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L'Unione informa |
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7 febbraio 2010 - 23 Shevat 5770 |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
"Mosè
parlava ed il Signore gli rispondeva con voce". Dio, dice il midrash,
parlava con la voce di Mosè. Secondo Me'or vashemesh Dio si rivela a
ogni uomo con la sua voce: secondo la capacità individuale di
comprendere e di esprimere. "Faremo e ascolteremo", la risposta del
popolo ai piedi del monte, si potrebbe dunque rileggere così: "Faremo,
ciascuno, ciò che saremo in grado di comprendere ascoltando".
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Mercoledì
prossimo sarà il Giorno del ricordo, ovvero il giorno, come recita la
legge 92 del 30 marzo 2004, istituito “al fine di conservare e
rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le
vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani,
fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda
del confine orientale”. Il fatto però è che nella pratica noi non
ricordiamo mai (o almeno non l’abbiamo fatto finora, mercoledì chissà?)
le altre vittime, gli sloveni per esempio, ovvero i “nemici del popolo”
che finirono nelle foibe allora e che c’erano già finiti, prima di
allora, spinti anche da molti “bravi italiani”, come invece ricorda con
fermezza Boris Pahor nel suo libro “Tre volte no” (Rizzoli). Il
problema non è come si fa a conservare la memoria di qualcosa, ma
smontare quella macchina mentale e culturale che fa di tutto per non
averla di qualcos’altro. |
David Bidussa, storico sociale delle idee |
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7 febbraio -
Israel University Day
L’occasione è una di quelle da non perdere. L’Israel University Day per
i ragazzi delle nostre comunità è un’opportunità irripetibile a cui non
si può rinunciare. Oggi
al Centro Bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane a
Roma si sarà una giornata organizzata da UCEI e UGEI in cui cinque fra
le università più prestigiose d’Israele: il Technion di Haifa, l’Hebrew
University di Gerusalemme, la Bar Ilan di Tel Aviv, Ben Gurion di
Beersheva e l'IDC di Herzlya saranno nella capitale per presentarsi
agli studenti italiani. Gli atenei israeliani si sono mostrati
entusiasti dell’iniziativa ideata dall'Associazione Italiana “Amici del
Technion” presieduta da Piero Abbina. Un’occasione in cui gli
studenti italiani possono entrare in contatto con la realtà accademica
israeliana e con le enormi possibilità che essa offre attraverso
strutture all’avanguardia e professori d’eccezione. Quando Claudia De Benedetti,
vicepresidente e assessore ai giovani dell’UCEI, ci ha proposto di
partecipare all’organizzazione della giornata non ci siamo potuti e
voluti tirare indietro. I giovani ebrei italiani percepiscono l’aiuto
ai loro coetanei ad un futuro in Israele come un obbligo morale verso
il quale è necessario un impegno senza sosta. Il nuovo Consiglio ha
preso subito a cuore l’iniziativa e insieme a Alan Naccache e Natasha
Rubin dell'Ufficio Giovani Nazionale abbiamo lavorato alla
realizzazione dell'iniziativa perché tutte le realtà giovanili
fossero coinvolte. Credo fortemente che valori come l’Alyah e il
sostegno a Israele debbano essere ideali che un ebreo deve porre
alla base della sua coscienza. Per questo insieme all’UCEI stiamo
lavorando affinché venga offerta una nuova opportunità ai nostri
ragazzi per facilitare il proseguimento del percorso di studi in
Israele, infatti, la richiesta che abbiamo rivolto alle
università è di permettere che l’impegnativo test d’ingresso,
l’esame psicometrico, venga svolto anche in italiano così da poter
eliminare il maggiore ostacolo per accedere agli atenei israeliani. La
speranza di tutti noi è che l’augurio che solitamente facciamo a
Pesach: "Le shana abba be Yerushalaim” sia per molti dei nostri ragazzi non solamente una frase di rito, bensì una fervida speranza per il futuro.
Daniel Funaro, Consigliere Unione Giovani Ebrei d’Italia
Qui Parigi - Gli ebrei francesi incontrano le istituzioni politiche
Appuntamento
ormai tradizionale nel calendario politico francese, si è svolta anche
quest’anno la cena annuale organizzata dal Conseil Representatif des Institutions Juives
(CRIF), l’organo che rappresenta i circa seicentomila ebrei
transalpini. Oltre ottocento gli invitati al Pavillon d’Armenonville di
Parigi, tra cui il Presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy,
alla sua seconda partecipazione. L’inquilino dell’Eliseo era
accompagnato dalle più alte cariche dello Stato e da mezzo governo.
Erano inoltre presenti diplomatici (compreso l’ambasciatore di Haiti),
religiosi, giornalisti e alcuni leader di comunità ebraiche straniere.
A rappresentare l’Italia c’era Claudia De Benedetti, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Nel
corso della cena si è parlato di Medio Oriente, dei rapporti tra
Francia ed Israele e della lotta all’antisemitismo. Sono intervenuti
alcuni sopravvissuti e anche il Primo Ministro Francois Fillon ha voluto portare il suo saluto. Abbiamo deciso di riportare per interno il discorso di Richard Prasquier, presidente del CRIF. Le sue parole, infatti, sono un j’accuse
molto forte contro il negazionismo e contro ogni forma di razzismo, ma
anche una difesa appassionata dei valori alla base della Republique.
Libertà, Uguaglianza e Fratellanza: i valori che hanno reso gli ebrei
francesi i primi ebrei europei a essere considerati cittadini come
tutti gli altri.
Discorso di Richard Prasquier Signor Primo Ministro, Signore e Signori,
Sono
venticinque anni che il CRIF organizza queste cene, venticinque anni
che voi e i vostri predecessori - ringrazio il Presidente della
Repubblica per l’onore che ancora una volta ci fa con la sua presenza -
venite a incontrare i rappresentanti della comunità ebraica.
Venticinque anni che siamo orgogliosi, perchè le cene del CRIF sono un
appuntamento molto sentito dalle istituzioni. Libertà, uguaglianza, fratellanza. Tre
parole fondamentali per gli ebrei francesi. Scomparvero dal vocabolario
negli anni cui lo Stato disonorò se stesso. Sono ricomparse nel momento
in cui gli ebrei tornarono ad essere cittadini con pieni diritti. Fratellanza Quale
altra parola utilizzare dopo il terremoto di Haiti? Dobbiamo inchinarci
di fronte alle vittime umane. Si dice che siano morte 150000 persone,
ma il macabro conteggio perderà di senso se noi non dedicheremo momenti
di silenzio e meditazione, nelle nostre futili esistenze, agli
individui pittosto che alle cifre, ai sepolti vivi, ai corpi martoriati
e alle famiglie totalmente annientate. Bisogna dare il giusto onore ed
il sostegno materiale necessario alle organizzazioni presenti sul
posto. Sono fiero che ad Haiti ci siano anche ONG francesi e missioni
umanitarie israeliane. Libertà Ho
visto recentemente una foto di resistenti in procinto di essere
fucilati a Mont Valérien: erano membri dell’Affiche Rouge. Stranieri,
ebrei dell’Europa Centrale, spagnoli o armeni, immagino che abbiano
gridato: “Viva la Francia” come hanno fatto migliaia di resistenti
negli ultimi istanti della loro vita. Questi uomini avevano, come
diceva De Gaulle, “una certa idea di Francia”. Sono morti per questo
ideale, ed è grazie a loro che noi viviamo in un paese libero e
democratico. Gli ebrei hanno combattuto in prima linea per la
difesa della patria. Due esempi su tutti: l’arruolamento massiccio
degli ebrei stranieri nell’esercito francese al momento della
dichiarazione di guerra ed il loro coinvolgimento nel movimento di
Resistenza. Tra di essi ci sono alcuni membri della nostra comunità,
come Georges Loinger, che dirà qualcosa nel corso della serata. Non
dobbiamo dimenticare che le vere democrazie sono una minoranza. La
libertà non è che la fine dell’oppressione. La storia è piena di esempi
di movimenti di liberazione che, una volta ottenuta la vittoria, hanno
dimenticato cosa fosse la libertà. Mi vengono in mente le folle che
acclamavano Khomeini pensando di liberarsi dell’oppressione del regime
dello Scià e che adesso vivono da oltre trenta anni sotto un regime
oscurantista e pronto a tutto pur di restare al potere. Ammiro il
coraggio di quegli iraniani che lottano per la libertà a rischio della
loro stessa vita. Le democrazie talvolta dimenticano di avere dei
nemici. I fanatici cercano di condizionare gli animi e i comportamenti
con le loro ideologie: reclamano la libertà di minacciare le nostre
libertà. Gli estremisti sono una minoranza, ma possono avere un
effetto devastante. Esercitano sulla maggioranza passiva
un’intimidazione psicologica e fisica fortissima. Sono stati per tutto
il secolo scorso gli affossatori della libertà. Così, al giorno di
oggi, gli estremisti islamici sono un pericolo per gli ebrei, per i
musulmani e per la nostra società. I movimenti islamici sono
eterogenei, ma l’odio che provano per Israele e per il popolo ebraico è
un elemento che riesce a mettere da parte le reciproche diffidenze. Torquemada
non è Giovanni Paolo II e Bin Laden non è l’emiro Abd el Kader. Saluto
pertanto con affetto i rappresentanti dell’Islam francese, con i quali
condividiamo gli stessi valori. Saluto anche i rappresentanti della
Chiesa. Voglio assicurare al Cardinale Ricard che sappiamo su quali
basi solide e amichevoli si poggia il dialogo ebraico-cristiano. Non
siamo sempre d’accordo - ad esempio sulla questione degli archivi
segreti di Pio XII - ma questo non fermerà il dialogo. Libertà vuol dire anche libertà religiosa. In
Francia è garantita dalla laicità delle nostre istituzioni. La
religione può sempre sollevare questioni di importanza etica, ma il
dialogo deve sempre avvenire in modo laico. Non una laicità bellicosa,
comunque, né una laicità condiscendente. Non possiamo impedire né
obbligare alcun essere umano a professare una fede religiosa. Ciascuno
deve avere il diritto di cambiare religione se lo vuole. Ma la libertà
di cui ogni individuo dispone non può in alcun modo limitare la libertà
altrui: la libertà collettiva non può esssere messa in pericolo dalle
rivendicazioni di pochi. Le religioni possono essere criticate, ma bisogna rispettare gli uomini che che vi credono. La
libertà di espressione è alla base della democrazia. Ma la libertà
senza regole è la legge della giungla. Gli ebrei si sentono coinvolti
quando si parla di limitazioni alla libertà di espressione. Sia perché
sanno quanti vantaggi ci sono nel vivere in una società libera, sia
perché sono stati diffamati più di ogni altro popolo nel corso della
storia. Non ci dobbiamo dimenticare che il giornale antisemita di
Drumont si chiamava “La parola libera”. Non c’è libertà senza regole, senza memoria e senza verità. Internet,
che i regimi autoritari censurano ferocemente, rappresenta talvolta un
moltiplicatore di razzismo e antisemitismo. Le esigenze della libertà
d’espressione e della lotta contro l’odio devono necessariamente
adattarsi alle tradizioni nazionali, soprattutto nei paesi in cui
esiste una legislazione complessa come in Francia. Noi auspichiamo che
il razzismo sulla Rete venga perseguito penalmente, che vengano rese
note le condanne per i colpevoli, che si monitorino maggiormente questi
fenomeni, che vengano coinvolte le associazioni antirazziste. Pensiamo
che debbano essere prodisposti per i più giovani programmi che
insegnino a navigare su Internet in modo appropriato. Sei mesi fa
un giornalista svedese ha scritto un articolo in cui si accusava
l’esercito israeliano di aver prelevato gli organi di un giovane
palestinese ucciso nel corso di una operazione militare a Gaza. Si è
poi scoperto che in realtà la foto era quella di una banale autopsia. Il
giorno successivo, su alcuni siti si poteva leggere che quella era la
prova che gli israeliani non solo uccidevano i palestinesi, ma che
utilizzavano per loschi fini i loro organi. Le accuse di omicidio
rituale avevano così trovato nuova linfa. Ma il capo redattore del
giornale ha deciso di prendere le parti di difensore estremo della
libertà di espressione e nessuno ha voluto comportarsi da censore. Il
risultato è stato che, quando le squadre di salvataggio israeliane si
sono materializzate ad Haiti, alcuni blog hanno sostenuto che fossero
andate nei luoghi della tragedia per espiantare altri organi. Ecco come
si costruisce ad arte una bugia: questa, come tante altre, che vede
Israele come vittima. La libertà di espressione deve pertanto essere
subordinata al rispetto della verità. [...]
(Versione italiana di Adam Smulevich)
Il testo integrale del discorso è pubblicato sul Portale dell'ebraismo italiano moked.it
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Micro – Sraffa, ombra di Samuelson
All’economista
la parola ‘ombra’ evoca l’idea di ‘vero e proprio’ anche se frutto di
ricerca e non di osservazione empirica, soprattutto se riferito ai
prezzi dei beni e servizi. Così, ma più nel senso di ‘alter ego’ che di
‘vero sé’, Piero Sraffa è stato l’ombra di Paul Samuelson (ricordato su
questo numero di Pagine Ebraiche di febbraio) estensore del
pensiero marginalista il secondo, faro della logica economica il primo.
Ambedue, ciascuno a suo modo, di sinistra, l’uno e l’altro ebreo ‘sui
generis’, vollero il progresso sociale; Paul nel capitalismo, Piero,
contro di esso. Sraffa nacque a Torino nel 1898 da una famiglia
sefardita di commercianti della costa pisana e livornese. Fu allievo di
Luigi Einaudi, partecipò alla Prima Guerra Mondiale e poi venne
chiamato a insegnare economia dapprima a Cagliari, Perugia e poi a
Genova e Milano. ‘Sfuggì all’olio di ricino’ rifugiandosi in Svizzera,
disse di se stesso, e poi planò a Cambridge dove il padre Angelo lo
aveva segnalato a quello che sarebbe diventato Lord Keynes. Gli furono
affidati vari incarichi al Kings College didattici e soprattutto
documentalisti, seguiti con affetto e bewunderung dallo stesso Keynes e
da sua moglie, Lydia. Rientrò occasionalmente in Italia, grazie
soprattutto all’amicizia di Don Raffaele Mattioli, suo amico e
compagno di studi nella neonata Bocconi oltre che predecessore nella
direzione dell’ufficio del lavoro di Milano, voluta
dall’amministrazione socialista prima del fascismo. E’ noto che
Mattioli e Sraffa si adoperarono per aiutare Gramsci in carcere e ne
salvarono i diari e formarono un lungo sodalizio intellettuale. Se
Samuleson si formò alla scuola di Schumpeter a Harvard per poi finire
‘esiliato’ al MIT, Sraffa invece studiò soprattutto Marshall di cui
apprese le teorie da Achille Loria, di cui divenne fiero e devoto
avversario. Curando le opere di David Ricardo con cui largamente si
identificò e colloquiando con Wittgenstein e i migliori matematici
cantabrigensi, elaborò in forma di tratto logico- matematico le idee di
Smith e Ricardo, in parallelo alle concezioni di Marx. Sraffa pensava
che il valore economico delle merci consista nelle merci stesse, ma
composte nelle proporzioni opportune e equivalente a ciò che il lavoro
necessario alla loro produzione ‘comanda’. La ‘produzione di merci a
mezzo di merci’ fu pubblicata da Einaudi nel 1960 e Sraffa morì a
Cambridge nel 1983. Confutandolo, Samuleson gli ha reso omaggio a più
riprese fino ai suoi ultimi anni sempre proponendo il dibattito
novecentesco tra valore soggettivo e oggettivo dei beni economici,
analisi matematica e logica, scelta e necessità naturale e da ultimo
sulle ragioni e senso del commercio internazionale. Mi piace pensare
che se aveste chiesto a mamma Irma Tivoli chi era suo figlio, vi
avrebbe risposto in lashon ha kodesh:
‘un negro ebreo’. Mentre l’avvocato professore Angelo, di lui padre,
avrebbe forse commentato come si usava a Pitigliano: 'figlio mio,
quanto mi costi’.
Daniele Castelnuovo |
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Il "caso Golasa" scuote i giovani ebrei Il
tempo di indossare la maglia della Lazio, pochi giorni nella Capitale,
accolto dalla comunità ebraica di Roma, una tappa alla Sinagoga e Eyal
Golasa non è già più un giocatore biancoceleste. Qualche foto con il
cappeffino di lana nera e un sorriso radioso e poi via, da una città
che non gli ha fatto festa. Diciottenne con la passione per il calcio,
il giocatore ha confermato che resterà nelle fila del Maccabi Haifa.
Oggi è in Israele dopo esser stato accolto nella Città Eterna con poco
entusiasmo da parte dei tifosi laziali. Sono bastati pochi giorni a
Roma per far fioccare su i primi gruppi contro di lui, promossi da
alcuni ultras della curva biancoceleste. Il più numeroso, con un
centinaio d'iscritti, chiedeva che Golasa non indossasse la maglia
della Lazio, in quanto appartenente al popolo israeliano «che ha
commesso gravi crimini contro l'umanità». E ancora «Noi Golasa non lo
vogliamo!». Un gruppo con una chiara matrice razzista, che nella
descrizione infatti figura la motivazione «No agli israeliani con la
nostra maglia!». C'è chi sospetta che dietro al rientro in Israele ci
sia l'effetto della campagna denigratoria dei tifosi, e pensare che
tutto è avvenuto a pochi giorni dalle celebrazioni della giornata della
Memoria. «Golasa è stato messo alle corde sia dal padre e da Israele,
ma soprattutto dai tifosi», commenta Edoardo Amati consigliere
dell'Ugei, l'Unione giovani ebrei italiani. «Sono sgomento perché
quando si parla di sport non si possono tirare in ballo queste cose. Lo
sport deve aggregare, deve fare da collante tra persone di diverse
religioni, di diversa etnia, di diversa cultura. Ed invece il risultato
è sotto gli occhi di tutti. Negli anni Novanta la Lazio ha fatto la
stessa cosa con Aron Winter, persona di colore che veniva dall'Aiax. La
storia si ripete, ma al negativo». «Non abbiamo mai dubitato del fatto
che l'accordo tra noi ed il giocatore fosse vincolante», ha detto il
presidente del Maccabi Haifa, Jacob Shahar. La società laziale,
intanto, si prepara a far valere legalmente i suoi diritti sul
giocatore. Dopo il comunicato ufficiale del club israeliano la società
del presidente Lotito fa sapere che «c'è un contratto regolarmente
depositato in Lega Calcio» (4 anni e mezzo), e che ora aspetterà fino a
domenica sera il ritorno di Golasa. Se poi il giocatore non dovesse
tornare a Formello, la Lazio si muoverà per tutelare il contratto
sottoscritto con l'israeliano. Giacomo Sette, Libero Roma 7 febbraio 2010 |
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notizieflash |
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Pianeta Maccabi – Eyal Golasa e la squadra primavera rientrano alla base Lido di Camaiore, 7 feb - Arrivano
brutte notizie dalla Coppa Carnevale, il torneo calcistico giovanile
che si sta svolgendo in questi giorni in Toscana: il Maccabi Haifa non
è riuscito a superare la prima fase. A risultare fatale, il pareggio
(1-1) ottenuto con i pari età del Bologna. Un vero peccato, visto che
perfino una vittoria di misura, contrariamente a quello che si pensava
alla vigilia, sarebbe bastata per far approdare la squadra israeliana
agli ottavi di finale. Come nei due precedenti incontri, anche in
questo caso i ragazzi di Ithy sono andati inizialmente in svantaggio. A
niente è servita la rete di Israel in avvio di ripresa, la difesa del
Bologna non ha concesso ulteriori spazi. Sempre di queste ore è la
notizia che Eyal Golasa, talento del Maccabi Haifa che in un primo
momento era stato acquistato dalla Lazio, non giocherà, almeno per il
momento, nella squadra di Lotito. Si fanno molte supposizioni sul
perché di questo clamoroso dietrofront da parte del giocatore. Walter
Veltroni, ex sindaco di Roma, pensa che la sua decisione sia effetto
anche “della campagna di alcuni tifosi, che non volevano un israeliano
nella Lazio”. La motivazione principale, però, pare essere un
contenzioso legale fra le due società. L’impressione è che nei prossimi
giorni se ne parlerà, e molto, sui giornali. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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