei martiri cristiani), su Avvenire
(il dialogo con gli ebrei è già aperto anche in Medioriente, mentre è
più problematico con la maggior parte dei paesi medio-orientali), sul Messaggero (la diaspora cristiana pare inarrestabile, e questo per colpa dei fondamentalisti), mentre sul Corriere è
riportato in una breve un documento davvero criticabile delle Chiese
orientali. Pochi quotidiani ricordano la seconda seduta congiunta dei
governi di Germania ed Israele, questa volta svoltasi nella capitale
tedesca: avvenimento ricco di significati, e del quale si deve
ringraziare la cancelliera Merkel. La Stampa,
in una breve, intervista il Capo dei servizi informazioni militari di
Israele: per questioni strategiche ci dice che è crisi profonda con la
Turchia (dove ricordo si è appena recato il ministro della difesa
Barak). Il Corriere (oltre a Repubblica)
parla del viaggio del Prefetto della Polizia Manganelli in Israele:
scambi di esperienze tra tecnici, con l'Italia interessata ad
acquistare moderna tecnologia da usare anche nella lotta alla mafia, ed
Israele interessata ai metodi di lavoro italiani. Herald Tribune,
come sempre severo con Israele, esamina le difficoltà ancora da
risolvere prima che possa entrare nell'Organisation for Economics
Cooperation: ostacoli persistono per la sua industria delle armi, per
quella dei medicinali e per i territori annessi di Gerusalemme e del
Golan. L'Unità dedica un articolo ai nuovi arrivi dall'Etiopia di
falashmura. Tutto in difesa di Hamas un articolo su Terra che
chiama Gaza "riserva indiana": ai palestinesi viene impedito di
lavorare, mentre Netanyahu frena la trattativa per liberare Gilad
Shalit per non concedere un successo ad Hamas. Simile il tono di
Michele Giorgio sul Manifesto
che parla dei disastri provocati dall'alluvione in un wadi di Gaza dove
tanti beduini, dimenticando le antiche abitudini (ndr), si erano
accampati. Una volta nei wadi si mettevano bastoni di misurazione per
vedere il livello delle acque, oggi si costruiscono accampamenti, e poi
la colpa è naturalmente di Israele (dove ricordo che si sono avuti
alcuni morti per le stesse, abbondanti piogge che servono sì a riempire
i bacini ed a far diventare verde il deserto, ma che anche causano
danni non indifferenti).
Emanuel Segre Amar |
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Benedetto
XVI riafferma la necessità
di approfondire il dialogo con l'ebraismo Città del Vaticano, 20 gen - Benedetto
XVI, nella sua visita alla sinagoga di Roma, "ha riaffermato
categoricamente l'impegno della Chiesa cattolica e il suo desiderio di
approfondire il dialogo e la fraternità con il Giudaismo e con il
popolo ebraico, secondo la 'Nostra Aestate', il conseguente magistero e
in particolare quello di Giovanni Paolo II". Lo si afferma nel
comunicato finale congiunto della Commissione bilaterale per i rapporti
tra ebrei e cattolici, conclusa oggi in Vaticano. All' incontro ha
partecipato una delegazione della Santa Sede e una del Gran Rabbinato
di Israele. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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