se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui |
|
|
|
|
L'Unione informa |
|
|
|
8 febbraio 2010 - 23 Shevat 5770 |
|
|
|
| |
|
alef/tav |
|
|
|
|
|
Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
"La
religione impedisce di ragionare, per definizione è integralista,
mentre la scienza vive nel dubbio, nella ricerca della verità, nel
bisogno di provare, di criticare sé stessa e riprovare". Così dice il
grande oncologo Umberto Veronesi (Ansa, 4 febbraio). Ipse dixit. Non so
di quale religione parli. Ma ha mai studiato una pagina di Talmùd? |
|
L'11 febbraio l'opposizione iraniana scenderà in piazza per manifestare contro il regime di Ajmadinejad,
approfittando dell'anniversario ufficiale della vittoria della
rivoluzione del 1979. Il regime prepara una durissima repressione e al
contempo punta a solleticare l'orgoglio nazionalista annunciando la
capacità dell'Iran di arricchire del 20% le sue riserve di uranio, un
altro passo verso l'atomica. Il nesso tra repressione e programma
nucleare è forte, come sottolinea Zarmandili su Repubblica di oggi.
Tanto più è importante che il mondo faccia il maggior sforzo possibile
per appoggiare la protesta, per impedire le esecuzioni, denunciare gli
arresti. Sostenere l'opposizione è oggi un modo per preparare la strada
a un regime diverso, in grado di aprire trattative con il mondo
occidentale. Lasciare senza appoggio reale i ragazzi che si preparano a
rischiare la vita in piazza vuol dire consolidare un regime
sanguinario, che per affermare il suo consenso adopera sempre più le
armi del nazionalismo, con le conseguenze che è fin da ora possibile
prevedere.
|
Anna Foa,
storica |
|
|
|
|
|
|
torna su |
davar |
|
|
|
|
Costruire il futuro studiando in Israele
Costruire il futuro significa guardare lontano e guardare anche oltre
le frontiere. La grande partecipazione registrata all'incontro che si è
svolto ieri al Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane con i ragazzi di età compresa tra i diciassette e i diciannove
anni, provenienti da tutta Italia e alcuni rappresentanti delle più
prestigiose università israeliane lo ha dimostrato una nuova volta. L’evento
era organizzato dall'Unione giovani ebrei d'Italia (Ugei) e
dall’assessorato ai giovani dell’Ucei e i 170 partecipanti che hanno
animato la giornata hanno avuto modo di incontrare fra gli altri la
vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con delega
alle politiche giovanili Claudia De Benedetti, il presidente dell'Ugei Giuseppe Piperno e il consigliere Ugei con delega alla politica Daniel Funaro.
Da parte dei ragazzi si è registrata una risposta attenta. La formula
dell’incontro è stata semplice, con i saluti ufficiali e l'intervento
del consigliere dell’ambasciata di Israele, Rami Hatan, e un messaggio
del ministro della Scienza israeliano. Hanno fatto seguito le
presentazioni delle università presenti curate dai relatori inviati per
l’occasione da Israele. Si è puntato sul richiamo di una realtà senza
pari. Ma soprattutto sull’eccellenza e la preparazione che gli atenei
israeliani garantiscono. Claudia De Benedetti nel suo discorso ha
focalizzato l’attenzione sui giovani del nostro paese definendoli un
enorme risorsa per lo Stato ebraico e ha sottolineato in maniera forte
l’attaccamento che c’è tra Israele e i suoi “figli” della diaspora; ha
quindi parlato delle singole borse di studio messe a disposizione dalle
istituzioni ebraiche. Giuseppe Piperno ha rinnovato la vicinanza
dell’istituzione che presiede, nei confronti dei ragazzi che vogliono
fare il grande passo in direzione di Israele, citando proprio lo
statuto dell’Ugei che ha come compito, tra i tanti, di favorire l’Alyà. L’incontro,
che è durato tutta la giornata, ha visto protagonisti i ragazzi,
incuriositi e affascinati dalle presentazioni dei relatori i quali
hanno spiegato le varie facoltà, aiutandosi con materiali illustrativi,
cataloghi e soprattutto materiali audiovisivi; durante l’evento ci sono
state anche le testimonianze di studenti italiani che hanno studiato
nelle università israeliane i quali hanno raccontato le loro
esperienze, i loro successi ed anche le loro delusioni, che in una
realtà come quella israeliana, non stentano a mancare.
Le
università presenti erano molte: dalla Bar Ilan University di Tel Aviv,
che dalla sua fondazione ha come scopo unire gli studi di Talmud a
quelli della scienza umanistica e non, come ci racconta un professore
di letterature comparate, Yacov Mascetti, fino ad arrivare al
prestigioso istituto Technion di Haifa un polo universitario che come
dice il professor Piero Abbina è il fiore all’occhiello dello Stato
d’Israele per quanto riguarda la tecnologia, passando per l’Idc di
Herzilya, campus stile statunitense dove i corsi sono tenuti tutti in
inglese con strutture moderne e professori del calibro del ex ministro
degli esteri israeliano Tzipi Livni. "Sono stata molto felice di
partecipare - ha commentato Valentina Tarnovschi dell'ateneo IDC- di
presentare la universita IDC che tanto mi ha dato e mi ha fatto
crescere come persona, ma anche di stare di nuovo in un Centro ebraico,
con i giovani della comunita ebraica e con i professori delle
universita di Israele. Desidero moltissimo dopo questo incontro
essere considerata come una persona che vuole contribuire in qualche
modo al'organizazione dei eventi culturali, rendendomi utile in qualche
modo". Quello che è emerso da questo incontro oltre al grande
lavoro svolto dall’assessorato ai giovani Ucei e dall’Ugei è stata la
voglia dei ragazzi di lasciare le proprie città d'origine e di iniziare
nuove avventure in uno Stato che è in grado di coniugare l'offerta di
atenei eccellenti, ottimi professori e strutture all'avanguardia, con
l’opportunità di conoscere nuove tradizioni, nuovi modi di vivere e
soprattutto nuova gente, essendo una società multietnica che si basa
sulla tolleranza e sul confronto, cosa di cui i giovani ebrei italiani
sentono fortemente il bisogno.
Edoardo R. Amati
|
|
|
|
|
torna su |
pilpul |
|
|
|
|
L'Occidente diviso
In un quadro geopolitico che si modifica quasi ogni giorno restano
delle costanti: le minacce subdole, ma molto concrete, dell’Iran,
l’emergenza quotidiana del terrorismo e un “Occidente” che sembra
disgregarsi sempre di più. Di “Occidente diviso” (Laterza 2005) aveva
parlato già qualche anno fa il filosofo tedesco Jürgen Habermas. La
divisione a cui si riferiva era quella tra Europa e Stati Uniti che si
era andata profilando dopo l’11 settembre e dopo la guerra in Irak; ma
Habermas non mancava di sottolineare anche le scissioni all’interno
dell’Europa. E a questo proposito già il 31 maggio del 2003 aveva
firmato insieme a Jacques Derrida un appello “Ciò che unisce gli
europei”, un’analisi critica e insieme un monito. Entrambi auspicavano
una Europa capace di parlare all’unisono in politica estera e di
curare, salvaguardare e sviluppare il rapporto con Israele. “L’Europa
contemporanea è segnata dalla Shoah”. Perciò è indispensabile una
“politica della memoria”. A
qualche anno di distanza il monito non ha avuto ripercussioni e la
situazione dell’Europa appare semmai ancora più complicata e scissa.
Con preoccupazione si parla in questi giorni dei mostruosi debiti di
Grecia, Portogallo e Spagna. Ma è evidente che la crisi ha dimensioni
ben più ampie e profonde. Proprio la “politica della memoria” può
indicarla con chiarezza. Non ci si deve far fuorviare dalla prospettiva
italiana. Ci sono paesi europei dove il 27 gennaio è una data come
un’altra, dove non si ricorda e non si vuole ricordare. Ho già parlato
della Germania nell’ultimo numero di “Pagine ebraiche”. Ma un caso
su cui si dovrebbe riflettere molto di più è la vicina Spagna dove è
diventato assolutamente normale parlare di “ideologia dell’Olocausto”,
di “uso e abuso della memoria”, dove insomma, se proprio si deve
parlare dell’“Olocausto”, lo si fa per denunciare il modo in cui se ne
servirebbe Israele. Basta dare un’occhiata ai giornali spagnoli o
ascoltare le prese di posizione di intellettuali e filosofi. I motivi
ovviamente sono molti e complessi. E non si deve dimenticare, malgrado
la rinascita di alcune comunità, la secolare assenza degli ebrei
dall’antica Sefarad. Sta qui un nodo che resta da sciogliere (e sarebbe
forse anche un compito dell’ebraismo italiano). Perché è chiaro che il
1492 non permette una “politica della memoria”, non consente il ricordo
di Auschwitz. E un trauma della storia europea rinvia all’altro. Nella
prefazione al suo recente libro sui marrani il filosofo israeliano
Yirmiyahu Yovel (The Other Within, 2009) ha denunciato con parole molto
chiare la tendenza degli spagnoli alla rimozione, l’insofferenza verso
un capitolo della loro storia considerato ormai lontano. Ogni spagnolo
vanta un’ascendenza un po’ “morisca”, un po’ ebraica. E
illuministicamente se ne compiace. Con questo ennesimo atto di
fagocitazione si chiude tutto. E a partire di qui ci si permette di
innalzarsi su un piedistallo per condannare Israele. Se si pensa non
solo al ruolo della Spagna in Europa, ma al suo influsso anche sui
paesi latinoamericani, si comprende la gravità di questa assenza di
memoria, di questo oblio intenzionale e sistematico.
Donatella Di Cesare, filosofa
|
|
|
|
|
torna su |
rassegna stampa |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
L'Iran
ha deciso di far partire l'arricchimento dell'uranio al 20%: un altro
passo grave verso la costruzione della bomba atomica (cronaca di Carla
Zecchinelli su Corriere).
Il ministro della difesa americano Gates lancia un appello alla
solidarietà degli alleati nelle sanzioni (Barbara Schiavulli sul Messaggero, Gabriel Bertinetto sull'Unità),
ma la verità è che «Entro 3-4 anni gli ayatollalh disporranno di armi
nucleari» e «America ed Europa si sono rassegnate a fare i conti nel
prossimo futuro con un Iran diventato potenza nucleare», come afferma
l'esperto di antiterrorismo americano Marvin Catron, intervistato da
Ennio Caretto per il Corriere.
"Israele farà ci che è necessario alla sua sicurezza, come ha sempre
fatto contro il terrorismo. Non escludo che abbia già uomini in Iran
pronti a fare saltare gli impianti del nemico e so che dispone di
missili e bombe per penetrare a grandi profondità nei bunker atomici.
In caso estremo, attaccherebbe da terra e dal cielo. L'unica
alternativa possibile è un rovesciamento del regime a Teheran,
l'avvento di una democrazia. Ma al momento non mi sembra molto
realistica: gli oppositori vengono assassinati." E' una prospettiva
molto preoccupante: Israele lasciata sola ad affrontare responsabilità
che l'opinione pubblica internazionale dei paesi più potenti non si
sente di affrontare. "l'Occidente deve badare a non alienarsi
ulteriormente il mondo islamico, a non innescare conflitti sarebbe
esagerato immaginare una terza guerra mondiale che non sarebbe in grado
di sedare. Sospetto che soprattutto i leader europei preferiscano
negoziare con un Iran con le armi nucleari, come negoziarono con
l'URSS, che non esporre il mondo a sussulti incontrollabili. E che
abbiano dalla loro la maggioranza dell'opinione pubblica». Israele,
invece, se "avesse tenuto conto in passato [dell'opinione pubblica
internazionale] oggi non esisterebbe." Bisogna anche tener conto
che il regime iraniano conta sulla tensione internazionale per
risolvere i problemi interni (Zarmandili su Repubblica),
anche in vista della scadenza dell'anniversario della rivoluzione
islamica, l'11 febbraio, in cui gli oppositori vorrebbero scendere in
piazza (l'appello di Shirin Ebadi è sull'Unità). Continua nel frattempo la repressione dei dissidenti, con nuovi arresti (Gallo sulla Stampa) In
contrasto con una situazione che gradualmente e irresistibilmente
scivola verso una guerra difficilissima per Israele, c'è forse qualche
piccola speranza per la trattativa coi palestinesi, compromessa per un
anno dalle mosse ideologiche e poco accorte dell'amministrazione
americana e dall'irresistibile tendenza estremista dei palestinesi.
Così almeno sostiene Toboias Buck sul Financial times. Due
notizie ancora vanno segnalate. La prima è che allo storico Benny
Morris è stato impedito di tenere la conferenza programmata nella sua
alma mater di Cambridge (Battistini sul Corriere).
Morris era stato invitato da un'associazione studentesca ebraica, che
ha ceduto poi alle forti pressioni e minacce degli islamici locali, che
avevano invitato per altro senza difficoltà conferenzieri sostenitori
della persecuzione degli omosessuali in Iran, degli attentati contro i
civili israeliani ecc. Parlando di immigrazione islamica bisogna tener
conto che quando essa supera un certo livello, come accade in Gran
Bretagna, essa pone un serissimo problema di libertà di parola. Che nel
paese della magna Charta e del primo parlamento moderno le opinioni
filo israeliane o dissidenti dall'islamismo come quelle di Geert
Wilders incontrino ostacoli sempre più consistenti per esprimersi è un
ammonimento estremamente serio per tutta l'Europa. Da notare anche il fatto raccontato da Pietro Lanzara, sempre sul Corriere
che sta per debuttare a New York l'opera tratta dalla storia del
rapimento del bambino ebreo bolognese Edgardo Mortara ad opera dei
gendarmi vaticani proprio alla vigilia dell'unità d'Italia, nel 1858.
Nonostante le pressioni internazionali la famiglia non riuscì a farsi
restituire il bambino, che secondo le autorità ecclesiastiche era stato
battezzato clandestinamente da una domestica e finì prete. Una storia
che gli ebrei italiani conoscono bene da tempo, anche grazie alle
ricerche storiche pionieristiche che gli dedicò mezzo secolo fa mia
prozia Gemma Volli z''l e che oggi si può leggere anche nella
traduzione del libro di David Kertzner che è alla base del libretto. In
tempi di dialogo con la Chiesa bisogna ricordare questi episodi, anche
per uscire dalla retorica del "dissenso millenario": vi furono
dissidenza teologica, certamente, dalle due parti e anche reciproche
offese; ma la persecuzione materiale venne da una parte sola.
Ugo Volli |
|
|
|
|
torna su |
notizieflash |
|
|
|
|
Haaretz, ottimismo riguardo a nuovi negoziati di pace Tel Aviv, 8 feb - Il
quotidiano Haaretz afferma oggi con grande evidenza che Abu Mazen
sarebbe pronto ad intraprendere negoziati indiretti con Israele
accettando la proposta statunitense di avviare con Israele "colloqui in
prossimità" ('proximity talks') con la mediazione attiva di George
Mitchell, l'emissario per il Medio Oriente del presidente Barack Obama.
Secondo Haaretz, Mitchell dovrebbe in futuro convocare in stanze
separate nel medesimo edificio due rappresentanti, uno palestinese e
l'altro israeliano, e scambiare fra di loro documenti. Da ambienti
vicini al premier israeliano Benyamin Netanyahu Haaretz ha appreso che
questi contatti potrebbero iniziare entro la fine del mese. |
|
|
|
|
|
torna su |
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
|
|