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L'Unione informa |
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3 febbraio 2010 - 19 Shevat 5770 |
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Adolfo Locci, rabbino capo di Padova |
“Dall’indomani
Moshè sedette a giudicare il popolo, ed il popolo stette davanti a
Moshè dal mattino alla sera” (Esodo 18, 13). Rashì e Ramban intendono
per “domani” il giorno successivo allo Yom Kippur, che secondo la
tradizione è il giorno in cui Moshè tornò, dopo essere stato per altri
quaranta giorni al cospetto di Dio, con le nuove “Tavole del Patto”
testimonianti anche il perdono che il Signore concesse a Israele dopo
la colpa del vitello d’oro. Kippur è il giorno in cui si raggiunge
un momento alto di spiritualità in cui le persone sono disposte a
venirsi incontro. Dunque, Moshè inizia la sua amministrazione della
giustizia il giorno dopo che Dio ha manifestato la Sua. Joseph B.
Soloveitchik, insegna che il legame tra questi due giorni è un’eredità
storica che consiste nel fatto che ogni giudizio che verrà emesso da
questo “domani” in poi, dovrà rispecchiare i medesimi contenuti del
primo giudizio di Moshè, vale a dire mantenere sempre un legame con lo
spirito del Yom Kippur. |
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C'è chi pensa che la vita sia un gioco e c'è chi pensa che il calcio sia la vita. |
Vittorio Dan Segre,
pensionato |
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Berlusconi alla Knesset: "Israele, grazie di esistere"
"Il
popolo ebraico è come un fratello maggiore" ha detto il presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi rivolgendosi ai deputati della Knesset, il
parlamento israeliano e riprendendo le parole pronunciale da Giovanni
Paolo II nella storica visita alla sinagoga di Roma nell'aprile del
1986. Un lungo discorso preparato con cura, limato fino all'ultimo
dal Premier e dai suoi più stretti collaboratori e molto atteso dai
media israeliani, che è stato applaudito dai deputati della Knesset e
dal presidente Shimon Peres, dal premier israeliano Benjamin Netanyahu,
e dalla leader dell'opposizione Tzipi Livni. L'intervento alla
Knesset è il segno della grande attenzione che Israele ha dedicato a
questo vertice bilaterale che si è svolto a Gerusalemme: un onore
concesso finora solo a pochi leader, come George Bush, Angela Merkel e
Nicolas Sarkozy. Berlusconi è stato accolto dal picchetto d'onore
schierato sotto gli arazzi di Marc Chagall che adornano la sala, il suo
intervento è avvenuto subito dopo quello del collega israeliano
Benyamin Natanyahu, che ha raccontato un singolare episodio. Durante
la seconda guerra mondiale, in un treno, ha detto Netanyahu, "un
poliziotto tedesco ha fermato una ragazza ebrea. Una signora italiana
che era incinta di otto mesi si è messa fra il poliziotto tedesco e la
ragazza ebrea. Ha fermato il poliziotto tedesco gli ha detto di
guardare i visi delle persone che erano sul treno e gli ha detto 'ti
prometto che non ti lasceranno uscire qui in vita'" "Con questa
esternazione decisa - ha detto ancora il premier israeliano - ha
salvato questa ragazza ebrea ed ha acceso forse per un solo attimo una
luce nelle tenebre che coprivano l'Europa. Questa signora coraggiosa si
chiamava Rosa e uno dei suoi figli si chiama Silvio Berlusconi". "Purtroppo
nel 1938, lo voglio ricordare, l'Italia si macchiò dell'infamia delle
leggi razziali, che contraddissero secoli di civiltà composta e di
rispetto umanistico della persona, della sua dignità. - ha detto
Berlusconi nella parte iniziale del suo discorso - Ma poi trovò la
forza di riscattarsi attraverso la lotta di liberazione dal
nazi-fascismo", ha spiegato il premier, sottolineando che quella lotta
"trovò anche il coraggio di molti eroi civili, tra cui Giorgio
Perlasca, che agì da giusto fra le nazioni mettendo in salvo
numerosissimi ebrei". E nel recente incontro tra "Papa Benedetto XVI e
la comunità ebraica di Roma, il presidente della Comunità Ebraica di
Roma, Riccardo Pacifici, ha ricordato il convento di Santa Marta a
Firenze, dove le suore cattoliche accolsero e salvarono decine di ebrei
dalla persecuzione nazista". Il Premier è poi passato a parlare
della sfida del terrorismo, rivolta non solo agli Stati Uniti e a
Israele ma a tutti i Paesi democratici dell'Occidente ed agli stessi
Paesi arabi moderati, una sfida raccolta dallo Stato italiano "Con i
nostri soldati e le nostre missioni di pace, - ha sottolineato
Berlusconi - abbiamo contribuito a rendere il mondo più sicuro e più
giusto, pagando un alto tributo di vite umane". E affrontando il
difficile tema della sicurezza dello Stato di Israele Berlusconi ha
dichiarato "Oggi, la sicurezza di Israele nei suoi confini e il suo
diritto di esistere come Stato ebraico sono per noi una scelta etica e
un imperativo morale contro ogni ritorno dell'antisemitismo e del
negazionismo e contro la perdita di memoria dell'Occidente. La nostra
amicizia per Israele è franca, aperta e reciproca, non è solo vicinanza
verbale, non è solo diplomazia, è un moto dell'anima e viene dal cuore". L'
azione italiana in Medio Oriente "è stata sempre indirizzata verso la
soluzione che prevede due Stati, quello ebraico di Israele e quello
palestinese, che vivano in pace e in sicurezza l'uno accanto
all'altro". Ha proseguito Berlusconi "Oggi questa soluzione, due Stati,
due popoli, appare condivisa, oltre che da voi e dalla leadership
palestinese, anche dall'Unione Europea, dagli Stati Uniti e dai più
importanti partner del mondo arabo. E devo dare atto al primo ministro
Netanyahu del coraggio con cui ha deciso di seguire, spiegandone le
ragioni al suo popolo, tale strada". Il vostro Stato è davvero il
simbolo della possibilità di essere liberi e di far vivere la
democrazia anche al di fuori dei confini dell'Occidente, ed è proprio
per questo che risulta una presenza intollerabile per i fanatici di
tutto il mondo. Per queste ragioni - ha concluso Berlusconi - i
liberali di ogni parte del globo vedono nel vostro Paese il simbolo
positivo, doloroso e orgoglioso di una grande storia che parla di
amore, di libertà, di giustizia, di ribellione al male. E noi, liberali
di tutto il mondo, vi ringraziamo per il fatto stesso di esistere".
Presenza ebraica nel Lazio. Duemila anni di storia in un libro
Il
rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha ironizzato sul grande
affollamento di pubblico che è intervenuto nella sala del Centro
Bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per
assistere alla presentazione del volume "La presenza ebraica a Roma e
nel Lazio. Dalle origini al Ghetto". "Un nuovo libro sulla storia
e cultura degli ebrei di Roma e del Lazio sembrerebbe inutile e
ripetitivo - osserva il Rav Di Segni nella presentazione del
libro, riflettendo sul grande numero di opere classiche e
pionieristiche uscite sulla storia del popolo ebraico a Roma ed alle
nuove ricerche basate su ampie documentazioni -- ma non è così per
questo importante volume che esce oggi". Il libro, edito dalla
casa editrice Esedra è il frutto di un lungo lavoro di ricerca svolto
da Anna Esposito, Daniela Pacchiani, Serena Di Nepi, Umberto Longo,
Silvia Haia Antonucci e Pierina Ferrara, che attesta e documenta la
presenza ebraica nel Lazio due secoli prima dell'Era Volgare
raccontandone la storia, la vita, le abitudini , le numerose
testimonianze, le antiche consuetudini e le secolari tradizioni. dando
un immagine puntuale della storia di una comunità antichissima le cui
origini risalgono a 22 secoli fa, e che si mantiene tuttora attiva e
vitale. Dopo messaggio di saluto del Presidente della Comunità
Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, del Rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni, di Antonio Abbate, assessore alla Cultura della Provincia di
Frosinone e di Alessio D'Amato, Presidente della Commissione Affari
Costituzionali e Statuari della Regione Lazio, Rita Padovano,
coordinatrice della ricerca ha introdotto gli interventi di Marina
Caffiero, ordinario di storia moderna presso l'Università La Sapienza
di Roma e di Micaela Procaccia, soprintendente ai Beni
archivistici del Piemonte e della Valle D'Aosta, a moderare Marco
Politi editorialista e scrittore, che ha evidenziato il grande valore
di ricerca di questo corposo volume. Il libro è stato realizzato
dall'associazione Arkes in collaborazione con il Centro di cultura
ebraica di Roma e con l'Archivio storico della Comunità ebraica di Roma
ed è diviso in quattro sezioni. Daniela Pacchiani ha curato la
parte che riguarda le origini della presenza ebraica a Roma e nel
Lazio, Anna Esposito si è occupata invece degli ebrei a Roma fra
Medioevo e Rinascimento, Umberto Longo dei rapporti fra la Chiesa e la
Comunità ebraica fra l'anno 1000 e il 1100, Serena Di Nepi di riti e
tradizioni e infine Silvia Haia Antonucci e Pierina Ferrara della
Universitas Hebreorum e l'istruzione fra il 1700 e il 1800.
Lucilla Efrati
Qui Roma - Collaborazione Italia Israele nel settore Hi-tech
Si
è svolto a Roma tra il 25 e il 28 Gennaio, il Medtech 2010 un evento
bilaterale organizzato da Sviluppo Lazio, società regionale per lo
sviluppo economico, che ha messo in contatto aziende israeliane e
italiane, localizzate, nello specifico, sul territorio laziale.
Presente all’evento il Consigliere per gli affari economici presso
l’ambasciata israeliana in Italia, Gila Livnat Rosiner. La Regione
Lazio, attraverso Sviluppo Lazio, ha strutturato un progetto di
internazionalizzazione dei settori ICT, Ambiente (tecnologie e risorse
idriche) ed Energia sostenibile verso Israele, paese in cui nel
prossimo futuro sono previsti importanti investimenti sia nella ricerca
che nella produzione. L’obbiettivo del convegno è stato
quello di creare un rapporto sinergico tra aziende italiane, israeliane
e istituti di ricerca e sviluppo nell’ottica di aprire la strada a
progetti di collaborazione tra i soggetti interessati. Il progetto
ha coinvolto 35 compagnie e istituti di ricerca italiani e 13 aziende
israeliane, quest’ultime promosse e coadiuvate nel supporto logistico e
nell’organizzazione dalla Business Value in collaborazione con la
JPPartners. Le aziende presenti all’evento sono tutte caratterizzate da
un forte potenziale di internazionalizzazione e da una spiccata
capacità di sviluppo di progetti innovativi riguardanti la gestione
delle risorse idriche, l’information technology e l’implementazione di
sistemi che ottimizzino lo sfruttamento delle fonti energetiche
alternative e rinnovabili. La collaborazione tra le aziende
italiane e israeliane del settore hi-tech sta diventando un naturale
complemento nel passaggio dalla fase di ricerca e brevetto a quella di
realizzazione e commercializzazione dei prodotti finiti. L’Italia è
vista come un valido partner nella fase di industrializzazione dei
prodotti grazie all’estensione del suo sistema industriale e
contestualmente è cresciuta la consapevolezza del rilievo assunto
dall’high-tech israeliano a livello mondiale. Il settore Hi-tech
israeliano beneficia da molti anni della cooperazione di aziende
straniere ad ogni livello. Un rapporto in cui Israele fornisce la
tecnologia o il prodotto finito e le aziende estere provvedono alla
gestione delle vendite e alle strategie di marketing e posizionamento
del prodotto sul mercato. L’industria è in continua ascesa e
il potenziale di crescita nell’ultimo periodo è aumentato nonostante la
recente crisi economica, che ha influito in modo marginale nel campo
dell’Hi-Tech. Un fattore importante nel tasso eccezionale di
crescita di questo settore, è costituito dalla percentuale di
ingegneri, la più alta del mondo. Si parla di 135 ingegneri ogni
10 mila persone, in confronto agli 85 ogni 10 mila persone negli Stati
Uniti. Israele è sulla buona strada per vantare l’Hi-tech
più avanzato in termini di conoscenza, ricerca e sviluppo. Un’industria
che potrà guidare sia lo stato d’Israele che i paesi che collaborano
con esso, oltre la crisi, verso sviluppi e prospettive economiche più
favorevoli.
Michael Calimani |
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Il dilemma Gilad Shalit
La
vicenda dell'atteso scambio tra il giovane soldato Gilad Shalit e i
circa mille detenuti palestinesi presenta, senza dubbio, caratteri di
assoluta singolarità sul piano militare, politico, giuridico. Come già
altre volte nella storia del conflitto mediorientale, è evidente che
siamo del tutto al di fuori dei fenomeni di normali scambi fra
prigionieri, usuali fra potenze belligeranti, come anche dei pagamenti
"in nero" effettuati a organizzazioni criminali per la liberazione di
ostaggi rapiti. Uno stato di diritto, in questo caso, è chiamato a
rinnegare apertamente sé stesso, le proprie regole e i propri principi,
piegandosi alla forza del ricatto. Non è la prima volta che
accade, ma mai il prezzo richiesto è apparso tanto elevato, e nessuno,
certamente, vorrebbe trovarsi al posto di chi, nel governo d'Israele,
si trova di fronte a un così terribile dilemma. Pagare o non pagare la
pesantissima contropartita, rilasciando tanti pericolosi criminali,
molti dei quali macchiatisi di crimini efferati, condannati a lunghe
pene detentive? Non c'è dubbio che le ragioni dell'opportunità politica
e della sicurezza del Paese spingano tutte contro lo scambio. Centinaia
di famiglie israeliane, i cui congiunti sono stati colpiti dai
prigionieri da liberare, vedrebbero mortificato il loro desiderio di
giustizia. La forza di deterrenza esercitata dal sistema giudiziario
d'Israele uscirebbe gravemente vulnerata: chiunque saprebbe, domani,
che, anche se catturato e condannato, prima o poi sarebbe comunque
rilasciato, grazie a futuri scambi. Molti dei prigionieri rilasciati -
non c'è dubbio - tornerebbero a colpire. Hamas otterrebbe una
straordinaria vittoria politica, dimostrando a tutto il mondo arabo che
solo la strategia della forza e della violenza è vincente. I 'moderati'
di Abu Mazen sarebbero costretti a riconoscere il successo dei rivali,
e sarebbero debitori, nei loro confronti, per la liberazione di
centinaia di loro uomini. Le forze più estremiste, dovunque,
uscirebbero galvanizzate, pronte a nuove sfide. Israele, sul tavolo
negoziale, avrebbe davanti, verosimilmente, avversari molto più duri e
ostili. E il rapimento di altri soldati, di fronte all'evidente
successo, diventerebbe l'obiettivo politico numero uno dei
fondamentalisti. E' evidente, ripetiamo, che lo scambio
appare, per Israele, una mossa fortemente autolesionista. L'Italia, nel
1978, non si piegò alle Brigate Rosse, lasciando Aldo Moro al suo
destino, per non pagare un prezzo cento volte inferiore (cento volte: i
terroristi chiesero il rilascio di dodici prigionieri, non di mille, e
probabilmente si sarebbero accontentati di uno solo). Chiunque,
pertanto, direbbe, con la ragione, di no. Ma basterebbe vedere per un
attimo una foto di Gilad, incrociare il suo sguardo di ragazzino,
timido e sorridente, per cambiare idea. Il cuore va in una direzione
opposta. Israele, si dice, è lacerata. Benedetta questa lacerazione, che mostra l'esistenza di un'intelligenza, e di un cuore. C'è
qualche lacerazione nel campo avverso? Quante voci si sono levate,
nell'intero mondo arabo, a perorare la causa di Gilad, chiedendo che
sia restituito alla sua famiglia, subito e senza condizioni,
semplicemente in quanto innocente? Quanto silenzio, e quanta solitudine.
Francesco Lucrezi, storico |
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rassegna stampa |
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A
pochi giorni dalla celebrazione del Giorno della Memoria, gli
spettatori del TG2 delle 20.30 di lunedì hanno sentito Sergio Romano
spiegare le ragioni per le quali egli è contrario all'ingresso di
Israele nella UE. L' ex ambasciatore è libero di avere le opinioni che
vuole sulla questione, ma non è accettabile che dica che Israele è un
paese spesso in guerra con l'uno o con l'altro dei suoi vicini, e che
quindi, se entrasse nella UE, "i suoi problemi diventerebbero i
nostri". Solo mercoledì scorso scrivevo in questa rassegna "il Giorno
della Memoria non permetta a nessuno di piangere per gli ebrei morti
per subito dopo sentirsi in diritto di attaccare gli ebrei vivi che
resistono al rinnovato progetto di sterminio"; prontamente le mie
parole hanno trovato conferma in uno dei più sottili odiatori di
Israele che tanto spazio trova nei nostri media. Su questo tema
troviamo l’articolo di Pezzana su Libero che attacca violentemente l’ex ambasciatore. Un altro storico odiatore di Israele, Viola, su Repubblica,
dopo aver affermato che Obama è stato bloccato nei suoi programmi di
pace dal solo Netanyahu, e che mentre il buon Grossman raccoglie pochi
amici per le sue manifestazioni, al contrario dei cattivi della destra,
arriva a contestare che Israele sia un “paese leader per la libertà e
per la pace”. Mi viene voglia di invitarlo ad andare a vivere
definitivamente in un qualsiasi altro paese del medio oriente,
lasciando definitivamente Israele. Miele su Avvenire e Galluzzo sul Corriere
ricordano l’attacco di Berlusconi a quei giornalisti sempre pronti ad
accusare Israele per “avvelenamento dei pozzi”, e, se questo argomento
manca per un giorno, allora si occupano delle faccende domestiche del
premier. Su la Stampa
Yehoshua parte da un’analisi sulla Shoah per riprendere il sermone
fatto dal ministro della religione palestinese nel quale questi invita
l’Iran a non occuparsi del conflitto israelo-palestinese: voi non fate
che inasprire lo scontro, non avete mai versato una goccia di sangue,
ce la dobbiamo vedere da soli. Sulla visita di Berlusconi tutti i
quotidiani riprendono gli argomenti del giorno, dalla necessità di
frenare gli accordi commerciali tra Italia ed Iran, al problema delle
colonie, alla ripresa delle trattative con Abu Mazen (e Berlusconi
lancia anche Erice come sede ideale per portarle ad una felice
conclusione). Ora che Obama si astiene perfino dal parlare del
conflitto nel suo recente discorso sulle Stato dell’Unione, l’Europa,
con Italia, Germania e Francia davanti a tutti, riacquista un suo ruolo
particolare. Sul Foglio
una serie di editoriali ricordano che in Iran i nemici Mohareb devono
essere impiccati come gli ebrei, a ricordo dei 670 fatti sgozzare dal
profeta; lo stesso Rafsanjani sembra essere d’accordo. E’ l’Iran a
volere l’azione militare, e la nostra economia deve diventare il nostro
arsenale diplomatico. E, più da vicino con la visita di Berlusconi,
ricorda che, dopo che molti scambi commerciali tra Italia ed Iran si
fermano, e anche la Sace interrompe le assicurazioni alle esportazioni
verso l’Iran, Berlusconi, da grande amico di Putin, deve giocare il suo
ruolo di mediatore. Anche l’Unità,
con de Giovannangeli, tocca questo argomento, ma sotto diversa
angolazione, ricordando le tante aberrazioni di un altro grande amico
di Berlusconi, Gheddafi, che dopo aver accolto con tutti gli onori i
corpi dei terroristi delle olimpiadi di Monaco 72, non perde occasione
per dichiarare di voler distruggere Israele. Anche Stalla sul Corriere
invita Berlusconi a guardare attentamente i suoi alleati della destra
estrema, che mal accetteranno le sue parole pronunciate allo Yad
Vashem. Sul Messaggero
Salerno intervista il politologo Steinberg che dice che già Gerusalemme
capitale è un problema per l’Europa, gran calderone, e che le idee di
Berlusconi finiranno nel nulla come successo tante altre volte; molti
paesi europei non arrivano a capire il conflitto, e quindi non sanno
come aiutare a fermarlo. Sul Fatto
Pavone parla di un non meglio specificato comitato di scienziati
indipendenti che, tra tanti “sembra”, denunciano le atrocità chimiche
degli israeliani a Gaza (la colpa è solo loro?), per concludere che non
volano più gli aquiloni (ma sbaglia, basta vedere le foto sui giornali
palestinesi). Brutto titolo: Israele, una nazione militarizzata, su Nazione, Carlino, Giorno; è in realtà una analisi di chi deve e di chi può svolgere il servizio militare in Israele. Avvenire
parla di Lawrence d’Arabia che fu amico dei sionisti e propugnatore di
un paese palestinese ad est del Giordano, per lasciare le terre ad
ovest al Focolare; ricordo che erano gli anni degli accordi tra ebrei
ed arabi siglati a Londra nel 1919, e subito dopo l’Inghilterra, per
suoi interessi specifici, li fece abortire. Su Avvenire
il presidente del Coni Petrucci chiede alla Federcalcio di fermare il
razzismo nei nostri stadi, dopo la scritta “basta negri” sul muro di
casa Moratti. Quando si fermerà questa ignominia dei nostri stadi?
Sempre Avvenire
racconta del diario di Mengele che andrà all’asta; in esso il dottore
si chiede “quando vale la pena di far vivere la vita umana, e
quando deve essere sradicata”. Terribili parole del dottor Mengele. In
ritardo l’Unità
parla dei recenti documenti trovati in Inghilterra che dimostrano
quanto, subito dopo la razzia nel ghetto, Pio XII fosse preoccupato per
le bande comuniste piuttosto che per la sorte degli ebrei. Su Repubblica Roma,
viene pubblicizzato lo spettacolo di Moni Ovadia: noi ebrei polacchi;
mi chiedo se il popolare attore approfitterà anche di questa occasione
per attaccare Israele, come ci ha abituati da lungo tempo. Certo questi
attacchi gli portano consensi di pubblico, ma altrettanto certamente si
deve dire che si lascia andare a dichiarazioni che sono del tutto
estranee con la realtà dei fatti (l’ho sentito personalmente poche
settimane fa a Torino).
Emanuel Segre Amar
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Cisgiordania,
congelamento di nuovi progetti edili,
Berlusconi e Fini a confronto sulla politica di Netanyahu Tel Aviv, 2 feb - Grande
prova di coraggio da parte del premier Benjamin Netanyahu è stata
dimostrata con l'annuncio di un congelamento di nuovi progetti edili in
Cisgiordania. Queste le parole del presidente della Camera Gianfranco
Fini pubblicate su Haaretz negli scorsi giorni. "Il premier israeliano
Benyamin Netanyahu - affermava Fini - ha dato prova di coraggio quando
ha annunciato il congelamento di nuovi progetti edili nelle colonie
della Cisgiordania", sullo stesso quotidiano israeliano, domenica, il
premier Silvio Berlusconi affermava invece: "Le colonie potrebbero
rappresentare un ostacolo per la pace". Fini chiarisce: "Non c'é dubbio
che anche l'Italia, come gli altri Paesi in Europa, potrebbe levare la
voce e dire: 'E' una vergogna che Israele continui a costruire colonie.
Ma (l'Italia, ndr) preferisce riconoscere il coraggio mostrato da
Netanyahu quando ha annunciato il congelamento delle colonie e vedere
poi se anche la controparte annuncerà altre misure importanti e
coraggiose". "Per la pace - nota Fini - ci vogliono due parti. Molto
spesso ho la sensazione, specie nella Unione Europea, che ci sono
richieste molto elevate da Israele e manifestazioni di comprensione
verso i palestinesi". |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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