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L'Unione informa
 
    2 febbraio 2010 - 18 Shevat 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca,

rabbino
A proposito della strada più lunga che il popolo ebraico dovrà percorrere dall'Egitto alla Terra d’Israele emerge come, soprattutto nei percorsi identitari, le scorciatoie possono rivelarsi sconvenienti. Maimonide ci indica come la scelta di non condurre gli ebrei per la strada più breve “il derekh eretz pelishtìm..” “…la strada  del paese dei Filistei...” sia una precisa scelta pedagogica. La parola strada in questo passaggio della Torà viene indicata con l'espressione derekh eretz che indica anche quell’insieme di norme etiche e comportamentali corrette senza le quali non si può costruire alcuna identità ebraica. Con un mirabile paradosso la Torà ci sta insegnando che non siamo stati condotti verso il derekh eretz pelishtim, la cultura etica dei Filistei, proprio perché ci è troppo vicina. Uscire dall'Egitto significa, invece, provare a costruire una cultura etica autoreggente anche se il percorso è lungo e tortuoso.
Il Senato di Washington ha approvato per acclamazione la legge, già varata dalla Camera, che assegna al presidente Obama pieni poteri per varare nuove sanzioni nazionali contro l'Iran per fermarne la corsa all'atomica. I senatori suggeriscono di varare sanzioni finanziarie contro le aziende straniere che vendono benzina e prodotti fossili raffinati a Teheran. Le più importanti di queste aziende sono cinesi ed europee.  Maurizio
Molinari,

giornalista
maurizio molinari  
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  Qui Gerusalemme - Berlusconi prepara l'intervento alla Knesset

Natanyahu-BerlusconiGrande attesa in Israele per il discorso che il premier Silvio Berlusconi pronuncerà domani alla Knesset, il Parlamento israeliano, onore concesso finora a ben pochi leader stranieri e che Berlusconi ha fatto sapere di attendere come "il più importante e il più emozionante".
Qui aprirà l'esposizione di sette disegni di Leonardo da Vinci, concessi in prestito dall'Italia fino al prossimo marzo.
Il viaggio di Berlusconi e di un nutrito numero di ministri in Israele osservato con grande attenzione dalla stampa internazionale che considera Berlusconi il "miglior amico di Israele", è stato accolto con grande eco anche dalla stampa israeliana che ha presentato il vertice tra i due governi come il segno di una partnership speciale. A Berlusconi si riconosce infatti il merito di aver rivoluzionato la strategia italiana in Medio Oriente rispetto alla politica filo-araba nel cui solco avevano camminato leader politici italiani come Moro, Craxi e Andreotti.
Fin dal suo primo governo nel 1994 invece Berlusconi ha stabilito il principio del diritto alla sicurezza dello Stato ebraico accanto, certo, a quello palestinese ad avere uno Stato. E proprio su questo punto, un'intervista rilasciata al quotidiano israeliano Haaretz domenica da Berlusconi alla vigilia  del suo viaggio in Israele aveva destato non poche polemiche ed era stata oggetto di molte strumentalizzazioni "La politica della colonizzazione è errata. Israele deve ritirarsi dal Golan" titolava infatti Haaretz riportando un ampio intervento del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi  in cui venivano toccati diversi temi fra cui il processo di pace in Medio Oriente, i piani di sviluppo economico nei Territori palestinesi, la politica italiana di fronte al terrorismo nel mondo e la minaccia nucleare iraniana.
L'arrivo di Berlusconi e del suo staff in Israele, ieri nel primo pomeriggio sembra aver allentato la tensione.
Il premier Berlusconi è stato accolto al suo arrivo all'aeroporto Ben Gurion dal ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, la cerimonia ufficiale di benvenuto si è però svolta a Gerusalemme nell'ufficio del premier israeliano Benyamin Netanyahu, subito dopo ha raggiunto la vicina 'Foresta delle Nazioni' dove ha piantato un albero simbolo di pace e cooperazione fra i due Stati, proseguendo poi per il Museo della Shoah, Yad Vashem, dove ha depositato una corona di fiori davanti alla fiamma perenne dove sono incisi i nomi di tutti i campi di sterminio nazisti.
Oggi, con la firma di diversi accordi bilaterali che vanno dalla collaborazione culturale a quella scientifica entra nel vivo il mega vertice italo-israeliano, una serie di colloqui bilaterali destinati a culminare nel primo pomeriggio in una riunione plenaria delle due folte delegazioni ministeriali.
Entro questa sera i ministri italiani lasceranno il paese, mentre il Presidente del Consiglio resterà anche domani giornata durante la quale è previsto il già citato intervento di fronte ai deputati della Knesset, di cui uno dei punti chiave sarà quello del pericolo iraniano. L'Italia  che è il secondo partner commerciale nell'Unione Europea, dopo la Germania dell'Iran, da molti anni ha un giro d'affari milionario con questo paese oggetto di una attenta osservazione da parte americana ed israeliana, i due paesi che più si sono battuti in questi mesi per aumentare il peso delle sanzioni contro Teheran.
"L'intera comunità internazionale deve decidersi a stabilire con parole chiare, univoche e unanimi, che in linea di principio non è accettabile l'armamento atomico a disposizione di uno Stato i cui leader hanno proclamato apertamente la volontà di distruggere Israele e negano insieme la Shoah e la legittimità di un focolare nazionale ebraico". Ha tuttavia dichiarato il premier Berlusconi aggiungendo "Su queste cose a me non piace scherzare, eludere il problema, diplomatizzare in modo formalistico le questioni".
Secondo Berlusconi bisogna percorrere la via del "controllo multilaterale sugli sviluppi del programma nucleare iraniano, del negoziato intelligente, delle sanzioni efficaci". "Non si deve respingere alcun segnale di buona volontà -ha concluso - ma è già accaduto che gli sforzi di dialogo siano stati frustrati dalla logica dell'inganno e del comprare il tempo. A chi voglia metterci di fronte al fatto compiuto occorre dare risposte robuste e maliziose".
Un impegno effettivo italiano nei confronti dell'Iran è molto atteso da parte israeliana "Dall'Italia vorremmo soprattutto due cose: sanzioni contro Teheran e aiuto per far inserire le Guardie della Rivoluzione iraniana nella lista europea delle organizzazioni terroristiche", ha affermato oggi il vice premier israeliano Silvan Shalom in un'intervista alla Stampa. "L'Italia - spiega Shalom - proprio a causa delle sue relazioni con l'Iran ha un peso specifico superiore a tanti altri su questi temi. Abbiamo bisogno non solo che sostenga le nuove sanzioni internazionali, ma che si metta alla guida del processo per approvarle". All'Italia il vice premier israeliano chiede inoltre di "farsi promotrice a Bruxelles" dell'iniziativa di inserire le Guardie della Rivoluzione nella lista europea delle organizzazioni terroristiche.

l.e.


Qui Milano - Rav Arbib racconta la sua visita a San Vittore

Rav ArbibRav Arbib e il rapporto fra ebraismo e carcere
La situazione delle carceri in Italia, il sovraffollamento, la qualità della vita dei detenuti, la loro rieducazione è un problema di grande urgenza nel nostro paese. Il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib si sofferma sul punto di vista dell’ebraismo sulla questione, dopo aver partecipato al momento di riflessione al carcere di San Vittore in occasione del Giorno della Memoria organizzato da Comunità ebraica, Anpi, Aned e sindacati.
Rav Arbib, esiste un particolare approccio al problema e alla gestione delle carceri nella tradizione ebraica?
In realtà è difficile definire una posizione dell’ebraismo riguardo a questo tema, perché la reclusione non è una sanzione prevista nella Torah. Nella legge ebraica non esiste il concetto di prigione. C’è solo un episodio in cui si configura una specie di pena detentiva. Durante i quarant’anni nel deserto, un uomo taglia alcuni rami da un albero durante lo Shabbat. Mosè non sa quale sanzione infliggergli e così si rivolge a D-o perché gli fornisca la risposta. Nell’attesa tuttavia, l’uomo viene imprigionato, una sorta di “carcerazione in attesa di giudizio”. Il fatto che la detenzione non sia contemplata come sanzione tipica, non significa che prevedere un sistema carcerario, come ovviamente fa anche l’ordinamento israeliano, sia in contrasto con la Torah. In essa viene infatti specificato che è possibile per il re, quindi in senso più ampio, per lo Stato, configurare delle pene diverse e ulteriori rispetto a quelle lì elencate.
A San Vittore ci sono talvolta dei detenuti di religione ebraica?
Può capitare. La legge italiana garantisce l’assistenza religiosa e riconosce la possibilità ai ministri di culto di stare vicino ai detenuti, quindi anche i rabbini portano la loro assistenza. Possiamo far pervenire pasti Kasher e provvedere ad altre necessità di questo tipo. I rapporti con l’autorità penitenziaria sono buoni. Non ci sono mai stati problemi.
Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, ricorda come i detenuti di San Vittore, dove fu rinchiusa quaranta giorni con suo padre, siano stati gli ultimi esseri umani che incontrò prima della deportazione, perché capaci di esprimere la loro compassione e solidarietà, in contrasto con l’indifferenza o l’ostilità del resto della città di Milano. Quale significato ha avuto celebrare il Giorno della Memoria a San Vittore?
Quest’anno è stato deciso di portare al carcere di Milano l’evento per il Giorno della Memoria che tradizionalmente la Comunità ebraica organizza insieme a Aned, Anpi e sindacati, e penso che l’idea sia stata positiva. Da San Vittore sono passati gli ebrei, ma anche i partigiani, gli oppositori politici. È un luogo importante di memoria condivisa. Mi è piaciuto vedere la partecipazione della gente. È stato anche ricordato un aspetto molto importante e forse un po’ trascurato nell’ambito della riflessione sulla Shoah, quello del trauma che subiva chi, innocente, che fino a poco tempo prima non aveva mai neanche lontanamente considerato la possibilità di subire un arresto, si ritrovava in carcere, trattato come un delinquente, privato di dignità e libertà.

Rossella Tercatin



Qui Ostia - La festa degli alberi nella sedicesima sinagoga

OstiaFaceva freddo a Ostia, ma i bambini sembravano non sentirlo, danzavano in circolo i balli israeliani insieme a due animatrici dell'Ufficio giovani della Comunità ebraica di Roma e ascoltavano canzoni a molti di loro completamente sconosciute. "Qualcuno di voi ha mai piantato un albero?" Ha domandato il rav Ariel Di Porto rivolgendosi agli oltre cento bambini che affollavano festosamente lo spazio in cui fra un paio di anni sorgerà il sedicesimo tempio della Comunità ebraica della capitale, Shirat ha Yam.
La speciale iniziativa, frutto di una collaborazione fra l'associazione Shirat ha Yam e la Scuola ebraica di Roma Vittorio Polacco,  ha fatto incontrare i bambini della prima elementare del Circolo didattico Piero Della Francesca e i bambini della rispettiva classe della scuola Vittorio Polacco.
"Questa iniziativa ci riempie di gioia. - spiega Loretta Kajon che insieme a Giorgio Foà e ad Alberto Di Consiglio fa parte della giunta dell'associazione -  Ci fa piacere perché questo è l'unico centro della Comunità ebraica che si trova in una situazione paesaggistica particolare: a pochi metri sia dalla pineta che dal mare, per questo deve essere aperto a iniziative di questo tipo".
"La giornata di Rosh ha Shanà La-ilanot serve a ricordare il nostro legame con la natura, con le piante e con gli alberi " - ha spiegato il rav Di Porto - Questa giornata è legata anche alla terra di Israele così dipendente della pioggia, diversamente dal vicino Egitto da cui gli ebrei provenivano dove c'era il fiume Nilo. Noi ebrei invece,  preghiamo ogni giorno perché il Signore D-o mandi la pioggia".
Subito dopo i bambini hanno iniziato a piantare gli alberi e delle piccole piantine colorate. Fra questi vi era un albero di ulivo donato alla sinagoga dai bambini della Scuola Piero Della Francesca, anche il presidente del XIII Municipio Giacomo Vizzani giunto per festeggiare insieme ai bambini, ha piantato una piccola pianta.
La sinagoga Shirat ha Yam, che attualmente raccoglie la Comunità ebraica del lido composta da circa tremila persone, sarà un importante punto di aggregazione oltre che di culto, un luogo in cui si terranno eventi e attività per giovani e anziani. Attualmente vi vengono svolte lezioni di bibbia e di lingua ebraica una volta la settimana, ma sono in programma anche attività per i più anziani che saranno attivate non appena il clima sarà meno rigido.
"Lì in quello spazio vogliamo fare un forno per cuocere la pizza e un campo sportivo per i ragazzi", dice Loretta Kajon indicando il punto in cui attualmente è stata montata la tensostruttura in cui già si sono svolte le preghiere del giorno di Rosh ha Shanà e Yom Kippur "ma quando termineranno le scuole vogliamo anche organizzare dei centri estivi".

Lucilla Efrati


Qui Bologna - Giornata di studio sul
Capo d’anno degli alberi

BolognaUna giornata di studio su Rosh ha Shanà La-ilanot, capo d'anno degli alberi si è svolta a Bologna, promossa dalla Comunità ebraica locale con il Dipartimento educazione e cultura (Dec) dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l'Unione giovani nazionale (Ugn) e con la collaborazione del Keren Kayemeth LeIsrael (KKL), hanno partecipato giovani e adulti provenienti da quasi tutte le comunità.
L'incontro ha avuto come tema il significato di Tu Bi-shvat ed ha visto una serie di attività, rivolte ad ogni tipo di età: bambini, giovani, adolescenti e adulti che, oltre che da Bologna, sono giunti anche da Roma, Ferrara, Modena, Padova, Rovigo, Parma, Trieste e Livorno. Attività diverse per ogni fascia di età.
La giornata è iniziata con due lezioni, tenute dal rav Sermoneta, rabbino capo di Bologna, che, ha portato il saluto della Comunità locale e ha tenuto un intervento sul tema dell'incontro, partendo dalla Parashà settimanale, in cui si parla dell'importanza dell'acqua e dell'albero, rispetto alla Torà e al popolo ebraico.
Il rabbino capo di Ferrara, Luciano Caro, ha introdotto un brano di Torà dedicato al rispetto dell'ecologia e all'importanza che la Torà dedica ad essa.
I venticinque bambini presenti, hanno lavorato seguiti dalle gananot della Comunità di Bologna e da Ester Schek, la madrichà dell'Ufficio giovani nazionale del  Dec che ogni mese va a Bologna a fare attività di educazione ebraica informale.
Un ventina di adolescenti, provenienti da sette comunità diverse hanno seguito invece un programma tutto speciale seguito da Raffaella Toscano, Giuditta Boassous e Noemi Di Segni, le madrichot dell'Ugn con il prezioso contributo educativo di Alex Licht, l'Arevà della Comunità di Torino. Erano presenti Hilla Lawi e Israer, rispettivamente gli shlihim di Livorno e Trieste.
Durante il pranzo si è svolto il tradizionale Seder di Tu Bi-Shvat, sia per i giovani che per gli adulti, cui ha fatto seguito una lezione del rav Goldstein, rabbino capo di Modena, sulle regole dell'osservanza di tale giornata.
Al termine del pranzo si è proceduto con la piantagione di alcune piante, da parte dei bambini del Talmud Torà e del Gan della Comunità di Bologna.
La giornata è proseguita con varie attività dei giovani.
Nonostante le avverse condizioni metereologiche (è continuato a nevicare per tutta la giornata), si  possono contare un centinaio di presenze totali, che hanno contribuito alla riuscita dell’iniziativa.
Un grande Chazak a Ilana Bahbout, a Natasha Rubin per l'organizzazione e alle due consigliere della Comunità di Bologna Muriel Wall ed Elena Samaja, che hanno contribuito alla preparazione del pranzo e della riuscita della manifestazione. Un ringraziamento particolare  va all'ideatore dei progetti regionali, rav Roberto Della Rocca, direttore del DEC, che da lontano ci ha seguiti e sostenuti.
Chag Sameach,

Rav Alberto Sermoneta


Calcio - Coppa Carnevale, Maccabi Haifa soffre ma sorride

CalcioCompetizione calcistica dal respiro internazionale, è iniziata nelle scorse ore la sessantaduesima edizione della Coppa Carnevale. Tantissimi i campioncini in erba saliti alla ribalta nelle passate edizioni del torneo, da sempre punto di riferimento per il pacifico esercito di procuratori e talent scout che ogni anno invade Viareggio e dintorni armato di block notes e personal computer. Su tutti vale l’esempio di Gabriel Omar Batistuta, giovane attaccante dello Sportivo Italiano nell’edizione del 1989. Sconosciuto ai più, quel giocatore magrolino e apparentemente timido sarebbe diventato nel giro di poco tempo il centravanti ed il leader della nazionale argentina.
Quest’anno ci sono quarantotto squadre ai blocchi di partenza, in rappresentanza di diciotto paesi e cinque continenti. A difendere i colori di Israele, i ragazzi del Maccabi Haifa, che quattro anni fa riuscirono ad arrivare alle semifinali. Nel gruppo 3, abbastanza tosto, devono vedersela con Torino, Bologna e LIAC of New York. Complice una riforma del regolamento che rende praticamente obbligatorio arrivare primi nel proprio girone se si vuole accedere agli ottavi, non sono permessi passi falsi. Sfortunatamente, il debutto dell’undici allenato da mister Ithy è stato tutt’altro che positivo. La sconfitta di ieri pomeriggio contro il Torino, un 3 a 1 abbastanza difficile da digerire, complica e non poco i loro sogni di gloria (“l’obiettivo è passare il turno” mi aveva confidato uno dei manager nel prepartita). Il match, disputato nel piccolo ma ruspante impianto di Suvereto, cuore della Maremma da cartolina, avrebbe con ogni probabilità preso un’altra piega se a dirigere l’incontro ci fosse stato un altro arbitro, meno insicuro e meno di parte. Il direttore di gara, tale Martire di Grosseto, ha fischiato praticamente a senso unico, penalizzando oltremodo l’undici israeliano. È sembrato ad esempio incomprensibile il rigore dato ai granata (e poi trasformato) in avvio di partita. Una decisione che ha fatto infuriare la panchina del Maccabi e che ha provocato l’espulsione per proteste di un dirigente, entrato in campo per esprimere con veemenza il suo disappunto. Tornando al calcio giocato, comunque, il club di Haifa non si è fatto prendere dallo scoramento e ha immediatamente provato a replicare alla rete di Comi, esibendo una smagliante condizione atletica e ad un ottimo gioco sulle fasce, che ha creato non pochi grattacapi alla retroguardia avversaria. Poco dopo la mezzora, però, arrivava l’espulsione per somma di ammonizioni del capitano Ben: ingiusto il primo cartellino, meritato il secondo. Una bella mazzata, ma anche in dieci contro undici il Maccabi continuava a fare la partita, guadagnandosi gli applausi del pubblico (circa duecento persone tra cui alcuni supporter giunti appositamente dal Piemonte e l’ex allenatore della Fiorentina Aldo Agroppi). Ma la seconda doccia fredda non si faceva attendere più di tanto. Sbandata difensiva in avvio di ripresa e Benedetti ne approfittava per metterla dentro di testa. Cresceva il nervosismo in campo, brutti falli da ambo le parti interrompevano più volte il gioco. Nonostante l’arbitraggio ostile, il Maccabi non demordeva. Al termine di una bella azione in verticale, Aburokem superava il portiere con un rasoterra imparabile. Si riapriva la gara, anche se solo per pochi istanti, perché un’altra amnesia della retroguardia permetteva al Torino di marcare il terzo goal, ancora con Comi. Gli israeliani perdevano la bussola e mister Ithy si faceva espellere. Era poi Sallalich, con un fallaccio da dietro, a lasciare la sua squadra in nove. Doppia inferiorità numerica, e a quel punto non c’era più niente da fare. Senza ulteriori emozioni degne di nota, si arrivava così al novantesimo minuto. Adesso, per sperare di passare il turno, il Maccabi dovrà vincere le altre due partite del girone. Potrebbe tuttavia non bastare, perché dall’edizione 2010 solamente le quattro migliori seconde (i gironi sono 12) vanno agli ottavi. Ci sarà dunque da confidare in un po’ di buona sorte, e non solo in un arbitro finalmente adeguato.
Furiosi per un match che rischia di compromettere il loro cammino nella competizione, dirigenti e giocatori hanno ritrovato il sorriso in serata. Ospiti della Comunità ebraica di Livorno per una cena a base di specialità mediorientali preparate da Doctor Kebab, mitico fast food kasher labronico, l’amarezza delle ore precedenti è stata momentaneamente lasciata da parte grazie ad un apprezzato mix di humus e humour (nell'immagine in alto il Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Gadi Polacco assieme agli atleti).

Adam Smulevich
 
 
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  Torah oggi - La responsabilità verso l'offerente
 
BahboutI disastri che hanno colpito di recente l’umanità (come il terremoto di Haiti) hanno spinto e spingono lo Stato d’Israele e gli ebrei a impegnarsi in azioni, che potremmo definire di kiddùsh hashèm (consacrazione del Nome). E’ opportuno chiedersi quali siano i principi cui ci si deve ispirare in tutti i casi in cui un privato dà un contributo o un’offerta a una istituzione pubblica.
La mitzvà ama il prossimo tuo come te stesso va intesa nel senso che ognuno deve comportarsi verso il prossimo, anche non ebreo, nello stesso modo in cui il prossimo farebbe nei suoi confronti, e questo, quanto meno, mishùm darkhè shalòm, cioè per la convivenza pacifica tra vicini. Quindi, in linea di principio, la zedakà - la giusta azione di solidarietà - deve essere manifestata nei confronti di ogni bisognoso; quando la situazione impone delle scelte, si deve dare la precedenza alle persone a noi più vicine (i parenti - a cominciare da quelli più prossimi, gli abitanti della propria città, ecc). Accanto alla zedakà, che è un atto dovuto, c’è il hèsed (atto gratuito di amore), che è un’azione volontaria molto mertevole.
Una istituzione non può cambiare la destinazione di un’offerta o di un atto di zedakà fatta da un privato (ebreo o meno): infatti, secondo la halakhà, a meno che non ci sia una diversa dichiarazione esplicita (ad esempio per i terremotati), chi fa un’offerta ha intenzione di destinarla alla propria città o comunità. Quindi, chi utilizza una zedakà o un’offerta per uno scopo o per una città diverse da quelle cui erano state destinate compie un atto illecito, una sorta di furto.
Anche le offerte fatte da non ebrei per una comunità o per un progetto ebraico godono di un trattamento simile, sia per il principio della reciprocità, sia perché il furto è proibito secondo Le Sette Leggi di Noè valide per tutta l’umanità. Anzi, in quest’ultimo caso, un ebreo che utilizza un’offerta per uno scopo diverso da quello presumibilmente stabilito dall’offerente non ebreo, può commettere una trasgressione ancora più grave, assimilabile al khillùl hashèm (profanazione del Nome).
Come ebrei e come cittadini abbiamo il dovere di combattere gli abusi in questo campo.

Rav Scialom Bahbout
 
 
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L'argomento principale della nostra rassegna stampa è ovviamente la prima giornata del viaggio di Berlusconi in Israele, segnata da grande cordialità e forte sintonia politica, nonostante il dissenso sulle critiche dell'intervista di ieri sulle "colonie" (R.E. su Avvenire, R.A. Segre sul Giornale, Carlo Panella su Libero, Caprara sul Corriere). Berlusconi ha detto che il suo "sogno" è di vedere Israele nella Comunità Europea, riproponendo una vecchia idea di Pannella (Il Foglio, Adsig sul Giornale, Marco Conti sul Messaggero) Naturalmente contro la proposta si schierano gli anti-israeliani doc, sia a livello europeo (per esempio la nuova commissaria laburista agli esteri, come spiega Marco Zatterin sulla Stampa sia su quello dei giornali: Bonanni su Repubblica). Il tema politico vero della visita però è più immediato e consiste nella richiesta israeliana di ridurre gli scambi commerciali con l'Iran (Anna Momigliano sul Riformista, Mar Con sul Messaggero, Paolo Mastrilli sulla Stampa, Carlo Brambilla su Repubblica). L'Italia in cambio cerca di chiudere vuna fornitura di aerei (Adalberto Signore sul Giornale) Sui giornali ci sono molti dettagli extrapolitici sul viaggio: la visita a Yad Vashem, il soggiorno al King David ecc. (notizia non firmata sul Corriere g.l. su Repubblica, Alon Altaras sul Fatto).
 
Altre notizie della giornata. Israele ha annunciato di aver punito due ufficiali per aver usato i proiettili al fosforo in circostanze "contro le regole" durante "Piombo fuso" (Battistini sul Corriere, Isabel Kershner sullo Herald Tribune). E' arrivato a Roma il calciatore israeliano della Lazio, che intende prendere casa al ghetto (Isman su Repubblica). Airò su Avvenire e Dimitri Cavalli su Haaretz, ripreso sull'Osservatore romano cercano di ribattere alle notizie di ieri sull'indifferenza di Pio XII.
 
Ugo Volli

 
 
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Trattive Israele e Hamas sospese, Shalit resta in mano nemica
Gaza, 2 feb -
Le trattative per uno scambio di prigionieri fra Israele e Hamas e quindi per il recupero del soldato israeliano rapito nel giugno 2006 sono sospese. L'annuncio è giunto da parte di uno dei dirigenti di Hamas a Gaza, Mahmud a-Zahar. "La mediazione egiziana e quella tedesca sono sospese" ha affermato a-Zahar, che ha attribuito al premier Benyamin Netanyahu un "indurimento" delle posizioni israeliane. In Israele le dichiarazioni di a-Zahar non sono state finora commentate.

 
 
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