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    11 febbraio 2010 - 27 Shevat 5770  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Alfonso Arbib Alfonso
Arbib,

rabbino capo
di Milano
Il Talmùd dice che chi vuole essere chassid si deve occupare di danni, cioè di non fare del male al prossimo. Sembra un programma molto limitato, in genere quando si parla del rapporto con il prossimo si usa molto il termine "rispetto" e "amore" cioè si declina questo rapporto in positivo senza soffermarsi troppo sul non procurare danni. I nostri Maestri ci insegnano che la strada maestra nel rapporto con il prossimo è "allontanati dal male e fai del bene". Noi viviamo in un'epoca in cui si parla continuamente di rispetto verso gli altri ma in cui questo rispetto è una merce sempre più rara. Rispetto innanzitutto è non fare del male fisicamente, psicologicamente, moralmente.
Il governo di Israele ha presentato all'ONU le sua versione dei fatti sulla campagna di Gaza, versione che sarebbe stato opportuno pubblicare prima e non dopo il molto unilaterale rapporto Goldstone. Una prima inchiesta interna israeliana ha infatti autonomamente accertato responsabilità e corretto errori. Israele ha offerto all'ONU un indennizzo di 10 milioni di dollari per danni causati ai suoi impianti, e Zahal ha punito due ufficiali - un generale di brigata e un colonnello - per l'uso di proiettili al fosforo in zone troppo vicine a località abitate. Durante la sua visita a Ramallah, il Premier italiano Berlusconi ha definito quella israeliana una «giusta reazione» al lancio dei missili da parte di Hamas. Nel riportare la notizia il 4 febbraio l'inviato di Repubblica in Israele, Alberto Stabile, criticava «i bombardamenti inflitti per tre settimane incessanti anche e soprattutto alla popolazione civile di Gaza, con un bilancio finale di circa 1400 morti in gran parte donne e bambini». Un anno fa, subito dopo gli scontri, l'Organizzazione Palestinese per i Diritti Umani aveva denunciato 1285 vittime, fra cui 893 uomini adulti, 111 donne, e 281 bambini al di sotto dei 18 anni (inclusi gli adolescenti in grado di portare armi). La morte dei civili è e sarà sempre tragica e deplorevole. Ma dire che i morti erano in gran parte donne e bambini è falso, e Alberto Stabile dovrebbe riconoscerlo. Altrimenti si innesca un ciclo perverso in cui la notizia, recepita in modo distorto, crea l'opinione del giornalista e poi, senza soluzione di continuità, è l'opinione del giornalista a creare la notizia. E la notizia crea sempre opinione. Sergio
Della Pergola,

Università Ebraica di Gerusalemme
Sergio Della Pergola  
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  Israele sogna la prima medaglia alle Olimpiadi invernali

OlimpiadiLOGOQualche anno fa suscitò grande stupore e simpatia la presenza di una squadra giamaicana di bob ai Giochi Olimpici invernali di Calgary. Dai soleggiati tropici ai pendii innevati: molti appassionati parteggiarono istintivamente per i compatrioti di Bob Marley, che sembravano pesci fuor d’acqua nel rigido clima canadese. Il risultato agonistico non fu eccezionale - anzi piuttosto scadente - ma non era certo quello il senso della loro partecipazione. I reggaey boyz volevano infatti dimostrare che “se puoi pensarlo puoi farlo”, slogan in seguito ripreso dalla Fiat, che nel 1996 coinvolse i simpatici pionieri dello sport giamaicano in uno spot commerciale per la vettura Duplo. Ed è con lo stesso spirito degli scanzonati caraibici, ma con qualche ambizione in più, che è partita alla volta di Vancouver la minispedizione israeliana (tre soli atleti), che nei prossimi giorni si appresta a dar battaglia alle Olimpiadi in programma dal 12 al 28 febbraio tra i monti della Columbia britannica.
L’importante non è vincere ma partecipare, diceva il barone di Coubertin. Efraim Zinger, segretario del comitato olimpico con la stella di David, è d’accordo ma non nasconde di avere un grande sogno: “È giunto il momento di vincere qualcosa”. Già perché fino ad oggi nessun israeliano è mai riuscito a salire sul podio nei Giochi d’inverno. Solo illusioni, quelle di Zinger? Non è detta, almeno una medaglia potrebbe essere finalmente alla portata. Le speranze sono riposte, in particolare, nei due pattinatori Roman e Alexandra Zaretsky, classificatisi in settima posizione agli ultimi campionati europei e alla loro seconda esperienza olimpica (a Torino 2006 arrivarono ventiduesimi). Meglio invece non fare troppo affidamento sullo sciatore Mikail Renzhin, i cui modesti risultati in Coppa del Mondo lasciano poco spazio a velleità di podio. Ci sarebbe dovuta essere anche una quarta atleta, ma la skater Tamar Katz, pur essendosi qualificata per Vancouver, non ha raggiunto gli standard minimi richiesti dalla federazione israeliana.
Anche se non arriverà la tanto ambita prima medaglia, andrà comunque apprezzata la tenacia di una federazione che da Lillehammer 1994 in poi è sempre riuscita a mettere insieme una squadra più o meno competitiva. Davvero una bella sfida, perché in tutta Israele esistono una sola pista di pattinaggio e una sola pista da sci regolamentari. Senza dimenticare che non è ovviamente scontato che in un paese dal clima mediterraneo, in cui gli sport invernali hanno poco seguito (e logicamente pochissimi finanziatori), qualcuno lavori notte e giorno per raggiungere questo risultato. C’è poi un ulteriore ostacolo, oltre al clima, che non aiuta a far appassionare gli israeliani a racchette e pattini: sia i fratelli Zaretsky che Renzhin passano molto più tempo negli Stati Uniti, dove hanno preso la residenza, che dalle parti di Gerusalemme e Tel Aviv. 
Zinger, però, giura sul loro attaccamento alla patria e, in ogni caso, pensa che non sia un grosso problema in quale paese vivano. Quello che conta, dice, sono solo i risultati. D’altronde, gli israeliani, prima di appassionarsi a sport che non fossero calcio e basket hanno avuto bisogno di tempo e di successi. Come quello di Gal Fridman ad Atene 2004, primo oro olimpico (nei Giochi estivi le cose vanno sicuramente meglio) nella storia di questa giovane nazione. Da quella affermazione in terra greca, infatti, il windsurf non è più considerato esclusivamente un divertimento agostano ma anche una disciplina in cui cercare di primeggiare.
I fratelli Zaretsky hanno in testa un solo obiettivo: fare meglio di Galit Chait e Sergei Sakhnovski, che otto anni fa ottennero la sesta piazza nel pattinaggio artistico. E se non ci riusciranno, pazienza: avranno in ogni caso conquistato la medaglia della simpatia.

Adam Smulevich

Qui Venezia - L’ambasciatore d’Israele incontra la Regione

Meir_galanSi è svolto, nella sede della Regione Veneto a Palazzo Balbi, un incontro ufficiale tra Giancarlo Galan, presidente della Regione del Veneto e Ghideon Meir, ambasciatore d’Israele in Italia, un’occasione per rinsaldare la storica relazione e per sviluppare le basi per una futura collaborazione in ambito scientifico, economico e accademico.
“Teniamo in modo particolare – ha affermato il presidente Galan – al nostro legame con lo Stato d'Israele, uno dei paesi dove ritroviamo un elemento fondamentale dell'anima europea: l'ebraismo, senza il quale verrebbero meno straordinarie idee filosofiche, immortali conquiste culturali e artistiche che corrispondono pienamente alla nostra idea di Occidente. Senza ebraismo non c'è Europa, senza le radici giudaico-cristiane non c'è Europa e non c'è Occidente”.
Non solo cultura, ma anche nuove prospettive di mercato, come ha ricordato Giorgio Simonetto, presidente di Veneto Innovazione: “Israele ha adottato una politica che mira a aumentare le proprie capacità competitive attraverso lo sviluppo scientifico e tecnologico. Nella scienza, Israele incoraggia la costituzione di centri ad alta specializzazione in aree di importanza vitale per lo sviluppo del settore industriale, mentre nella tecnologia aspira al raggiungimento di obiettivi elevati soprattutto attraverso la specializzazione in aree ben definite. Si parla di collaborazioni nei settori delle nanotecnologie e biotecnologie e, in divenire, una collaborazione nel campo della nanobiomedicina, non solo dal punto di vista diagnostico, ma anche dal punto di vista delle possibili cure. Israele detiene infatti i brevetti per l’incapsulamento dei farmaci, ottenuti con le nanotecnologie, per la cura di alcune tipologie di tumori. Le nostre imprese collaborano già da tempo con partner israeliani nel settore dell’elettronica, dell’irrigazione e della gestione delle acque e nel settore metalmeccanico, e sottoscrivono joint venture al 50 per cento dimostrando una reciproca fiducia difficilmente riscontrabile in altri ambiti.”
Nel suo intervento l’ambasciatore Meir, accompagnato nella visita dalla moglie Amira Cohen e dal consigliere per gli Affari Economici Gila Rosiner, ha voluto esprimere il suo apprezzamento per il rapporto duraturo con la regione Veneto: “Non è da ricordare solo la storia della nostra relazione, ma anche la sua attualità,  l’importanza che gioca e ha giocato, ben rappresentata dalla biennale d’arte di Venezia, che ad ogni edizione mette in mostra il meglio della cultura israeliana. Molti ci conoscono per il conflitto israelo-palestinese, ma questo non è di certo l’elemento principale che ci caratterizza. Israele non è solo conflitto, ma è anche tecnologia avanzata, buona economia e cultura”. Negli ultimi giorni l’ambasciatore ha avuto inoltre l’occasione di visitare l’università di Verona,  con il proposito di rafforzare ulteriormente i legami accademici tra gli atenei israeliani e quelli veneti, ampliando le collaborazioni in corso con le Università di Padova e Venezia.
Un’opportunità d’incontro per commentare anche l’agenda politica con un riferimento specifico alla visita del premier italiano in Israele. I rapporti tra Silvio Berlusconi e Benjamin Netanyahu hanno interessato anche argomenti quali i negoziati di pace e la questione iraniana: “I due premier - a detta dell’ambasciatore Meir - si sono trovati concordi nel considerare l’Iran, con il suo programma nucleare e l’innegabile supporto al terrorismo, un pericolo oggettivo per la stabilità mondiale”.

Michael Calimani

 
 
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  Radici giudaico-cristiane

Rav Di SegniSi parla, si riparla e si straparla delle radici giudaico-cristiane dell'Europa. Finché l'hanno fatto con insistenza i cattolici italiani, aggiungendo il "giudaico-" come un prefisso telefonico (la battuta opportuna è di Gad Lerner), era quasi un loro affare, che più di tanto non ci riguardava né entusiasmava. Ma ora sempre più sono i nostri intellettuali o esponenti che si battono per sbandierare questa definizione. Vorrei spiegare perché non mi piace. Le radici dell'Europa sono tante, pagane, greche, romane, celtiche, slave, arabo islamiche ecc. E sono anche quelle della filosofia e dell'illuminismo, della rivoluzione francese e di quella inglese. E poi la storia dei rapporti tra ebrei e cristiani, che da poco si tinge di rosa, non è stata, nei millenni precedenti in Europa, una storia d'amore e quindi non bisognerebbe mescolare tanto le radici. Attenzione a non dimenticare la storia e le identità, nel nome di nuove sante alleanze precarie, improbabili e rischiose.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma



Artifici delle opinioni 


Tizio della SeraUn silenzio assordante potrebbe essere l'espressione che si attaglia al vuoto di notizie che i giornali 'democratici' hanno scelto per raccontare l'escalation della politica estera iraniana di questi giorni. Il niente. Come in una sorta di stampa sovietica e di continuato opinionismo subliminale, nessuna parola sulle minacce iraniane di questi giorni: dalla distruzione di Israele, definito un problema vicino alla soluzione; all'aumento al 20 per cento dell'uranio arricchito; non una virgola su un caso giallo da poliziesco internazionale: cosa significhi la promessa dell'Aiatollah di una bella sorpresa per il giorno di giovedì: oggi - tocca ferro. Di tutto questo si è invece accorto Obama. Lui pensa, lui parla, lui tenta di fare qualcosa, lui ci mette la faccia, e anche se purtroppo sbaglia, in ogni caso fa. L'Unità ha ben altro da fare. C'è da costruire un'innovativa politica di opposizione, si occupa della vita, e domani la verità finalmente esce a tutta pagina: in redazione ci sono le formiche e Berlusconi fa finta di nulla. Così stanno le cose, e ormai non possiamo più parlare di silenzio assordante. C'è che una parte rilevante di un minuscolo grande mondo cammina con lo sguardo senza sguardo. Nel momento non casuale in cui Berlusconi è andato in Israele e ha detto 'sono vostro amico', spezzando l'isolamento relativo derivante dalla politica americana, assai meno amica di un tempo di Israele, in quello stesso momento le cosiddette grandi testate sono divenute cieche. Del resto è da tempo che la sinistra italiana ha scelto il buio artificiale, l'intelligenza artificiale, gli intellettuali artificiali, il giornalismo artificiale e, per aspera ad astra, le primarie artificiali. Ma forse parlare di artificiale è troppo, diciamo pure fittizio.

Il Tizio della Sera
 
 
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Si legge solo sul Sole 24 Ore: un soldato israeliano ieri è stato ucciso. Si trovava in Cisgiordania quando è stato pugnalato a morte da un attentatore che lavorava nei servizi di sicurezza dell’Anp. Quasi nello stesso momento, racconta l’Osservatore Romano, a Gerusalemme Est si sono verificati alcuni scontri tra la polizia israeliana e i palestinesi. Eppure tra i due popoli, è la tesi di Abraham Yehoshua (Unità), la ricerca sincera di una pace e un accordo concreto sarebbe l’unica chiave per disinnescare la minaccia di Teheran. E se invece fosse Israele ad attaccare l’Iran? La domanda che si pone Liberal nasce da due riflessioni: la ricerca di consenso tra i leader dell’Occidente per applicare la linea della fermezza contro il regime di Ahmadinejad e i movimenti dei militari israeliani. Conterà, nel prossimo futuro, soprattutto la posizione degli Stati Uniti, finora danzante tra sanzioni e diplomazia. Conteranno anche i “diversivi” che il mondo arabo cercherà di scatenare. Non è un caso, infatti, se il premier del Libano Saad Hariri abbia già parlato di un nuovo fronte contro Israele. Secondo Beirut, scrive Liberazione, si starebbe per scatenare una nuova guerra: “A quel punto - ha precisato il numero uno libanese - noi saremo uniti contro Israele”. A proposito di amici e nemici: sul magazine del Corriere Beppe Severgnini risponde a un lettore che si complimenta con Silvio Berlusconi per aver chiesto l’entrata, in via informale e fuori le sedi istituzionali competenti, dello stato ebraico nell’Unione europea. Dal giorno del ritorno a Palazzo Chigi del premier italiano si sono contati sulle dita di una mano i ringraziamenti per la proposta del Cavaliere. Forse l’attenzione si è incentrata più sulla difesa dell’Italia dagli attacchi dell’Iran criticato da Berlusconi. Ma un atto di gratitudine, magari nato dal basso, avrebbe avuto un significato importante.
 
Fabio Perugia

 
 
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Manifestazioni in Iran, ancora parole di sfida verso Israele          
Teheran, 11 feb -
Iran - Manifestazioni ufficiali del regime nel trentunesimo anniversario della rivoluzione. Sono centinaia di migliaia le persone scese in piazza per le celebrazioni. L'opposizione ha cercato di approfittarne per tornare a far sentire la sua voce, ma è stata affrontata con durezza da polizia e miliziani Basiji. I siti dell'opposizione, riferiscono di raduni di protesta dispersi dalle forze di sicurezza in varie parti della città con l'uso di lacrimogeni e spari in aria. Le stesse fonti riferiscono che due dei leader dell'opposizione, l'ex candidato presidenziale riformista Mehdi Karrubi e l'ex presidente Mohammad Khatami, sono stati affrontati da miliziani che hanno impedito loro di unirsi nelle strade ai loro sostenitori. L'auto su cui si trovava Karrubi sarebbe stata attaccata dai fondamentalisti e suo figlio arrestato. Il sito Parlemannews, dei deputati riformisti, scrive che addirittura una nipote dell'ayatollah Ruhollah Khomeini, Zahra Eshraghi, di convinzioni riformiste, è stata costretta dagli agenti ad allontanarsi mentre prendeva parte alle manifestazioni con sostenitori dell'opposizione. Dimostrazioni anti-regime sono state organizzate anche in altre grandi città iraniane come Isfahan e Shiraz. Ai giornalisti stranieri non è stato dato il permesso di scendere nelle strade, ma solo di raggiungere la grande piazza Azadi, nel sud-ovest della capitale, dove davanti alla folla ha parlato il presidente Mahmud Ahmadinejad. "E' stata completata la produzione del primo pacchetto di uranio arricchito al 20 per cento, l'Iran sarebbe in grado di arrivare anche a un arricchimento dell'80 per cento, sufficiente per produrre ordigni nucleari, ma non lo farà", queste alcune delle parole pronunciate dal presidente iraniano. E poi ancora parole di sfida contro Israele "Israele si avvicina alla distruzione", e di critica al presidente americano "Obama sta perdendo occasioni e sta soccombendo alla pressione di una banda di sionisti", sono state pronunciate nel discorso di Ahmadinejad.


"Verso l'Iran un inasprimento delle sanzioni non è sufficiente"
Tel Aviv, 11 feb -
Mentre a Teheran si celebra l'anniversario della Rivoluzione islamica, Israele accoglie positivamente l'accelerazione della comunità internazionale sul fronte di un possibile inasprimento delle sanzioni contro i programmi nucleari iraniani.  "L'Occidente però, guidato dagli Usa deve far capire chiaramente al regime di Teheran che le sanzioni non sono l'unica opzione", ha affermato il presidente della commissione Esteri e Difesa della Knesset, Tzachi Hanegbi. 
 
 
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