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L'Unione informa
 
    9 febbraio 2010 - 25 Shevat 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Della Rocca Roberto
Della Rocca,

rabbino
Secondo un insegnamento talmudico l'accettazione della Torà da parte del popolo ebraico sarebbe avvenuta in due tempi, la prima, sotto il Sinai, per coercizione, mentre la seconda, in occasione della storia di Purim, liberamente e consapevolmente. Da questo insegnamento possiamo dedurre un curioso paradosso. Maggiore è lo stato di soggezione all'autorità, maggiore è la tentazione di fuggire dalle responsabilità, come di fatto si è verificato nell'esperienza del Sinai. Viceversa, maggiore è la sensazione di assenza dell'autorità, come di fatto è avvenuto nella storia di Purim, maggiore è l'inclinazione a sottomettersi volontariamente alla Torà e al suo giogo. 
L'ultimo ostacolo da superare non è quello che si è convinti di poter superare con le proprie forze, ma quello che si sa di non poterlo fare senza l'aiuto esteriore.  Vittorio Dan
Segre,

pensionato
Vittorio Dan Segre  
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  Qui Milano - Quali strade per il dialogo

Qui MilanoIl dialogo interreligioso si basa su quello che unisce, e non su ciò che divide.
Con questo spirito si è svolto a Palazzo Isimbardi un incontro organizzato dal consigliere della Provincia di Milano Enrico Marcora, che ha visto come protagonisti il presidente della Comunità ebraica Leone Soued, Monsiglior Gianfranco Bottoni, responsabile dell’Ecumenismo e Dialogo dell’Arcidiocesi di Milano, l’Imam Yahya Pallavicini, vicepresidente della Comunità religiosa islamica italiana (Coreis) e Laura Tenerelli del Centro Studi Bhaktivedanta.
L’iniziativa, dal titolo “La preghiera nelle diverse religioni… e i luoghi di culto nella città” si è concentrata soprattutto sul concetto e ruolo della preghiera, a proposito del quale ciascun relatore ha portato l’esperienza della propria fede.
Il presidente Soued ha aperto gli interventi fornendo un’ampia spiegazione sull’argomento nella prospettiva mosaica. “Nella tradizione ebraica un ruolo fondamentale è ricoperto dalle berachot, le benedizioni, che recitiamo nei momenti più significativi, come quando festeggiamo la nascita di un bambino, o scorgiamo in cielo l’arcobaleno, ma anche per celebrare i gesti quotidiani, il risveglio, i pasti, il lavaggio delle mani - ha ricordato il presidente - Le preghiere escono dunque dalle sinagoghe e accompagnano costantemente la vita di ogni ebreo. Le berachot ne rappresentano il cuore, e vengono trasmesse di generazione in generazione”.
Monsignor Bottoni, dopo aver illustrato le due componenti fondamentali della preghiera proprie del cristianesimo, la dimensione umana, dell’uomo che ha bisogno di pregare innanzitutto per se stesso, e il piano più propriamente mistico, in cui diventa protagonista lo Spirito Santo, ha messo in evidenza che il primo dei due livelli è quello che rende affini le diverse religioni. “Tutte le forme di preghiere esistenti nel cristianesimo hanno origine dall’esperienza umana del grido, che nella fede si apre al rapporto dialogico e all’autotrascendimento”, ha aggiunto.
“Nella religione islamica la preghiera assume alcune caratteristiche peculiari, in quanto rappresenta il momento rituale in cui ogni musulmano, ripetendo le parole e i gesti con cui Allah, nell’atto di pregare su se stesso, si è rivelato al Profeta Maometto, si accosta a una discesa della presenza spirituale della grazia - ha evidenziato l’Imam - Per questa ragione, diventa fondamentale rispettare rigorosamente le forme prescritte, esse rappresentano un tutt’uno col contenuto della preghiera”.
Laura Tenerelli si è invece soffermata sull’induismo, ponendo l’accento sulla dimensione meditativa assunta dalla preghiera in questo credo.
Alla sollecitazione di Enrico Marcora nell’esprimere un giudizio sulla possibilità dell’elaborazione di una “preghiera universale”, tutti i relatori si sono detti scettici se si vuole intendere la creazione di un testo e di una forma condivisa, quasi a carattere sincretistico, ma hanno tenuto a ribadire come il messaggio delle preghiere di ciascuna religione possa essere considerato universale e rivolto, pur nella diversità di tradizioni, verso un unico D-o. “Nell’ebraismo l’idea di universalità e di convivenza delle religioni esiste sin dalle origini, con le Sette Leggi di Noè che costituiscono i principi fondamentali per tutti i popoli del mondo, il rispetto per la vita umana e per tutte le creature, la proibizione dell’omicidio e del furto… Questi principi rappresentano un presupposto fondamentale e condiviso per ricercare e mantenere la Pace nella ricchezza della diversità” ha sottolineato il presidente della Comunità ebraica.
Dei luoghi di culto nella città non si è riusciti a parlare. L’incontro si è concluso con l’auspicio del consigliere Enrico Marcora “di potere organizzare nei prossimi mesi una nuova occasione per occuparci del tema”.

Rossella Tercatin


Un ricordo di David Levine, l’irriverente caricaturista americano

LevineE’ venuto di recente a mancare David Levine, l’irriverente caricaturista americano che per più di 50 anni ha animato le pagine della New York Review of Books.  Nato a Brooklyn, dove suo padre possedeva una piccola fabbrica di vestiti, David sviluppò fin dalla più tenera età una predisposizione per il disegno. Levine studiò pittura al Pratt Institute e alla Tyler School of Art di Philadelphia per poi servire nell’esercito americano durante la Seconda guerra mondiale.
Nel 1960 ricevette il primo incarico di un certo rilievo all’Esquire, dove sviluppò le sue doti di vignettista e caricaturista politico. Poi il passaggio al New York Review of Books e la realizzazione di 3800 disegni e caricature di scrittori, artisti, atleti e politici dal 1963 al 2007. Solo metà dei lavori di Levine vennero creati per il Review, David collaborò infatti con altre testate come il Time, Newsweek, Esquire, Playboy, The Nation, Rolling Stone, il New Yorker.
Il suo è uno stile anglosassone, senza inutili veleni, l’artista punta piuttosto sulla sua spiccata vena satirica e sulla caratterizzazione portata all’estremo: grandi teste a sottolineare la mappa somatica dei personaggi ritratti, un’indagine approfondita del volto, spesso una ragnatela di segni su ampie aree di puro bianco e puro nero, e corpi minuscoli, il tutto accompagnato dall’uso di oggetti relativi all’attività del personaggio. Un artista preoccupato del mondo in cui vive, un sentimento, la preoccupazione, che traspare in modo chiaro dai suoi lavori di carattere politico. Caricature graffianti, vere e proprie pietre miliari del vignettismo mondiale.
“Lavori straordinari realizzati con una percezione straordinaria”, come sottolinea in una recente intervista il vignettista Jules Feiffer, amico di Levine. Come il ritratto del presidente Lyndon B. Johnson nell’atto di scoprirsi il busto per rivelare una cicatrice a forma di mappa del Vietnam o la caricatura dell’ex segretario di Stato Henry Kissinger catturato nell’atto di amoreggiare su un divano con un corpo femminile la cui testa è un mappamondo o ancora il ritratto di Bill Clinton, ex presidente degli stati uniti, paonazzo mentre stringe la cinghia in attesa di tempi decisamente difficili per l’economia americana. Levine disegnò Richard Nixon, il suo soggetto preferito, per ben 66 volte. Un Nixon a forma di verme che fuoriesce da una mela in occasione delle elezioni, che piange banconote dopo la pubblicazione del report finale sul caso Watergate, e ancora a forma di topo, di cane e di un feto quando il tema dell’aborto spiccava sulle prime pagine dei giornali americani.
Secondo suo Figlio Matthew nonostante il padre fosse un ateo convinto si considerava culturalmente ebreo: “l’idea del tikkun olam, di perfezionamento del mondo in cui viviamo è riscontrabile in qualche modo nel lavoro di mio padre, nella sua volontà di non lasciare che le persone che detengono il potere, possano usufruirne impunemente e in modo sconsiderato”.
In molti suoi lavori Levine ha rappresentato personaggi di spicco della politica israeliana: troviamo l’ex primo ministro Golda Meir con un mestolo e un piatto di zuppa in mano. Impietoso nei confronti di Ariel Sharon presentato come un golia che sovrasta il piccolo Yasser Arafat, mentre in un altro disegno l’ex primo ministro si presenta con la Keffiah in testa e tra le braccia un Sefer Torah imbottito di missili. Benyamin Netanyahu, disegnato con la Kippah, la pistola in mano e l’abbigliamento tipico del legionario romano. Non viene risparmiato neanche Shimon Peres sequestrato e legato con una corda alla sedia.
Non solo politica, ma anche arte e letteratura ebraica. Levine ritrasse lo scrittore Yiddish Isaac Bashevis Singer, seduto su una sedia con lo schienale a forma di stella di Davide e Bernard Malamud con il Tallit a mo’ di sciarpa mentre fa roteare tra le dita i tefillin, o Kafka rappresentato con le zampette da insetto, chiaro rimando alla sua Metamorfosi. Philip Roth viene invece tripartito con chiaro riferimento alla trama del suo cervellotico romanzo Operazione Shylock.
Levine spesso riusciva a realizzare anche l’impossibile, ispirandosi per esempio a sculture e statue dell’antichità per riprodurre figure classiche, a dipinti per personaggi del periodo rinascimentale e infine a fotografie per soggetti moderni. Pochi altri disegnatori americani sarebbero stati in grado di raffigurare senza difficoltà concetti astratti quali la linguistica, il manierismo, l’industria militare, la finanza, l’arte.
David Levine era un uomo dotato di una grande intelligenza, di un’ampia visione d’insieme e di una solida preparazione artistica. Egli compose, ombreggiò e disegnò con lo sguardo di un vero pittore e artista, ma più di ogni altra cosa Levine possedeva una innata capacità di compenetrazione psicologica che lo portava a ragionare sui soggetti da rappresentare con un’attenzione quasi maniacale. Uno dei migliori vignettisti del ventesimo secolo, un uomo che, grazie al suo acuto spirito critico è riuscito a dar lustro ad una professione sempre alla ricerca di nuova linfa vitale.

Michael Calimani


Il dono di Rav Di Segni al papa, invito a una riflessione spirituale 

OmaggioPapaTobia Ravà, la cui ascendenza artistica è ricollegabile al Surrealismo storico, nasce a Padova nel 1959. Da anni vive e lavora tra Venezia e Milano. Sin dagli inizi della carriera di pittore si è trovato a fare i conti con le proprie radici religiose. Non per nulla, la sua tesi di laurea è dedicata al tema dell’interdizione visiva nell’arte ebraica. Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, donando il dipinto commissionato a Ravà La direzione spirituale a Benedetto XVI - durante la visita in Sinagoga del 17 gennaio - ha porto non un oggetto meramente estetico, ma una colta e poetica pagina di pittura che, tramite il linguaggio della ghematrià, invita a una riflessione spirituale tra le due religioni monoteiste, concilia per un attimo l’interpretazione dei sogni di Freud con la ricerca archetipica di C.G. Jung. La raffigurazione visiva di Ravà tende a superare i freddi confini dell’onirico per approdare a una condizione mistica, quella di un paesaggio boschivo azzurro formato da numeri lettere e parole ebraiche.

OmaggioPapaLa prospettiva centrale del pioppeto conduce come visione all’infinito: verso la direzione spirituale, come titola infatti il dipinto. In lontananza appare il biancore di una forma astratta, segno e segnale dell’Invisibile che non ha volto. Il critico d’arte Maria Luisa Trevisan, nel saggio esaustivo, rivela l’arcano dei contenuti ghematrici: “L’opera si fa testo, apparentemente indecifrabile e criptico, ma non appena ci si addentra nella foresta dei simboli, e con un po’ di pazienza si cominciano ad isolare le lettere e i numeri, si scoprono dei meravigliosi significati nascosti tra i rami e nei meandri di questi boschi. Affiorano nomi, messaggi, ed anche la firma dell’artista (32). L’opera è incentrata sulla data della visita che compare in alto, in cielo, e sul nome “baruch”, in omaggio a Benedetto XVI, ed il numero 16, che troviamo invece a terra, con tutti i valori ghematrici, numerici e teosofici, collegati; è un inno al divino, alla terra al creato, all’amore, all’unione, e alla concordia tra gli uomini, come nella citazione testuale del Salmo 122, verso 6: shalu 377 shalom 376 Jerusalem 586 isch laiu oheveich (Pregate per il bene di Gerusalemme: possano godere di tranquillità coloro che ti amano)”.
E’ evidente, in questo gesto di alta spiritualità di Rav Di Segni, l’invito a Benedetto XVI per una preghiera in comune. Sempre meglio di un dono esibizionistico, di valore come un oggetto prezioso in argento, legato al rituale ebraico.

Paolo Levi
 
 
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  Volti nuovi in redazione

Giulia LeaMia_TrevesI progetti nuovi in cantiere nella redazione del Portale dell'ebraismo italiano, del notiziario quotidiano l'Unione informa e del Giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche non mancano. Eppure in questi giorni due avvenimenti felici e straordinari hanno costellato le ore di lavoro. A poca distanza la giornalista Anna Momigliano, la sua firma è nota a tutti i lettori, ha messo al mondo a Milano Giulia Lea (nell'immagine a sinistra), la sua prima figlia e la Consigliera della Comunità ebraica di Torino Ada Treves, che è responsabile dei controlli di qualità per Pagine Ebraiche, ha partorito Mia (nell'immagine a destra), la sua quarta figlia. Bimbe e mamme godono di buona salute e siamo tutti felici di poter contare sue due amiche in più. Per questa redazione che vuole chiamare a raccolta attraverso l'Italia e attraverso la diversità delle idee e delle identità tutti coloro che guardano con interesse e con passione alla realtà ebraica italiana, sono stati momenti di festa. Così abbiamo pensato di condividere con i lettori un frammento della nostra gioia. Un affettuoso Mazal Tov alle mamme, un benvenuto Giulia Lea e a Mia e un saluto ai papà Tommaso Ravaglioli e Enrico Cattaneo e ovviamente ai fratellini di Mia, Leah, Chaim e Tobia.
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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Due bellicose dichiarazioni dal campo islamico dominano oggi la nostra rassegna.
La prima è quella della "Guida suprema" dell'Iran Khamenei, che annuncia il proseguimento dell'attività nucleare e la sua estensione come un "cazzotto" all'Occidente (Galllo sulla Stampa, Offreddu sul Corriere). Certamente la decisione iraniana di continuare l'arricchimento dell'uranio altre i limiti dell'uso civile mette in mora ogni tentativo di compromesso e impone le sanzioni, come mostra anche l'analisi di Gerlad Seib del Wall Street Journal e riconferma un editoriale di Le Monde. Ma si tratta anche di una minaccia di uso interno, mirata al prossimo anniversario della "rivoluzione islamica". Scrive Offreddu: "E forse, il «pugno» preannunciato all'Occidente è un tentativo di scaricare all'esterno queste tensioni interne (lo stesso Khamenei accusa «mandanti stranieri» di fomentare le manifestazioni)" Fatto sta che «Il 22 Bahman [11 febbraio], proclama da Teheran l'ayatollah e Guida suprema Ali Khamenei la nazione iraniana unita e con la grazia di Dio sferrerà un pugno tale all'Occidente, che lo lascerà stordito».
In un tema così serio, che rischia di mettere in crisi per davvero la pace nel mondo, val la pena di citare come alleggerimento la presa di posizione dell'inossidabile Gianni Vattimo (che ricordiamolo a chi si accinge a votare, è stato eletto deputato dall'Idv di Di Pietro) e dell'altrettanto irremovibile  Domenico Losurdo preside della facoltà di scienza della formazione di Urbino e autore di un libro recente in cui rivaluta Stalin (Stalin. Storia e critica di una leggenda nera" , Carrocci) sul Manifesto. Vi si sostiene che la rielezione di Khomeini dell'anno scorso fu regolare, come dice il presidente brasiliano Lula; che è vero che ci sono tanti morti fra gli oppositori, ma anche qualche poliziotti si è fatto male durante le manifestazioni; insomma che bisogna appoggiare l'Iran: l'ultimo fuoco di chi si dice amico di Chavez e Castro, appoggia naturalmente Hamas e i suoi razzi su Sderot,  sostiene la Cina contro l'"aggressione tibetana"... 
L'altra minaccia viene dallo Yemen, dove il "vicecapo" locale di Al Queda ("Abu Sufyan aI-Azdi, ex prigioniero numero 372 a Guantanamo, liberato un anno fa da quel penitenziario per essere subito internato in un carcere dell'Arabia Saudita, suo paese natale, da lì evaso e fuggito verso lo Yemen", così Pietro del Re su Repubblica) ha dichiarato jihad (guerra santa) ai "crociati" e agli americani e ha dichiarato di proporsi di bloccare il golfo di Aden (che dà accesso al Canale di Suez) per "strangolare gli ebrei" e incidentalmente anche l'Europa (Alfieri su Avvenire, notizia redazionale sul Giornale). Varrà certamente la pena di ricordare il percorso di Al Azdi quando si riaccederà la discussione su questioni come la legittimità di Guantanamo e delle "extraordinary renditions" di pericolosi terroristi ordinati dall'amministrazione Bush. La preoccupazione ora è una saldatura fra i ribelli dello Yemen, fortemente appoggiati dall'Iran e quei somali, islamici anche loro, che partendo dall'altra parte di uno stretto di una ventina di kilometri, da alcuni anni hanno riportato in vita l'antico mestiere della pirateria marittima, nonostante la massiccia ma sostanzialmente imbelle presenza di forze delle marine occidentali in quelle acque.
Fra gli altri articoli, da segnalare la solita ironia di Guido Ceronetti in un pezzo sulla Stampa a proposito della proibizione del burka in Francia e una serie di articoli sulla prossima "giornata del ricordo" dedicata alle foibe triestine: ma "anche a destra ricordano in pochi", commenta dispiaciuto Giuseppe Parlato su Libero. Non è un caso quindi che Franco Cardini sul Tempo riproponga la sua idea di un compianto generale per tutti i morti di tutte le stragi, (con)fondendo in esso anche la memoria della Shoà.
 
Ugo Volli

 
 
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notizieflash    
 
 
Voto israeliani all'estero, scontro Netanyahu-Livni
Tel Aviv, 9 feb -
Netanyahu propone di estendere il diritto di voto alla Knesset agli israeliani che risiedono all'estero. Non si sono fatte attendere le critiche della leader dell'opposizione Tizipi Livni (Kadima), del leader laburista Ehud Barak e degli ortossi di Shas. "La Knesset - ha notato la Livni - è talvolta chiamata ad esprimersi su questioni 'di vita o di morte' per gli israeliani. Non è giusto che tali decisioni siano influenzate da chi vive all'estero e che dunque in ogni caso non pagherebbe il prezzo delle loro conseguenze". Ma secondo i politologi il voto degli israeliani all'estero non rivoluzionerebbe la composizione della Knesset, ne cambiarebbe solo la fisionomia. Israel Beitenu spera di ottenere voti aggiuntivi da ebrei immigrati in Israele dalla Russia negli anni Novanta, e poi rientrati nel Paese natio. Presumibilmente calerebbe invece il peso dei partiti arabi e quello del partito ortodosso sefardita Shas, che come Kadima si oppone a qualsiasi cambiamento della legge.

Israele invoca sanzioni severe contro l’Iran                                    
Tel Aviv, 9 feb -
"Non c'é più tempo, la comunità internazionale deve prendere una decisione vera su sanzioni concrete che siano dolorose per l’Iran”, questo il messaggio lanciato stamane dal vicepremier israeliano Silvan Shalom (likud) alla radio militare. "Ogni ulteriore tentennamento - ha avvertito - consentirà agli iraniani di dotarsi della capacità di sviluppare armi nucleari". Da parte sua il ministro dell'energia, Benyamin Ben Eliezer (laburista), ha accusato gli Stati Uniti e diversi Paesi occidentali che “non sembrano ancora cogliere appieno i rischi insiti per il Medio Oriente da un Iran che presto sarà dotato di armi nucleari”. “Diversi Paesi occidentali - ha aggiunto Eliezer - di giorno denunciano la politica dell'Iran, mentre di notte fanno affari e il presidente dell'Iran, Mahmud Ahmadinejad, è molto abile a sfruttare questo dualismo".


Piombo fuso, sì della Corte suprema a inchiesta su Israele
Gerusalemme, 8 feb -
Parere favorevole è stato espresso dalla presidentessa della Corte suprema israeliana, Dorit Beinish, in merito all'istituzione in Israele di una commissione di inchiesta sull'operazione Piombo fuso. "Credo che Israele non abbia nulla da temere da una commissione di verifica. Israele è abbastanza forte per non aver paura di una tale verifica", ha affermato Beinish. "Credo che così si vedrà che molte cose sono state esagerate, ma, per esserne certi, occorre verificare", ha aggiunto la giudice. 
 
 
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