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L'Unione informa |
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12 febbraio 2010 - 28 Shevat 5770 |
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Roberto Colombo, rabbino |
“Chi
legge la Meghillà partendo dalla fine non è uscito d’obbligo” (Talmud).
Chi mai penserebbe di iniziare la lettura della Meghillà dalla fine?
S’intende: chi legge la Meghillà pensando che la storia di Purim sia
finita non è uscito d’obbligo. Ogni generazione ha ebrei emancipati
pronti a correre all’invito del potente, un re che dimentica di averli
invitati, un Haman che vuole lo sterminio di Israele e un Mordekhài che
insegna al popolo l’orgoglio ebraico di restare unito alla Torà sempre
e in ogni caso. (Bàal Shem Tov) |
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Affrontare
la differenza e il rapporto tra le identità è oggi pane quotidiano di
tutte le scuole e in particolare di quelle ebraiche. In genere gli
insegnanti risolvono il problema applicando una di queste due formule
prese a prestito dalla matematica: quella del “massimo comun divisore”
che vuol superare le divisioni cercando di trovare i pochi ma
importanti fattori comuni al gruppo in oggetto, oppure quella del
“minimo comune multiplo” che cerca il massimo delle differenze per
affermare ed esaltare a largo spettro la specifica ricchezza delle
diversità. Ma è solo facendole applicare entrambe che si fa comprendere
l’importanza di scomporre e analizzare i singoli fattori, quelli comuni
e quelli diversi esaltando la possibile armonia all’interno della
stessa nostra “razza”, la razza umana. |
Sonia Brunetti, pedagogista |
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Gattegna a Feltri: “Affermazioni inaccettabili”
"Si
è trattato di un articolo inaccettabile, che costringe le
organizzazioni ebraiche italiane a insorgere". Lo ha affermato il
Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
rivolgendosi al direttore de Il Giornale Vittorio Feltri a proposito di
uno scritto di Alessandro Sallusti pubblicato lo scorso mercoledì. “Ho
letto con sorpresa e dolore - afferma Gattegna - l'articolo a firma
Alessandro Sallusti apparso su Il Giornale del 10 febbraio 2010". “Ciò
che rende inaccettabile l'articolo, naturalmente, non è il dissenso
rispetto alle opinioni espresse da Gad Lerner, ma il metodo del
ragionamento e le motivazioni che sono poste alla base di tale
dissenso. Viene spontaneo chiedersi se per caso per il signor Sallusti
l'appartenenza religiosa possa diventare una limitazione alla libertà
di espressione del pensiero di un giornalista e, prima ancora, di un
cittadino". “Contro una simile divisione in categorie, che
costituisce una minaccia non solo per gli ebrei, ma per la collettività
nel suo insieme, esprimo sdegno e insorgo in maniera energica, per
contrastare una vera e propria discriminazione e limitazione della
libertà totalmente contraria ai principi fondamentali sui quali si
fonda la Costituzione italiana". “Conoscendo la sua sensibilità su
questi temi – conclude il Presidente Ucei - confido che lei stesso,
nella qualità di Direttore, voglia intervenire pubblicamente per
esprimere il suo dissenso e per rettificare quella inaccettabile
impostazione”. Il duro intervento del Presidente Ucei ha dato
luogo anche a un colloquio diretto fra Gattegna e lo stesso direttore
del Giornale Vittorio Feltri.
Rav Bernard Lander 1915-2010
“Se
non pensiamo a noi stessi, chi lo farà per noi? Ma se pensiamo solo a
noi stessi, cosa siamo?” Questo motto, che riecheggia quello del
pensatore Hillel contenuto nel Pirkei Avot, ha rappresentato il faro
conduttore della vita di Rabbi Bernard Lander, fondatore e presidente
del Touro college, scomparso questa settimana all’età di 94 anni. Nato
a Manhattan nel 1915 da genitori polacchi, ordinato rabbino dalla
Yeshiva University nel 1937, e poi laureatosi dottore in sociologia
alla Columbia, fu uno dei tre direttori associati nominati nel 1944 dal
sindaco di New York Fiorello La Guardia alla Committe on Union, che
sarebbe diventata la prima Commissione per i Diritti umani della città.
Lander ha speso la sua vita nell’impegno per la società ebraica e
americana. Il Touro College, a quarant’anni dalla sua nascita,
rappresenta una scelta di punta per coloro che desiderano ricevere
un’istruzione universitaria con un’impronta ebraica, e anche per coloro
che scelgono di dedicarsi agli studi religiosi, ma non vogliono
rinunciare a una preparazione secolare. Tutto ebbe inizio con le
contestazioni studentesche degli anni Sessanta. Bernard Lander era
professore di sociologia alla City University of New York. Si rese
conto che molti dei giovani manifestanti erano ebrei, profondamente
frustrati per la progressiva massificazione delle università “dove
ormai gli studenti erano diventati numeri, e non facce”. A questa
intuizione si accompagnava la consapevolezza della crisi di identità
che attraversavano le comunità ebraiche americane in quegli anni, per
effetto della quale gli ebrei laici si allontanavano sempre di più
dalla formazione religiosa, e quelli osservanti diventavano sempre più
chiusi verso il resto della società. Per dare il suo contributo a
risolvere questi problemi, Lander decise di fondare il suo college,
intitolandolo a Isaac e Judah Touro, patrioti ebrei che a cavallo tra
il XVIII e il XIX secolo, si distinsero per il loro impegno sia nei
confronti delle istituzioni ebraiche sia della società americana
(finanziarono tra l’altro la prima biblioteca pubblica del continente).
In perfetta sintonia con i suoi ideali, ispirati anche dalla
frequentazione della Young People’s Socialist League, delineò la
mission dell’università, impegnarsi per preservare e promuovere la
tradizione ebraica e i suoi valori nel senso più ampio possibile, e
metterli al servizio del paese e del mondo. A New York, nel
settembre 1971, il Touro College ebbe le sue prime 35 matricole. Oggi
conta circa 18 mila studenti, compresi molti non ebrei. Di anno in anno
l’università fondata da Lander è cresciuta, moltiplicando la sua
offerta formativa (economia, medicina, legge, psicologia, pedagogia) e
le sue sedi, che sono diventate sempre più numerose non solo negli
Stati Uniti, ma anche in altri paesi, con campus in Francia, Germania,
Russia e Israele. Nel 2007 il Touro College ha aperto un corso di
business administration a Roma, diventando la prima università ebraica
in Italia. Rav Lander, in questi quarant’anni non si è mai
tirato indietro quando si trattava di impegnarsi per far crescere la
sua istituzione. “Sono un costruttore, perché sono sufficientemente
pragmatico, per costruire quando si presenta l’occasione” aveva
dichiarato al prestigioso quotidiano ebraico online The Forward nel
2006. Così lo ricorda Alan Kadish, il suo successore alla
presidenza del Touro College “La preoccupazione e la sollecitudine di
Bernard Lander per il popolo ebraico e l’intera umanità non conoscevano
confini”.
Rossella Tercatin |
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pilpul |
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Bon voyage
Nel
giorno del trentunesimo anniversario della rivoluzione iraniana il
nostro pensiero reverente va alla compagnia Air France sul cui volo
charter, appositamente predisposto per Teheran, era imbarcato il
passeggero Ayatollah Ruhollah Khomeini proveniente da Parigi dove si
trovava in esilio durante la presidenza di Valéry Giscard d'Estaing.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme |
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rassegna stampa |
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Oggi
il resoconto si basa su di un notiziario sostanzialmente privo di
grandi eventi, con una rassegna quindi contenuta se non a tratti
scialba. Quando mancano le grandi notizie, quelle che catalizzano
l’attenzione collettiva, subentra allora il ripiegamento sulle
questioni di sempre che diventano dei veri e propri tormentoni,
sollecitando la concentrazione, altrimenti inevitabilmente allentata,
sui quesiti di sempre. Se quindi a dominare le pagine della cronaca
nazionale è l’ennesimo capitolo del nesso tra trasparenza e corruzione,
quelle della politica internazionale si rivelano un poco asfittiche,
richiamandosi a notizie di rimando. Il capitolo sempre aperto è quello
che rinvia all’Iran dove, nella giornata di ieri, Mahomud Ahmadinejad
ha festeggiato a modo suo il trentunesimo anniversario della
rivoluzione khomeinista. Ne parlano diffusamente Francesca Bertoldi per
l’Avvenire, Gabriel Bertinetto su l’Unità e Claudio Gallo per la Stampa,
dove la ricorrenza ha dato modo all’uomo forte di Teheran, ricorrendo
alla classica retorica di regime, di annunciare la volontà di
triplicare a breve la produzione di uranio arricchito. Alle
affermazioni - sulla cui veridicità c’è tuttavia un diffuso scetticismo
- ha fatto da corredo l’ennesimo ricorso alla violenza, così come ne dà
resoconto Vittorio Da Rold per il Sole 24 Ore.
Benché ancora una volta le notizie arrivino dalla capitale iraniana con
il contagocce, e grazie soprattutto all’opposizione, il ripetersi degli
scontri tra parti contrapposte della piazza, ossia tra i riformisti e i
conservatori, avrebbero causato di nuovo un certo numero di vittime. Al
di là del singolo fatto in sé, ciò che è certo è che il regime, che
deve comunque sentirsi traballante, continua a fare ricorso alle prove
di forza, usando i suoi sostenitori, periodicamente chiamati ad
assembramenti «oceanici», per puntellarsi più o meno saldamente. Questa
modalità d’azione, tipica delle organizzazioni politiche
antidemocratiche, che usano la mobilitazione populista per cercare di
ravvivare un consenso altrimenti a rischio di grave difetto, non
rimarrà senza riscontri nel futuro. Ahmadinejad teme la crisi economica
del paese né più né meno di quanto riesca a capitalizzarne gli effetti:
nel primo caso nutre il timore che gli sfugga di mano la capacità di
ricreare costantemente una base di consenso al suo potere; nel secondo
il suo potere medesimo è un prodotto della crisi, alla quale dà una
voce attraverso la gestione, in chiave di perenne mobilitazione, di un
paese sfiancato. Sempre su il Sole 24 Ore
Alberto Negri offre una non inedita chiave di lettura sulla crisi
iraniana, soffermandosi sulla necessità per il regime di alimentare una
retorica nucleare, non meno di una ossessiva immagine, quella di un
nemico che ne attenterebbe costantemente la stabilità, per attenuare
gli effetti potenzialmente devastanti delle critiche che da più parti
della società civile oramai gli giungono. Si tratta dell’«onda verde»,
animata soprattutto dai giovani (tuttavia in Iran, dove due terzi della
popolazione ha meno di trent’anni, tutto è “giovane”, fuorché la
ierocrazia), ma anche - ed è probabilmente l’aspetto che più preoccupa
Teheran - di quelle robuste parti della società che vivendo la crisi
economica come un fatto non solo perdurante ma oramai quasi
insuperabile. Da corredo a queste considerazioni si aggiungono quelle,
a tratti di segno diverso, di Carlo Jean su il Messaggero,
che rileva come le celebrazioni per l’anniversario della «rivoluzione
islamica», malgrado tutto, siano state (anche) un successo, almeno in
termini quantitativi, poiché centinaia di migliaia di persone sono
comunque andate in piazza ad applaudire Ahmadinejad. Non si può
rimuovere dall’orizzonte, insomma, il problema dell’effetto di
irretimento e trascinamento che il populismo mediatico e carismatico
esercita a quelle e ad altre latitudini, raccogliendo e incanalando il
malcontento popolare verso la propria condizione di deprivazione,
soprattutto economica, all’interno di una ideologia galvanizzante. Per
le altre notizie, vale la pena di una citazione Liberal
che, insieme ad altre testate, ci rende edotti sull’evoluzione delle
indagini relative al furto, nel dicembre scorso, della scritta di
Auschwitz, laddove sembrerebbe accreditarsi sempre di più l’ipotesi di
un vero e proprio complotto internazionale, patrocinato da ambienti
neonazisti. Per le questioni di casa nostra, infine, un richiamo alle
opinioni espresse da Yahya Pallavicini su il Messaggero,
nel merito della costituzione e dell’insediamento di un Comitato per
l’Islam italiano, presso il ministero degli Interni, i cui lavoro hanno
preso avvio il 10 febbraio scorso. Claudio Vercelli |
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notizieflash |
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Shalit,
manifestazione promossa da arabi-israeliani
Tel Aviv, 11 feb - Sono
innumerevoli le manifestazioni che si sono susseguite in questi anni in
Israele e in altre parti del mondo per spingere Hamas a liberare il
soldato israeliano rapito, Gilad Shalit. Quella di ieri è stata diversa
dalle altre. Era stata organizzata da un gruppo di arabi-israeliani,
capeggiata da Malik Faraj, fondatore nel villaggio arabo di Kafr Qasim
di un'associazione che si batte per la coesistenza fra palestinesi e
israeliani, hanno partecipato circa 100 persone all'evento, sventolando
foto e bandiere. Molti gli slogan a favore della liberazione di Shalit
e, parallelamente, della scarcerazione di detenuti palestinesi
rinchiusi nelle prigioni israeliane.
Budapest: eredi vittime della Shoah fanno causa alle ferrovie Budapest, 11 feb - Gli
eredi delle vittime della Shoah fanno causa dagli Stati Uniti alle
ferrovie ungheresi, accusandole di aver collaborato al trasporto nei
campi di concentramento di migliaia di ebrei ungheresi. Le ferrovie
dello stato ungheresi Mav secondo i querelanti “hanno partecipato in
modo zelante e infame al genocidio", assicurando vagoni per il
trasporto delle vittime. Gli ebrei ungheresi sono stati privati dei
loro beni, ammassati in vagoni merci, e portati ad Auschwitz. Senza i
treni delle ferrovie le deportazioni di centinaia di migliaia di ebrei
non sarebbero state possibili. La causa è stata presentata in un
tribunale di Chicago in nome di 95 persone, in maggioranza residenti
negli Usa e in Israele. Una sola persona vive in Ungheria, e tutte sono
eredi di vittime della Shoah. Nel 1944, fra marzo e ottobre, 600 mila
ebrei ungheresi furono deportati e uccisi in campi di sterminio
nazisti, per lo più ad Auschwitz e Buchenwald. Nessuna reazione
ancora è stata registrata né da parte ufficiale in Ungheria, né da
parte delle ferrovie Mav. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. |
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